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venerdì 11 aprile 2025

In Gesù il vero volto di Dio


Domenica delle Palme (C)
Isaia 50,4-7 • Salmo 21 • Filippesi 2,6-11 • Luca 22,14 - 23,56
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

La domenica della Palme ci introduce nella Settimana Santa, dove siamo invitati a contemplare e adorare il vero volto di Dio, nella spogliazione del Figlio donatoci per la salvezza del mondo. "Cristo Gesù, pur essendo nella condizione di Dio, svuotò se stesso assumendo una condizione di servo" (cf. Fil 2,6-7; II lettura). Svuotò se stesso, si spogliò del suo essere come Dio. Questo "spogliarsi" è l'immagine che ritorna nella liturgia di questa domenica. All'ingresso di Gesù in Gerusalemme, la gente si spoglia del suo mantello per deporlo al passaggio di Gesù. Il mantello, simbolo nella Bibbia delle proprie sicurezze. Certo, ognuno di noi può decidere di mettersi alla sequela del Maestro, spogliandosi del proprio egoismo e dei propri attaccamenti. Tuttavia, come la folla prima osannante, anche noi con le nostre azioni lo condanniamo poi alla crocifissione. Ma è proprio questa debolezza umana che Gesù prende su di sé. Anche lui viene spogliato delle vesti, della sua dignità, e poi anche rivestito per burla di un ridicolo mantello scarlatto. Ma Gesù, per amore nostro, si è spogliato veramente di tutto, fino a donarsi come cibo nell'ultima cena. Gesù non ci condanna. È lui ad essere condannato al nostro posto. Di fronte anche al rinnegamento di Pietro, sarà il suo sguardo, penetrante fin nel profondo dell'animo, a ridare la possibilità a Pietro, in quel pianto liberatorio, di sentirsi nuovamente abbracciato dal Maestro. È lo stesso sguardo che assicura al ladrone pentito l'accesso immediato nel paradiso. In Gesù si rivela il vero volto e il vestito di Dio, il suo mantello. Il mantello di Dio è l'umiltà. Gesù è il mite per eccellenza e ci mostra il cammino da percorrere: spogliarci anche noi delle insidie della presunzione, della superbia, delle lusinghe di questo mondo. In attesa della risurrezione, il corpo esanime di Gesù viene avvolto in un lenzuolo. Ed è nella leggerezza di quel tessuto che troviamo la tenerezza della Madre e della Chiesa, di tutti gli uomini e le donne di fede che, come Giuseppe d'Arimatea, sanno custodire, nella speranza, l'evento sconvolgente di un Dio che dona Vita, sempre.
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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito (Lc 23,46)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata
 Ho tanto desiderato mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione (Lc 22,14) - (10/04/2022)
(vai al testo…)
 Questo è il mio corpo che è dato per voi (Lc 22,19) - (14/04/2019)
(vai al testo…)
 Ho tanto desiderato mangiare questa Pasqua con voi (Lc 22,15)) - (20/03/2016)
(vai al testo)
 Veramente quest'uomo era giusto (Lc 23,47) - (24/03/2013)
( vai al testo…)
 Ho presentato il mio dorso ai flagellatori (Is 50,6) - (26/03/2010)
(vai al post "Amare sino alla fine")

Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
  Ha dato tutto se stesso (08/04/2022)
  Verso la Pasqua (12/04/2019)
  La vita ci viene dal cuore trafitto di Dio (18/03/2016)
  Gioia e dolore! (22/03/2013)

Commenti alla Parola:
  di Goffredo Boselli (VP 4.2025)
  di Antonio Savone (VP 4.2022)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 4.2019)
  di Luigi Vari (VP 2.2016)
  di Marinella Perroni (VP 2.2013)
  di Claudio Arletti (VP 2.2010)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano
  di Letture Patristiche della Domenica

(Immagine: Ingresso di Gesù a Gerusalemme, La Domenica 14 aprile 2019)

venerdì 4 aprile 2025

Il dito che ci plasma creature nuove


5a domenica di Quaresima (C)
Isaia 43,16-21 • Salmo 125 • Filippesi 3,8-14 • Giovanni 8,1-11
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

In questo cammino che ci conduce alla Pasqua del Signore, la liturgia ci fa percorrere l'esperienza della misericordia di Dio, l'invito del Signore a lasciarci coinvolgere dal suo abbraccio che salva e ridona dignità.
L'episodio evangelico della donna adultera (cf. Gv 8,1-11), mette in luce proprio questo: la misericordia di Dio.
Presentano a Gesù una donna sorpresa in adulterio e vogliono sapere dal Rabbi di Nazaret cha pensi di questa donna: "Tu che dici?". Lo interrogano "per metterlo alla prova e avere motivo di condannarlo". Alla fina sappiamo come è andata: "se ne andarono uno ad uno, cominciando dai più anziani". Se ne andarono tutti!
Perché di fronte ad un gesto di misericordia, che vorrebbe abbracciare tutti, loro scappano? Sarà per vergogna, per imbarazzo?
Gesù scrive col dito sulla sabbia. È su quella sabbia, su quella polvere da dove siamo stati tratti, che il dito di Dio si manifesta, ridisegnando i tratti di una dignità restituita.
Quanto avrebbe desiderato Gesù che almeno uno di quegli uomini, assieme alle pietre, lasciassero cadere a terra il muro dell'orgoglio e magari anche le loro ginocchia. E lasciarsi rialzare, rinati, assieme a quella donna.
Eppure, quella domanda "Tu che dici?" ci interpella direttamente. Aspetta una risposta. Noi come credenti cosa diremmo? Scegliamo la durezza o la misericordia? Ci mostriamo inflessibili o di manica larga? Gesù non segue questa strada. Lui ci pone, non davanti ad un dilemma, davanti a un sì o a un no da dire per gli altri. Ci pone davanti a noi stessi. Di fronte a quella donna non siamo come davanti ad uno specchio. È ciò che Gesù ci chiede. Non accada che il male degli altri diventi un pretesto per non vedere il nostro, come quella "trave" nel nostro occhio che ci impedisce di vedere la "pagliuzza" nell'occhio dell'altro.
La donna rimane là in mezzo, sola. E chi sta di fronte alla donna è davvero l'unico innocente, il qual non lancia pietre, ma porta piuttosto su di sé tutto il male del mondo. E davanti a quell' "unico" non possiamo fare altro che arrenderci. Egli nella sua misericordia e nel suo perdono ci dona la forza per non peccare ancora. Credere che Lui ha fatto di noi una "cosa nuova", aperto nel deserto della nostra vita una strada, un fiume d'acqua viva (cf. Is 43, 16-21; I lettura).
Ci ha plasmati creature nuove, col dito della sua mano.

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Neanch'io ti condanno; va' e d'ora in poi non peccare più (Gv 8,11)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata
 Neanch'io ti condanno; va' e d'ora in poi non peccare più (Gv 8,11) - (03/04/2022)
(vai al testo)
 Gesù disse: neanch'io ti condanno (Gv 8,11) - (07/04/2019)
(vai al testo)
 Va' e d'ora in poi non peccare più (Gv 8,11) - (13/03/2016)
(vai al testo)
 Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra (Gv 8,7) - (17/03/2013)
( vai al testo…)
 D'ora in poi non peccare più (Gv 8,11) - (19/03/2010)
(vai al post "Sentirsi veramente amati")

Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
  Protési verso una nuova vita (02/04/2022)
  Va'... riprenditi la tua vita (05/04/2019)
  Gesù apre le porte delle nostre prigioni (11/03/2016)
  Il perdono, riabilitazione e rinascita (15/03/2013)

Commenti alla Parola:
  di Goffredo Boselli (VP 4.2025)
  di Antonio Savone (VP 4.2022)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 4.2019)
  di Luigi Vari (VP 2.2016)
  di Marinella Perroni (VP 2.2013)
  di Claudio Arletti (VP 2.2010)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano

(Immagine: Scriveva per terra, G. Trevisan, La Domenica 6 aprile 2025)

martedì 1 aprile 2025

"Cose nuove" nella nostra vita


Parola di Vita – Aprile 2025
(Clicca qui per il Video del Commento   -   oppure...)

«Ecco, io faccio una cosa nuova, proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?» (Is 43,19)

L'esilio in Babilonia e la distruzione del tempio di Gerusalemme avevano creato nel popolo di Israele un trauma collettivo e posto un interrogativo teologico: Dio è ancora con noi o ci ha abbandonati? Lo scopo di questa parte del libro di Isaia è quello di aiutare il popolo a capire quello che Dio sta operando, a fidarsi di Lui e poter così ritornare in patria. Ed è proprio nell'esperienza dell'esilio che il volto di Dio creatore e salvatore si rivela.

«Ecco, io faccio una cosa nuova, proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?».

Isaia ricorda l'amore fedele di Dio per il suo popolo. La Sua fedeltà rimane costante anche durante il periodo drammatico dell'esilio. Anche se le promesse fatte ad Abramo appaiono irraggiungibili e il patto dell'Alleanza sembra in crisi, il popolo di Israele rimane un luogo particolarmente privilegiato della presenza di Dio nella storia.
Il libro profetico affronta domande esistenziali, fondamentali non solo per quel tempo: chi ha in mano lo svolgersi e il significato della storia? Questa domanda può essere rivolta anche a livello personale: chi tiene in mano le sorti della mia vita? Qual è il senso di quello che sto vivendo o che ho vissuto?

«Ecco, io faccio una cosa nuova, proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?».

Dio opera nella vita di ciascuno, costantemente, facendo "cose nuove". Se non sempre ce ne accorgiamo o riusciamo a capirne il significato e la portata, è perché esse sono ancora germogli o perché non siamo pronti a riconoscere quello che Egli sta operando. Distratti da eventi che ci accadono, dalle mille preoccupazioni che ci attanagliano l'anima, da pensieri che ci importunano, forse non ci fermiamo abbastanza nell'osservare questi germogli che sono la certezza della Sua presenza. Egli non ci ha mai abbandonato e crea e ricrea in continuazione la nostra vita.
«Siamo noi la "cosa nuova", la "nuova creazione" che Dio ha generato. […] Non guardiamo più al passato per rimpiangere ciò che di bello ci è successo o per piangere i nostri sbagli: crediamo fortemente all'azione di Dio che può continuare ad operare cose nuove» [1].

«Ecco, io faccio una cosa nuova, proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?».

Insieme a coloro che condividono con noi il cammino della nostra esistenza, la nostra comunità, gli amici, i colleghi di lavoro, proviamo a lavorare, a confrontarci e a non perdere la fiducia che le cose possano cambiare in meglio.
Il 2025 è un anno speciale perché la data della Pasqua ortodossa coincide con quella delle altre denominazioni cristiane. Che questo avvenimento, la festa della Pasqua comune, possa essere una testimonianza della volontà delle Chiese nel continuare senza sosta un dialogo nel portare avanti insieme le sfide dell'umanità e promuovere azioni congiunte.
Prepariamoci a vivere quindi questo periodo pasquale con gioia piena, fede e speranza. Così come Cristo è risorto, anche noi, dopo aver attraversato i nostri deserti, lasciamoci accompagnare in questo viaggio da Colui che guida la storia e la nostra vita.

A cura di Patrizia Mazzola
e del team della Parola di Vita.


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[1] C. Lubich, Parola di Vita di marzo 2004, in eadem, Parole di Vita, a cura di Fabio Ciardi (Opere di Chiara Lubich 5; Città Nuova, Roma 2017) pp. 715-716.

Fonte: https://www.focolare.org - https://www.focolaritalia.it
Immagine: Foto di Adina Voicu da Pixabay, dal sito www.focolare.org


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