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lunedì 31 ottobre 2022

Farsi santi nell'amore al prossimo


Solennità di Tutti i Santi
Apocalisse 7,2-4.9-14 • Salmo 23 • 1 Giovanni 3,1-3 • Matteo 5,1-12a
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Appunti per l'omelia

"Vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo: «Beati i poveri in spirito… Beati i miti… Beati i misericordiosi…» (cf. Mt 5,1 e seg.). Così il vangelo proposto per la Solennità di tutti i Santi: le beatitudini quale cammino di sanità.
Gesù vede le folle e raduna attorno i discepoli svelando loro i segreti del Regno. Si rivolge ai discepoli, ma la moltitudine non è esclusa: a quella moltitudine infatti sono inviati, figura di quella Chiesa che è mandata nel mondo a portare il lieto annuncio.
La comunità dei discepoli è immersa nel mondo quale presenza del Signore risorto, chiamata a camminare con tutti gli uomini e tutte le donne per formare quella moltitudine di cui parla il libro dell'Apocalisse (cf. Ap 7,9; I lettura). In questo camminare insieme a tutti, testimoniando l'amore che viene da Dio, sta la nostra via alla santità, all'incontro personale con il Signore che abita la nostra anima ed è presente nei nostro prossimo che vogliamo servire, come Gesù ha fatto.
Lo stile di vita del discepolo ha le caratteristiche descritte dalle beatitudini: essere poveri in spirito, essere miti, operatori di pace, misericordiosi…
L'amore concreto verso il prossimo, in cui vediamo ed amiamo lo stesso Cristo, affina la nostra anima alla pazienza, all'ascolto, al superamento di sé. Se la nostra vita interiore è sorretta da una genuina unione con Dio non faremo fatica a riconoscere che il Gesù che abita in noi è lo stesso Gesù che abita nel prossimo che incontriamo e che magari ci procura sofferenza.
Occorre per questo che il nostro cuore si dilati nella misura del cuore di Cristo. E questo comporta sacrificio, fatica, sforzo quotidiano. Si tratta, infatti, di amare e servire ogni prossimo che ci viene accanto come Dio lo ama. È un amore disinteressato, senza condizionamenti, perché è lo stesso Gesù che si ama, presente in noi e nel fratello che incontriamo. C'è un modo semplice di poter attuare ciò: imitare Gesù nel suo "svuotarsi". Quando si è fatto uno di noi, non considerò un privilegio il suo essere come Dio, ma si è fatto servo di tutti, fino al dono della propria vita (cf. Fil 2,6-8). "Farsi tutti a tutti", come dice san Paolo (cf. 1Cor 9,19.22), "farsi uno" con chi ho davanti, con chi devo servire. Per poter attuare ciò in modo fruttuoso occorre avvicinare il prossimo con l'animo totalmente "spoglio" di sé. Non c'è miglior "silenzio" (virtù necessaria per chi vuole impegnarsi in un serio cammino di santità) di quello che dobbiamo avere di fronte ad un prossimo, nell'ascolto. Non si può entrare, infatti, nell'animo di un fratello per comprenderlo, per condividere il suo dolore, se il nostro spirito è ricco, per così dire, di una apprensione, di un giudizio, di qualunque cosa. Il "farsi uno" esige l'essere "poveri in spirito", sapendo dimenticare anche il bello che invade la nostra anima per essere pronti a saper morire per l'altro, in una morte spirituale, del proprio io, per sperimentare il perdere Dio in sé per il Dio presente nel prossimo; e rientrare poi in noi stessi invasi dalla pienezza che viene dallo Spirito in una unione più intensa col Padre. Il modello di questo cammino di santità è Gesù che nel suo abbandono (cf. Mc 15,34) ha sperimentato persino la perdita dell'unione con Dio. Lui è la "chiave" del nostro "essere per gli altri", che è il nostro cammino di santità.
L'amore al prossimo vissuto nell'imitazione di Cristo, quando è ricambiato, diventa reciproco, attuando così le parole di Gesù: "Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri" (Gv 13,35).
Non è un'utopia. È quanto ci viene chiesto per essere discepoli di Gesù e sperimentare l'amore con cui siamo amati da Dio, che ci ha fatti suoi figli. Sì, "fin d'ora siamo figli di Dio ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è. Chiunque ha questa speranza in lui, purifica se stesso, come egli è puro" (cf. 1Gv 3,1-3; II lettura).
E l'amore così vissuto ci rende puri.


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Vedi anche:

Parola-sintesi a suo tempo pubblicate:
 Beati i poveri in spirito (Mt 5,3) (1° novembre 2020) (vai al testo)
 Rallegratevi ed esultate perché grande è la vostra ricompensa nei cieli (Mt 5,12) (1° novembre 2019) (vai al testo)
 Beati i poveri in spirito (Mt 5,3) (1° novembre 2018) (vai al testo)
 Gesù si mise a parlare e insegnava loro (Mt 5,2) (1° novembre 2017) (vai al testo)
 Beati i misericordiosi (Mt 5,7) (1° novembre 2016) (vai al testo)
 Beati i poveri in spirito ( Mt 5,3) (1° novembre 2015) (vai al testo…)
 Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia ( Mt 5,7) (1° novembre 2014) (vai al testo…)
 Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio ( Mt 5,8) (1° novembre 2013) (vai al testo…)
 Rallegratevi ed esultate, grande è la vostra ricompensa nei cieli (Mt 5,12) - (31/10/2008)
(vai al post "La promessa della gioia piena")

Vedi anche i post Appunti per l'omelia:
 Partecipare alla santità di Dio (31/10/2021)
 Un popolo in cammino verso la pienezza della vita (30/10/2020)
 I santi della porta accanto (30/10/2019)
 Felicità, meta irraggiungibile? (31/10/2018)
  Le Beatitudini, il cuore del Vangelo: il desiderio prepotente di un mondo totalmente diverso (31/10/2017)
  Come farsi santi? (31/10/2016)
  Nelle Beatitudini la regola della santità (30/10/2015)
  La santità è innamorata dell'oggi (30/10/2014)
  Ciò che sta più a cuore a Dio: la nostra felicità! (31/10/2013)
  La gioia del Cielo (31/10/2012)

Commenti alla Parola:
  di Antonio Savone (VP 10.2021)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 10.2020)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 10.2019)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 10.2018)
  di Cettina Militello (VP 10.2017)
  di Cettina Militello (VP 9.2016)
  di Luigi Vari (VP 9.2015)
  di Marinella Perroni (VP 9.2013)
  di Marinella Perroni (VP 9.2012)
  di Marinella Perroni (VP 9.2011)
  di Giovanni Cavagnoli (VP 9.2014)
  di Claudio Arletti (VP 9.2010)
  di Claudio Arletti (VP 9.2009)
  di Enzo Bianchi (vol. Anno A)
  di Enzo Bianchi (vol. Anno B)
  di Enzo Bianchi (vol. Anno C)
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano

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COMMEMORAZIONE DEI DEFUNTI
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Commenti alla Parola:
  di Antonio Savone (VP 10.2021)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 10.2020)
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venerdì 28 ottobre 2022

Chiamati per nome


31a domenica del Tempo ordinario (C)
Sapienza 11,22-12,2 • Salmo 144 • 2 Tessalonicesi 1,11-2,2 • Luca 19,1-10
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Appunti per l'omelia

"Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito; chiunque crede in lui ha la vita eterna" (cf. Gv 3,16; canto al vangelo). Questo passo di Giovanni che ci introduce al vangelo di questa domenica (cf. Lc 19,1-10) esprime tutto l'amore di Dio per l'umanità bisognosa di liberazione, di salvezza, di perdono.
L'episodio di Zaccheo esprime l'amore personale di Dio che in Gesù si rivolge al "pubblico peccatore" chiamandolo per nome. È una vera chiamata questa di Zaccheo, come lo è stata per altri chiamati per nome, come Simon Pietro, Marta, il fariseo Simone…, quale segno di amicizia. Ed è chiamato per nome solo chi è convinto della sua misericordia.
Anche qui Gesù, come per altre chiamate, "passa" attraversando la città di Gerico, "vede" alzando lo sguardo verso l'alto verso l'albero su cui si era arrampicato Zaccheo, "chiama": "Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua".
Questo è l'atteggiamento di Gesù. E Zaccheo risponde prontamente. Nel suo cuore era nata la voglia di vedere Gesù, un desiderio così profondo che non gli interessava il giudizio della gente che lo vedeva, lui uomo importante e ricco, salire su un sicomoro. E in questo giudizio generale è compresa la mormorazione di "tutti" (e non solo dei farisei o altri che di solito mormorano guardando il modo di comportarsi di Gesù) nei confronti di Gesù che entra in casa di un peccatore. Chi giudica si esclude da sé dall'incontro con la misericordia di Dio! Ma per Zaccheo la salvezza è entrata nella sua casa. L'incontro con Gesù è sconvolgente e Zaccheo mette in atto la sua conversione distribuendo i beni accumulati anche ingiustamente.
Chi incontra veramente Gesù "lascia tutto" per seguirlo, come lo è stato per gli altri chiamati. Si sperimenta la misericordia di Dio. Egli infatti "ha compassione di tutti, perché tutto può, chiude gli occhi sui peccati degli uomini, aspettando il loro pentimento. Egli infatti ama tutte le cose che esistono e non prova disgusto per nessuna delle cose che ha creato; se avesse odiato qualcosa, non l'avrebbe neppure formata" (cf. Sap 11,23-24; I lettura).
Il Padre della misericordia si è reso presente e visibile in Gesù: "Il Figlio dell'uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto" (Lc 19,10).

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Oggi per questa casa è venuta la salvezza (Lc 19,9)
(vai al testo…)
PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata
 Zaccheo, oggi devo fermarmi a casa tua (cf Lc 19,5) - (03/11/2019)
(vai al testo)
 Zaccheo, oggi devo fermarmi a casa tua (cf Lc 19,5) - (30/10/2016)
(vai al testo)
 Oggi devo fermarmi a casa tua (Lc 19,5) - (03/11/2013)
( vai al testo…)
 Il Figlio è venuto a salvare ciò che era perduto (Lc 19,10) - (29/10/2010)
(vai al post "Vita che Dio non spegne")

Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
  Gesù e il senso di noi stessi (02/11/2019)
  Quello sguardo di Gesù che ci dona libertà (28/10/2016)
  L'incontro sorprendente con Gesù (02/11/2013)

Commenti alla Parola:
  di Antonio Savone (VP 9.2022)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 10.2019)
  di Cettina Militello (VP 9.2016)
  di Marinella Perroni (VP 9.2013)
  di Claudio Arletti (VP 8.2010)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano
  di Letture Patristiche della Domenica

(Illustrazione: Zaccheo sul sicomoro, acquarello di Maria Cavazzini Fortini, ottobre 2016)

venerdì 21 ottobre 2022

Chi si innalza e chi si abbassa


30a domenica del Tempo ordinario (C)
Siracide 35,15-17.20-22 • Salmo 33 • 2 Timoteo 4,6-8.16-18 • Luca 18,9-14
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Appunti per l'omelia

Anche in questa domenica la Parola di Dio ci riporta al tema della preghiera. Nel racconto evangelico (cf. Lc 18,9-14), continuazione della pericope della scorsa domenica, "Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l'intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri" (Lc 18,9). Ancora una parabola sulla preghiera: prima la figura della povera vedova che cerca giustizia, ora la figura di due uomini che "salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l'altro pubblicano" (Lc 18,10).
Uno stridente contrasto: un uomo "giusto", fariseo che si ritiene tale, "separato" dagli altri per l'osservanza scrupolosa e sovrabbondante della Legge; un pubblicano, ritenuto pubblico peccatore, odiato perché collaborazionista degli usurpatori romani per conto dei quali riscuote tributi arricchendosi in maniera disonesta. Anche lui "separato" perché evitato e reietto dai devoti religiosi.
Ambedue salgono al tempio per pregare, ma l'atteggiamento interiore ed esteriore è diametralmente opposto. Il fariseo innanzitutto ringrazia Dio, come è d'uso nella preghiera di ogni pio israelita, ma non si affida riconoscente a Dio, ma a se stesso, alla bravura delle sue azioni con la certezza della propria santità, condita col disprezzo degli altri. Atteggiamento che di fatto annulla nella sostanza ogni buon adempimento della Legge. È un esame di coscienza per ciascuno di noi che, forse senza cattiveria (ma non sempre), tuttavia discriminiamo le persone perché non si comportano secondo il metro della nostra religiosità.
Di contro, il pubblicano non ha un elenco di opere buone da far valere davanti a Dio, ma soltanto la sua "povertà", il suo essere peccatore bisognoso di misericordia; poche parole: "O Dio, abbi pietà di me peccatore" ed un atteggiamento esteriore: "fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto" (Lc 18,13); a differenza del fariseo che "stando in piedi" elencava le suo opere buone.
"E io vi dico: - conclude Gesù - il pubblicano a differenza dell'altro discese a casa sua giustificato" (cf. Lc 18,14). Il discorso di Gesù è chiaro: noi non otteniamo giustizia per le nostre opere, ma per un dono di Dio, dono che ti cambia il cuore e ti fa avere occhi nuovi per vedere il prossimo secondo il cuore di Dio che è "ricco di misericordia" (cf. Ef 2,4-5) e non fa preferenza di persone secondo il pensiero degli uomini (cf. At 10,34).
Dio ascolta la preghiera del povero: è una preghiera che "attraversa le nubi né si quieta finché non sia arrivata; non desiste finché l'Altissimo non sia intervenuto e abbia reso soddisfazione ai giusti e ristabilito l'equità" (cf. Sir 35, 21-22; I lettura).
Così, diversamente da chi si esalta da sé, chi si abbassa, sull'esempio del Figlio di Dio che si abbassò fino alla morte infamante della croce e per questo fu esaltato e gli fu dato il "nome" divino (cf. Fil 2,6-11), chi si abbassa avrà la stessa sorte del Figlio di Dio nel cuore del Padre.

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
O Dio, abbi pietà di me peccatore (Lc 18,13)
(vai al testo…)

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Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata
 O Dio, abbi pietà di me peccatore (cf Lc 18,13) - (30/10/2019)
(vai al testo)
 O Dio, abbi pietà di me peccatore (cf Lc 18,13) - (23/10/2016)
(vai al testo)
 Tornò a casa sua giustificato (Lc 18,14) (Lc 18,14) - (27/10/2013)
( vai al testo…)
 La preghiera del povero attraversa le nubi (Sir 35,21) - (22/10/2010)
(vai al post "La preghiera del povero")

Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
  Chi è grande nel cuore del Padre? (25/10/2019)
  Aprirsi alla misericordia, unica onnipotenza di Dio (21/10/2016)
  La preghiera che piace a Dio (25/10/2013)

Commenti alla Parola:
  di Antonio Savone (VP 9.2022)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 9.2019)
  di Cettina Militello (VP 8.2016)
  di Marinella Perroni (VP 8.2013)
  di Claudio Arletti (VP 8.2010)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano
  di Letture Patristiche della Domenica

(Illustrazione: Il fariseo e il pubblicano, acquarello di Maria Cavazzini Fortini, ottobre 2019)

venerdì 14 ottobre 2022

In attesa dello Sposo


29a domenica del Tempo ordinario (C)
Esodo 17,8-13 • Salmo 120 • 2 Timoteo 3,14-4,2 • Luca 18,1-8
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Appunti per l'omelia

"Io t'invoco, o Dio, poiché tu mi rispondi; tendi a me l'orecchio, ascolta le mie parole. Custodiscimi come pupilla degli occhi, all'ombra delle tue ali nascondimi" (Sal 16,6.8). Così l'antifona d'ingresso di questa XXIX domenica del Tempo Ordinario (C), dove il tema principale è quello della preghiera.
Gesù stesso, infatti, nel vangelo proposto (cf. Lc 18,1-8) ricorda ai suoi discepoli la "necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai". La parabola che fa da sfondo è quella della vedova che trova giustizia soltanto per la sua insistenza nei confronti del giudice disonesto che "non teme Dio e non ha riguardo di alcuno". L'accento è posto, non sul giudice disonesto, ma sulla vedova che "continua a importunare".
La vedova è figura di chi ha perso tutto; anche lo sposo le è venuto a mancare e quindi ogni sostentamento ed ogni sicurezza. La vedova è figura della comunità dei discepoli a cui è stato tolto lo Sposo, non è più fisicamente accanto a lei. Lo Sposo Gesù, dopo la sua ascensione al cielo, attende di ricongiungersi con la sua sposa, la Chiesa (ed in lei tutta l'umanità). È una assenza-presenza che è sorretta esclusivamente dalla fede.
Noi siamo in attesa del ritorno dello Sposo. Ed è inquietante l'interrogativo che ci viene posto: "Ma il Figlio dell'uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?" (Lc 18,8). Allora occorre pregare sempre, senza stancarsi mai, certi che "chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato" (cf. Mt 10,22).
La nostra preghiera non è accumulo di parole, ma adesione totale del cuore a Colui che amiamo più di ogni altra cosa al mondo (Mt 10,37-39). E affinché le nostre preghiere vengano esaudite "prontamente" occorre che siano innestate nella volontà di Dio, che ha i suoi tempi e i suoi disegni. Progetti d'amore per ciascuno. Anche Gesù ha chiesto al Padre, nell'ora tremenda dell'agonia, di essere liberato dal bere quel "calice", ma non secondo la sua volontà, ma secondo la volontà del Padre: "Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà" (Lc 22,42).
Allora anche noi con le parole del Salmo, di fronte alle strettoie della quotidianità e della nostra condizione di precarietà, ci rivolgiamo al Padre: "Alzo gli occhi verso i monti: da dove mi verrà l'aiuto? Il mio aiuto viene dal Signore: egli ha fatto cielo e terra. … Il Signore ti custodirà da ogni male: egli custodirà la tua vita, da ora e per sempre" (cf. Sal 120; Salmo responsoriale).

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Ma il Figlio dell'uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra? (Lc 18,8)
(vai al testo…)

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Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata
 Necessità di pregare sempre, senza stancarsi (cf Lc 18,1) - (20/10/2019)
(vai al testo)
 È necessario pregare sempre (cf Lc 18,1) - (16/10/2016)
(vai al testo)
 L'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona (2Tm 3,17) - (20/10/2013)
( vai al testo…)
 Annuncia la Parola (2Tm 4,2) - (15/10/2010)
(vai al post "Annuncio e preghiera")

Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
  Fede e Preghiera (18/10/2019)
  La preghiera: il respiro della vita (14/10/2016)
  La perseveranza nella preghiera (18/10/2013)

Commenti alla Parola:
  di Antonio Savone (VP 9.2022)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 9.2019)
  di Cettina Militello (VP 8.2016)
  di Marinella Perroni (VP 8.2013)
  di Claudio Arletti (VP 8.2010)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano
  di Letture Patristiche della Domenica

(Illustrazione: La vedova e il giudice iniquo, acquarello di Maria Cavazzini Fortini, ottobre 2019)

venerdì 7 ottobre 2022

Gratitudine e null'altro


28a domenica del Tempo ordinario (C)
2Re 5,14-17 • Salmo 97 • 2 Timoteo 2,8-13 • Luca 17,11-19
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Appunti per l'omelia

Se domenica scorsa si è posto l'accento sulla richiesta che i discepoli fanno a Gesù di aumentare la loro fede, con la conseguente risposta di Gesù, alla fine, di testimoniare questa fede in un servizio al vangelo come servi "senza utile", cioè nella gratuità, ora la liturgia di questa domenica ci propone la "riconoscenza" che deriva dall'aver avuto fede nell'opera di guarigione del Maestro.
Gesù, come leggiamo nel vangelo proposto (cf. Lc 17,11-19), dopo aver "purificato" dalla lebbra dieci lebbrosi, si chiede perché solo uno dei guariti, e per giunta samaritano, sia ritornato a rendere gloria a Dio. E non è per un semplice cortese ringraziamento per un beneficio ricevuto! È il rendimento di grazie per l'opera che Dio fa nei nostri confronti che spinge il nostro cuore alla gratitudine, che è l'atteggiamento fondamentale di chi ha scoperto che la salvezza proviene esclusivamente da Dio.
Il samaritano guarito (ma guariti sono anche tutti gli altri nove) sperimenta, per la sua fede (ed era uno scomunicato per i giudei), la salvezza integrale della sua persona. Nove sono guariti, uno solo salvato!
Se i nostri rapporti umani, e ancor più quelli nei confronti di Dio, sono basati su un utile e un benessere che posiamo ottenere, allora difficilmente potremmo capire la bellezza della gratuità e quindi di una sincera riconoscenza. L'uomo contemporaneo, invaso da una mentalità utilitaristica, se scopre il vero senso di ciò che ha ricevuto, allora può aprire il proprio cuore al ringraziamento. Diversamente, come potremmo comprendere appieno il senso dell'Eucaristia? L'Eucaristia non è una norma da osservare per avere la coscienza a posto e neppure soltanto il nutrimento della nostra comunione fraterna. Essa è, come dice il nome stesso, rendimento di grazie, senza altra utilità: è la gioia riconoscente per la grazia ricevuta dall'amore del Padre che nel Figlio ha dato tutto se stesso, nella pienezza dello Spirito Santo.
Il samaritano ha saputo riconoscere nel segno della guarigione il segno della presenza di Dio in Gesù. Mentre gli altri, benché guariti, restano ciechi: vedono il segno, ma non riconoscono ciò che esso significa. Situazione attuale per molti oggi, come per i farisei di allora!
I lebbrosi risanati vengono riammessi nella comunità, ma solo il samaritano - e Gesù stesso è stato accusato di essere un samaritano, un indemoniato (cf. Gv 8,48) – è ammesso, per la sua fede, nella comunità dei salvati.
Saper ringraziare è riconoscere che non si è soli, che abbiamo bisogno degli altri, e ci fa uscire da noi stessi proiettandoci verso gli altri.

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
… e gli altri nove dove sono? (Lc 17,17)
(vai al testo…)

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Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata
 Si prostrò davanti a Gesù per ringraziarlo (Lc 17,16) - (13/10/2019)
(vai al testo)
 Uno tornò indietro lodando Dio! (Lc 17,15) - (09/10/2016)
(vai al testo)
 Gesù, Maestro, abbi pietà di noi (Lc 17,13) - (13/10/2013)
( vai al testo…)
 Si prostrò davanti a Gesù per ringraziarlo (Lc 17,16) - (08/10/2010)
(vai al post "Gratitudine")

Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
  Essere guariti nel "grazie" (11/10/2019)
  La fede: libera risposta all'amore di Dio (07/10/2016)
  La fede che salva (11/10/2013)

Commenti alla Parola:
  di Antonio Savone (VP 9.2022)
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  di Letture Patristiche della Domenica

(Illustrazione: I dieci lebbrosi incontrano Gesù, acquarello di Maria Cavazzini Fortini, ottobre 2016)

sabato 1 ottobre 2022

La forza della testimonianza


Parola di Vita – Ottobre 2022
(Clicca qui per il Video del Commento   -   oppure...)

«Dio infatti non ci ha dato uno spirito di timidezza, ma di forza, di carità e di prudenza» (2Tm 1,7).

La lettera, da cui è tratta questa Parola di vita, è considerata una sorta di testamento spirituale di Paolo. L'apostolo si trova a Roma, in carcere, in attesa di essere condannato e scrive a Timoteo, giovane discepolo e collaboratore, responsabile della complessa comunità di Efeso.
Lo scritto contiene raccomandazioni, consigli rivolti a Timoteo, ma esso è diretto a ogni membro della comunità cristiana di ieri e di oggi. Paolo è in catene a causa della predicazione del Vangelo e vuole incoraggiare il discepolo, piuttosto impaurito di fronte alle persecuzioni ed esitante per le difficoltà che comporta il suo ministero, ad affrontare le prove, per essere una guida sicura per la comunità. Non è nella natura di Paolo e di Timoteo soffrire a causa del Vangelo, ma questa testimonianza è possibile perché poggiata sulla forza di Dio.

«Dio infatti non ci ha dato uno spirito di timidezza, ma di forza, di carità e di prudenza

Paolo vuole testimoniare il Vangelo. Appare chiaro che non sono i talenti, le capacità o i limiti personali a garantire o a frenare il ministero della Parola, ma sono i doni dello Spirito, la forza, la carità e la prudenza che garantiscono la potenza della testimonianza. La carità, posta tra la forza e la prudenza, sembra svolgere un ruolo di discernimento; con la prudenza si esprime l'essere saggi e pronti davanti ad ogni situazione. Timoteo, come il discepolo di ogni tempo, può annunciare il Vangelo con forza, carità e prudenza, fino a soffrire per il Vangelo.

«Dio infatti non ci ha dato uno spirito di timidezza, ma di forza, di carità e di prudenza

Anche noi abbiamo sperimentato la tentazione di scoraggiarci nel vivere e testimoniare la parola di Dio, di non sapere come affrontare determinate situazioni.
Chiara Lubich ci aiuta a comprendere da dove trarre la forza in questi momenti:
«Dobbiamo fare appello alla presenza di Gesù dentro di noi. L'atteggiamento da tenere non sarà quindi quello di bloccarci, rimanendo passivamente rassegnati, ma quello di buttarci fuori, di farci uno con ciò che è richiesto dalla volontà di Dio, di affrontare i doveri a cui la nostra vocazione ci chiama, puntando sulla grazia di Gesù che è in noi. Buttarci fuori dunque. Sarà Gesù stesso a sviluppare sempre di più in noi quelle virtù di cui abbiamo bisogno per testimoniarlo in quel campo di attività che ci è stato affidato» [1].

«Dio infatti non ci ha dato uno spirito di timidezza, ma di forza, di carità e di prudenza

Forza, carità e prudenza, tre virtù dello Spirito che si ottengono con la preghiera e con l'esercizio della fede.
Padre Justin Nari, della Repubblica Centrafricana, si è visto minacciare di morte assieme ai suoi confratelli e a mille musulmani che cercavano scampo dalle rappresaglie della guerra rifugiandosi in chiesa. Più volte i capi delle milizie che li assediavano gli avevano chiesto di arrendersi ma lui aveva continuato a dialogare costantemente con loro per evitare una strage. Un giorno si sono presentati con quaranta litri di benzina e hanno minacciato di bruciarli vivi se non avesse consegnato loro i musulmani. «Con i miei confratelli ho celebrato l'ultima messa – racconta Padre Justin – e lì mi sono ricordato di Chiara Lubich. "Cosa avrebbe fatto lei al mio posto? Sarebbe rimasta e avrebbe dato la vita. E così abbiamo deciso di fare noi". Terminata la messa arriva una telefonata inattesa: l'esercito dell'Unione Africana era di passaggio nella regione, in una città vicina. Padre Justin è corso ad incontrarli e insieme sono tornati alla parrocchia: mancavano tredici minuti alla scadenza dell'ultimatum, tredici minuti che hanno salvato la vita di tutti senza spargimento di sangue» [2].

Letizia Magri

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[1] C. Lubich, Parola di Vita ottobre 1986, in eadem, Parole di Vita, a cura di Fabio Ciardi (Opere di Chiara Lubich 5; Città Nuova, Roma 2017), p. 373.
[2] Unità è il nome della pace: La strategia di Chiara Lubich, a cura di Maddalena Maltese, Città Nuova, Roma 2020, pp.29-30.

Fonte: https://www.focolare.org/


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