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venerdì 29 settembre 2023

La preziosità dello scarto recuperato


26a domenica del Tempo ordinario (A)
Ezechiele 18,25-28 • Salmo 24 • Filippesi 2, 1-11 • Matteo 21,28-32
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

Il brano del vangelo proposto per questa domenica (cf. Mt 21,28-32) racconta del cambiamento di due figli alla richiesta del padre di lavorare alla vigna. Un figlio, dopo aver rifiutato l'invito si pente e aderisce alla richiesta del padre. L'altro invece, nonostante avesse risposto subito affermativamente, cambia idea e non ci va.
Solo nel primo caso l'aver cambiato decisione corrisponde al dinamismo della conversione. Una conversione che esprime in maniera sottile l'identità del padrone della vigna: prima un "uomo", poi un padre.
Nella figura dei due figli Gesù riconosce alcune categorie di persone: nel primo i pubblicani e le prostitute, cioè i pubblici peccatori; nel secondo i legali rappresentanti della Legge che si ritengono a posto.
I pubblici peccatori (pensiamo a Zaccheo, a Matteo o alle tante donne che si aprono ad una nuova vita dopo l'incontro con Gesù) oltre ad essere abituati a frequentare il Maestro di Nazareth, hanno ascoltato anche la parola di Giovanni Battista alla ricerca del vero senso della vita, di se stessi.
Pubblicani e prostitute, lo scarto di una società per bene, religiosa e civile, sono l'emblema di chi sta a contatto diretto con la propria fragilità, magari a tal punto da farne uno stile di vita. Ma il peccato, paradossalmente, se riconosciuto e pianto ha la capacità di far scaturire in noi quella sete di amore che tutti ci muove, ognuno con la propria originalità. Dal pentimento sincero scaturisce il desiderio di una vita nuova. È una relazione nuova con Dio che si sperimenta come un Padre amorevole e misericordioso.
Da questa esperienza nasce la decisione che fare la volontà del Padre è un'azione che risveglia in noi la condizione del nostro essere figli, e figli amati. Ci si accorge che da soli non bastiamo a noi stessi. Ci si accorge che non riusciamo a trovare pienezza se non accettando la nostra condizione di vulnerabilità. Ma nel contempo, in questo nostro vuoto, sperimentiamo che sta irrompendo l'amore gratuito del Solo che può colmare la nostra solitudine e la nostra aridità.
È questo il lavoro nella vigna: l'occasione unica di poter partecipare al frutto della vite nel vino buono dello Sposo, nella festa di nozze, nell'intimità della famiglia.

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
I pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel Regno di Dio (Mt 21,43)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata
 Ma poi si pentì e vi andò (Mt 21,41) - (27/09/2020)
(vai al testo)
 …ma poi si pentì e vi andò (Mt 21,41) - (01/10/2017)
(vai al testo)
 Chi dei due ha compiuto la volontà del padre? (Mt 21,31) - (28/09/2014)
(vai al testo…)
 Chi dei due ha compiuto la volontà del padre? (Mt 21,31) - (25/09/2011)
(vai al testo…)
 Ciascuno consideri gli altri superiori a se stesso (Fil 2,3) - (26/09/2008)
(vai al post "L'umiltà del servizio")

Vedi anche i post Appunti per l'omelia:
  Lavorare nella vigna di "famiglia" (25/09/2020)
  Dio crede in noi, sempre (29/09/2017)
  Fare la volontà del Padre, sull'esempio di Gesù (26/09/2014)

Commenti alla Parola:
  di Antonio Savone (VP 8.2023)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 8.2020)
  di Cettina Militello (VP 7.2017)
  di Marinella Perroni (VP 7.2011)
  di Gianni Cavagnoli (VP 7.2014)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano

(Immagine: La chiamata dei due figli, acquarello di Maria Cavazzini Fortini, settembre 2020)

venerdì 22 settembre 2023

Accogliere la logica di Dio


25a domenica del Tempo ordinario (A)
Isaia 55,6-9 • Salmo 144 • Filippesi 1,20c-24.27a • Matteo 20,1-16
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

"I miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie… i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri" (cf. Is 55,6-9; I lettura). Non possiamo incasellare le prospettive per una vita piena che il Padre riserva per ciascuno secondo parametri umani o secondo la capacità del nostro presunto merito. Il dono che viene da Dio non ha limiti ed è "condizionato" solamente dall'amore che il Padre ha per ciascuno dei suoi figli.
A queste condizioni si sperimenta il regno dei cieli, che è "simile a un padrone di casa che esce all'alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna", e continua ad "uscire" a tutte le ore (cf. Mt 20,1-16; vangelo). È un padrone di casa, non un possidente terriero che gestisce freddamente il lavoro altrui. È un padrone di casa che tratta tutti come suoi familiari. È un padre mattiniero e intraprendente che si dà da fare personalmente a tutte le ore.
Evidentemente non tutte le persone coinvolte nel lavoro alla vigna la pensano come il "padrone di casa" che tratta tutti allo stesso modo e che non fa preferenza di persone (cf. At 10,34), perché il padrone ama i rapporti familiari.
I primi chiamati, infatti, presumendo di aver acquisito meriti maggiori, accecati dall'invidia, se la prendono con gli ultimi arrivati. E qui si insinua il tarlo che corrode i rapporti e acceca la vista e ci allontana dal comprendere il senso vero dell'atteggiamento del Padre. Ciò che Lui ci dà non è commisurato alla nostra bravura. Dà a ciascuno sempre "un denaro" (la paga per un giorno di lavoro), cioè il tutto, perché la vera ricompensa è Lui stesso: la nostra giornata è piena, in qualunque nostra situazione, perché avvolta sempre e totalmente dalla benevolenza del Padre. A noi accogliere e comprendere la "bontà" del padrone, evitando il rischio di essere cacciati via. Anche gli ultimi per essere primi devono entrare nella logica di questo padre dal cuore appassionato.

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Così gli ultimi saranno primi e i primi ultimi (Mt 20,16)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata
 Sei invidioso perché io sono buono? (Mt 20,15) - (20/09/2020)
(vai al testo…)
 Andate anche voi nella mia vigna (Mt 20,7) - (24/09/2017)
(vai al testo)
 Sei invidioso perché io sono buono? (Mt 20,15) - (21/09/2014)
(vai al testo…)
 Sei invidioso perché io sono buono? (Mt 20,15) - (18/09/2011)
(vai al testo…)
 Andate anche voi nella vigna (Mt 20,7) - (19/09/2008)
(vai al post "Anche noi chiamati")

Vedi anche i post Appunti per l'omelia:
  L'invidia non coglie la gratuità (18/09/2020)
  Il Dio che viene a cercarmi anche quando si sarà fatto molto tardi (22/09/2017)
  La gratuità di Dio (19/09/2014)

Commenti alla Parola:
  di Antonio Savone (VP 8.2023)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 8.2020)
  di Cettina Militello (VP 7.2017)
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  di Gianni Cavagnoli (VP 7.2014)
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  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano

(Immagine: Uscì all'alba per prendere lavoratori, acquarello di Maria Cavazzini Fortini, settembre 2017)

venerdì 15 settembre 2023

Fare memoria del perdono di Dio


24a domenica del Tempo ordinario (A)
Siracide 27,30-28,7 • Salmo 102 • Romani 14,7-9 • Matteo 18,21-35
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

"Vi do un comandamento nuovo, dice il Signore: come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri" (Canto al Vangelo; Gv 13,34).
L'amore di Gesù nei nostri confronti, di Lui che è morto per noi, per riscattarci dal nostro peccato e riconciliarci col Padre, è la manifestazione completa del perdono. Gesù si comporta così perché il Padre si comporta così. L'amarci reciprocamente significa prendere coscienza che "nessuno vive per se stesso… perché noi siamo del Signore" (cf. Rm 14,7; II lettura).
La risposta che Gesù dà a Pietro che gli chiede quante volte dobbiamo perdonare, e il racconto che segue della parabola del servo malvagio (cf. Mt 18,21-35), ci manifestano il cuore di Dio e il significato profondo del perdono.
Il perdono è fare memoria del perdono ricevuto da Dio, che significa consegna di noi a Lui, così come siamo e così come Lui è realmente.
Non è una "tecnica" per avere la coscienza a posto. È prendere consapevolezza che Dio è qui adesso, per me, come Padre amorevole.
La disgrazia del servo malvagio è quella di aver dimenticato, in un lasso di tempo brevissimo, il dono del Padre: "il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito" (Mt 18,27). Non aver memoria di questa esperienza personale con Dio è misconoscere il rapporto di misericordia verso il mio prossimo, il mio "collega" impegnato nello stesso mio servizio. È dimenticarsi che siamo tutti fratelli, figli dello stesso Padre. Gesù ci ha resi tali e ci ha indicato se stesso come modello del nostro comportamento reciproco.
Le parole del padrone della parabola risuonano precise: "Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?" (Mt 18,33).
Fare memoria, allora, il ricordo che guarisce, è quello del volto amorevole del Padre, presente accanto a me qui e ora, nella sua infinita tenerezza,.

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette (Mt 18,22)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata
 Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette (Mt 18,22) - (13/09/2020)
(vai al testo)
 Il padrone ebbe compassione di quel servo (Mt 18,27) - (17/09/2017)
(vai al testo)
 Quante volte dovrò perdonargli? (Mt 18,21) - (11/09/2011)
(vai al testo…)
 Pienezza della legge è la carità (Rm 13,10) - (05/09/2008)
(vai al post "L'unico debito")

Vedi anche i post Appunti per l'omelia:
  Perdonare: debolezza o sapienza? (11/09/2020)
  Perdonare: acquisire il cuore di Dio, fare ciò che Dio fa (15/09/2017)

Vedi anche il post:
  Il perdono, ricchezza di Dio (10/09/2011)

Commenti alla Parola:
  di Antonio Savone (VP 8.2023)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 8.2020)
  di Cettina Militello (VP 7.2017)
  di Marinella Perroni (VP 7.2011)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano

(Immagine: Parabola del servo malvagio, acquarello di Maria Cavazzini Fortini)

venerdì 8 settembre 2023

Il nostro modello, la Trinità


23a domenica del Tempo ordinario (A)
Ezechiele 33,1.7-9 • Salmo 94 • Romani 13,8-10 • Matteo 18,15-20
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

"Non siate debitori di nulla a nessuno, se non dell'amore vicendevole", scrive Paolo ai Romani; perché nell'amare il prossimo come se stessi adempiamo ogni volontà di Dio, essendo la carità espressione "piena" e compiuta della Legge (cf. Rm 13,8-10; II lettura).
L'amore vicendevole è alla base di ogni relazione, il fondamento della nostra fraternità.
Lo sappiamo, non siamo tutti uguali, ognuno è diverso dall'altro, anzi, siamo "unici", perché così il Padre ci ha voluti. Tuttavia, sperimentiamo ogni giorno, la difficoltà a rapportarci serenamente, a farci carico gli uni degli altri, a lasciarci portare sulle spalle reciprocamente. Occorre sempre un cuore dilatato dalla misericordia, nella misura del cuore di Cristo.
Nelle situazioni di contrasto, di colpe commesse o ricevute, Gesù ci invita a lasciarci riconciliare, non per giudicarci o condannarci, ma per riannodare quei legami che si fossero sfilacciati o addirittura rotti. E l'invito è carico di comprensione, di riservatezza, ma anche di decisione, perché la posta in gioco – il nostro essere fratelli e sorelle – è troppo importante per essere trascurato o addirittura rifiutato.
Gesù arriva addirittura a coinvolgere la comunità per una colpa che ha lacerato il rapporto personale.
È onesto chiederci: quale comunità è in grado di adempiere questa "diaconia" per ristabilire l'unità? Solo una comunità in cui regna quella carità che sa accogliere, comprendere, che sperimenta la presenza di Gesù in mezzo ai suoi per l'amore vicendevole in atto.
È una comunità che sa chiedere (magari in quei pochi "due o tre uniti nel nome di Gesù"), con la certezza di ottenere, perché sa "accordarsi". E in quel "mettersi d'accordo" sta tutto il lavorio di un continuo perdersi nel fratello per ritrovarsi nuovi nel Fratello che è Gesù.
Solo in una comunità che vive la reciprocità come norma di vita, anche chi dovrà essere considerato come "un pagano o un pubblicano", perché non è stato in grado di ravvedersi, sperimenterà quell'amore speciale che Gesù ha avuto per i pubblicani e i peccatori.
Matteo, il pubblicano, che ha scritto questa pagina di vangelo che viene proposta per questa domenica (cf. Mt 18,15-20), ne ha fatto l'esperienza. Anzi, ha invitato altri suoi "colleghi" al banchetto col Maestro, nello sconcerto e nello sdegno di quei farisei (di ieri e di oggi) che pensano di saperla più lunga dello stesso Maestro. Lui che ha deciso di dare la vita per tutti, loro compresi, perché questa nostra esistenza sia sempre più conforme al suo modello che è la Trinità.

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro (Mt 18,20)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata
 Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro (Mt 18,20) - (06/09/2020)
(vai al testo)
 Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro (Mt 18,20) - (10/09/2017)
(vai al testo)
 Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro (Mt 18,20) - (07/09/2014)
(vai al testo…)
 Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro (Mt 18,20) - (04/09/2011)
(vai al testo…)
 Pienezza della legge è la carità (Rm 13,10) - (05/09/2008)
(vai al post "L'unico debito")

Vedi anche i post Appunti per l'omelia:
  Cristo tra noi, generatore di vita e di fraternità: anima di ciò che esiste (08/09/2017)
  La fraternità, frutto della presenza di Gesù tra i suoi (05/09/2014)

Vedi anche il post:
  Uomini di comunione (04/09/2011)

Commenti alla Parola:
  di Antonio Savone (VP 8.2023)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 8.2020)
  di Cettina Militello (VP 7.2017)
  di Gianni Cavagnoli (VP 7.2014)
  di Marinella Perroni (VP 7.2011)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano

(Immagine: Gesù istruisce i discepoli, acquarello di Maria Cavazzini Fortini, aprile 2019)

sabato 2 settembre 2023

Lo scandalo della croce


22a domenica del Tempo ordinario (A)
Geremia 20,7-9 • Salmo 62 • Romani 12,1-2 • Matteo 16,21-27
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

Se la professione di fede di Pietro sulla vera identità del Figlio dell'uomo quale "il Cristo, Figlio del Dio vivente" (cf. Mt 16,16; vangelo di domenica scorsa) ha fatto comprendere, per la grazia dello Spirito, il dono del Padre, tuttavia Gesù spiega ai suoi il vero senso della sua venuta che culminerà nel viaggio verso Gerusalemme dove lo aspettano sofferenza e morte, con la promessa di risorgere il terzo giorno (cf. Mt 16,21).
E questo provoca scandalo. La croce è "scandalo per i giudei e stoltezza per i pagani" (1Cor 1,23). L'esuberanza di Pietro caratterizza il desiderio di una vita "piena e traboccante", come Gesù ha promesso. Per questo il rimprovero rivolto al Maestro, "in disparte", a non incamminarsi per quella strada che porta alla morte. Ma la gloria e lo splendore del Messia di Dio si manifesta in altra maniera!
Quanto è difficile cogliere che occorre passare per la croce (con quello che comporta e ne consegue) per poter entrare nella vita. Perché questo è il modo di pensare di Dio. Il resto è mentalità del mondo, modo di pensare di Satana.
Eppure tutta la nostra vita è caratterizzata da sofferenza e morte. Noi vorremmo invece una vita senza conflitti e tensioni. Sì, verrà questo mondo nuovo, "cieli nuovi e terra nuova", ma non qui e non ora, perché le tensioni e le contraddizioni stanno dentro di noi.
Occorre saper comprendere fino in fondo che l'annullamento del Figlio è il modo di amare di Dio. E chi vuole seguire Gesù, e per Lui e con Lui incontrare il Padre, deve "rinnegare se stesso e prendere la propria croce", sapendo "perdere" la propria vita per Lui, per poterla poi ritrovare centuplicata, piena e traboccante.
Sì, dobbiamo imparare ad offrire tutto noi stessi, i nostri corpi, la nostra esistenza, come sacrificio vivente, nella nostra quotidianità; e fare di questa offerta un vero culto a Dio, il nostro culto spirituale. Così non ci conformeremo alla mentalità di questo mondo; e, rinnovati nel nostro modo di pensare, saremo in grado di discernere la volontà di Dio (cf. Rm 12,1-2; II lettura).

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà (Mt 16,25)
(vai al testo…)

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Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata
 Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso (Mt 16,24) - (30/08/2020)
(vai al testo)
 Se qualcuno vuol venire dietro a me… (Mt 16,24) - (03/09/2017)
(vai al testo)
 Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso (Mt 16,24) - (31/08/2014)
(vai al testo…)
 Ma nel mio cuore c'era come un fuoco ardente (Ger 20,29) - (21/08/2011)
(vai al testo…)
 Il Figlio dell'uomo (…) renderà a ciascuno secondo le sue azioni (Mt 16,27) - (29/08/2008)
(vai al post "Essere dono")

Vedi anche i post Appunti per l'omelia:
  Come seguire Gesù (27/08/2020)
  Perdere per trovare: noi siamo ricchi solo di ciò che abbiamo donato (02/09/2017)
  Andare dietro a Gesù (29/08/2014)

Vedi anche il post:
  La passione del profeta (28/08/2011)

Commenti alla Parola:
  di Antonio Savone (VP 8.2023)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 8.2020)
  di Cettina Militello (VP 7.2017)
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  di Marinella Perroni (VP 7.2011)
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  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano

(Immagine: Il Figlio dell'uomo deve molto soffrire, acquarello di Maria Cavazzini Fortini, aprile 2012)

venerdì 1 settembre 2023

La vita una lode perenne


Parola di Vita – Settembre 2023
(Clicca qui per il Video del Commento   -   oppure...)

«Ti voglio benedire ogni giorno, lodare il tuo nome in eterno e per sempre» (Sal 145 [144],2).

La parola della Scrittura che ci viene proposta in questo mese per aiutarci nel nostro cammino è una preghiera. È un versetto tratto dal Salmo 145. I Salmi sono composizioni nelle quali si rispecchia l'esperienza religiosa individuale e collettiva del popolo di Israele nel suo percorso storico e nelle varie vicissitudini della sua esistenza. La preghiera fatta poesia sale al Signore come lamento, supplica, ringraziamento e lode. In questo respiro c'è tutta la varietà di sentimenti e atteggiamenti con cui l'uomo esprime la sua vita e il suo rapporto con il Dio vivente.
Il tema di fondo del salmo 145 è la regalità di Dio. Il salmista, sulla base dalla sua esperienza personale, esalta la grandezza di Dio: "Grande è il Signore e degno di ogni lode" (v. 3); magnifica la sua bontà e l'universalità del suo amore: "Buono è il Signore verso tutti, la sua tenerezza si espande su tutte le creature" (v. 9); riconosce la sua fedeltà: "Fedele è il Signore in tutte le sue parole" (v. 13b), e arriva a coinvolgere ogni essere vivente in un canto cosmico: "Benedica ogni vivente il suo santo nome, in eterno e per sempre" (v. 21).

«Ti voglio benedire ogni giorno, lodare il tuo nome in eterno e per sempre».

L'uomo moderno, tuttavia, si sente a volte smarrito con l'impressione di essere abbandonato a sé stesso. Teme che le vicende delle sue giornate siano dominate dal caso, in un succedersi di eventi privi di significato e di traguardo.
Questo salmo è portatore di un rassicurante annuncio di speranza: «Dio è creatore del cielo e della terra, è custode fedele del patto che lo lega al suo popolo, è Colui che fa giustizia nei confronti degli oppressi, dona il pane che sostiene gli affamati e libera i prigionieri. È Lui ad aprire gli occhi ai ciechi, a rialzare chi è caduto, ad amare i giusti, a proteggere lo straniero, a sostenere l'orfano e la vedova» […] [1].

«Ti voglio benedire ogni giorno, lodare il tuo nome in eterno e per sempre».

Questa parola ci invita innanzitutto a curare il nostro rapporto personale con Dio accogliendo, senza riserve, il suo amore e la sua misericordia e mettendoci davanti al mistero in ascolto della sua voce. In questo consiste il fondamento di ogni preghiera. Ma poiché questo amore non è mai disgiunto da quello per il prossimo, quando imitiamo Dio Padre nell'amare concretamente ogni fratello e sorella, in particolare gli ultimi, gli scartati, i più soli, giungiamo a percepire nel quotidiano la sua presenza nella nostra vita. Chiara Lubich, invitata a donare il suo vissuto cristiano ad un'assemblea di buddisti, lo riassumeva cosi: «… il cuore della mia esperienza è tutto qui: più si ama l'uomo, più si trova Dio. Più si trova Dio, più si ama l'uomo» [2].

«Ti voglio benedire ogni giorno, lodare il tuo nome in eterno e per sempre».

Ma c'è un'altra via per trovarlo. Negli ultimi decenni l'umanità ha acquisito nuova consapevolezza del problema ecologico. Motore di questo cambio sono, in particolare, i giovani che propongono uno stile di vita più sobrio con un ripensamento dei modelli di sviluppo, un impegno per il diritto di tutti gli abitanti del pianeta ad avere acqua, cibo, aria pulita, e una ricerca di fonti di energia alternative. In questo modo l'essere umano può non solo recuperare il rapporto con la natura ma anche lodare Dio avendo scoperto con stupore la sua tenerezza verso tutta la creazione.
È l'esperienza di Venant M. che, da bambino, nel suo Burundi natale si svegliava all'albeggiare con il canto degli uccelli e percorreva, nella foresta, decine di chilometri per andare a scuola; si sentiva in piena sintonia con gli alberi, gli animali, i ruscelli, le colline e con i propri compagni. Avvertiva la natura vicina anzi, si sentiva parte viva di un ecosistema in cui creature e Creatore erano in totale armonia. Questa consapevolezza diventava lode, non di un momento, ma proprio di tutta la giornata.
Qualcuno potrebbe chiedersi: e nelle nostre città? «Nelle nostre metropoli di cemento, costruite dalla mano dell'uomo tra il frastuono del mondo, raramente la natura si è salvata. Eppure, se vogliamo, basta uno squarcio di cielo azzurro scorto fra le cime dei grattacieli, per ricordarci Dio; basta un raggio di sole, che non manca di penetrare nemmeno fra le sbarre d'una prigione; basta un fiore, un prato, il volto di un bambino…» [3].

A cura di Augusto Parody Reyes
e del team della Parola di Vita


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[1] Giovanni Paolo II. Udienza Generale, 2 luglio 2003, commento al Salmo 145.
[2] M. Vandeleene, Io, il fratello, Dio nel pensiero di Chiara Lubich, Città Nuova, Roma 1999, p. 252
[3] C. Lubich, Conversazioni, in collegamento telefonico, a cura di Michel Vandeleene (Opere di Chiara Lubich 8.1; Città Nuova, Roma 2019) p. 340.

Fonte: https://www.focolaritalia.it
Immagine: https://www.cittanuova.it

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