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sabato 30 marzo 2024

Uscire per vedere e credere


Pasqua di Risurrezione
Atti 10,34a.37-43 • Sal 117 • Colossesi 3,1-4 [1Corinzi 5,6-8] • Giovanni 20,1-9
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

Dopo l'attesa, nel silenzio del sabato, dopo che in fretta abbiamo chiuso il sepolcro con una pietra, ecco "il primo giorno della settimana". Sì, "il primo giorno", quello della nuova creazione, il giorno in cui "il Signore della vita che era morto, ora è vivo e trionfa". È la risposta alle nostre paure, ai nostri smarrimenti. Anche noi con Maria di Magdala, angosciati perché abbiamo sperimentato l'assenza dell'Amato, lo andiamo cercando, perché nel luogo dove l'avevano deposto privo di vita, non lo troviamo più.
Dove sei, Dio della vita? Dove sei, tu Gesù, che ti sei definito Resurrezione e Vita? C'è dolore e smarrimento, ed è una corsa affannosa… Non solo Maria corre, anche Pietro e Giovanni "correvano insieme", ognuno con il suo passo, ma con la stessa spinta interiore. Questi personaggi, germe della prima comunità cristiana, siamo noi che vogliamo uscire dalla paura e dalla rassegnazione, dalla mediocrità che ci fa segnare il passo, per andare in cerca del Signore.
È uscire da noi stessi per cercarlo, per saperlo vedere, sia pure velato (non lo si riconosce al primo impatto…, come lo è stato per Maria di Magdala e per gli atri discepoli), ma reale nel volto delle persone che incontriamo quotidianamente, di coloro che ci vivono accanto, dei poveri che, se accolti, sanno svelarci, al di là delle apparenze, il Signore risorto: sì, vivo, seppur con il segno della sofferenza, segno di un amore dato e ricevuto.
Allora sperimentiamo la luce che ha vinto le tenebre, la vita che ha sconfitto la morte.
Entrati in quel sepolcro, dimora di morte, comprendiamo che la morte non è: è Lui che viene a noi e ci dice: "Pace a voi!".
Ma occorre uscire. Solo così la comunità dei credenti vede e crede, se è in grado di guardare al volto dell'umanità ferita e straziata dal dolore, e riconosce nelle sue piaghe il volto del Risorto.
Sì, è il primo giorno della settimana della vita, il primo e unico che dà senso e vitalità alla nostra esistenza.

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l'hanno posto! (Gv 20,1)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata
 Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò (Gv 20,5) - (09/04/2023)
(vai al testo)
 … e vide e credette (Gv 24,8) - (17/04/2022)
(vai al testo)
 E vide e credette (Gv 24,8) - (04/04/2021)
(vai al testo)
 Entrò nel sepolcro e vide e credette (Gv 24,8) - (12/04/2020)
(vai al testo)
 Non è qui, è risorto (Lc 24,6) - (21/04/2019)
(vai al testo)
 Egli doveva risorgere dai morti (Gv 20,9) - (01/04/2018)
(vai al testo)
 Entrò nel sepolcro... e vide e credette (Gv 20,8) - (16/04/2017)
(vai al testo)
 Non è qui, è risorto (Lc 24,6) - (27/03/2016)
(vai al testo)
 E vide e credette (Gv 20,8) - (05/04/2015)
(vai al testo)
 Andate a dire: È risorto dai morti (Mt 28,7) - (20/04/2014)
(vai al testo)
 Se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù (Col 3,1) - (31/03/2013)
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 È risorto! (Mc 16,6) - (08/04/2012)
(vai al testo)
 Andate a dire ai suoi discepoli: "È risorto dai morti" (Mt 28,7) - (24/04/2011)
(vai al testo)
 Cristo, mia speranza, è risorto, alleluia(Sequenza) - (03/04/2010)
(vai al post "La nostra speranza")
 Noi siamo testimoni di tutte le cose da lui compiute(At 10,39) - (11/04/2009)
(vai al post "Noi siamo testimoni")

Vedi anche i post Appunti per l'omelia:
  Il primo giorno della settimana (08/04/2023)
  Dove la nostra credibilità? (15/04/2022)
  L'amore ci fa vedere (03/04/2021)
  Il Signore Gesù ha vinto la morte (11/04/2020)
  La memoria delle Scritture (20/04/2019)
  Dalla risurrezione di Gesù è possible un nuovo inizio per ciascuno (30/03/2018)
  L'ultima parola della vita umana è soltanto e sempre l'amore (15/04/2017)
  L'amore che non può essere annullato dalla morte (26/03/2016)
  "Doveva" risolrgere (04/04/2015)
  La gioia piena che il Risorto ci dona (19/04/2014)
  È vivo, Lui la nostra speranza! (30/03/2013)
  È risorto! (07/04/2012)

Commenti alla Parola:
Anno A:
  di Antonio Savone (VP 4.2023)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 4.2020)
  di Cettina Militello (VP 3.2017)
  di Gianni Cavagnoli (VP 3.2014)
  di Marinella Perroni (VP 3.2011)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano

Anno B:
  di Goffredo Boselli (VP 3.2024)
  di Antonio Savone (VP 4.2021)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 4.2018)
  di Luigi Vari (VP 3.2015)
  di Marinella Perroni (VP 3.2012)
  di Claudio Arletti (VP 3.2009)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano
  di Letture Patristiche della Domenica

Anno C:
  di Antonio Savone (VP 4.2022)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 4.2019)
  di Luigi Vari (VP 2.2016)
  di Marinella Perroni (VP 2.2013)
  di Claudio Arletti (VP 3.2010)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano
  di Letture Patristiche della Domenica

In silenzio


Sabato Santo. Il Signore è nel sepolcro, tutto tace. Oggi è il giorno senza parola, senza parole, ma anche senza Parola di Dio; o meglio, c'è una parola che risuona più rumorosa che mai, è il Silenzio. È il giorno del silenzio, tutto tace perché il Signore è morto. Sta nel sepolcro e tutti - chi è deluso, chi è arrabbiato, chi è sconcertato - tutti si radunano in qualche modo attorno a quel sepolcro che ha una grossa pietra davanti, chiuso. Un sepolcro per il quale è stato necessario fare in fretta. Infatti, la deposizione di Gesù è stata segnata dalla fretta di chiudere rapidamente i conti con quella che era stata un'esecuzione ingiusta, drammatica, una morte atroce, un'agonia dolorosissima.
Così anche noi tante volte abbiamo l'impressione di dover chiudere in fretta, con il dolore, con la delusione, con una morte. E invece oggi è un giorno di silenzio, perché è un giorno di attesa, un giorno di vigilanza. Siamo attorno a quel sepolcro con tutte le nostre paure e con tutti i nostri fallimenti, con tutti i nostri peccati. Forse ci sentiamo anche in colpa, se non è verso Gesù, è verso quello che egli rappresenta, cioè il dolore di tutti gli innocenti della terra. Siamo lì anche così, Lui ne è contento. Ma come fa a essere contento se è morto? Eh sì, è morto davvero. Non dobbiamo stupirci di questo, ma dobbiamo accettare di entrare in questo enorme mistero. Dio è morto in Gesù su una croce: con Lui c'è il Padre e anche lo Spirito. Qualcosa dovrà accadere, allora, per comprendere se davvero Dio, se quel Gesù di Nazareth davvero porta impresso in sé il sigillo dell'eternità, dell'infinito o se la morte ha davvero vinto e battuto tutto quello che ha il sapore della vita.
È Sabato santo. È il sabato dell'attesa. È il sabato in cui possiamo stare in silenzio o anche a far emergere gli intimi sentimenti e pensieri del nostro cuore. Avere il coraggio di fare i conti con la morte, con la nostra paura della morte. Metterci d'impegno a non chiudere troppo rapidamente quel sepolcro, a non metterci una pietra sopra con troppa facilità, perché chi non ha il coraggio di guardare in faccia la morte si lascia schiacciare da essa, che poi diventa concretamente amarezza e anche violenza da diffondere purtroppo ancora su questa terra. Noi non vogliamo essere fra questi. Stiamo vicini al sepolcro perché crediamo che qualcosa accadrà. Vegliamo con Maria, donna dell'attesa, donna della vicinanza. Vegliamo con tutte le donne che hanno saputo preparare i profumi, perché è sabato, il Signore è morto, ma c'è già una brezza leggera di profumo che comincia ad aleggiare intorno. Chissà, forse accadrà che ancora una volta risorge anche nel nostro cuore. Attendiamo vigilanti nel silenzio.

(Dalla meditazione quotidiana di p. Luca Garbinetto, PSSG - https://www.youtube.com/@PiaSocietaSanGaetano)


venerdì 29 marzo 2024

Chi cercate?


Venerdì Santo. È giornata di dolore oggi, un dolore segnato dalla crocifissione e dall'agonia fino alla morte del Figlio di Dio fatto uomo, di Gesù di Nazareth, Messia atteso che dà la vita per noi, per ogni uomo, ogni donna che vengono al mondo.
Un amore è appeso alla croce, inerme e disarmato, un amore che esprime il suo bisogno di essere corrisposto. "Ho sete" dirà Gesù. E noi che cosa vogliamo rispondere a questa sua richiesta? Un Dio che lascia tutte le immagini di onnipotenza che abbiamo in testa, come le aveva in testa Giuda che invece lo tradirà, e assume piuttosto la sua natura vera, quella della umiltà, cioè nel fare spazio alla sua creatura per poter essere raggiunto e poter instaurare con lei, con noi, una relazione autentica, libera, vera e, per questo, segnata dall'amore.
A noi oggi la possibilità di lasciarci coinvolgere ancora in questo dinamismo, raccontato con dovizia di particolari dagli Evangelisti e in particolare oggi nell'ascolto della passione secondo Giovanni. I capitoli 18 e 19 ci introducono a questo mistero di un giudizio durissimo da parte degli uomini verso Dio, quando Dio continua a giudicare gli uomini soltanto a partire dalla sua misericordia, per entrare nella contemplazione di questo mistero - in questo giorno in cui non si celebra l'eucarestia -, entrando nella contemplazione della Croce, della sua passione, ascoltandone il racconto e adorando il segno della Croce, appunto.
Ecco che la domanda che Gesù pone all'inizio del Vangelo nei versetti iniziali del capitolo 18, ripetuta due volte, ci può essere di grande utilità. Gesù a coloro che lo vengono a catturare guidati da Giuda, con bastoni e armi in mano, chiede "Chi cercate?". Due volte lo chiede e per due volte alla risposta "Gesù il Nazareno" egli dice "Sono io". Ma questo "Sono io" ha una risonanza nella Sacra Scrittura, è il nome di Dio. E quindi quel Gesù di Nazareth che essi cercano è Dio, e questo ha rivelazione, fa cadere a terra questi uomini che non sono pronti a incontrare Dio o che non sono pronti in particolare a riconoscere Dio nella figura di quest'uomo donato, che si lascia perdere, prendere, che si consegna per amore.
"Chi cercate?" è anche la domanda rivolta a noi, come Gesù l'aveva rivolta ai primi suoi discepoli, e come verrà rivolta alla Maddalena davanti al sepolcro vuoto: "Donna, chi cerchi?". Chi cerchiamo? È così che dobbiamo entrare nella nostra giornata di relazione con il Signore che muore per noi, chiedendoci se davvero siamo disponibili a incontrare Colui che sconvolge e rovescia le nostre visioni di Dio. "Chi cercate?". Se cercate un Dio onnipotente nel senso dell'appartenenza e della manifestazione di forza, rimarrete delusi. Se vi lasciate invece sedurre e conquistare da un Dio che ha il volto sfigurato e che è consegnato tutto con le braccia aperte proprio per amore, allora in questa sorpresa che ogni anno ci tocca profondamente, troveremo la salvezza, la gioia autentica, la garanzia che il Signore non ci ha abbandonato e non ci abbandonerà mai.
Chi cerchi tu, mentre entri in questo giorno così santo? A te la possibilità di aprirti una risposta sconcertante. Colui che cerchi, lo troverai, ma lo troverai con un volto nuovo, quello della solidarietà nell'amore fino alla sofferenza della morte, pronto, disponibile, aperto a lasciarsi riportare in vita dal Padre della vita.

(Dalla meditazione quotidiana di p. Luca Garbinetto, PSSG - https://www.youtube.com/@PiaSocietaSanGaetano)


giovedì 28 marzo 2024

Li amò sino alla fine


Oggi è giovedì Santo. La celebrazione che ci attende è quella della lavanda dei piedi, segno inequivocabile dell'identità di Dio, Colui che si fa servo, si fa umile e scende fino a lavare i nostri piedi, cioè a toccare le nostre fragilità, le nostre debolezze e a sollevarci per sempre, vincendo il peccato e la morte. Inizia il triduo Pasquale: è il segno inequivocabile dello stile di Dio e donato da Gesù nell'ultima cena di cui ci racconta il Vangelo di Giovanni (cf. Gv 3,1-15). Giovanni rinuncia al segno del pane e presenta piuttosto il servo Gesù che, cingendo la veste, lava i piedi ai suoi discepoli in un gesto che non poteva essere eseguito nemmeno dagli schiavi. Questo è Dio, Colui che sceglie l'ultimo posto per permettere a ciascuno di noi di essere sollevati dalla nostra sensazione di inutilità e dalla nostra miseria per ritrovarci seduti accanto a Lui e tornati quello che siamo veramente, figli di Dio, amati. Ed è proprio l'amore il senso profondo della celebrazione della giornata di oggi: "Avendo amato i suoi, li amò sino alla fine". Espressione bellissima, profondissima, che non finiremo mai di contemplare abbastanza.
Essere cristiano non è prima di tutto un agire, un'opera, non è un movimento dell'uomo, ma è un'accoglienza, perché l'uomo, la donna, tutti siamo destinatari di un amore che ci precede e che va fino alla fine, in totalità e in eternità. E da questo amore sgorgano i tre doni di questa giornata.
L'eucaristia, appunto, che nell'ultima cena viene lasciata come memoriale del sacrificio di offerta che Gesù fa per noi; il sacerdozio ministeriale, il ministero dell'ordine, i presbiteri e i vescovi che assieme ai diaconi continuano a rendere presente nella Chiesa, comunità cristiana radunata da Dio, quella grazia enorme che è il Corpo e il Sangue di Cristo, e soprattutto rendono presente l'amore che appunto è la radice di ciò; e il terzo dono: il nuovo comandamento dell'amore che si connota nella dinamica del servizio, della diaconia.
Il dono del comandamento nuovo può sembrare scontato, ma in realtà risponde in maniera radicale a una sete di tutte le persone, che rimane spesso non dissetata. Solo andando alla maniera di Dio di amare possiamo trovare la risposta al nostro bisogno di essere amati e di amare a nostra volta. E la maniera di Dio è appunto il lavare i piedi nelle debolezze della persona del prossimo che abbiamo davanti. Un servizio concreto, dunque tangibile, che riguarda l'interezza dell'essere umano e non soltanto alcuni aspetti.
Dobbiamo farci carico anche noi con Gesù, con la forza dell'eucaristia che la Chiesa celebra e che ci manda nel mondo a essere missionari, dobbiamo farci carico del peso dell'amore: un peso che nasce dal cuore ma che si irrora poi a essere grazia per tutti.
All'inizio di questo Triduo, dove siamo chiamati a lavare i piedi, chiediamo a Gesù, il Servo che si fa dono per noi, di donarci la luce e la forza per mettere in pratica, come Lui, quello che abbiamo visto: "Anche voi fate quello che ho fatto io". Ecco il comandamento, ecco l'eredità, ecco il testamento del nostro Signore.

(Dalla meditazione quotidiana di p. Luca Garbinetto, PSSG - https://www.youtube.com/@PiaSocietaSanGaetano)


venerdì 22 marzo 2024

Un amore che tutto dà


Domenica delle Palme (B)
Isaia 50,4-7 • Salmo 21 • Filippesi 2,6-11 • Marco 14,1-15,47
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

Si volge al termine il nostro cammino quaresimale verso la Pasqua, in cui ci siamo soffermati su quanto offerto dalla Parola che la liturgia ci ha proposto: dalla tentazione alla contemplazione, dalla purificazione della nostra religiosità all'accoglienza della luce che ci illumina sul vero volto del Figlio di Dio, manifestazione dell'amore del Padre. Un amore che dona tutto se stesso, come il chicco di grano che, morto in terra, produce molto frutto. E il frutto è la vita stessa di Dio donataci dal Figlio amato: vita che rigenera il mondo intero, vita offerta per illuminare ogni uomo e ogni donna che abita questa terra.
Tutti sono chiamati, tutti illuminati, nella libertà della nostra adesione.
È la vita stessa di Gesù che ci svela l'amore del Padre: il Figlio che, "pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l'essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo la condizione di servo, divenendo simile agli uomini" (Fil 2,6-7; II lettura).
Gesù, con la sua vita, ci ha mostrato il modo di agire di Dio, un amore che dà "tutto". Che non si ferma davanti alle nostre contraddizioni, ai nostri tradimenti e rinnegamenti, nemmeno di fronte alle nostre fughe nel momento più cruciale, come ci viene descritto nel racconto della Passione del Signore.
È il dono più grande, quello di Gesù, che "svuotò" se stesso, persino della percezione dell'unione col Padre in quel "perché mi hai abbandonato?", gridato prima di morire (cf. Mc 15,34.37).
In quel grido troviamo la risposta a tutti i nostri perché. Quel grido che manifesta il "nulla" d'amore di un Dio che, squarciando ogni velo di separazione, apre le porte del Paradiso ad ogni creatura. Lì Gesù manifesta veramente il suo essere Figlio di Dio, riconosciuto da ogni cuore aperto alla luce che tutti illumina, in una notte che è preludio allo splendore della Pasqua.

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Davvero quest'uomo era Figlio di Dio! (Mc 15,39)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Parola-sintesi proposta a suo tempo pubblicata:
 Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? (Mc 15,34) - (28/03/2021)
(vai al testo…)
 Davvero quest'uomo era Figlio di Dio! (Mc 15,39) - (25/03/2018)
(vai al testo…)
 Davvero quest'uomo era Figlio di Dio! (Mc 15,39) - (29/03/2015)
(vai al testo…)
 L'anima mia è triste fino alla morte (Mc 14,34) - (01/04/2012)
( vai al testo…)
 Veramente, quest'uomo era Figlio di Dio! (Mc 15,39) - (05/04/2009)
(vai al post "Amore e Dolore")

Vedi anche i post Appunti per l'omelia:
  Il prezzo dell'amore di un Dio (26/03/2021)
  Acclamiamo la vittoria di Cristo sulla morte (23/03/2018)
  La potenza dell'amore (25/03/2015)
  Nel grido del suo abbandono (31/03/2012)

Commenti alla Parola:
  di Goffredo Boselli (VP 3.2024)
  di Antonio Savone (VP 3.2021)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 3.2018)
  di Luigi Vari (VP 3.2015)
  di Marinella Perroni (VP 3.2012)
  di Claudio Arletti (VP 3.2009)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano
  di Letture Patristiche della Domenica

(Immagine: “Attirerò tutti a me”, acquarello di Maria Cavazzini Fortini, marzo 2013)

venerdì 15 marzo 2024

L'offerta della propria vita


5a domenica di Quaresima (B)
Geremia 31,31-34 • Salmo 50 • Ebrei 5,7-9 • Giovanni 12,20-33
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

"Vogliamo vedere Gesù" è il desiderio di alcuni greci che erano saliti a Gerusalemme per la festa: "Vogliamo incontrarlo, parlare con lui, conoscerlo meglio" (cf. Gv 12,21). È il momento in cui anche ai pagani è manifestato il vero volto di Gesù. Nel racconto dell'evangelista non si riporta alcun dialogo, ma viene esposto solo il monologo di Gesù. Ora è il momento che tutti sappiano chi è il Messia, di far vedere la "gloria" del Figlio dell'uomo, cioè il suo "innalzamento" in croce, l'ora in cui il Padre proclama: "L'ho glorificato e lo glorificherò ancora" (Gv 12,19).
È una manifestazione in cui viene svelata tutta la verità del mistero dell'incarnazione, di un Dio che si fa uomo, che prende su di sé l'angoscia che attanaglia ogni essere umano di fronte alla prospettiva della morte, e di una morte cruenta. Una prospettiva di turbamento nella quale Gesù intravede l'ora per la quale è venuto e alla quale non può sottrarsi.
Non ci viene mostrata la figura di un supereroe che impavido sfida la morte. Tutt'altro. Ma in quella esperienza di Gesù si concretizza la fonte della vita: "Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto" (Gv 12,24).
Il discepolo che vuole seguire il Maestro ha davanti a sé tracciata la strada: perdere in Dio la propria vita per conservarla per la vita eterna, in una sequela che è servizio concreto, condivisione piena della sorte del Maestro: una morte che è vita; una diaconia che è accoglienza del Padre: "Se uno mi serve, il Padre lo onorerà" (cf. Gv 12,25-26). E nella "gloria" del Figlio, quando sarà innalzato da terra, parteciperemo anche noi ad una messe abbondante che porta alla salvezza (cf. Eb 5,7-9; II lettura). Nel sacrificio del Figlio sarà sancita la nuova alleanza, scritta non su tavole di pietra, ma nell'intimo del nostro cuore, interamente purificato nel profondo (cf. Ger 31,31-34; I lettura).
Dal nostro cuore sgorga, allora, l'invocazione del salmo: "Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo" (cf. Sal 50,12). Possiamo così cogliere l'amore infinito di Dio che si è rivolto a noi nel dono del Figlio che ha offerto se stesso perché noi avessimo vita, e vita in abbondanza (cf. Gv 10,10).

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
E io, quando sarò innalzato da terra attirerò tutti a me (Gv 12,32)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Parola-sintesi proposta a suo tempo pubblicata:
 E io, quando sarò innalzato da terra attirerò tutti a me (Gv 12,32) - (21/03/2021)
(vai al testo…)
 Se il chicco di grano caduto in terra muore, produce molto frutto (Gv 12,24) - (18/03/2018)
(vai al testo…)
 Vogliamo vedere Gesù (Gv 12,21) - (22/03/2015)
(vai al testo…)
 Se uno mi vuol servire, mi segua (Gv 12,26) - (25/03/2012)
( vai al testo…)
 Se il chicco di grano caduto in terra muore, produce molto frutto (Gv 12,24) - (29/03/2009)
(vai al post "Se muori per amore, trovi la vita")

Vedi anche i post Appunti per l'omelia:
  Servire è seguire (19/03/2021)
  Ciò che è donato produce vita (16/03/2018)
  Lui ci attira a sé (20/03/2015)
  Se il chicco di grano… (23/03/2012)

Commenti alla Parola:
  di Goffredo Boselli (VP 3.2024)
  di Antonio Savone (VP 3.2021)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 3.2018)
  di Luigi Vari (VP 3.2015)
  di Marinella Perroni (VP 3.2012)
  di Claudio Arletti (VP 2.2009)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano
  di Letture Patristiche della Domenica

(Immagine: Se il chicco di grano caduto in terra, di Bernadette Lopez, 2018)

domenica 10 marzo 2024

Attraverso il deserto alla libertà [4]


Riprendo la lettura di quest'ultima parte del Messaggio di papa Francesco per questa Quaresima.

"La Quaresima sia anche tempo di decisioni comunitarie", scrive papa Francesco, soprattutto in questo tempo in cui la Chiesa ha iniziato un percorso sinodale. E l'invito a queste "decisioni comunitarie" deve avere il coraggio di "piccole o grandi scelte controcorrente", capaci di modificare la quotidianità delle persone e la vita di un quartiere".
Una vera conversione in senso comunitario non può non portare che ad un serio impegno che non si riduca a un personale impegno devozionale, ma apra lo sguardo, l'anima, il cuore al mondo in cui lo Spirito ci spinge ad essere testimoni.
Il mondo che ci circonda non ci aiuta, anzi ci è di ostacolo e ci condiziona. Tuttavia il cammino sinodale intrapreso ci spinge ad osare oltre il nostro già vissuto, a testimoniare, insieme perché ci sentiamo fratelli e sorelle solidali, un nuovo stile di vita in cui rispecchi la bellezza e l'armonia che sgorga dal vangelo vissuto. Questo è l'invito del papa, affinché "ogni comunità cristiana" si impegni a offrire ai propri fedeli momenti in cui ripensare gli stili di vita; darsi il tempo per verificare la propria presenza nel territorio e il contributo a renderlo migliore".
La Quaresima è un tempo di serio impegno dove la testimonianza comunitaria è segno di speranza nella gioia che nasce dal dono ricevuto e donato.
"Guai se la penitenza cristiana fosse come quella che rattristava il cuore di Gesù": Lui ci invita a "non essere malinconici come gli ipocriti, che assumono un'aria disfatta per far vedere agli altri che digiunano". Chi ci incontra sperimenti la gioia di incontrare persone che si amano e amano, che esprimono la "gioia sui volti", che facciano sentire "il profumo della libertà", in modo che "si sprigioni quell'amore che fa nuove tutte le cose".
Si possa vedere, allora, in questo nostro impegno evangelico, "il barlume di una nuova speranza; "l'inizio di un grande spettacolo"; "il coraggio della conversione, dell'uscita dalla schiavitù".

(Immagine: La Quaresima nel Carisma Vincenziano: sfide e opportunità, dal sito https://cmglobal.org/it/)

venerdì 8 marzo 2024

Accogliere la luce


4a domenica di Quaresima (B)
2Cronache 36,14-16.19-23 • Salmo 136 • Efesini 2,4-10 • Giovanni 3,14-21
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

"La luce è venuta nel mondo" (Gv 3,19) e ci ha aperto gli occhi all'amore di Dio. La purificazione del tempio (secondo l'evangelo di domenica scorsa) operata da Gesù ha fatto noi, in questo cammino quaresimale, creature nuove, illuminandoci con la sua luce.
La sua venuta è la manifestazione dell'amore del Padre, che "ha tanto amato gli uomini da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna" (Gv 3,16). E il Figlio ha dato la sua vita per riscattarci dalla nostra condizione di schiavitù.
È venuto come luce nel mondo, non accecandoci rendendoci così incapaci di vedere per prendere liberamente le nostre decisioni, ma illuminando i nostri passi nel cammino della vita, riconducendoci nel cuore del Padre.
Il dono della libertà, usato male, ci porta a preferire le tenebre alla luce, in modo che le nostre opere non vengano riprovate (cf. Gv 3,19-20). Ma se vogliamo rispondere, riconoscenti, all'amore di Dio, a riconoscere il dono di essere stati liberati e riscattati, allora amiamo la luce ed operiamo secondo verità, manifestando così che le nostre opere sono fatte in Dio (cf. Gv 3,21).
Accogliere la luce e "vedere" è accogliere e accettare la verità di Dio che in Gesù ci rivela che la vita passa attraverso lo scandalo della croce. La morte e la sofferenza non vengono annullate. Sono piuttosto il segno della presenza di Dio che interagisce nella nostra esistenza. Avendo il Figlio assunto tutto di noi, in Lui noi siamo "innalzati", in Lui noi siamo diventati nuove creature, a gloria di Dio Padre, nella gioia di sentirci figli amati: "Esultate e gioite, voi tutti che eravate nella tristezza: saziatevi dell'abbondanza della vostra consolazione" (Antifona d'ingresso).

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Chi fa la verità viene verso la luce (Gv 3,31)
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Parola-sintesi proposta a suo tempo pubblicata:
 Chi crede in lui non è condannato (Gv 3,18) - (14/03/2021)
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 Dio ha mandato il Figlio perché il mondo sia salvato per mezzo di lui (Gv 3,17) - (11/03/2018)
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 Chi fa la verità viene verso la luce (Gv 3,21) - (15/03/2015)
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 Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio (Gv 3,16) - (11/03/2012)
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 Bisogna che il Figlio dell'uomo sia innalzato, affinché chiunque crede in lui abbia vita eterna (Gv 3,14-15) - (22/03/2009)
(vai al post "Il Crocifisso-Risorto, mistero di Dio")

Vedi anche i post Appunti per l'omelia:
  Venire alla luce (12/03/2021)
  La luce è venuta nel mondo (09/03/2018)
  Il "Giudizio" di Dio (13/03/2015)
  La gioia di sentirsi ed essere amati (16/03/2012)

Commenti alla Parola:
  di Goffredo Boselli (VP 3.2024)
  di Antonio Savone (VP 3.2021)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 3.2018)
  di Luigi Vari (VP 2.2015)
  di Marinella Perroni (VP 3.2012)
  di Claudio Arletti (VP 2.2009)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano
  di Letture Patristiche della Domenica

mercoledì 6 marzo 2024

Attraverso il deserto alla libertà [3]


Riprendo la lettura del Messaggio di papa Francesco per questa Quaresima.
Nella nostra situazione in cui facciamo esperienza della nostra "schiavitù", del nostro essere condizionati dai nostri limiti, dai nostri peccati, dalla nostra resistenza all'azione dello Spirito, Dio non ci abbandona!
"Dio non si à stancato di noi". La sua Parola ci viene incontro e ci è presente, sempre. E ci ricorda: "«Io sono il Signore tuom Dio, che ti ha fatto uscire dall'Egitto, dalla condizione servile»".
Il tempo "opportuno" che ci viene concesso è un "tempo di conversione, tempo di libertà". Sull'esempio di Gesù, che "è stato sospinto dalla Spirito nel deserto per essere provato nella libertà", anche noi siamo invitati a seguire Colui che ci ha preceduto, Lui che sta "davanti a noi e con noi", quale "Figlio incarnato". Anche per noi "il deserto è lo spazio in cui la nostra libertà può maturare in una personale decisione di non ricadere schiava". E "questo comporta una lotta". Una lotta contro "le menzogne del nemico". Menzogne di ogni genere: "potere tutto, essere riconosciuti da tutti, avere la meglio su tutti". Tutti condizionamenti che ci incatenano: attaccamenti "al denaro, a certi progetti, idee, obiettivi, alla nostra posizione, a una tradizione, persino ad alcune persone".
Tutte situazioni che "ci paralizzano". "Esiste però una nuova umanità", una umanità che è "il popolo dei piccoli e degli umili che non hanno ceduto al fascino della menzogna". È la presenza di "una silenziosa forza di bene che cura e sostiene il mondo".
La Quaresima è il tempo per prendere decisioni serie. Occorre "agire", fermandosi "in preghiera, per accogliere la Parola di Dio, e fermarsi, come il Samaritano, in presenza del fratello ferito".
"Non avere altri dèi è fermarsi alla presenza di Dio, presso la carne del prossimo". È un esercizio, serio, che potrà sgretolare le nostre presunte certezze, perché l'incontro con Gesù nel prossimo, mio fratello, mi farà uscire da me stesso, mettendo in moto un processo, sempre continuo, di libertà. "Allora il cuore atrofizzato e isolato si risveglierà".
"Alla presenza di Dio diventiamo sorelle e fratelli, sentiamo gli altri con intensità nuova… compagne e compagni di viaggio". È il viaggio che ci conduce verso "la terra promessa" che è il "sogno di Dio": "la terra promessa verso cui tendiamo, quando usciamo dalla schiavitù".

venerdì 1 marzo 2024

La nostra completa liberazione


Parola di Vita – Marzo 2024
(Clicca qui per il Video del Commento   -   oppure...)

«Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo» (Sal 51[50],12)

La frase della Scrittura che ci viene proposta in questo tempo quaresimale fa parte del Salmo 51, laddove, al versetto 12, troviamo la struggente ed umile invocazione: "Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo". Il testo che la contiene è noto col nome di "Miserere".
In esso, lo sguardo dell'autore inizia con l'esplorare i nascondigli dell'anima umana per cogliervi le fibre più profonde, quelle della nostra completa inadeguatezza nei confronti di Dio e, al contempo, dell'insaziabile anelito alla piena comunione con Colui dal quale procede ogni grazia e misericordia.

«Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo».

Il salmo prende spunto da un episodio ben noto della vita di Davide. Egli, chiamato da Dio a prendersi cura del popolo di Israele e a guidarlo sui cammini dell'obbedienza all'Alleanza, trasgredisce la propria missione: dopo aver commesso adulterio con Betsabea ne fa uccidere in battaglia il marito, Uria l'Ittita, ufficiale del suo esercito. Il profeta Natan gli svela la gravità della sua colpa e lo aiuta a riconoscerla. È il momento della confessione del proprio peccato e della riconciliazione con Dio.

«Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo».

Il salmista mette sulla bocca del re invocazioni molto forti ma che sgorgano dal suo profondo pentimento e dalla totale fiducia nel perdono divino: "cancella", "lavami", "purificami". In particolare, nel versetto che ci interessa, usa il verbo "crea" a indicare che la completa liberazione dalle fragilità dell'uomo è possibile unicamente a Dio. È la consapevolezza che solo lui può farci creature nuove dal "cuore puro", ricolmandoci del suo spirito vivificante, donandoci la vera gioia e trasformando radicalmente il nostro rapporto con Dio (lo "spirito saldo") e con gli altri esseri viventi, con la natura e il cosmo.

«Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo».

Come mettere in pratica questa parola di vita? Il primo passo sarà quello di riconoscerci peccatori e bisognosi del perdono di Dio, in un atteggiamento di illimitata fiducia nei suoi confronti. Può accadere che i nostri ripetuti errori ci scoraggino, ci chiudano in noi stessi. Occorre allora lasciare socchiusa, almeno un po', la porta del nostro cuore.
Scrive Chiara Lubich nei primi anni '40 a qualcuno che si sentiva incapace di andare oltre le proprie miserie: «Occorre levarsi dall'anima ogni altro pensiero. E credere che Gesù è attirato a noi dall'esposizione umile e confidente ed amorosa dei nostri peccati. Noi, per noi, null'altro abbiamo e facciamo che miserie. Lui, per Lui, a riguardo nostro, non ha che una sola qualità: la Misericordia. L'anima nostra si può unire a Lui soltanto offrendogli in dono, come unico dono, non le proprie virtù ma i propri peccati! […] se Gesù è venuto sulla terra, se s'è fatto uomo, se qualcosa brama […] è soltanto: Far da Salvatore. Far da Medico! Null'altro desidera» [1].

«Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo».

Poi, una volta liberati e perdonati, e tenendo presente l'aiuto dei fratelli perché la forza del cristiano viene dalla comunità, mettiamoci ad amare concretamente il prossimo chiunque esso sia. «Quello che ci è chiesto è quell'amore vicendevole, di servizio, di comprensione, di partecipazione ai dolori, alle ansie e alle gioie dei nostri fratelli; quell'amore che tutto copre, tutto perdona, tipico del cristiano» [2].
Infine, dice Papa Francesco: «Il perdono di Dio […] è il segno più grande della sua misericordia. Un dono che ogni […] perdonato è chiamato a condividere con ogni fratello e sorella che incontra. Tutti coloro che il Signore ci ha posto accanto, i familiari, gli amici, i colleghi, i parrocchiani… tutti sono, come noi, bisognosi della misericordia di Dio. È bello essere perdonato, ma anche tu, se vuoi essere perdonato, perdona a tua volta. Perdona! […] per essere testimoni del suo perdono, che purifica il cuore e trasforma la vita» [3].

A cura di Augusto Parody Reyes
e del team della Parola di Vita


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[1] C. Lubich, Lettere 1943-1960, a Cura di F. Gillet, (Opere di Chiara Lubich 4/1), Città Nuova, Roma 2022; p. 350.
[2] C. Lubich, Parola di Vita maggio 2002, in eadem, Parole di Vita, a cura di Fabio Ciardi (Opere di Chiara Lubich 5), Città Nuova, Roma 2017, pp. 658-659.
[3] Francesco, Udienza Generale, La misericordia cancella il peccato, 30 marzo 2016.

Fonte: https://www.focolaritalia.it

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