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venerdì 3 maggio 2024

Entrare in quel "come"


6a domenica di Pasqua (B)
Atti 10,25-27.34-35.44-48 • Salmo 97 • 1 Giovanni 4,7-10 • Giovanni 15,9-17
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

"Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore" (GV 15,9-10).
Essere uniti a Gesù come i tralci alla vite e portare frutto (cf. Gv 15,1-8) ci veniva indicato dal vangelo di domenica scorsa. Ora l'invito pressante di Gesù (che è la continuazione del suo discorso di addio), è di "rimanere" in Lui, nel suo amore. È un rimanere vitale, intenso. È un essere immersi nella dinamica dell'amore divino, quello che intercorre tra il Padre e il Figlio.
La condizione per poter "rimanere" in questo amore è osservare i suoi comandamenti. Ma non si tratta di norme astratte, ma nel fare la volontà del Padre che vuole la felicità di tutti i suoi figli. Non è una osservanza servile, ma da amici che condividono con Gesù la sua vita, facendoci entrare nella vita intima di Dio: "Tutto ciò che ho udito dal Padre mio l'ho fatto conoscere a voi" (Gv 15,15).
È un amare "come" Lui ama: "Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amati" (Gv 15,12).
In quel "come" ci è donata la capacità di amare alla maniera di Dio, la forza e la luce per donare anche noi la vita: in questo donare "non c'è amore più grande" (cf. Gv 15,13).
In questo amore, in questo amarci reciprocamente - testimonianza credibile della presenza di Dio nel mondo oggi - abbiamo la grazia e la promessa della gioia piena.
"Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri" (Gv 15,17). È un vivere la reciprocità, perché non si è amici a senso unico. Occorre una scelta, non una semplice relazione affettiva. Così vale anche per una comunità: non si può stare "dentro" a traino, in modo passivo, accontentandoci di una adesione esteriore a celebrazioni o ad appuntamenti. Occorre lasciarsi coinvolgere.
Il nostro amore, allora, è un amore che ha in Dio la sua radice. "Amiamoci gli uni gli altri perché l'amore è da Dio: chiunque ama è stato generato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore. […] In questo sta l'amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati", dice Giovanni nella sua lettera (1Gv 4,7-10; II lettura).
In quel "come" chiesto da Gesù vediamo alcune caratteristiche di questo amore: "Amare per primo", non aspettare che gli altri lo facciano. E poi "amare tutti": è un amore che è rivolto a tutti, perché "Dio non fa preferenza di persone, ma accoglie chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque nazione appartenga" (cf. At 10,34; I lettura).

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Voi siete miei amici, se fate ciò che vi comando (Gv 15,14)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Parola-sintesi proposta a suo tempo pubblicata:
 Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri (Gv 15,17) - (06/05/2021)
(vai al testo…)
 Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri (Gv 15,17) - (06/05/2018)
(vai al testo…)
 Io ho scelto voi (Gv 15,16) - (10/05/2015)
(vai al testo…)
 Amiamoci gli uni gli altri (1Gv 4,7) - (13/05/2012)
(vai al testo…)
 Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri (Gv 15,17) - (10/05/2009)
(vai al post "L'arte di amare")

Vedi anche i post Appunti per l'omelia:
  Nell'agape di Dio il nostro portar frutto (04/05/2018)
  Un "come" sconvolgente (09/05/2015)
  L'amore che è da Dio (12/05/2012)

Commenti alla Parola:
  di Goffredo Boselli (VP 5.2024)
  di Antonio Savone" (VP 5.2021)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 5.2018)
  di Luigi Vari (VP 4.2015)
  di Marinella Perroni (VP 5.2012)
  di Claudio Arletti (VP 4.2009)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano
  di Letture Patristiche della Domenica

(Immagine: Amatevi gli uni gli altri, Bernadette Lopez, 2018)

mercoledì 1 maggio 2024

Amare Dio nel servizio ai fratelli


Parola di Vita – Maggio 2024
(Clicca qui per il Video del Commento   -   oppure...)

«Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore» (1Gv 4,8)

La prima lettera di Giovanni si rivolge ai cristiani di una comunità dell'Asia Minore per incoraggiarli a ripristinare la comunione tra loro, poiché sono divisi da dottrine diverse.
L'autore li esorta a tenere presente ciò che è stato proclamato "fin dal principio" della predicazione cristiana e ripete ciò che i primi discepoli hanno visto, udito e toccato con mano nella convivenza con il Signore, affinché anche questa comunità possa essere in comunione con loro e, quindi, anche con Gesù e con il Padre [1].

«Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore».

Per ricordare l'essenza della rivelazione ricevuta, l'autore sottolinea che, in Gesù, Dio ci ha amato per primo, assumendo fino in fondo l'esistenza umana con tutti i suoi limiti e le sue debolezze.
Sulla croce, Gesù ha condiviso e sperimentato sulla sua pelle la nostra separazione dal Padre. Dando tutto sé stesso l'ha risanata con un amore senza limiti né condizioni. Ci ha dimostrato cos'è l'amore che ci aveva insegnato con le parole e con la vita.
Dall'esempio di Gesù si comprende che amare davvero implica coraggio, fatica e il rischio di dover affrontare avversità e sofferenze. Ma chi ama così partecipa alla vita di Dio e sperimenta la Sua libertà e la gioia di chi si dona.
Amando come Gesù ci ha amati, ci liberiamo dall'egoismo che chiude le porte alla comunione con i fratelli e con Dio e possiamo sperimentarla.

«Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore».

Conoscere Dio, colui che ci ha creati e che conosce noi e la verità più profonda di tutte le cose, è da sempre un anelito, magari inconscio, del cuore umano.
Se Lui è amore, amando come Lui possiamo intravedere qualcosa di questa verità. Possiamo crescere nella conoscenza di Dio perché viviamo essenzialmente la Sua vita e camminiamo alla Sua luce.
E ciò si compie pienamente quando l'amore è reciproco. Se ci amiamo l'un l'altro, infatti, «Dio rimane in noi» [2]. Avviene un po' come quando i due poli elettrici si toccano e la luce si accende, illuminando quanto ci circonda.

«Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore».

Testimoniare che Dio è amore, afferma Chiara Lubich, è «la grande rivoluzione che siamo chiamati ad offrire oggi al mondo moderno, in estrema tensione», così «come i primi cristiani la presentavano al mondo pagano di allora» [3].
Come farlo? Come vivere questo amore che viene da Dio? Imparando da Suo Figlio a metterlo in pratica, in particolare «[…] nel servizio ai fratelli, specie quelli che ci stanno accanto, cominciando dalle piccole cose, dai servizi più umili. Ci sforzeremo, ad imitazione di Gesù, di amarli per primi, nel distacco da noi stessi ed abbracciando tutte le croci, piccole o grandi, che tutto questo può comportare. In tale modo non tarderemo ad arrivare anche noi a quella esperienza di Dio, a quella comunione con Lui, a quella pienezza di luce, di pace e di gioia interiore, a cui vuole portarci Gesù» [4].

«Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore».

Santa visita spesso una residenza per anziani, un ambiente cattolico. «Un giorno, con Roberta, incontra Aldo, un uomo alto, molto colto, ricco. Aldo guarda le due giovani con sguardo cupo: "Ma perché venite qui? Che volete da noi? Lasciateci morire in pace!" Santa non si perde d'animo e gli dice: "Siamo qui per lei, per vivere qualche ora insieme, conoscerci, diventare amici". […] Ritornano altre volte. Roberta racconta: "Quell'uomo era particolarmente chiuso, molto abbattuto. Non credeva in Dio. Santa è stata l'unica che è riuscita a entrare nel suo cuore, con tanta delicatezza, ascoltandolo per ore"». Pregava per lui, e una volta gli ha regalato un rosario, che lui ha accettato. «Santa viene poi a sapere che Aldo è morto nominandola. Il dolore per la sua morte è attenuato dal fatto che è morto serenamente, tenendo fra le mani il rosario che un giorno gli aveva regalato» [5].

A cura di Silvano Malini
e del team della Parola di Vita


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[1] Cf. 1Gv 1,1-3.
[2] Cf. 1Gv 4,12.
[3] C. Lubich. Conversazioni, a cura di M. Vandeleene (Opere di Chiara Lubich 8/1); Città Nuova, Roma 2019, p. 142.
[4] C. Lubich, Parola di Vita di maggio 1991, in eadem, Parole di Vita, a cura di Fabio Ciardi (Opere di Chiara Lubich 5), Città Nuova, Roma 2017, p. 477.
[5] P. Lubrano, Un volo sempre più alto. La vita di Santa Scorese, Città Nuova, Roma 2003, pp. 83-84,107.

Fonte: https://www.focolaritalia.it

venerdì 26 aprile 2024

Essere purificati dalla Parola


5a domenica di Pasqua (B)
Atti 9,26-31 • Salmo 21 • 1 Giovanni 3,18-24 • Giovanni 15,1-8
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

L'itinerario del discepolo alla sequela di Gesù passa necessariamente attraverso il rapporto personale con Lui. Già nella metafora del buon Pastore (di cui si è parlato domenica scorsa) si delinea questo rapporto di intima conoscenza tra il Pastore e le sue pecore. Nel brano evangelico di questa domenica ci viene proposta la metafora della vite e dei tralci: "Io sono la vite vera - dice Gesù - e il Padre mio è l'agricoltore" (Gv 15,1).
Gesù pone l'accento sulla vite "vera". Ciò significa che c'è anche una vite "falsa", non autentica. Esistono cioè esperienze simili a quelle del discepolo inserito nella vite che è Gesù, ma prive di forza vitale. Questo accade quando scegliamo un modo illusorio di essere uniti alla vite: non attingiamo linfa, non siamo nutriti. Ci sono quindi tralci nella vite, ma che non portano frutto. È uno stare senza attingere. È un ritenersi discepoli senza seguire realmente e vitalmente il Maestro. Alla lunga questo atteggiamento, questo modo di ritenersi cristiani, si rivela essere una farsa.
Diverso è il caso dei tralci che portano frutto. Portano frutto perché "rimangono" in Gesù e Lui in noi, come il tralcio che da sé non può portare frutto: "Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla" (Gv 15,4-5).
Ma per portar frutto occorre essere "potati", diversamente dagli altri tralci che vengono tagliati e gettati nel fuoco (cf. Gv 15,6).
Essere "potati": operazione indispensabile per portare frutto.
La potatura è una "purificazione". Essa avviene per opera della Parola, come una "spada a doppio taglio che penetra nel nostro intimo fino al punto di divisione dell'anima e dello spirito" (cf. Eb 4,12): "Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato" (Gv 15,3). Questa purificazione coincide con una spogliazione: il Padre "toglie" qualcosa. Se viviamo la Parola, se questa "rimane" in noi, allora occorre sempre, nella nostra vita, chiederci: che posto ha il Signore Gesù nelle mie scelte? Cosa è importante nella mia vita?
Le potature, i tagli, non quelli che scegliamo noi in determinati momenti, ma quelli che le circostanze della vita ci chiedono: sono occasioni per accogliere in noi l'amore del Padre. È, come dice l'evangelista Giovanni, "amare non a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità… Chi osserva i suoi comandamenti rimane in Dio e Dio in lui" (cf. 1Gv 3,18.24; II lettura).
Essere potati per portare "molto frutto", quali discepoli di Gesù, uniti come tralci alla vite. Il frutto non è tanto un qualcosa di calcolabile e prevedibile, un oggetto, un numero…, ma è qualcosa di cui essere grati. È un dono, il dono di essere semplicemente discepoli del Signore. In questo il Padre è glorificato (cf. Gv 15,24).

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Io sono la vite, voi i tralci (Gv 15,5)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Parola-sintesi proposta a suo tempo pubblicata:
 Rimanete in me e io in voi (Gv 15,4) - (02/05/2021)
(vai al testo…)
 Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto (Gv 15,5) - (29/04/2018)
(vai al testo…)
 Io sono la vite, voi i tralci (Gv 15,5) - (03/05/2015)
(vai al testo…)
 Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto ( Gv 15,5) - (03/05/2012)
(vai al testo…)
 Senza di me non potete far nulla (Gv 15,5) - (10/05/2009)
(vai al post "Nella potatura, la vita")

Vedi anche i post Appunti per l'omelia:
  Le "potature", opportunità che ci orientano a Dio, producendo frutto (27/04/2018)
  L'intima nostra linfa divina (02/05/2015)
  Rimanere in Lui, garanzia di fecondità (04/05/2012)

Commenti alla Parola:
  di Goffredo Boselli (VP 4.2024)
  di Antonio Savone" (VP 5.2021)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 4.2018)
  di Luigi Vari (VP 4.2015)
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  di Claudio Arletti (VP 4.2009)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano
  di Letture Patristiche della Domenica

(Immagine: Io sono la vite vera, acquarello di Maria Cavazzini Fortini, settembre 2011)

sabato 20 aprile 2024

Testimoni dell'amore di Dio


Nel fare memoria del giorno in cui il vescovo Lorenzo mi impose le mani nell'ordinazione diaconale (leggi l'omelia), il mio cuore è pieno di riconoscenza per il dono ricevuto, dono condiviso pienamente da Chiara, mia moglie. Sappiamo entrambi che, se il sacramento del diaconato viene conferito al marito, la chiamata è fatta ad ambedue per l'intrinseca unità sacramentale della coppia, che, concorde, ognuno per la sua parte, pronuncia il suo "sì" a Dio.
Anche 33 anni fa, nello stesso giorno, ricorreva la quarta domenica di Pasqua, domenica di preghiera per le vocazioni.
È bello testimoniare, al di là dei limiti che continuamente condizionano la propria vita, che l'amore di Dio, riversato nei nostri cuori, produce frutti di comunione e di solidarietà. È soprattutto una testimonianza di quanto in questi anni il Signore ci ha illuminato riguardo a questo ministero, profezia per una Chiesa che, perché rinnovata dallo Spirito, esprima l'amore del Padre per questa umanità che soffre e per la quale Gesù ha dato la vita.
Nel cuore una preghiera: essere strumenti docili affinché la carità che ci anima non sia un semplice fare, ma ci introduca in quella comunione trinitaria dove tutti siamo fratelli, figli dell'Unico Padre.

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Rimando ad altri post relativi alla mia ordinazione diaconale:
"Un arteniese diacono permanente (21/04/2021)
"Io offro la mia vita" (20/04/2021)
Portatori del nuovo (20/04/2020)
La beatitudine del servire (19/04/2019)
Il dono di un servizio a "tempo pieno" (20/04/2018)
Seguimi! (20/04/2017)
Gratitudine! (20/04/2016)
Stare nella tua casa (20/04/2015)
Chiara, mia moglie (26/04/2011)
Il diacono e il suo vescovo (20/04/2011)
Modello di ogni diaconia (19/04/2011)
Il mio sì (20/04/2010)
Ricordando quel giorno (19/04/2009)
Eccomi (19/04/2008)
Per conoscerci… (la nostra esperienza) (24/02/2008)

venerdì 19 aprile 2024

Un solo gregge, nell'unità chiesta da Gesù al Padre


4a domenica di Pasqua (B)
Atti 4,8-12 • Salmo 117 • 1 Giovanni 3,1-2 • Giovanni 10, 11-18
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

Il vangelo proposto per questa domenica (cf. Gv 10,11-18), peraltro dedicata alle vocazioni, ci presenta il pastore buono-bello che dà la propria vita per le pecore. Le ama perché le conosce personalmente, non come il mercenario che fugge quando viene il lupo, col risultato: le pecore sono rapite e disperse. L'amore del Padre che in Gesù si manifesta è un amore tutto personale. Il pastore Gesù ci conosce di una conoscenza profonda, divina, come quella che intercorre tra Lui e il Padre. Ed è una conoscenza d'amore, un amore che dona tutto di sé, tutta la vita. Ed è vita umana e divina. Una vita che non è persa perché data, anzi, ripresa e resa vita immortale nella quale anche noi ne diventiamo partecipi, quale frutto della Pasqua del Signore.
Questa è la nostra grande "fortuna": essere amati da Lui, farne l'esperienza concreta per essere introdotti nella dinamica dell'amore trinitario, dove tutto ha senso e dove ogni esistenza trova pienezza.
Amato così da Dio, non posso tenere per me solo questo dono, ma con Gesù mandati affinché il recinto che discrimina diventi la porta spalancata verso l'umanità che attende, assetata, di bere alla sorgente della Vita. Gesù lo dice: "diventeranno un solo gregge, un solo pastore" (Gv 10,16), il compimento della sua preghiera al Padre prima di morire: "Padre, che tutti siano una sola cosa… perché il mondo creda che tu mi hai mandato" (cf. Gv 17,21).
Introdotti in questa divina avventura, siamo chiamati anche noi a dare la vita per i nostri fratelli, affinché tutti possano scoprire il "grande amore del Padre: essere chiamati figli di Dio", nell'attesa della piena manifestazione quando saremo "simili a lui" (cf. 1Gv 3,1-2; II lettura).

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me (Gv 10,14)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Parola-sintesi proposta a suo tempo pubblicata:
 Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me (Gv 10,14) - (25/04/2021)
(vai al testo…)
Parola-sintesi proposta a suo tempo pubblicata:
 Io sono il buon pastore (Gv 10,14) - (22/04/2018)
(vai al testo…)
 Ascolteranno la mia voce (Gv 10,16) - (26/04/2015)
(vai al testo…)
 Io sono il buon pastore ( Gv 10,11) - (29/04/2012)
(vai al testo…)
 Il buon pastore dà la vita per le pecore (Gv 10,11) - (03/05/2009)
(vai al post "Dare la vita")

Vedi anche i post Appunti per l'omelia:
  Conosciuti al modo di Gesù (23/04/2021)
  La vita di Gesù …e del discepolo: un dono d'amore (21/04/2018)
  Gesù ci "conosce" come il Padre "conosce" lui (24/04/2015)
  Conosciuti da Lui (27/04/2012)

Commenti alla Parola:
  di Goffredo Boselli (VP 4.2024)
  di Antonio Savone" (VP 4.2021)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 4.2018)
  di Luigi Vari (VP 4.2015)
  di Marinella Perroni (VP4.2012)
  di Claudio Arletti (VP 4.2009)
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  di Letture Patristiche della Domenica

venerdì 12 aprile 2024

È risorto! Non è un fantasma


3a domenica di Pasqua (B)
Atti 3,13-15.17-19 • Salmo 4 • 1 Giovanni 2,1-5a • Luca 24, 35-48
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

"Sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma" (Lc, 2437). Siamo la sera del giorno di Pasqua e Gesù appare ai discepoli chiusi nel cenacolo. Sappiamo bene che i fantasmi non esistono, eppure è sorprendente vedere come si possa credere più ai fantasmi che a Gesù risorto. Gesù era già apparso a Simone e lo vedono di nuovo nella carne. Eppure non credono. Quanto è difficile credere alla sua risurrezione e quindi anche alla nostra! È più facile credere ai miracoli o alle apparizioni che riconoscere Gesù presente in mezzo a noi! La comunità cristiana, se non fa l'esperienza del Risorto che "sta in mezzo" ai suoi, rischia di rimanere chiusa nel proprio cenacolo, con le proprie presunte certezze, piuttosto che essere coinvolta dal Signore che ogni giorno ci interpella ed uscire ed annunciare la grande novità.
Ma Gesù risorto sta in mezzo a noi, sempre! Domandiamoci: siamo in grado di coglierne la sua presenza, oppure la nostre fede è un credere intellettuale, con la testa e non col cuore e con la carne? Gesù risorto non è un fantasma. L'evangelista racconta che Gesù si fa toccare e mangia con loro. Toccare la carne di Gesù è avere un rapporto personale con Lui, non estemporaneo ma nella quotidianità della nostra vita e soprattutto quando lo incontriamo nella carne dei nostri fratelli, specie i più poveri. Lì possiamo toccare concretamente la sua carne!
Gesù sta in mezzo a noi, in una comunità di fratelli e di sorelle che sanno accogliersi reciprocamente come Gesù ci accoglie. E uno dei frutti di questa sua presenza è il dono della pace, nel vostro cuore e fra di noi.
Gesù si fa presente nello spezzare il pane, nell'Eucaristia che celebriamo. Riceverlo non è un semplice atto personale di devozione, è ricevere il sacramento del suo Corpo. E noi sia il suo corpo, nutriti dall'Eucaristia che ci fa uno. Eucaristia e accoglienza reciproca sono due spetti di un'unica realtà.
La nostra fede nel Signore risorto si nutre della Parola, accolta e vissuta, nella comprensione che Gesù stesso ci dà, "aprendo la nostra mente per comprendere le scritture".
Vivere la Parola è non credere ai fantasmi. È incontrare il Signore risorto che ci chiama alla conversione per uscire da noi stessi ed essere suoi testimoni: il mondo aspetta di incontrare testimoni del Risorto, perché con la nostra vita, personale e comunitaria, lo testimoniamo.

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? (Lc 24,38)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Parola-sintesi proposta a suo tempo pubblicata:
 Di questo voi siete testimoni (Lc 24,48) - (18/04/2021)
(vai al testo…)
 Gesù in persona stette in mezzo a loro (Lc 24,36) - (15/04/2018)
(vai al testo…)
 Toccatemi e guardate (Lc 24,39) - (19/04/2015)
(vai al testo…)
 Di questo voi siete testimoni ( Lc 24,48) - (22/04/2012)
(vai al testo…)
 Chi osserva la sua parola, in lui l'amore di Dio è veramente completo (1Gv 2,5) - (24/04/2009)
(vai al post "Se viviamo la Parola")

Vedi anche i post Appunti per l'omelia:
  Gesù viene e sta (16/04/2021)
  Occorre un cammino di fede! (13/04/2018)
  Gesù risorto "apre" mente e cuore (17/04/2015)
  Suoi testimoni! (20/04/2012)

Commenti alla Parola:
  di Goffredo Boselli (VP 4.2024)
  di Antonio Savone" (VP 4.2021)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 4.2018)
  di Luigi Vari (VP 3.2015)
  di Marinella Perroni (VP3.2012)
  di Claudio Arletti (VP 3.2009)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano
  di Letture Patristiche della Domenica

(Immagine: Il Risorto, di Bernadette Lopez)

domenica 7 aprile 2024

La dimensione domestica della sinodalità









Il diaconato in Italia n° 242/243
(settembre/dicembre2023)


La dimensione domestica della sinodalità



ARTICOLI
Un anno di promozione della "diaconia" (Enzo Petrolino)
La diaconia sociale e domestica di Mosè (Luca Bassetti)
La sinodalità vissuta nella dimensione domestica e familiare (Paola Dall'Olio)
Amore, discemimento, dialogo e preghiera (Montserrat Martinez)
Il diaconato e la dimensione domestica (Claudio Barbari)
L'esperienza sinodale della famiglia (Gianfranco e Cristina Avatano)
Camminare insieme, vivere in maniera sinodale (Clara Della Matrice e Claudio Valletti)
Il punto programmatico della vita della famiglia (Cristiana Dobner)
Una voce dal sinodo (Enzo Romeo)
Sinodo e diaconato: padre dove vai senza il tuo diacono? (Enzo Petrolino)
Dalla relazione di sintesi del Sinodo dei Vescovi

RUBRICHE - DONNE NELLA CHIESA
La relazione
Solida roccia
L'adultera
Una domanda
Tre gradini
Uno sguardo universale
Popolo di Dio
Il ruolo delle donne nel diaconato (María Nery Malangón)

Atti del Convegno Interregionale
Modena, 16-17 giugno 2023

Il cantiere delle diaconie (Enzo Petrolino)
Saluto al Convegno Interregionale (Massimo Nardello)
Diaconie e diaconato (Erio Castellucci)
La diaconia e il diaconato nei "Cantieri di Betania"
Sintesi rìflessioni dei laboratori (Paola Dall'Olio e Giorgio Agagliati)
Sintesi degli interventi in aula (Claudio Barbari)
Il Cantiere delle diaconie. Meditazioni di Lodi e Vespri (Luca Bassetti)
Reportage del Convegno interregionale (Roberto Bandieri)


(Vai ai testi…)

venerdì 5 aprile 2024

Le piaghe del Risorto


2a domenica di Pasqua (B)
Atti 4,32-35 • Salmo 117 • 1Giovanni 5,1-6 • Giovanni 20,19-31
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

Il giorno di Pasqua e otto giorni dopo, "venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: Pace a voi! Detto questo mostrò loro le manie e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore" (cf. Gv 20,19-20.26).
Sono le piaghe impresse nel corpo del Risorto a permettere ai discepoli di gioire al vederlo. E sono quelle piaghe che lo identificano.
È davvero consolante vedere e sapere che il Signore, ora alla destra del Padre, porta in sé le tracce di tutta la vita vissuta in mezzo a noi, fino alla morte. Nulla delle nostre piccole o grandi sofferenze, intime o palesi, sono estranee al corpo e alla persona del Figlio di Dio. Quelle piaghe non sono il segno tangibile di un destino infame vissuto in terra, ma il trionfo dell'amore che tutto dona. Nella carne del Signore risorto resta impresso il segno del suo amore per noi, dell'amore incondizionato del Padre che nel Figlio Gesù ha dato tutto se stesso.
In quelle piaghe sono impresse e presenti nel cuore del Padre tutte le nostre piaghe, non più segno di un dolore senza senso, ma di un amore che dà senso a tutto il nostro esistere.
In quelle piaghe noi vediamo impresso il nostro futuro pieno di vita e di senso, il perché noi siamo fatti per una Vita altra, per una Vita piena, per una Vita nuova.
In Tommaso noi possiamo scorgere il nostro desiderio profondo di capire e dare un senso alla nostra vita. Il nostro desiderio di toccare con mano, di avere delle prove, esprime quella percezione che Dio ci sta chiedendo o donando qualcosa di grande per noi. Davvero il Crocifisso è risorto? Davvero quel derelitto umano, reso a brandelli e appeso al legno della croce come un malfattore è pienamente gradito a Dio?
Nella piena umanità di Gesù la nostra umanità, misera e vulnerabile, trova nel segno delle piaghe la risposta ad ogni nostro perché. Allora la nostra fede nel Signore risorto è l'accoglienza dell'amore infinito di Dio.
Tommaso, alla fine, rinuncia a toccare le piaghe del Signore. Le ha viste. Ha visto Colui che le porta impresse e non gli serve altro. Ha visto il segno tangibile dell'amore, un segno che rimane per sempre impresso nella carne del Figlio di Dio.
Conferma che anche le nostre piaghe, unite alle sue, portano impresso il segno tangibile dell'amore Dio.
Se quelle piaghe quaggiù hanno il sapore del dolore, viste da lassù sono solo ed esclusivamente amore.
Credere allora è accogliere l'amore di Dio così come Gesù ce lo ha mostrato, in vita e in morte.
La vittoria che vince il mondo è questa nostra fede (cf. 1Gv 5,4; II lettura), che ha occhi e cuore che sconvolge le presunte sicurezze di questo mondo.

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati (Gv 20,23)
(vai al testo…)

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Parola-sintesi proposta a suo tempo pubblicata:
 Abbiamo visto il Signore! (Gv 20,25) - (16/04/2023)
(vai al testo…)
 Pace a voi! (Gv 20,19) - (24/04/2022)
(vai al testo…)
 Mio Signore e mio Dio! (Gv 20,28) - (11/04/2021)
(vai al testo…)
 I discepoli gioirono al vedere il Signore (Gv 20,20) - (19/04/2020)
(vai al testo…)
Mio Signore e mio Dio (Gv 20,28) - (28/04/2019)
(vai al testo)
Otto giorni dopo venne Gesù (Gv 20,26) - (08/04/2018)
(vai al testo)
I discepoli gioirono al vedere il Signore (Gv 20,20) - (23/04/2017)
(vai al testo)
Ricevete lo Spirito Santo (Gv 20,22) - (03/04/2016)
(vai al testo)
Abbiamo visto il Signore! ( Gv 20,25) - (12/04/2015)
(vai al testo)
Mio Signore e mio Dio (Gv 20,28) - (27/04/2014)
(vai al testo)
Abbiamo visto il Signore (Gv 20,25) - (07/04/2013)
(vai al testo)
Beati quelli che hanno visto e hanno creduto (Gv 20,29) - (15/04/2012)
(vai al testo)
Tutti i credenti stavano insieme (At 2,44) - (01/05/2011)
(vai al testo)
Mio Signore e mio Dio (Gv 20,28) - (09/04/2010)
(vai al post "Turbati dall'incredulità")
Gesù venne e si presentò in mezzo a loro, e disse: "Pace a voi" (Gv 20,19) - (17/04/2009)
(vai al post "La nostra pace")

Vedi anche i post Appunti per l'omelia:
  Nelle sue piaghe le nostre (14/04/2023 - Anno A)
  Abbiamo visto il Signore! (22/04/2022 - Anno C)
  Da questo crederanno… (09/04/2021 - Anno B)
  Incontrare il Risorto (17/04/2020 - Anno A)
  Il "Primo" giorno della settimana (26/04/2019 - Anno C)
  La fede che vince il mondo (06/04/2018 - Anno B)
  Dalle piaghe aperte, non sangue ma luce e misericordia (21/04/2017 - Anno A)
  Tommaso, il nostro compagno di viaggio (01/04/2016 - Anno C)
  Quelle ferite, il punto più alto dell'amore (11/04/2015 - Anno B)
  Misericordia, secondo nome dell'amore (25/04/2014 - Anno A)
  La comunità vivificata dal Risorto (05/04/2013 - Anno C)
  La nostra vita con il Risorto (13/04/2012 - Anno B)

Commenti alla Parola:

Anno A:
  di Antonio Savone (VP 4.2023)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 4.2020)
  di Cettina Militello (VP 3.2017)
  di Gianni Cavagnoli (VP 3.2014)
  di Marinella Perroni (VP 4.2011)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano

Anno B:
  di Goffredo Boselli (VP 4.2024)
  di Antonio Savone (VP 4.2021)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 4.2018)
  di Luigi Vari (VP 3.2015)
  di Marinella Perroni (VP 3.2012)
  di Claudio Arletti (VP 3.2009)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano
  di Letture Patristiche della Domenica

Anno C:
  di Antonio Savone (VP 4.2022)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 4.2019)
  di Luigi Vari (VP 3.2016)
  di Marinella Perroni (VP 3.2013)
  di Claudio Arletti (VP 3.2010)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano
  di Letture Patristiche della Domenica

lunedì 1 aprile 2024

Testimoni del Risorto


Parola di Vita – Aprile 2024
(Clicca qui per il Video del Commento   -   oppure...)

«Con grande forza gli apostoli davano testimonianza della risurrezione del Signore Gesù e tutti godevano di grande favore» (At 4,33)

Questa parola, che cade nel tempo di Pasqua, ci invita, con la pienezza della libertà di chi ha ricevuto il messaggio evangelico, a essere anche noi testimoni dell’evento che ha segnato la storia: Gesù è risorto!
Per comprendere fino in fondo il significato di questo versetto tratto dagli Atti degli Apostoli è bene citare la frase che lo precede: «La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuore solo e un’anima sola e nessuno considerava sua proprietà quello che gli apparteneva, ma fra loro tutto era comune» [1].

«Con grande forza gli apostoli davano testimonianza della risurrezione del Signore Gesù e tutti godevano di grande favore».

Nel testo viene presentata la prima comunità cristiana animata dalla forza potente dello Spirito, caratterizzata dalla comunione che la spinge a proclamare a tutti il Vangelo, la buona novella, cioè che Cristo è risorto.
Sono le stesse persone che prima della Pentecoste erano spaventate e sgomente davanti agli ultimi avvenimenti accaduti e adesso escono allo scoperto, pronte a dare testimonianza fino al martirio grazie alla forza dello Spirito che ha spazzato via paure e timori.
Essi erano un cuor solo e un’anima sola, praticavano l’amore reciproco fino a mettere in comune i beni: era questa la realtà che andava coinvolgendo un numero sempre più grande di persone.
Donne e uomini al seguito di Gesù avevano ascoltato le sue parole, avevano vissuto con Lui nel servizio e nell’amore riservato agli ultimi, agli ammalati, avevano visto con i loro occhi i fatti prodigiosi operati da Gesù, la loro vita era cambiata perché chiamati a vivere una nuova legge, essi erano stati i primi testimoni della presenza viva di Dio in mezzo agli uomini.
Ma per noi, seguaci di Gesù oggi, che significa dare testimonianza?

«Con grande forza gli apostoli davano testimonianza della risurrezione del Signore Gesù e tutti godevano di grande favore».

Il modo più efficace di testimoniare il Risorto è mostrare che Egli è vivo e abita in mezzo a noi. «Se vivremo la sua Parola, […] tenendo acceso in cuore l’amore verso il prossimo, se ci sforzeremo in modo speciale di conservare sempre l’amore scambievole fra di noi, allora il Risorto vivrà in noi, vivrà in mezzo a noi e irradierà intorno la sua luce e la sua grazia, trasformando gli ambienti con frutti incalcolabili. E sarà lui, mediante il suo Spirito, a guidare i nostri passi e le nostre attività; sarà lui a disporre le circostanze ed a fornirci le occasioni per portare la sua vita alle persone bisognose di lui» [2].

«Con grande forza gli apostoli davano testimonianza della risurrezione del Signore Gesù e tutti godevano di grande favore».

Scrive Margaret Karram [3]:«“Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo a ogni creatura”  [4] è la straordinaria consegna che 2000 anni fa gli apostoli hanno accolto direttamente da Gesù e che ha cambiato il corso della storia. Oggi Gesù rivolge anche a noi lo stesso invito: ci offre la possibilità di portarlo al mondo con tutta la creatività, le capacità e la libertà che Lui stesso ci ha donato» [5].
È un annuncio «che non finisce con la sua morte, anzi! Prende nuova forza dopo la Risurrezione e la Pentecoste, dove i discepoli sono diventati testimoni coraggiosi del Vangelo. E il loro mandato, poi, è arrivato fino a noi oggi. Attraverso di me, attraverso ciascuno di noi, Dio vuole continuare a raccontare la Sua storia d’amore a coloro con cui condividiamo brevi o lunghi tratti di vita»
 [6].

A cura di Patrizia Mazzola
e del team della Parola di Vita


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[1] At 4,32.
[2] C. Lubich, Parola di Vita gennaio 1986, in eadem, Parole di Vita, a cura di Fabio Ciardi (Opere di Chiara Lubich 5), Città Nuova, Roma 2017, p. 347.
[3] Presidente del Movimento dei Focolari.
[4] Mc 16,15.
[5] Margaret Karram, Chiamati e inviati, Rocca di Papa, 15 settembre 2023.
[6] Ibid.

Fonte: https://www.focolaritalia.it

sabato 30 marzo 2024

Uscire per vedere e credere


Pasqua di Risurrezione
Atti 10,34a.37-43 • Sal 117 • Colossesi 3,1-4 [1Corinzi 5,6-8] • Giovanni 20,1-9
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

Dopo l'attesa, nel silenzio del sabato, dopo che in fretta abbiamo chiuso il sepolcro con una pietra, ecco "il primo giorno della settimana". Sì, "il primo giorno", quello della nuova creazione, il giorno in cui "il Signore della vita che era morto, ora è vivo e trionfa". È la risposta alle nostre paure, ai nostri smarrimenti. Anche noi con Maria di Magdala, angosciati perché abbiamo sperimentato l'assenza dell'Amato, lo andiamo cercando, perché nel luogo dove l'avevano deposto privo di vita, non lo troviamo più.
Dove sei, Dio della vita? Dove sei, tu Gesù, che ti sei definito Resurrezione e Vita? C'è dolore e smarrimento, ed è una corsa affannosa… Non solo Maria corre, anche Pietro e Giovanni "correvano insieme", ognuno con il suo passo, ma con la stessa spinta interiore. Questi personaggi, germe della prima comunità cristiana, siamo noi che vogliamo uscire dalla paura e dalla rassegnazione, dalla mediocrità che ci fa segnare il passo, per andare in cerca del Signore.
È uscire da noi stessi per cercarlo, per saperlo vedere, sia pure velato (non lo si riconosce al primo impatto…, come lo è stato per Maria di Magdala e per gli atri discepoli), ma reale nel volto delle persone che incontriamo quotidianamente, di coloro che ci vivono accanto, dei poveri che, se accolti, sanno svelarci, al di là delle apparenze, il Signore risorto: sì, vivo, seppur con il segno della sofferenza, segno di un amore dato e ricevuto.
Allora sperimentiamo la luce che ha vinto le tenebre, la vita che ha sconfitto la morte.
Entrati in quel sepolcro, dimora di morte, comprendiamo che la morte non è: è Lui che viene a noi e ci dice: "Pace a voi!".
Ma occorre uscire. Solo così la comunità dei credenti vede e crede, se è in grado di guardare al volto dell'umanità ferita e straziata dal dolore, e riconosce nelle sue piaghe il volto del Risorto.
Sì, è il primo giorno della settimana della vita, il primo e unico che dà senso e vitalità alla nostra esistenza.

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l'hanno posto! (Gv 20,1)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata
 Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò (Gv 20,5) - (09/04/2023)
(vai al testo)
 … e vide e credette (Gv 24,8) - (17/04/2022)
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 E vide e credette (Gv 24,8) - (04/04/2021)
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 Entrò nel sepolcro e vide e credette (Gv 24,8) - (12/04/2020)
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 Non è qui, è risorto (Lc 24,6) - (21/04/2019)
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 Egli doveva risorgere dai morti (Gv 20,9) - (01/04/2018)
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 Entrò nel sepolcro... e vide e credette (Gv 20,8) - (16/04/2017)
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 Non è qui, è risorto (Lc 24,6) - (27/03/2016)
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 E vide e credette (Gv 20,8) - (05/04/2015)
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 Andate a dire: È risorto dai morti (Mt 28,7) - (20/04/2014)
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 Se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù (Col 3,1) - (31/03/2013)
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 È risorto! (Mc 16,6) - (08/04/2012)
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 Andate a dire ai suoi discepoli: "È risorto dai morti" (Mt 28,7) - (24/04/2011)
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 Cristo, mia speranza, è risorto, alleluia(Sequenza) - (03/04/2010)
(vai al post "La nostra speranza")
 Noi siamo testimoni di tutte le cose da lui compiute(At 10,39) - (11/04/2009)
(vai al post "Noi siamo testimoni")

Vedi anche i post Appunti per l'omelia:
  Il primo giorno della settimana (08/04/2023)
  Dove la nostra credibilità? (15/04/2022)
  L'amore ci fa vedere (03/04/2021)
  Il Signore Gesù ha vinto la morte (11/04/2020)
  La memoria delle Scritture (20/04/2019)
  Dalla risurrezione di Gesù è possible un nuovo inizio per ciascuno (30/03/2018)
  L'ultima parola della vita umana è soltanto e sempre l'amore (15/04/2017)
  L'amore che non può essere annullato dalla morte (26/03/2016)
  "Doveva" risolrgere (04/04/2015)
  La gioia piena che il Risorto ci dona (19/04/2014)
  È vivo, Lui la nostra speranza! (30/03/2013)
  È risorto! (07/04/2012)

Commenti alla Parola:
Anno A:
  di Antonio Savone (VP 4.2023)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 4.2020)
  di Cettina Militello (VP 3.2017)
  di Gianni Cavagnoli (VP 3.2014)
  di Marinella Perroni (VP 3.2011)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano

Anno B:
  di Goffredo Boselli (VP 3.2024)
  di Antonio Savone (VP 4.2021)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 4.2018)
  di Luigi Vari (VP 3.2015)
  di Marinella Perroni (VP 3.2012)
  di Claudio Arletti (VP 3.2009)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano
  di Letture Patristiche della Domenica

Anno C:
  di Antonio Savone (VP 4.2022)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 4.2019)
  di Luigi Vari (VP 2.2016)
  di Marinella Perroni (VP 2.2013)
  di Claudio Arletti (VP 3.2010)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano
  di Letture Patristiche della Domenica

In silenzio


Sabato Santo. Il Signore è nel sepolcro, tutto tace. Oggi è il giorno senza parola, senza parole, ma anche senza Parola di Dio; o meglio, c'è una parola che risuona più rumorosa che mai, è il Silenzio. È il giorno del silenzio, tutto tace perché il Signore è morto. Sta nel sepolcro e tutti - chi è deluso, chi è arrabbiato, chi è sconcertato - tutti si radunano in qualche modo attorno a quel sepolcro che ha una grossa pietra davanti, chiuso. Un sepolcro per il quale è stato necessario fare in fretta. Infatti, la deposizione di Gesù è stata segnata dalla fretta di chiudere rapidamente i conti con quella che era stata un'esecuzione ingiusta, drammatica, una morte atroce, un'agonia dolorosissima.
Così anche noi tante volte abbiamo l'impressione di dover chiudere in fretta, con il dolore, con la delusione, con una morte. E invece oggi è un giorno di silenzio, perché è un giorno di attesa, un giorno di vigilanza. Siamo attorno a quel sepolcro con tutte le nostre paure e con tutti i nostri fallimenti, con tutti i nostri peccati. Forse ci sentiamo anche in colpa, se non è verso Gesù, è verso quello che egli rappresenta, cioè il dolore di tutti gli innocenti della terra. Siamo lì anche così, Lui ne è contento. Ma come fa a essere contento se è morto? Eh sì, è morto davvero. Non dobbiamo stupirci di questo, ma dobbiamo accettare di entrare in questo enorme mistero. Dio è morto in Gesù su una croce: con Lui c'è il Padre e anche lo Spirito. Qualcosa dovrà accadere, allora, per comprendere se davvero Dio, se quel Gesù di Nazareth davvero porta impresso in sé il sigillo dell'eternità, dell'infinito o se la morte ha davvero vinto e battuto tutto quello che ha il sapore della vita.
È Sabato santo. È il sabato dell'attesa. È il sabato in cui possiamo stare in silenzio o anche a far emergere gli intimi sentimenti e pensieri del nostro cuore. Avere il coraggio di fare i conti con la morte, con la nostra paura della morte. Metterci d'impegno a non chiudere troppo rapidamente quel sepolcro, a non metterci una pietra sopra con troppa facilità, perché chi non ha il coraggio di guardare in faccia la morte si lascia schiacciare da essa, che poi diventa concretamente amarezza e anche violenza da diffondere purtroppo ancora su questa terra. Noi non vogliamo essere fra questi. Stiamo vicini al sepolcro perché crediamo che qualcosa accadrà. Vegliamo con Maria, donna dell'attesa, donna della vicinanza. Vegliamo con tutte le donne che hanno saputo preparare i profumi, perché è sabato, il Signore è morto, ma c'è già una brezza leggera di profumo che comincia ad aleggiare intorno. Chissà, forse accadrà che ancora una volta risorge anche nel nostro cuore. Attendiamo vigilanti nel silenzio.

(Dalla meditazione quotidiana di p. Luca Garbinetto, PSSG - https://www.youtube.com/@PiaSocietaSanGaetano)


venerdì 29 marzo 2024

Chi cercate?


Venerdì Santo. È giornata di dolore oggi, un dolore segnato dalla crocifissione e dall'agonia fino alla morte del Figlio di Dio fatto uomo, di Gesù di Nazareth, Messia atteso che dà la vita per noi, per ogni uomo, ogni donna che vengono al mondo.
Un amore è appeso alla croce, inerme e disarmato, un amore che esprime il suo bisogno di essere corrisposto. "Ho sete" dirà Gesù. E noi che cosa vogliamo rispondere a questa sua richiesta? Un Dio che lascia tutte le immagini di onnipotenza che abbiamo in testa, come le aveva in testa Giuda che invece lo tradirà, e assume piuttosto la sua natura vera, quella della umiltà, cioè nel fare spazio alla sua creatura per poter essere raggiunto e poter instaurare con lei, con noi, una relazione autentica, libera, vera e, per questo, segnata dall'amore.
A noi oggi la possibilità di lasciarci coinvolgere ancora in questo dinamismo, raccontato con dovizia di particolari dagli Evangelisti e in particolare oggi nell'ascolto della passione secondo Giovanni. I capitoli 18 e 19 ci introducono a questo mistero di un giudizio durissimo da parte degli uomini verso Dio, quando Dio continua a giudicare gli uomini soltanto a partire dalla sua misericordia, per entrare nella contemplazione di questo mistero - in questo giorno in cui non si celebra l'eucarestia -, entrando nella contemplazione della Croce, della sua passione, ascoltandone il racconto e adorando il segno della Croce, appunto.
Ecco che la domanda che Gesù pone all'inizio del Vangelo nei versetti iniziali del capitolo 18, ripetuta due volte, ci può essere di grande utilità. Gesù a coloro che lo vengono a catturare guidati da Giuda, con bastoni e armi in mano, chiede "Chi cercate?". Due volte lo chiede e per due volte alla risposta "Gesù il Nazareno" egli dice "Sono io". Ma questo "Sono io" ha una risonanza nella Sacra Scrittura, è il nome di Dio. E quindi quel Gesù di Nazareth che essi cercano è Dio, e questo ha rivelazione, fa cadere a terra questi uomini che non sono pronti a incontrare Dio o che non sono pronti in particolare a riconoscere Dio nella figura di quest'uomo donato, che si lascia perdere, prendere, che si consegna per amore.
"Chi cercate?" è anche la domanda rivolta a noi, come Gesù l'aveva rivolta ai primi suoi discepoli, e come verrà rivolta alla Maddalena davanti al sepolcro vuoto: "Donna, chi cerchi?". Chi cerchiamo? È così che dobbiamo entrare nella nostra giornata di relazione con il Signore che muore per noi, chiedendoci se davvero siamo disponibili a incontrare Colui che sconvolge e rovescia le nostre visioni di Dio. "Chi cercate?". Se cercate un Dio onnipotente nel senso dell'appartenenza e della manifestazione di forza, rimarrete delusi. Se vi lasciate invece sedurre e conquistare da un Dio che ha il volto sfigurato e che è consegnato tutto con le braccia aperte proprio per amore, allora in questa sorpresa che ogni anno ci tocca profondamente, troveremo la salvezza, la gioia autentica, la garanzia che il Signore non ci ha abbandonato e non ci abbandonerà mai.
Chi cerchi tu, mentre entri in questo giorno così santo? A te la possibilità di aprirti una risposta sconcertante. Colui che cerchi, lo troverai, ma lo troverai con un volto nuovo, quello della solidarietà nell'amore fino alla sofferenza della morte, pronto, disponibile, aperto a lasciarsi riportare in vita dal Padre della vita.

(Dalla meditazione quotidiana di p. Luca Garbinetto, PSSG - https://www.youtube.com/@PiaSocietaSanGaetano)


giovedì 28 marzo 2024

Li amò sino alla fine


Oggi è giovedì Santo. La celebrazione che ci attende è quella della lavanda dei piedi, segno inequivocabile dell'identità di Dio, Colui che si fa servo, si fa umile e scende fino a lavare i nostri piedi, cioè a toccare le nostre fragilità, le nostre debolezze e a sollevarci per sempre, vincendo il peccato e la morte. Inizia il triduo Pasquale: è il segno inequivocabile dello stile di Dio e donato da Gesù nell'ultima cena di cui ci racconta il Vangelo di Giovanni (cf. Gv 3,1-15). Giovanni rinuncia al segno del pane e presenta piuttosto il servo Gesù che, cingendo la veste, lava i piedi ai suoi discepoli in un gesto che non poteva essere eseguito nemmeno dagli schiavi. Questo è Dio, Colui che sceglie l'ultimo posto per permettere a ciascuno di noi di essere sollevati dalla nostra sensazione di inutilità e dalla nostra miseria per ritrovarci seduti accanto a Lui e tornati quello che siamo veramente, figli di Dio, amati. Ed è proprio l'amore il senso profondo della celebrazione della giornata di oggi: "Avendo amato i suoi, li amò sino alla fine". Espressione bellissima, profondissima, che non finiremo mai di contemplare abbastanza.
Essere cristiano non è prima di tutto un agire, un'opera, non è un movimento dell'uomo, ma è un'accoglienza, perché l'uomo, la donna, tutti siamo destinatari di un amore che ci precede e che va fino alla fine, in totalità e in eternità. E da questo amore sgorgano i tre doni di questa giornata.
L'eucaristia, appunto, che nell'ultima cena viene lasciata come memoriale del sacrificio di offerta che Gesù fa per noi; il sacerdozio ministeriale, il ministero dell'ordine, i presbiteri e i vescovi che assieme ai diaconi continuano a rendere presente nella Chiesa, comunità cristiana radunata da Dio, quella grazia enorme che è il Corpo e il Sangue di Cristo, e soprattutto rendono presente l'amore che appunto è la radice di ciò; e il terzo dono: il nuovo comandamento dell'amore che si connota nella dinamica del servizio, della diaconia.
Il dono del comandamento nuovo può sembrare scontato, ma in realtà risponde in maniera radicale a una sete di tutte le persone, che rimane spesso non dissetata. Solo andando alla maniera di Dio di amare possiamo trovare la risposta al nostro bisogno di essere amati e di amare a nostra volta. E la maniera di Dio è appunto il lavare i piedi nelle debolezze della persona del prossimo che abbiamo davanti. Un servizio concreto, dunque tangibile, che riguarda l'interezza dell'essere umano e non soltanto alcuni aspetti.
Dobbiamo farci carico anche noi con Gesù, con la forza dell'eucaristia che la Chiesa celebra e che ci manda nel mondo a essere missionari, dobbiamo farci carico del peso dell'amore: un peso che nasce dal cuore ma che si irrora poi a essere grazia per tutti.
All'inizio di questo Triduo, dove siamo chiamati a lavare i piedi, chiediamo a Gesù, il Servo che si fa dono per noi, di donarci la luce e la forza per mettere in pratica, come Lui, quello che abbiamo visto: "Anche voi fate quello che ho fatto io". Ecco il comandamento, ecco l'eredità, ecco il testamento del nostro Signore.

(Dalla meditazione quotidiana di p. Luca Garbinetto, PSSG - https://www.youtube.com/@PiaSocietaSanGaetano)


venerdì 22 marzo 2024

Un amore che tutto dà


Domenica delle Palme (B)
Isaia 50,4-7 • Salmo 21 • Filippesi 2,6-11 • Marco 14,1-15,47
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

Si volge al termine il nostro cammino quaresimale verso la Pasqua, in cui ci siamo soffermati su quanto offerto dalla Parola che la liturgia ci ha proposto: dalla tentazione alla contemplazione, dalla purificazione della nostra religiosità all'accoglienza della luce che ci illumina sul vero volto del Figlio di Dio, manifestazione dell'amore del Padre. Un amore che dona tutto se stesso, come il chicco di grano che, morto in terra, produce molto frutto. E il frutto è la vita stessa di Dio donataci dal Figlio amato: vita che rigenera il mondo intero, vita offerta per illuminare ogni uomo e ogni donna che abita questa terra.
Tutti sono chiamati, tutti illuminati, nella libertà della nostra adesione.
È la vita stessa di Gesù che ci svela l'amore del Padre: il Figlio che, "pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l'essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo la condizione di servo, divenendo simile agli uomini" (Fil 2,6-7; II lettura).
Gesù, con la sua vita, ci ha mostrato il modo di agire di Dio, un amore che dà "tutto". Che non si ferma davanti alle nostre contraddizioni, ai nostri tradimenti e rinnegamenti, nemmeno di fronte alle nostre fughe nel momento più cruciale, come ci viene descritto nel racconto della Passione del Signore.
È il dono più grande, quello di Gesù, che "svuotò" se stesso, persino della percezione dell'unione col Padre in quel "perché mi hai abbandonato?", gridato prima di morire (cf. Mc 15,34.37).
In quel grido troviamo la risposta a tutti i nostri perché. Quel grido che manifesta il "nulla" d'amore di un Dio che, squarciando ogni velo di separazione, apre le porte del Paradiso ad ogni creatura. Lì Gesù manifesta veramente il suo essere Figlio di Dio, riconosciuto da ogni cuore aperto alla luce che tutti illumina, in una notte che è preludio allo splendore della Pasqua.

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Davvero quest'uomo era Figlio di Dio! (Mc 15,39)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Parola-sintesi proposta a suo tempo pubblicata:
 Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? (Mc 15,34) - (28/03/2021)
(vai al testo…)
 Davvero quest'uomo era Figlio di Dio! (Mc 15,39) - (25/03/2018)
(vai al testo…)
 Davvero quest'uomo era Figlio di Dio! (Mc 15,39) - (29/03/2015)
(vai al testo…)
 L'anima mia è triste fino alla morte (Mc 14,34) - (01/04/2012)
( vai al testo…)
 Veramente, quest'uomo era Figlio di Dio! (Mc 15,39) - (05/04/2009)
(vai al post "Amore e Dolore")

Vedi anche i post Appunti per l'omelia:
  Il prezzo dell'amore di un Dio (26/03/2021)
  Acclamiamo la vittoria di Cristo sulla morte (23/03/2018)
  La potenza dell'amore (25/03/2015)
  Nel grido del suo abbandono (31/03/2012)

Commenti alla Parola:
  di Goffredo Boselli (VP 3.2024)
  di Antonio Savone (VP 3.2021)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 3.2018)
  di Luigi Vari (VP 3.2015)
  di Marinella Perroni (VP 3.2012)
  di Claudio Arletti (VP 3.2009)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano
  di Letture Patristiche della Domenica

(Immagine: “Attirerò tutti a me”, acquarello di Maria Cavazzini Fortini, marzo 2013)

venerdì 15 marzo 2024

L'offerta della propria vita


5a domenica di Quaresima (B)
Geremia 31,31-34 • Salmo 50 • Ebrei 5,7-9 • Giovanni 12,20-33
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

"Vogliamo vedere Gesù" è il desiderio di alcuni greci che erano saliti a Gerusalemme per la festa: "Vogliamo incontrarlo, parlare con lui, conoscerlo meglio" (cf. Gv 12,21). È il momento in cui anche ai pagani è manifestato il vero volto di Gesù. Nel racconto dell'evangelista non si riporta alcun dialogo, ma viene esposto solo il monologo di Gesù. Ora è il momento che tutti sappiano chi è il Messia, di far vedere la "gloria" del Figlio dell'uomo, cioè il suo "innalzamento" in croce, l'ora in cui il Padre proclama: "L'ho glorificato e lo glorificherò ancora" (Gv 12,19).
È una manifestazione in cui viene svelata tutta la verità del mistero dell'incarnazione, di un Dio che si fa uomo, che prende su di sé l'angoscia che attanaglia ogni essere umano di fronte alla prospettiva della morte, e di una morte cruenta. Una prospettiva di turbamento nella quale Gesù intravede l'ora per la quale è venuto e alla quale non può sottrarsi.
Non ci viene mostrata la figura di un supereroe che impavido sfida la morte. Tutt'altro. Ma in quella esperienza di Gesù si concretizza la fonte della vita: "Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto" (Gv 12,24).
Il discepolo che vuole seguire il Maestro ha davanti a sé tracciata la strada: perdere in Dio la propria vita per conservarla per la vita eterna, in una sequela che è servizio concreto, condivisione piena della sorte del Maestro: una morte che è vita; una diaconia che è accoglienza del Padre: "Se uno mi serve, il Padre lo onorerà" (cf. Gv 12,25-26). E nella "gloria" del Figlio, quando sarà innalzato da terra, parteciperemo anche noi ad una messe abbondante che porta alla salvezza (cf. Eb 5,7-9; II lettura). Nel sacrificio del Figlio sarà sancita la nuova alleanza, scritta non su tavole di pietra, ma nell'intimo del nostro cuore, interamente purificato nel profondo (cf. Ger 31,31-34; I lettura).
Dal nostro cuore sgorga, allora, l'invocazione del salmo: "Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo" (cf. Sal 50,12). Possiamo così cogliere l'amore infinito di Dio che si è rivolto a noi nel dono del Figlio che ha offerto se stesso perché noi avessimo vita, e vita in abbondanza (cf. Gv 10,10).

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
E io, quando sarò innalzato da terra attirerò tutti a me (Gv 12,32)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Parola-sintesi proposta a suo tempo pubblicata:
 E io, quando sarò innalzato da terra attirerò tutti a me (Gv 12,32) - (21/03/2021)
(vai al testo…)
 Se il chicco di grano caduto in terra muore, produce molto frutto (Gv 12,24) - (18/03/2018)
(vai al testo…)
 Vogliamo vedere Gesù (Gv 12,21) - (22/03/2015)
(vai al testo…)
 Se uno mi vuol servire, mi segua (Gv 12,26) - (25/03/2012)
( vai al testo…)
 Se il chicco di grano caduto in terra muore, produce molto frutto (Gv 12,24) - (29/03/2009)
(vai al post "Se muori per amore, trovi la vita")

Vedi anche i post Appunti per l'omelia:
  Servire è seguire (19/03/2021)
  Ciò che è donato produce vita (16/03/2018)
  Lui ci attira a sé (20/03/2015)
  Se il chicco di grano… (23/03/2012)

Commenti alla Parola:
  di Goffredo Boselli (VP 3.2024)
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  di Marinella Perroni (VP 3.2012)
  di Claudio Arletti (VP 2.2009)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano
  di Letture Patristiche della Domenica

(Immagine: Se il chicco di grano caduto in terra, di Bernadette Lopez, 2018)

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