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domenica 29 novembre 2020

Vegliare



Vegliare, o figlio, è stare desti
pronti e volti ad un futuro,
ma col cuore palpitante
dentro l'oggi di parole e gesti.
Vegliare da protagonisti
vuol dire spendere al presente
le energie migliori, i talenti
ad abitar bene ogni momento.
Si veglia a ritmo delle stelle
come sentinelle attente
con fiamme di speranza accese
in vasi d'olio e delicatezze.
Le ombre e i raggi della luna
scandiscono le veglie:
alla sera restando lieti
grati al giorno e alle sue conquiste.
Poi si entra nelle tenebre,
si veglia a mezzanotte,
con timore che non si realizzi
la venuta dello Sposo;
e ci avvolgono paure,
guerre, dubbi e anche angosce:
si veglia al buio sospirando
una Parola che consoli.
La terza veglia è l'annuncio
che l'Aurora ormai ha prevalso
e nella lotta dei contrasti
la vita s'accuccia per un nuovo balzo.
Si veglia anche al mattino
come culmine di un viaggio
quando irrompe ormai deciso
il fulgore del Figlio nato;
vegliare è compimento
che quaggiù non è ancora pieno,
che però attraversa il tempo,
svela il Volto e non lascia soli.
Vegliare ormai è comando,
è dimorare dentro
l'esistenza immensa e fragile
che lo Sposo ci ha promesso.

Padre Luca Garbinetto, Pia Società San Gaetano


venerdì 27 novembre 2020

Nell'attesa dell'incontro


1a domenica di Avvento (B)
Isaia 63,16-17.19;64,2-7 • Salmo 79 • 1Corinzi 1,3-9 • Marco 13,33-37
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

Con questa prima domenica di Avvento iniziamo un nuovo ciclo liturgico, nella contemplazione del mistero del ritorno del Signore Gesù, in continuazione con il vangelo ascoltato nelle ultime domeniche dell'anno liturgico appena concluso.
Avvento, che significa "venuta", "attesa", ed anche "presenza", perché Colui che attendiamo è sempre presente in mezzo a noi "fino alla fine dei tempi" (cf. Mt 28,20).
È un periodo, questo dell'Avvento, che ci prepara all'incontro col Signore che viene: viene alla fine del tempo, viene oggi nella quotidianità della mia vita. E se ci prepariamo all'avvento del Natale è per ricordarci che il Signore Gesù viene oggi come luce che vince le tenebre di questo mondo. Una luce che vuole dare senso alla nostra vita, soprattutto in questo momento tragico di pandemia, dove sperimentiamo la fragilità della nostra esistenza, "avvizziti come foglie, portati via dal vento a causa della nostra iniquità" (cf. Is 63, 5), invitati a prendere coscienza che "noi siamo argilla e il Signore è Colui che ci plasma, tutti noi, opera delle sue mani" (cf. Is 63, 7).

Ecco allora l'invito pressante a "rimanere svegli", a "vegliare", come i servi in attesa del ritorno del loro padrone, perché non sappiamo "quando il padrone di casa ritornerà", ed ogni ora è buona: "fate in modo che, giungendo all'improvviso, non vi trovi addormentati" (cf. Mc 13,33-37).
L'imperativo è "vegliare!", per prepararci all'incontro che può cambiare la nostra vita.
"Avvento": parabola di tutta la nostra vita, nell'attesa gioiosa e trepidante di un incontro che possiamo solo immaginare, ma che la promessa di un Dio, che ha dato la vita per me, mi apre alla piena dimensione della vita stessa di Dio.
"Avvento": parabola di ogni incontro, di ogni nostra risposta a Colui che nel fratello bussa alla mia porta e chiede ascolto, accoglienza, comunione, fraternità.
La Carità di Cristo, che abita i nostri cuori e dà spessore alla nostra vita, ne è la garanzia, mentre attendiamo la sua manifestazione. Sarà Lui stesso, infatti, che "ci renderà saldi sino alla fine, irreprensibili nel Suo Giorno" (cf. 1Cor 1,9).

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Lo dico a tutti: vegliate! (Mc 13,37)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata:
 Fate attenzione, vegliate (Mc 13,33) - (03/12/2017)
(vai al testo…)
 Vegliate, perché non sapete quando è il momento (Mc 13,33) - (30/11/2014)
(vai al testo…)
 Aspettate la manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo (1Cor 1,7) - (27/11/2011)
(vai al testo…)
 Noi siamo argilla e tu colui che ci dà forma (Is 64,7) - (28/11/2008)
(vai al post "Lasciarsi plasmare")

Vedi anche i post Appunti per l'omelia:
  Vegliare nell'attesa di Colui che è "il Veniente", "il Presente" (02/12/2017)
  Mantenere il desiderio dell'incontro (28/11/2014)
  L'attesa vigilante (25/11/2011)

Vedi anche i post:
  Vegliare con il cuore (01/12/2008)
  Oltre la notte (02/12/2008)

Commenti alla Parola:
  di Antonio Savone (VP 10.2020)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 11.2017)
  di Luigi Vari (VP 10.2014)
  di Marinella Perroni (VP 10.2011)
  di Claudio Arletti (VP 10.2008)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano
  di Letture Patristiche della Domenica

(Immagine: Vegliate dunque, acquarello di Maria Cavazzini Fortini, novembre 2017)

domenica 22 novembre 2020

Chiamati a servire
Il dono del diaconato permanente


Nella Solennità di Cristo re dell'universo, i vescovi dell'Emilia Romagna hanno indirizzato alle loro comunità ecclesiali una lettera sul dono del diaconato permanente.
Nel definire il diaconato «uno dei doni più preziosi che lo Spirito del Signore risorto abbia fatto rifiorire e fruttificare negli ultimi decenni nelle nostre Chiese particolari», affermano che «al di là delle attività concrete, la stessa presenza dei diaconi è un dono, in quanto costituisce il segno sacramentale di Cristo servo e promuove la vocazione a servire, comune a tutto il popolo di Dio».
I diaconi, poi, impegnati nell'evangelizzazione sono oltre che presenti «nel mondo del lavoro, che abitualmente appartiene alla loro quotidianità», anche come «animatori appassionati e competenti della vita culturale, sociale e politica».
E nel ministero della carità essi «trovano una modalità privilegiata e un esercizio singolare per configurarsi più strettamente a Cristo servo, e per farsi così prossimi a tutti. A cominciare dagli ultimi: i sofferenti, i malati, i cosiddetti 'lontani', coloro che non hanno né pane né casa, né lavoro. Né dignità, né affetti, né una fede, né un senso da dare alla propria vita». All'interno poi della comunità non sono «soltanto testimoni e operatori di carità, ma anche educatori alla carità».
Ai diaconi coniugati i vescovi indicano «il primo ambito nel quale eserciteranno la carità»: la famiglia. Infatti, «la donazione reciproca dei coniugi, la comune intesa per l'educazione dei figli, l'eventuale accoglienza nel contesto familiare di genitori anziani o ammalati, l'apertura alla fraterna condivisione con altre famiglie, specialmente quelle maggiormente in difficoltà, rappresentano altrettante prassi, possibili e opportune, per mostrare tangibilmente il volto di Colui che non è venuto per essere servito, ma per servire».
E ai diaconi celibi ricordano che «l'identificazione sacramentale con Cristo servo viene collocata nel contesto di una scelta sponsale, esclusiva, perenne e totale dell'unico, insuperabile Amore», dove «l'annuncio del regno di Dio viene suffragato dalla testimonianza generosa e gratuita di chi per quel regno ha lasciato anche i beni più cari». Inoltre, «nell'ambito ecclesiale e professionale, la testimonianza diaconale si caratterizza per la cura prioritaria per la bontà delle relazioni, per il servizio alla dimensione quotidiana dell'esistenza delle persone, come 'alfabeto' per comunicare il Vangelo, nella consapevolezza che la diaconia non è una professione, ma una impegnativa missione».

I vescovi concludono la lettera esprimendo un sogno: «In un mondo troppo spesso lacerato da paure, fragilità e aspri conflitti sogniamo una Chiesa che, al cuore della società, sappia innescare processi di audace speranza, di inossidabile fiducia, di pace autentica e duratura. Anche in forza della variegata ricchezza di ministeri e di molteplici carismi. Tra questi il servizio dei diaconi non si rivela affatto accessorio o marginale. Risulta piuttosto efficace e fecondo di incalcolabile bene», rivolgendo altresì un «un pressante invito ai membri delle nostre comunità diaconali perché con la loro convinta e appassionata testimonianza mostrino la bellezza di una vita dedicata a Cristo 'diacono' nella Chiesa per la salvezza del mondo».

(Vai al testo completo della lettera)

(Immagine: Giubileo dei Diaconi, 29 maggio 2016)

venerdì 20 novembre 2020

Un Re da amare nei più piccoli


34a domenica del Tempo ordinario (A)
Solennità di Cristo Re dell'Universo
Ezechiele 34,11-12.15-17 • Salmo 22 • 1 Corinzi 15,20-26.28 • Matteo 25,31-46
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

Gesù «verrà nella gloria per giudicare i vivi e i morti e il suo regno non avrà fine», proclamiamo ogni Domenica nel Credo. L' "affresco" grandioso e impressionante descritto nel Vangelo lo presenta come "Figlio dell'uomo" e "Re". Tutti, giusti e reprobi, lo riconoscono "Signore".
Proprio mentre si accinge ad affrontare la "sconfitta" della morte, Gesù annuncia un futuro di gloria e fissa un appuntamento a tutti i popoli della storia: «Davanti a Lui verranno radunati tutti i popoli».
Il "criterio" del giudizio, tuttavia, è sorprendente: è l'amore concreto a Lui, presentatosi "in incognito" dietro il volto dei fratelli bisognosi. Gesù si è fatto solidale con tutti, specialmente con i sofferenti, fino a condividere l'esperienza del dolore e della morte: nella condizione di risorto non si è allontanato da loro. È Lui che riceve il mio atto di accoglienza o di rifiuto nei confronti del fratello bisognoso.

Ciò che do al fratello lo do realmente a Gesù: «Con l'Incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo a ogni uomo» (Gaudium et Spes, 22). Questo intimo legame con ogni persona le conferisce una dignità permanente e qualunque gesto in suo favore acquista un valore prezioso. In questa luce, il fratello da "beneficato" diventa "benefattore", perché dona Dio, è un luogo privilegiato d'incontro con Lui.
L'elenco delle opere di misericordia è esemplificativo: la lista si può arricchire quanto diverse e imprevedibili sono le povertà e le necessità.
È bello notare che gli interventi richiesti da Gesù sono a misura delle nostre forze. Gesù non dice: «…ero malato e mi avete guarito; …ero carcerato e mi avete liberato», ma «…mi avete visitato». Per condividere è sufficiente un cuore aperto e compassionevole. Quelli che Gesù evidenzia non sono grandi gesti, ma gesti potenti, perché fanno vivere, perché nascono da chi ha lo stesso sguardo di Dio.
L'accusa del Signore contro i reprobi non è di avere "oppresso" i poveri, ma di essere rimasti chiusi nel disimpegno. Non basta essere buoni solo interiormente e dire: io non faccio nulla di male. Non impegnarsi per il bene comune, per chi ha fame o patisce ingiustizia, stare a guardare, è già farsi complici del male, della corruzione, del peccato sociale.
La "ricompensa" anche è speciale: i "benedetti" sono accolti nel "Regno", nella "vita eterna".

Sapere che il Cristo, nostro Re, si identifica con i "più piccoli" dà carica e gioia, ma interpella il nostro rapporto, di singoli e di comunità, con i fratelli incontrati quotidianamente e con la massa dei poveri del Terzo Mondo che bussano alla nostra porta. È in tale accoglienza concreta che possiamo verificare quanto sia autentico il nostro incontro con Gesù nella Parola e nei Sacramenti: non è un altro Gesù colui che si fa visibile nel volto dei poveri.
Madre Teresa di Calcutta racconta: «Una sera trovai un uomo in fin di vita, lo portai nella nostra casa. Dopo le prime cure mi disse: "Sono vissuto come una bestia, perché vuoi farmi morire come un uomo?". Gli risposi: "Il tuo volto è il volto di Gesù"».
Ed invitava a contare con le cinque dita della mano nel pronunciare queste due espressioni: «Io faccio tutto per Gesù» e «Lo avete fatto a me».

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
L'avete fatto a me (Mt 25,40)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata
 L'avete fatto a me (Mt 25,40) - (26/11/2017)
(vai al testo)
 Venite, benedetti dal Padre mio, ricevete il regno preparato per voi (Mt 25,34) - (23/11/2014)
(vai al testo)
 Venite, benedetti dal Padre mio, ricevete il regno preparato per voi (Mt 25,34) - (20/11/2011)
(vai al testo…)
 Ciò che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me (Mt 25,40) - (21/11/2008)
(vai al post "L'avete fatto a me")

Vedi anche i post Appunti per l'omelia:
  Alla sera della vita, saremo giudicati sull'amore (24/11/2017)
  Il giudizio ultimo: l'amore verso i bisognosi (21/11/2014)
  Regnare è Servire! (18/11/2011)

Commenti alla Parola:
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 10.2020)
  di Cettina Militello (VP 10.2017)
  di Gianni Cavagnoli (VP 10.2014)
  di Marinella Perroni (VP 10.2011)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano

(Immagine: L'avete fatto a me, di Bernadette Lopez, 2015)

lunedì 16 novembre 2020

Nuove sfide per la conversione politica e sociale: il ministero diaconale





Il diaconato in Italia n° 222
(maggio/giugno 2020)

Nuove sfide per la conversione politica e sociale: il ministero diaconale
«Il diaconato deve promuovere lo sviluppo umano, la pastorale sociale, il servizio di coloro che si trovano in situazioni di povertà» (Documento finale del Sinodo sull'Amazzonia, 105)





ARTICOLI
Per uno sviluppo integrale (Enzo Petrolino)
Per una diaconia sociale e politica in San Paolo (Luca Bassetti)
Economia e sociale come forme di carità (Gualtiero Bassetti)
Nuove sfide per la conversione politica e sociale: il ministero diaconale(Enzo Petrolino)
Ricominciare con un altro sguardo (Giacomo Costa)
La fede, la Chiesa e il Papa al tempo del Coronavirus (Enzo Romeo)
Le nuove sfide della carità al tempo della pandemia (Paolo Beccegato)
Dall'Appello della società civile per la ricostruzione di un welfare a misura di tutte le persone e dei territori (Rete di Economia Sociale Internazionale)
Il fondamento spirituale della diaconia socio-politica di don Sturzo (Giovanni Chifari)
Annotazioni a margine del libro di Dario Vitali (Luciano Bertelli)


(Vai ai testi…)

venerdì 13 novembre 2020

La libertà data dall'amore


33a domenica del Tempo ordinario (A)
Proverbi 31,10-13.19-20.30-31 • Salmo 127 • 1 Tessalonicesi 5,1-6 • Matteo 25,14-30
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

Un talento corrispondeva a 600 denari e il denaro era la paga giornaliera di un operaio: è veramente grande la fiducia che il padrone ripone nei servi.
E i primi due rispondono alla fiducia, comportandosi da "amministratori" del capitale ricevuto, mentre il terzo si considera "esentato" da un coinvolgimento personale rispetto a qualcosa che non gli appartiene. Di qui la scena finale: «So che sei un uomo duro... ho avuto paurae sono andato a nascondere il tuo talento» (cf. Mt 25,24-25). Restituendo il talento, si sente come sdebitato.
Gesù ha di mira, senz'altro, i farisei, che osservano meticolosamente la Legge e si sentono in regola con Dio:un rapporto con Dio ridotto ad una semplice relazione "commerciale" di prestazioni, che naturalmente crea un clima di diffidenza e di paura. Solo il coinvolgimento nel rapporto di fiducia amicale permette di superare ogni forma di paura: chi si fida sa rischiare con creatività, osare nella libertà data dall'amore.

Che cosa sono i talenti per noi?
Prima di tutto il dono del Vangelo, il tesoro della Parola di Dio: il talento per eccellenza è Gesù, vivo e operante nella Chiesa. L'essere cristiani, l'appartenere a Gesù nella Chiesa, il dinamismo della fede, della speranza e della carità... sono un capitale favoloso, che il Padre ci affida.
Abbiamo mai intuito, ad esempio, quale "potenziale energetico"ci è messo a disposizione nella Parola e nell'Eucaristia? Coloro a cui è stato affidato il Vangelo non hanno il diritto di lasciarlo improduttivo. Questo capitale va impiegato, lasciando che l'intera esistenza venga trasformata dalla "buona novella". Domenica per domenica la Parola ci viene donata per interiorizzarla e viverla, annunciandola così con la vita e con la parola.
Come singoli e come comunità, corriamo costantemente il pericolo di "sotterrare" i talenti ricevuti. Un modo, spesso non avvertito,è uno stile di vita, dove la ricerca del "quieto vivere" spegne il coraggio di esplorare piste nuove. L'alibi è sempre pronto: "Si è sempre fatto così", bloccando o scoraggiando iniziative tendenti a sperimentare forme nuove di evangelizzazione. Come se il conservare tenacemente l'esistente fosse l'operazione più saggia e produttiva.
Se allarghiamo l'interpretazione della parabola, i talenti ci ricordano tutti i doni "naturali" che Dio ci chiede di usare al servizio suo e del prossimo: la vita, il tempo, le capacità, le persone care, gli amici, gli educatori, per molti la giovinezza, la salute, la stessa malattia che può risultare un dono prezioso..., la realtà "ecologica" con le sue risorse…

Prendi parte alla gioia del tuo padrone (letteralmente: entra nella gioia del tuo Signore). Ciò che Dio vuole condividere non è una gioia qualunque, ma la sua gioia stessa, quasi immergendoci in essa e nuotandovi dentro.
Il Regno può essere, fin d'ora, pienezza di vita e felicità.

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto (Mt 25,21)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata
 Prendi parte alla gioia del tuo padrone (Mt 25,21) - (19/11/2017)
(vai al testo)
 Consegnò loro i suoi beni (Mt 25,14) - (16/11/2014)
(vai al testo)
 Consegnò loro i suoi beni (Mt 25,14) - (13/11/2011)
(vai al testo…)
 A chiunque ha verrà dato ( ... ) ma a chi non ha verrà tolto anche quello che ha (Mt 25,29) - (14/10/2008)
(vai al post "Far fruttare i talenti")

Vedi anche i post Appunti per l'omelia:
  L'invito di Gesù a non aver paura, mai (17/11/2017)
  Entrare nella gioia del Signore (14/11/2014)

Commenti alla Parola:
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 10.2020)
  di Cettina Militello (VP 10.2017)
  di Gianni Cavagnoli (VP 10.2014)
  di Marinella Perroni (VP 10.2011)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano

venerdì 6 novembre 2020

L'attesa dell'amore


32a domenica del Tempo ordinario (A)
Sapienza 6,12-16 • Salmo 62 • 1 Tessalonicesi 4,13-18 • Matteo 25,1-13
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

C'è un avvenimento che accadrà sicuramente, anche se non sappiamo quando. Un avvenimento che riguarda tutti e ciascuno personalmente. Lo proclamiamo ogni volta nel Credo: «Gesù ... verrà nella gloria per giudicare i vivi e i morti…» e dichiariamo anche di desiderarlo: «Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà».
Gesù presenta questo evento finale con l'immagine della festa di nozze. Il banchetto nuziale simboleggia la comunione di Dio con i suoi nella pienezza della relazione fraterna e della gioia. Ecco che cosa sta di fronte a noi, mentre avanziamo verso il futuro.
Ma noi che cosa aspettiamo? Venti secoli di cristianesimo hanno notevolmente smorzato l'attesa concreta dell'ultima venuta del Cristo intesa come evento storico.
Semmai, l'attesa del futuro, mista spesso a preoccupazione, riguarda fatti di ordine politico, sociale, economico oppure il rischio di guerre o di irreversibile degrado ecologico.
Comunque sia, il mondo potrà durare secoli, noi no: se non sappiamo come e quando "finirà" il mondo, sappiamo che un giorno finirà per noi.
In tale situazione, occorre lasciarsi guidare dalla "sapienza", il dono di discernere ciò che è bene e ciò che è male, ciò che conduce alla felicità o alla rovina, di saper vivere e saper morire... La sapienza, che «si lascia vedere da coloro che la amano e si lascia trovare da quelli che la cercano» (cf. Sap 6,12-16, I lettura).

Il racconto delle "vergini sapienti" e delle "vergini stolte" si riferisce alle consuetudini di allora: sul far della notte, lo sposo, scortato dagli amici, va a prelevare la sposa nella casa paterna. Qui essa lo attende con le sue amiche. Si forma poi un corteo verso la casa dello sposo, dove il matrimonio viene celebrato con un banchetto solenne. Le ragazze avevano il compito di accompagnare il corteo notturno e di illuminarlo con le lampade: nel caso di ritardo dello sposo, le lampade andavano alimentate.
La parabola non nomina la sposa, tutta l'attenzione è concentrata sullo sposo: il Cristo sposo che va incontro alla Chiesa sposa. È un avvenimento "bello", che ha come risposta la "vigilanza sapiente", quell'olio che è la fedeltà a Dio, i "frutti" (cf. Mt21,33-43; 27a dom. t.o.), la "veste nuziale" (cf. Mt 22,1-14; 28a dom. t.o.).
Non basta essere invitati alla festa delle nozze per entrare nella sala del banchetto. Le ragazze che vanno incontro allo sposo con le fiaccole accese sono i discepoli, la cui luce risplende davanti agli uomini attraverso le opere d'amore (cf. Mt 5,14-16). Nessun altro può prendere il loro posto. Il fatto che le vergini sagge si rifiutino di fornire olio alle stolte è un tratto simbolico: l'impegno della fede e della carità operosa è personale e non sostituibile.
L'accoglienza del Cristo, lo Sposo, non si improvvisa, ma è amorosamente preparata da una vita amorosamente vigilante: «Vegliate!» (cf. Mt 25,13).

«Gesù disse semplicemente che sarebbe tornato, ma non determinò il tempo e così, in tutte le generazioni e nei secoli, si mantiene viva la speranza del suo arrivo» (Sant'Efrem). Vivere ogni giorno come fosse "l'ultimo" non è una finzione; agire così opera un cambiamento interiore: molte cose perdono di valore, altre lo acquistano. Soprattutto, ci si trova sempre più liberi da tante possibili illusioni e si vive con maggior pienezza.
Se volessimo attualizzare questo brano evangelico, potremmo riscrivere la paraboa:
Il Regno è simile ai cristiani che hanno a disposizione il Vangelo, ma una parte di loro si accontenta del nome cristiano, del Battesimo ricevuto, di qualche Messa; altri considerano il Vangelo un tesoro inestimabile, lo ascoltano, lo approfondiscono e ne fanno senso di vita.

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Ecco lo sposo! Andategli incontro! (Mt 25,6)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata
 Ecco lo sposo! Andategli incontro! (Mt 25,6) - (12/11/2017)
(vai al testo)
 Le vergini pronte entrarono con lui alle nozze (Mt 25,10) - (06/11/2011)
(vai al testo…)

Vedi anche i post Appunti per l'omelia:
  Nell'attesa: vivere accesi o vivere spenti (10/11/2017)

Commenti alla Parola:
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 10.2020)
  di Cettina Militello (VP 10.2017)
  di Marinella Perroni (VP 9.2011)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano

domenica 1 novembre 2020

Oltre le prove della vita


Parola di Vita - Novembre 2020
(Clicca qui per il Video del Commento   -   oppure...)

«Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati» (Mt 5,4).

Chi non ha pianto, nella propria vita? E chi non ha conosciuto persone il cui dolore traboccava attraverso le lacrime? Oggi poi, che i mezzi di comunicazione portano nelle nostre case immagini da tutto il mondo, rischiamo addirittura di abituarci, di indurire il cuore di fronte al fiume di dolore che rischia di travolgerci.
Anche Gesù ha pianto [1] ed ha conosciuto il pianto del suo popolo, vittima dell'occupazione straniera. Tanti malati, poveri, vedove, orfani, emarginati, peccatori accorrevano a Lui per ascoltare la sua Parola risanatrice ed essere guariti, nel corpo e nell'anima.
Nel vangelo di Matteo, Gesù è il Messia che compie le promesse di Dio ad Israele e per questo annuncia:

«Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati».

Gesù non è indifferente alle nostre tribolazioni e impegna sé stesso nel guarire il nostro cuore dalla durezza dell'egoismo, nel riempiere la nostra solitudine, nel dare forza alla nostra azione.
Così ci dice Chiara Lubich, nel suo commento alla stessa Parola del Vangelo: «[…] Gesù, con queste sue parole, non vuole portare chi è infelice alla semplice rassegnazione promettendo una ricompensa futura. Egli pensa anche al presente. Il Suo Regno infatti, anche se in maniera non definitiva, è già qui. Esso è presente in Gesù che, risorgendo da una morte sofferta nella più grande afflizione, ha vinto la morte. Ed è presente anche in noi, nel nostro cuore di cristiani: Dio è in noi. La Trinità vi ha preso dimora. E allora la beatitudine annunziata da Gesù può verificarsi sin d'ora. […] Le sofferenze possono permanere, ma c'è un nuovo vigore che ci aiuta a portare le prove della vita e ad aiutare gli altri nelle loro pene, a superarle, a vederle, come Lui le ha viste e accolte quale mezzo di redenzione» [2].

«Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati».

Alla scuola di Gesù, possiamo imparare ad essere l'uno per l'altro testimoni e strumenti dell'amore tenero e creativo del Padre. È la nascita di un mondo nuovo, che risana la convivenza umana dalla radice ed attira la presenza di Dio tra gli uomini, sorgente inesauribile di consolazione per asciugare ogni lacrima.
Così Lena e Philippe, del Libano, hanno condiviso la loro esperienza con gli amici della comunità ecclesiale: «Carissimi, vi ringraziamo per i vostri auguri per la Pasqua molto speciale di quest'anno. Stiamo bene e cerchiamo di stare attenti a non esporci al virus. Tuttavia, essendo in prima fila nell'azione "Parrainage Liban"  [3], non possiamo rimanere sempre a casa e usciamo circa ogni due giorni, per assicurare i bisogni urgenti ad alcune famiglie: soldi, vestiti, cibo, prodotti farmaceutici etc… Già prima del Covid-19, la situazione economica nel Paese era molto pesante e, come in tutto il mondo, oggi è peggiorata. Ma la Provvidenza non manca: l'ultima è arrivata la settimana scorsa da un libanese che vive fuori dal Libano. Ha chiesto a Lena di assicurare un pasto completo, tre giorni alla settimana, per dodici famiglie per tutto il mese di aprile. Una bella conferma dell'amore di Dio che non si lascia vincere in generosità».

Letizia Magri

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[1] Cf. Gv 11,35; Lc 19,41.
[2] C. Lubich Parola di Vita novembre 1981, in eadem, Parole di Vita, a cura di Fabio Ciardi (Opere di Chiara Lubich 5; Città Nuova, Roma, 2017) pp. 221-222.
[3] Spiega Lena : «L'azione Parrainage Liban è nata nel 1993 da un gruppo di famiglie che vivevano la Parola di vita, per aiutare una mamma con 5 bambini, con il marito in carcere. Fino ad adesso abbiamo aiutato circa 200 famiglie, di tutto il Libano e di tutte le religioni. I nostri collaboratori sono impegnati in vari modi per riportare le famiglie all'autonomia: con visite domiciliari, ricerca di alloggio e lavoro, aiuto negli studi. Siamo sostenuti economicamente da un centinaio di persone e aziende che credono nella nostra azione».


Fonte: https://www.focolaritalia.it/


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