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venerdì 25 giugno 2021

Credere è lasciarsi sanare da Dio


13a domenica del Tempo Ordinario (B)
Sapienza 1,13-15; 2,23-24 • Salmo 29 • 2Corinzi 8,7.9.13-15 • Marco 5,21-43
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

"Figlia, la tua fede ti ha salvato!" (Mc 5,34). "Non temere, soltanto abbi fede!" (Mc 5,36).
È la risposta di Gesù a due persone che, colpite dalla malattia e dalla sofferenza, si avvicinano a Gesù: la donna affetta da "perdite di sangue da dodici anni" e che "aveva molto sofferto per opera di molti medici" (Mc 5,25-26); il padre della ragazza in fin di vita, Giairo, che gettandosi ai piedi di Gesù lo supplica perché imponga le mani alla figlia e la guarsca (cf. Mc 5,22-23).
Due persone che si accostano a Gesù perché sanno in cuor loro che Lui può esaudirle. È la fede che li spinge a tanto: per la donna, a credere che basti toccare il lembo del mantello del Maestro per essere guarita, attraversando il muro di folla che si accalca attorno a Gesù; per il padre, a contunuare a credere oltre ogni evidenza, al di là della morte annunciata della figlioletta.
Gesù guarda il cuore delle persone e si fa carico delle loro sofferenze. Si è fatto uno di noi: "da ricco che era, si è fatto povero per noi, perché noi diventassimo ricchi per mezzo della sua povertà" (cf. 2Cor 8,9; II lettura). Si è "svuotato" della sua condizione divina per prendere su di sé la nostra condizione umana, facendosi nostro servitore (cf. Fil 2,7) e donandoci quella Vita che ci rende immortali. Infatti, "Dio non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi". "La morte è entrata nel mondo per opera del diavolo" (cf. Sap 1,13-15;2,23-24; I lettura).
La nostra condizione di sofferenza e di morte non è voluta da Dio. Ma Lui stesso, facendosene carico nella persona del Figlio, ci dà la possibilità di riscattarci, ridonandoci la piena dignità di figli di Dio. Lui stesso cammina con noi, portando con noi le nostre croci, facendo sua la nostra sofferenza, facendo sua la nostra morte perché potessimo sperimentare la pienezza della Vita, nella luce del Risorto.
La nostra vita è un cammino di fede che ci permette di fidarci e di affidarci al Signore Gesù: Lui ci guiderà nelle braccia del Padre.
Quello della nostra fede è un cammino silenzioso, un a tu per tu col Signore, non un'autoreferenzialità orgogliosa per il dono ricevuto, quasi fossimo superiori a chi si professa non credente, dimenticando che apparteniamo a Cristo per essere come Lui e con Lui suoi testimoni nel mondo, percorrendo la sua stessa strada.

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Figlia, la tua fede ti ha salvata (Mc 5,34)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:



Parola-sintesi proposta a suo tempo pubblicata:
 Non temere, soltanto abbi fede! (Mc 5,36) - (01/07/2018)
(vai al testo…)
 Non temere, soltanto abbi fede! (Mc 5,36) - (28/06/2015)
(vai al testo…)
 Figlia, la tua fede ti ha salvata (Mc 5,34) - (01/07/2012)
(vai al testo…)
 Non temere; soltanto continua ad aver fede! (Mc 5,36) - (28/06/2009)
(vai al post "Abbandonati in Lui")

Vedi anche i post Appunti per l'omelia:
  La fede: tocco intimità sequela, non fenomeno di massa (29/06/2018)
  Alzati! Torna a ricevere e dare amore (26/06/2015)
  La vita, dono della fede (29/06/2012)

Commenti alla Parola:
  di Antonio Savone" (VP 6.2021)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 7.2018)
  di Luigi Vari (VP 5.2015)
  di Claudio Arletti (VP 5.2009)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano
  di Letture Patristiche della Domenica

(Immagine: L'emorroissa guarita, acquarello di Maria Cavazzini Fortini, giugno 2012)

lunedì 21 giugno 2021

Con occhi puri


21 giugno – San Luigi Gonzaga

Nella memoria di San Luigi Gonzaga (di cui porto il nome), quest'anno (lunedì della 12a settimana del T.O.) viene proposto questo brano del vangelo (Mt 7,1-15):
«Non giudicate, per non essere giudicati; perché con il giudizio con il quale giudicate sarete giudicati voi e con la misura con la quale misurate sarà misurato a voi.
Perché guardi la pagliuzza che è nell'occhio del tuo fratello, e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? O come dirai al tuo fratello: "Lascia che tolga la pagliuzza dal tuo occhio", mentre nel tuo occhio c'è la trave? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall'occhio del tuo fratello».


Il brano del Vangelo proposto mi ricorda di avere nei confronti del mio prossimo un occhio di misericordia, senza giudizio preconcetto. Per vedere tutti con occhi nuovi occorre, nel togliere la trave dal mio occhio, avere occhi limpidi, puri, che sappiano vedere persone e avvenimento con gli occhi di Dio.

Chiedo a San Luigi, che ha saputo offrire a Dio la sua vita amando i fratelli più bisognosi, di aiutarmi ad avere occhi che sappiano vedere e accogliere ogni sofferenza, come ha fatto lui, amando ogni persona con cuore puro, vedendo in tutti il volto di Gesù che ritiene fatto a sé ogni cosa fatta anche al più piccolo.

Altri post "San Luigi Gonzaga"…

venerdì 18 giugno 2021

La fede è l'antidoto alla paura


12a domenica del Tempo Ordinario (B)
Giobbe 38,1.8-11 • Salmo 106 • 2Corinzi 5,14-17 • Marco 4,35-41
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

"Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva" (Mc 4,36). Ma come poteva dormire in una sirtuazione di estrema emergenza come quella in cui si trovavano i dodici, travolti dalla tempesta del lago, in balia delle onde col rischio di affondare? Eppure l'evangelista Marco ce lo fa notare. Chissà, forse un sonno voluto o, come spesso accade nei racconti evangelici, la narrazione del fatto ci rimanda ad un significato più profondo.
I discepoli, quelli più intimi, sono assaliti dalla paura di perdersi nei flutti. Eppure hanno vissuto con Gesù. A loro il Maestro ha svelato i segreti del Padre. Eppure… E questa è una costante, fino alla fine, sul Golgota.
L'esperienza dei dodici è il riflesso di una situazione che ognuno di noi sperimenta: dove è Dio nel momento della prova? Perché dorme? Che forse non gli importa della nostra situazione? Purtroppo spesso anche noi ragioniamo così. Ma Dio non è assente, mai, nella nostra vita. La sua presenza è costante, anche se misteriosa. A Lui interessa tutto di noi! Per questo si è fatto uno di noi! E non per farci restare nelle nostre paure ma per portarci nella sua dimensione, farci partecipi di tutto se setsso.
L'agire di Dio nella storia è come il seme. Ha i suoi tempi, la sua logica… perché è il seme in sé che ha la capacità di crescere, sapendo di dover morire per dare nuova vita (cf. Gv 12,24-25). Saper vedere le cose e gli avvenimenti della storia con gli occhi e il cuore di Dio: questo ci viene chiesto per essere testimoni credibili, oggi, della sua presenza nelle vicende umane. Il male non ha la meglio. È stato posto un argine invalicabile all'orgoglio delle sue onde (cf. Gb 38,8-11; I lettura).
È evidente, tuttavia, il contrasto tra la calma di Gesù e l'agitazione e la paura dei dodici. Il sonno di Gesù è simile a quello dell'agricoltare che, deposto il seme, attende lo sviluppo al di là di ogni situazione esterna (cf. Mc 4,26-29). Gesù sulla barca, in mezzo alle onde, è fra le braccia del Padre. In questo atteggiamento è l'icona vivente della fede, quell'abbandono di ogni preoccupoazione nelle braccia del Padre (cf. 1Pt 5,7) che consente di vincere il panico e l'angoscia. Come la tempesta è il riflesso dell'animo dei dodici. Il vento scuote i discepoli come muove le onde del mare.
È la fede che manca. Essa è l'antidoto al senso di abbandono che ci attanaglia l'anima. Anche di fronte alla morte. Gesù stesso ha provato sgomento e angoscia per la sua tragica fine, ma si è abbandonato nelle mani del Padre (cf. Lc 23,46).
Il contrario della paura non è il coraggio, bensì la fede nella presenza, sia pur misteriosa, di Dio nella storia e nell'esistenza di ciascuno. Gesù è venuto per farci partecipi della sua Vita, quella della Trinità. Infatti, "l'amore di Cristo ci possiede", scrive Paolo, Così che "se uono è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco ne sono nate di nuove" (cf. 2Cor 5,14-17; II lettura).

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Perché avete paura? Non avete ancora fede? (Mc 4,40)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Parola-sintesi proposta a suo tempo pubblicata:
 Passiamo all'altra riva (Mc 4,35) - (11/05/2015)
(vai al testo…)
 Se uno è in Cristo, egli è una nuova creatura (2Cor 5,17) (2Cor 5,17) - (21/06/2009)
(vai al post "Divina trasformazione")

Vedi anche i post Appunti per l'omelia:
  Dio non interviene al posto mio, ma insieme a me (19/05/2015)

Commenti alla Parola:
  di Antonio Savone" (VP 6.2021)
  di Luigi Vari (VP 5.2015)
  di Claudio Arletti (VP 5.2009)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano

(Immagine: La tempesta sedata, Bernadette Lopez)

martedì 1 giugno 2021

Felicità donata e sperimentata


Parola di Vita - Giugno 2021
(Clicca qui per il Video del Commento   -   oppure...)

«Non chiunque mi dice: «Signore, Signore», entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli» (Mt 7,21).

Questa frase del vangelo di Matteo fa parte della conclusione del grande Discorso della montagna, in cui Gesù, dopo aver proclamato le Beatitudini, invita i suoi ascoltatori a riconoscere la vicinanza amorevole di Dio e indica come agire di conseguenza: scoprire nella volontà del Padre la direttissima per raggiungere la piena comunione con Lui, nel suo Regno.

«Non chiunque mi dice: "Signore, Signore", entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli».

Ma cosa è la volontà di Dio? Come possiamo conoscerla?
Così Chiara Lubich ha condiviso la sua scoperta: «[…] La volontà di Dio è la voce di Dio che continuamente ci parla e ci invita; è un filo o, meglio, una trama d'oro divina che tesse tutta la nostra vita terrena e oltre; è il modo di Dio di esprimerci il suo amore, amore che chiede una risposta perché egli possa compiere nella nostra vita le sue meraviglie. La volontà di Dio è il nostro dover essere, il nostro vero essere, la nostra piena realizzazione. […] Ripetiamo allora ogni attimo di fronte ad ogni volontà di Dio dolorosa, gioiosa, indifferente: "Sia fatta". […] scopriremo che queste due semplici parole saranno una spinta potente, come una pedana di lancio, per fare con amore, con perfezione, con totale dedizione ciò che dobbiamo fare. […] E comporremo attimo dopo attimo il meraviglioso, unico e irripetibile mosaico della nostra vita che il Signore da sempre ha pensato per ciascuno di noi: egli, Dio, a cui s'addicono solamente cose belle, grandi, immense, nelle quali anche ogni più piccola parte, come un atto d'amore, ha senso e splende, così come i fiori minuscoli e variopinti hanno il loro perché nella sconfinata bellezza della natura» [1].

«Non chiunque mi dice: "Signore, Signore", entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli».

Secondo il vangelo di Matteo, la Legge per eccellenza del cristiano consiste nella misericordia, che porta a pienezza ogni espressione di culto e di amore per il Signore. Questa Parola ci aiuta ad aprire il nostro rapporto con Dio, certamente personale e intimo, alla dimensione fraterna, attraverso gesti concreti. Ci spinge ad "uscire" da noi stessi per portare riconciliazione e speranza agli altri.
Un gruppo di ragazzi di Heidelberg (Germania) offre questa testimonianza: «Come far sperimentare anche ai nostri amici che la chiave per la felicità si trova nel donarsi agli altri? È da qui che siamo partiti per lanciare la nostra nuova azione intitolata: "Un'ora di felicità". L'idea è molto semplice: si tratta di far felice un'altra persona, almeno per un'ora al mese. Abbiamo iniziato con chi ci sembrava avesse più bisogno di amore e, dovunque abbiamo offerto la nostra disponibilità, ci siamo visti spalancare le porte! E così, eccoci in un parco per portare a spasso alcuni anziani su sedie a rotelle, in ospedale, dove abbiamo giocato con i bambini ricoverati o fatto sport con portatori di handicap. Loro erano felicissimi, ma come promette l'azione: noi lo eravamo ancora di più! Ed i nostri amici invitati a partecipare? Dapprima incuriositi, ora che hanno provato a dare felicità, sono d'accordo con noi: la felicità sì dona e, detto fatto, si sperimenta!».

Letizia Magri

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[1] C. Lubich, Collegamento telefonico, 27 febbraio 1992, in eadem, Conversazioni in collegamento telefonico, a cura di M. Vandeleene (Opere di Chiara Lubich 8/1; Città Nuova, Roma 2019) pp. 446-448.

Fonte: https://www.focolaritalia.it/


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