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venerdì 25 novembre 2022

Il Signore viene e viene ora


1a domenica di Avvento (A)
Isaia 2,1-5 • Salmo 121 • Romani 13,11-14a • Matteo 24,37-44
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

L'inizio dell'Avvento ci porta a riflettere sull' "avvento", sulla venuta del Signore. Si parla certo della venuta escatologica, ma il Signore "viene". E viene ora! "Perciò tenetevi pronti perché nell'ora che non immaginate, viene il Figlio dell'uomo" (Mt 24,44).
"Tenetevi pronti… Vegliate!" è l'invito pressante che ci viene rivolto. La tentazione è quella di esorcizzare ogni "sventura"; soprattutto la tentazione di questi tempi è quella di esorcizzare la morte. Che arriverà per tutti, comunque!
La liturgia, all'inizio dell'anno liturgico, ci invita a "comportarci onestamente, gettando via le opere delle tenebre e indossare le armi della luce", perché "la notte è avanzata e il giorno è vicino", "perché adesso la nostra salvezza è più vicina di quando diventammo credenti: è ormai tempo di svegliarsi dal sonno!" (cf. Rm 13,11-14; II lettura).
Il Signore viene! Le parole di Isaia (cf. Is 2,1-5; I lettura) ci invitano a guardare all'esito della sua venuta, quando le spade si spezzeranno e ne faranno aratri e delle lance ne faranno falci perché il suo regno è un regno di pace, dove una nazione non alzerà più la spada contro un'altra nazione. La realizzazione di quest'era di pace è il compito che ogni credente deve adoperarsi a realizzare nell'oggi della storia. Proprio ora, in questo tempo di continue guerre e devastazioni.
È un sogno l'invito a salire verso la "città della pace"? Ognuno è chiamato a fare la sua parte, nel proprio quotidiano, nell'oggi che solo possediamo. Perché andare con gioia incontro al Signore (cf. rit. Salmo resp.) è affare di ogni momento, confidando nella misericordia del Padre che, in Gesù, tutti accoglie con tenerezza infinita.
Il Signore viene e viene ora! A noi saperlo accogliere nel momento presente della nostra vita.

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Tenetevi pronti (Mt 24,44)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata
 Anche voi tenetevi pronti (cf Mt 24,44) - (01/12/2019)
(vai al testo)
 Vegliate dunque! (cf Mt 24,42) - (27/11/2016)
(vai al testo)
 Anche voi tenetevi pronti (Mt 24,44) - (01/12/2013)
( vai al testo…)
 La nostra salvezza è più vicina (Rm 13,11) - (28/11/2010)
( vai al testo…)

Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
  Verso l'incontro personale con Gesù (29/11/2019)
  Avvento: pronti, senza paura (25/11/2016)
  Il nostro vegliare operoso (29/11/2013)

Commenti alla Parola:
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 11.2019)
  di Cettina Militello (VP 10.2016)
  di Gianni Cavagnoli (VP 10.2013)
  di Marinella Perroni (VP 9.2010)
  di Enzo Bianchi

(Illustrazione: Mantenetevi pronti, acquarello di Maria Cavazzini Fortini, novembre 2019)

venerdì 18 novembre 2022

La porta spalancata al cuore del Padre


34a domenica del Tempo ordinario (C)
Solennità di Cristo Re dell'Universo

2 Samuele 5,1-3 • Salmo 121 • Colossesi 1,12-20 • Luca 23,35-43
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

La celebrazione della regalità di Cristo nella versione evangelica di Luca ci introduce alla comprensione che il regno messianico di cui Gesù ne è il re non ha le caratteristiche tipiche dei regni di questo mondo. Gesù stesso lo aveva dichiarato a Pilato che il suo regno non è di questo mondo (cf. Gv 18,36). Lo aveva specificato, in altro contesto, che il "Figlio dell'uomo non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti" (Mc 10,45).
Luca ci presenta Gesù in croce sulla cui sommità sta scritto: "Costui è il re dei Giudei" (Lc 23,38). È la narrazione di un re che muore, fatto oggetto di scherno e di ingiurie: "Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso" (Lc 23,37). È l'opposto di qualsiasi re di questo mondo. La regalità che viene dal cielo non è possesso, dominio indiscriminato, ma amore che dona, e che dona tutto di sé.
Il Signore Gesù, il pastore buono, è chiamato a guidare il suo popolo con una regalità di origine divina, avendo Lui il primato su tutto, perché il Padre ha posto in lui la pienezza di tutte le cose, "avendo pacificato con il sangue della sua croce sia le cose che stanno sulla terra, sia quelle che stanno nei cieli" (cf. Col 1,12-20; II lettura).
Per comprendere questo re e far parte del suo regno occorre una conversione sincera e radicale. Occorre avere gli stessi sentimenti di Gesù che ha dato tutto di sé (cf. Fil 2, 5 seg.), Lui che ha chiesto al Padre di perdonare i suoi crocifissori. Il perdono è la porta spalancata per entrare nel regno. Perdonarsi e perdonare, come ha fatto il ladrone che chiede a Gesù, chiamandolo per nome, di ricordarsi di lui quando "viene col suo regno". La risposta di Gesù non solo esaudisce la richiesta di quel condannato a morte, ma dimostra ancora una volta che la sua morte è la porta spalancata che ci dà l'accesso, con Lui, al cuore del Padre (cf. Lc 23,42-43).
Gesù sulla croce, con la sua vita, pronuncia il giudizio su ogni regalità e potere di questo mondo. Nessun sovrano è vicino a noi come Gesù in quel drammatico momento della sua vita in cui dimostra chi veramente è: "Dio salva", il suo nome che tutto dice e tutto riassume.

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Oggi con me sarai in paradiso (Lc 23,43)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata
 Gesù, ricordati di me... (cf Lc 23,42) - (24/11/2019)
(vai al testo)
 Gesù, ricordati di me... (cf Lc 23,42) - (20/11/2016)
(vai al testo)
 Oggi con me sarai nel paradiso (Lc 23,43) - (24/11/2013)
( vai al testo…)
 Benedetto colui che viene nel nome del Signore (Mt 11,9) - (19/11/2010)
(vai al post "Il nostro Re, lo riconosce chi ama")

Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
  Regnare con la "potenza" dell'amore (22/11/2019)
  Un Re che muore amando, che dona tutto se stesso (11/11/2016)
  Il Re che offre la sua vita (22/11/2013)

Commenti alla Parola:
  di Antonio Savone (VP 10.2022)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 10.2019)
  di Cettina Militello (VP 9.2016)
  di Marinella Perroni (VP 9.2013)
  di Claudio Arletti (VP 9.2010)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano

(Illustrazione: Ricordati di me, acquarello di Maria Cavazzini Fortini, novembre 2016)

venerdì 11 novembre 2022

Nella prova sostenuti dalla sua Parola


33a domenica del Tempo ordinario (C)
Malachia 3,19-20a • Salmo 97 • 2 Tessalonicesi 3,7-12 • Luca 21,5-19
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

"Il Signore giudicherà il mondo con giustizia" (cf. Rit. al Salmo responsoriale). La liturgia di questa domenica ci mette davanti alla realtà della fine di questo mondo. "Per voi, che avete timore del mio nome, sorgerà con raggi benefici il sole di giustizia", termina il brano di Malachia proposto nella prima lettura (cf. Mal 3,20).
Sappiamo che tutto passerà. Gesù stesso, guardando "le belle pietre e i doni votivi" che adornano il tempio di Gerusalemme, predice che di esso "non resterà pietra su pietra, che non sarà distrutta" (cf. Lc 21,5-6). E quando i discepoli domandano "Quando accadrà?", Gesù non risponde direttamente alla domanda (come spesso fa), ma dà il senso alle cose di cui si parla. Non si tratta di sapere il tempo - Gesù stesso lo ha detto chiaramente che solo il Padre lo sa (cf. Mt 24,36) -, ma di come vivere nell'attesa del ritorno del Signore. Ogni altro discorso, sia pur catastrofico, è fuorviante. Sappiamo tuttavia che in questo tempo di attesa siamo messi alla prova. Non ci mancheranno le sofferenze e persecuzioni a causa del vangelo. Saranno occasioni per testimoniare la nostra adesione alla sequela del Signore (cf. Lc 21,13). La nostra vita è nelle mani di Dio che è Padre e che non lascerà cadere nemmeno un capello del nostro capo (cf. Lc 21,18). Gesù non ci promette una vita facile senza problemi, ma ci assicura la sua presenza. Ci assisterà con la forza e la sapienza che ci viene dal suo Spirito: "Io vi darò parole e sapienza" (Lc 21,15).
Occorre essere vigilanti. Anche san Paolo ci invita a non essere oziosi vivendo senza far nulla ed in agitazione, in una vita disordinata (cf. 2Ts 3,7-12; II lettura). Questo è un tempo prezioso! Non è l'attesa inerte della fine, ma l'attesa operosa dell'incontro.
Gesù ci invita alla perseveranza, che è sopportazione e costanza, affinché la nostra vita sia piena, "salvata" e l'incontro sia gioioso. È partecipare a quella lunga pazienza dell'azione di Dio nella vita degli uomini, come il seminatore che sa attendere il frutto a suo tempo. La storia cammina sotto lo sguardo del Padre verso una meta beata che le delusioni e le continue contraddizioni degli uomini non riusciranno a demolire.
"Non abbiate paura - ci incoraggia Gesù - Io ho vinto il mondo" (cf. Gv 16,33).

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto (Lc 21,18)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata
 Avrete allora occasione di dare testimonianza (cf Lc 21,19) - (17/11/2019)
(vai al testo)
 Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita (cf Lc 21,19) - (13/11/2016)
(vai al testo)
 Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita (Lc 21,19) - (17/11/2013)
( vai al testo…)
 Nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto (Lc 21,18) - (12/11/2010)
(vai al post "Oltre ogni paura")

Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
  La storia nelle mani del Padre (15/11/2019)
  Il male si vince con la perseveranza (11/11/2016)
  Nell'attesa di quel giorno (15/11/2013)

Commenti alla Parola:
  di Antonio Savone (VP 10.2022)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 10.2019)
  di Cettina Militello (VP 9.2016)
  di Marinella Perroni (VP 9.2013)
  di Claudio Arletti (VP 9.2010)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano

(Illustrazione: Metteranno le mani su di voi, acquarello di Maria Cavazzini Fortini, novembre 2019)

venerdì 4 novembre 2022

Figli della risurrezione


32a domenica del Tempo ordinario (C)
2 Maccabei 7,1-2.9-14 • Salmo 16 • 2 Tessalonicesi 2,6-3,5 • Luca 20,27-38
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

L'aldilà: questo è il vero dilemma! Quanto fatica si fa ad immaginare un'altra vita dopo la morte. Per questo non di rado si sente ripetere: "Se c'è una vita dopo…". In quel "se" sta il nostro dubbio. Molti immaginano una sorta di esistenza oltre la morte secondo l'immaginazione che ciascuno elabora. È vero, con le nostre categorie umane è impossibile pensare un aldilà credibile. Anche un cristianesimo vissuto solamente in una dimensione terrena, che persegue la giustizia e vive determinati valori, non ha una risposta adeguata. Al massimo possiamo pensare la vita di là come un premio per il bene compiuto o come punizione per il male commesso.
Altra cosa è credere nella risurrezione della carne. La professiamo ogni domenica nel Credo; ma con quale convinzione? Eppure la vera questione è proprio la risurrezione. Il brano del vangelo proposto (cf. Lc 20,27-38), nel racconto della disputa dei sadducei con Gesù riguardo la donna che ha avuto sette marito senza lasciare discendenza, ci dice chiaramente che non è nella prosecuzione della discendenza che noi viviamo, né, in un'altra visione tutta terrena, nel ricordo che i vivi portano delle persone che ci hanno lasciato.
I figli della risurrezione "non prendono né moglie né marito: infatti non possono più morire, perché sono come gli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio" (Lc 20,35-36). Dio, infatti, non è Dio "dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui" (Lc 20,38).
È la fede nel Signore risorto che sola può illuminare il dubbio dopo la morte. In Lui noi risorgeremo. In Lui noi abbiamo la Vita. In Lui e con Lui noi siamo Vita.
Il Paradiso non è soltanto una meta alla quale tendiamo di raggiungere dopo la morte. Il Paradiso, che è il Regno di Dio in mezzo a noi e nel quale noi siamo immersi e viviamo, inizia già da quaggiù. E questo Regno è regno di luce e di amore, come Dio è luce e amore. Ed è nell'amore vissuto nella nostra quotidianità che riceviamo la luce che alimenta la speranza "che non delude" (cf. Rm 5,5).
Sperimentando, per la grazia che ci viene dall'alto, la presenza del Signore risorto che lo Spirito ci fa gustare perché uniti nel suo amore, possiamo intuire la bellezza dello stare nel seno della Trinità. Non dimentichiamo: "lo stesso Signore nostro Gesù Cristo e Dio, Padre nostro, che ci ha amati e ci ha dato, per sua grazia, una consolazione eterna e una buona speranza, conforti i vostri cuori e li confermi in ogni opera buona e parola di bene" (2Ts 2,16-17; II lettura).

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Dio non è dei morti, ma dei viventi (Lc 20,38)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata
 Dio non è dei morti, ma dei viventi (cf Lc 20,38) - (10/11/2019)
(vai al testo)
 Tutti vivono per lui (cf Lc 20,38) - (06/11/2016)
(vai al testo)
 Dio non è dei morti, ma dei viventi (Lc 20,38) - (10/11/2013)
( vai al testo…)
 Dio non è dei morti, ma dei viventi (Lc 20,38) - (05/11/2010)
(vai al post "Dio dei vivi")

Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
  Figli di un Dio vivente (08/11/2019)
  È l'amore che vince la morte (04/11/2016)
  Figli della risurrezione (08/11/2013)

Vedi anche il Post: Aldilà, il caso dell'«anima» fra immortalità e/o risurrezione (10/11/2019)

Commenti alla Parola:
  di Antonio Savone (VP 10.2022)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 10.2019)
  di Cettina Militello (VP 9.2016)
  di Marinella Perroni (VP 9.2013)
  di Claudio Arletti (VP 9.2010)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano
  di Letture Patristiche della Domenica

(Illustrazione: Vita da risorti, acquarello di Maria Cavazzini Fortini, novembre 2019)

martedì 1 novembre 2022

Misericordia: amare secondo il cuore di Dio


Parola di Vita – Novembre 2022
(Clicca qui per il Video del Commento   -   oppure...)

«Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia» (Mt 5,7).

Nel vangelo di Matteo il discorso della montagna si colloca dopo l'inizio della vita pubblica di Gesù̀. La montagna viene vista come simbolo di un nuovo monte Sinai sul quale Cristo, nuovo Mosè, offre la sua "legge". Nel capitolo precedente si parla di grandi folle che cominciarono a seguire Gesù̀ e alle quali Egli indirizzava i suoi insegnamenti. Questo discorso viene invece donato da Gesù̀ ai discepoli, alla comunità nascente, a quelli che poi saranno chiamati cristiani. Egli introduce il "regno dei cieli" che è il nucleo centrale della predicazione di Gesù̀ [1], di cui le beatitudini rappresentano il manifesto programmatico, il messaggio della salvezza, la «sintesi di tutta la Buona Novella che è la rivelazione dell'amore salvifico di Dio» [2].

«Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia».

Cos'è la misericordia? Chi sono i misericordiosi? La frase viene introdotta dalla parola "beato/i" [3], che significa felice, fortunato e assume anche il significato di essere benedetto da Dio. Nel testo, tra le nove beatitudini, questa si trova al posto centrale. Esse non vogliono rappresentare dei comportamenti che vengono premiati, ma sono vere e proprie opportunità per diventare un po' più simili a Dio. In particolare, i misericordiosi sono coloro che hanno il cuore ricolmo d'amore per Lui e per i fratelli, amore concreto che si china verso gli ultimi, i dimenticati, i poveri, verso chi ha bisogno di questo amore disinteressato: Misericordia, infatti, è uno degli attributi di Dio [4]; Gesù̀ stesso è misericordia.

«Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia».

Le beatitudini trasformano e rivoluzionano i più comuni principi del nostro pensare. Esse non sono soltanto parole consolatorie, ma hanno il potere di cambiare il cuore, hanno la potenza di creare una nuova umanità, rendono efficace l'annuncio della Parola. Occorre vivere la beatitudine della misericordia anche con se stessi, riconoscersi bisognosi di quell'amore straordinario, sovrabbondante e immenso che Dio ha per ciascuno di noi.
La parola misericordia [5] deriva dall'ebraico rehem, "grembo" ed evoca una misericordia divina senza limiti, come la compassione di una madre per il suo bambino. È «un amore che non misura, abbondante, universale, concreto. Un amore che tende a suscitare la reciprocità, che è il fine ultimo della misericordia. […] E allora, se abbiamo ricevuto qualsiasi offesa, qualsiasi ingiustizia, perdoniamo e saremo perdonati. Siamo i primi a usare pietà, compassione! Anche se sembra difficile e ardito, chiediamoci, di fronte a ogni prossimo: come si comporterebbe sua madre con lui? È un pensiero che ci aiuta a capire e a vivere secondo il cuore di Dio» [6].

«Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia».

«Dopo due anni di matrimonio, nostra figlia e suo marito hanno deciso di separarsi. L'abbiamo accolta di nuovo nella nostra casa e nei momenti di tensione abbiamo cercato di volerle bene avendo pazienza, con il perdono e la comprensione nel cuore, conservando un rapporto di apertura nei suoi confronti e con suo marito, soprattutto cercando di non avere giudizi. Dopo tre mesi di ascolto, di aiuto discreto e di tante preghiere, essi sono tornati insieme con nuova consapevolezza, fiducia e speranza» [7].
Essere misericordiosi, infatti, è più di perdonare. È avere un cuore grande, non vedere l'ora di cancellare tutto, di bruciare completamente tutto ciò che può ostacolare il nostro rapporto con gli altri. L'invito di Gesù̀ a essere misericordiosi è offrire una via per riavvicinarci al disegno originario, perché possiamo diventare quello per cui siamo stati creati: essere ad immagine e somiglianza di Dio.

Letizia Magri

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[1] Vedi Mt 4:23 e 5:19, 20.
[2] C. Lubich, Parola di Vita novembre 2000, in eadem, Parole di Vita, a cura di Fabio Ciardi (Opere di Chiara Lubich 5; Città Nuova, Roma 2017), p. 633.
[3] In greco makarios/i che viene usato sia per descrivere una condizione di fortuna, di felicità degli esseri umani che per indicare la condizione privilegiata degli dèi rispetto a quella degli esseri umani.
[4] In ebraico hesed, cioè amore disinteressato e accogliente, pronto a perdonare.
[5] Rahamim in ebraico.
[6] Cit., C. Lubich, Parola di Vita novembre 2000, pp. 633-634.
[7] Esperienza tratta dal sito www.focolare.org

Fonte: https://www.focolaritalia.it


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