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Archivio blog

venerdì 26 maggio 2023

Fatti nuove creature, perdonate


Pentecoste (A)
Atti 2,1-11 • Salmo 103 • 1 Corinzi 12,3b-7.12-13 • Giovanni 20,19-23
(Visualizza i brani delle Letture)
(Vedi anche i brani delle Letture della Messa vespertina della vigilia)

Appunti per l'omelia

"Lo Spirito del Signore ha riempito l'universo, egli che tutto unisce, conosce ogni linguaggio" (Ant. Ingresso, Sap 1-7). Lo Spirito, presenza divina, forza creatrice che tutto rinnova, dono ineffabile del Padre e del Figlio, dono del Signore risorto.
L'evangelista Giovanni nel vangelo proposto per il ciclo A (cf. Gv 20,19-23), racchiude nello stesso giorno della risurrezione di Gesù anche il dono dello Spirito Santo. Indica che la Pasqua e la Pentecoste sono la medesima realtà, una pregnanza di significato che va oltre l'elemento temporale, anzi dà a questo il suo vero senso simbolico.
Gesù entra a porte chiuse nel Cenacolo, dove erano rinchiusi i discepoli per timore dei Giudei. Di sua iniziativa. E dona loro, mostrandosi vincitore della morte con i segni che la contraddistinguono, il dono della pace, nel tripudio di gioia dei presenti. È allora che Gesù consegna il mandato di testimoniarlo come Lui ha testimoniato il Padre. Il dolce soffio di Gesù esprime la delicatezza del dono dello Spirito Santo, che ha in sé la forza e la potenza di renderci veramente creature nuove, nella remissione dei nostri peccati.
Nel giorno di Pentecoste, come descritto nel libro degli Atti (cf. At 2,1-11), i discepoli sono di nuovo rinchiusi nel Cenacolo, ma ora in preghiera con Maria, in attesa del dono dello Spirito. Anche qui a porte chiuse. Ed è l'irruzione dello Spirito.
Due scene apparentemente opposte, ma esse significano che l'azione di Dio viene e irrora la nostra condizione umana, andando oltre le nostre chiusure, e ci dona la forza per superare ogni paura e la perseveranza nella fede, dove la Chiesa si riconosce comunità orante pronta per la testimonianza al mondo della inenarrabile novità di Dio.
Infatti, "l'amore di Dio è stato diffuso nei nostri cuori per mezzo dello Spirito, che ha stabilito in noi la sua dimora" (Ant. Ingresso II).

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Ricevete lo Spirito Santo (Gv 20,22)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata
Ricevete lo Spirito Santo (Gv 20,22) - (31/05/2020)
(vai al testo)
Ricevete lo Spirito Santo (Gv 20,22) - (04/06/2017)
(vai al testo)
Ricevete lo Spirito Santo (Gv 20,22) - (08/06/2014)
(vai al testo)
Ricevete lo Spirito Santo (Gv 20,22) - (12/06/2011)
(vai al testo)

Vedi anche i post Appunti per l'omelia:
  Preludio di un mondo ricomposto (29/05/2020)
  Lo Spirito Santo, il respiro di Dio (02/06/2017)
  Molti un sol corpo (06/06/2014)

Commenti alla Parola:
  di Antonio Savone (VP 5.2023)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 5.2020)
  di Cettina Militello (VP 4.2017)
  di Gianni Cavagnoli (VP 5.2014)
  di Marinella Perroni (VP 5.2011)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano

(Immagine: Stette in mezzo a loro, acquarello di Maria Cavazzini Fortini, aprile 2018)

venerdì 19 maggio 2023

Ascendere con il Signore, ora


Ascensione del Signore (A)
Atti 1,1-11 • Salmo 46 • Efesini 1,17-23 • Matteo 28,16-20
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

"Mentre lo guardavano, Gesù fu elevato in alto e una nube lo sottrasse ai loro occhi" (At 1,9). Tuttavia la sua ascensione non è uno staccarsi dalla terra. Lui sarà con noi "tutti i giorni, fino alla fine del mondo" (cf. Mt 28,20). Non lo vedremo più con questi nostri occhi di carne, bensì sperimenteremo la sua presenza con quelli dello spirito. Una nube, presenza misteriosa del divino, lo sottrae ai nostri occhi, ma percepito da quelli dell'anima. E non in un luogo particolare, ma nella nostra ferialità, nella nostra Galilea, luogo simbolico dell'ordinario dove il Signore si è fatto e si fa incontrare.
A Lui è stato dato "ogni potere in cielo e in terra" (cf. Mt 28,18). Non è il potere mondano di chi comanda e sfrutta, ma il potere della relazione autentica, della verità che fa liberi, quale dono del Signore Gesù, che con il suo Spirito ci rende partecipi della vita divina.
È con questo rapporto sincero, intimo, con Lui che saremo suoi credibili testimoni e porteremo con frutto a compimento il comando di "andare e fare discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo" (cf. Mt 28,19).
Il battesimo a cui siamo inviati ad attuare è un continuo esercizio di comunione, un "immergere" ogni uomo e ogni donna nella relazione originaria della Trinità, che ci dà vita e ci rende pienamente umani. Il "potere" di Gesù è un amore fecondo e generativo di vita nuova, sempre rinnovata.
Questo è lo stile di Dio; questo deve essere lo stile del discepolo che continua l'opera del Maestro. Solo così potremo "ascendere" con il Signore al Cielo, in quel Cielo che già fin d'ora possiamo pregustare quaggiù.

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo (Mt 28,20)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata
Io sono con voi tutti i giorni (Mt 28,20) - (24/05/2020)
(vai al testo)
Io sono con voi tutti i giorni (Mt 28,20) - (28/05/2017)
(vai al testo)
Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli (M 28,19) - (01/06/2014)
(vai al testo)
Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli (Mt 28,19) - (05/06/2011)
(vai al testo)

Vedi anche i post Appunti per l'omelia:
  «Io sono con voi fino alla fine del mondo». La fine del mondo: quale? (22/05/2020)
  Ascensione, la festa del nostro destino (26/05/2017)
  Fare di ogni persona un discepolo (30/05/2014)

Commenti alla Parola:
  di Antonio Savone (VP 5.2023)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 5.2020)
  di Cettina Militello (VP 4.2017)
  di Gianni Cavagnoli (VP 4.2014)
  di Marinella Perroni (VP 5.2011)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano

(Immagine: Ascensione, acquarello di Maria Cavazzini Fortini, giugno 2015)

giovedì 18 maggio 2023

Beirut, Convegno dei Diaconi


Siamo rientrati da una visita a Beirut (dal 4 al 7 di maggio 2023) dove è iniziata a concretizzarsi la possibilità di un Convegno dei diaconi dell'area del Mediterraneo, promosso dalla Comunità de Diaconato in Italia, dove abbiamo incontrato, oltre ai diaconi, maroniti e latini, anche il Nunzio mons. Paolo Borgia.
Già si erano poste le basi in un precedente viaggio nel settembre scorso (13-21 settembre 2022).



Trascrivo quanto riportato dall'Agenzia SIR a questo proposito (16 maggio 2023).



Diaconi permanenti:
Petrolino (Comunità Diaconato in Italia), a settembre 2024, a Beirut, il convegno dei diaconi del Mediterraneo


Prende forma l'iniziativa della Comunità Diaconato in Italia che da tempo lavora ad un convegno dei diaconi del Mediterraneo che avrà luogo a settembre del prossimo anno a Beirut, in Libano. A rivelare il progetto al Sir è Enzo Petrolino, presidente della Comunità Diaconato in Italia da poco rientrato da un viaggio nel Paese dei Cedri dove ha incontrato i diaconi maroniti e latini con i quali sono state gettate le basi per l'evento che sarà sostenuto anche dalla nunziatura apostolica in Libano guidata da mons. Paolo Borgia.
A Beirut sono attesi diaconi da Giordania, Iraq, Israele, Libano, Palestina, Siria, Turchia, Egitto, Libia, Marocco e Tunisia. Questo appena concluso è il secondo viaggio di Petrolino in Libano. Il precedente, 13-21 settembre 2022, era servito per rispolverare il progetto iniziale pensato, spiega al Sir Petrolino, "con il compianto mons. Luigi Padovese, vicario apostolico dell'Anatolia, ucciso a Iskenderun, in Turchia, il 3 giugno 2010. Stavamo lavorando ad un convegno dei diaconi del Mediterraneo, proprio a Iskenderun. Ora lo faremo a Beirut. La decisione è giunta dopo un incontro a Sarba con 25 diaconi maroniti e dopo la visita al vicario apostolico latino di Beirut, mons. Cesar Essayan, frate conventuale, e al cardinale e patriarca maronita Béchara Boutros Raï. Abbiamo l'intenzione di organizzare questo evento che ben si accorda con il cammino di sinodalità che come Chiesa universale stiamo vivendo".
(D.R.)



domenica 14 maggio 2023

La ministerialità del diacono nella liturgia


La ministerialità del diacono nella liturgia
Eucaristia, diaconia e sinodalità
Effatà editrice - di Enzo Petrolino

Il rapporto tra diaconato e liturgia illumina ed informa di sé tutte le dimensioni della vita e del ministero del diacono. La sua presenza all'altare della Parola e del Pane è una presenza di servizio che narra – nelle parole e nei gesti – le "meraviglie" della diaconia di Cristo Servo che si china qui ed ora sulla nostra storia. Il servizio liturgico del diacono, ed in particolare quello eucaristico, deve trovare il modo di esprimere il volto di Gesù incarnato nella storia e nella vicenda esistenziale dell'uomo per il bene di ogni fratello. Dobbiamo riscoprire la liturgia e viverla, o meglio celebrarla sinodalmente, perché possa davvero diventare luogo per eccellenza dell'incontro della comunità dei credenti.

Enzo Petrolino
Diacono coniugato, con tre figli. È presidente della Comunità del Diaconato in Italia che ha sede a Roma presso la Basilica di San Lorenzo fuori le Mura. Direttore della Rivista «Il diaconato in Italia». Già rappresentante italiano presso il Centro Internazionale del Diaconato (CID) che ha sede a Rottenburg. Membro del Centro Studi dell'Unione Apostolica Clero (UAC). Membro del Centro di Azione Liturgica (CAL) e della Consulta dell'Ufficio della pastorale vocazionale. Componente del direttivo dell'Associazione dei docenti di Ecumenismo. Docente di teologia del ministero diaconale e di Ecumenismo. È autore di molti volumi sul tema del diaconato e ha pubblicato articoli e studi di liturgia e di teologia sul ministero diaconale in riviste qualificate a livello nazionale ed internazionale.




Tratto da:
INTRODUZIONE
Liturgia e sinodalità


L'Assemblea eucaristica modello della Chiesa sinodale

L'avviamento di un «cammino sinodale» per e della Chiesa ha bisogno di categorie nuove e di pratiche inedite. Qui mi pare stia la sfida, ad un tempo pratica e teorica. Sicuramente lo Spirito agisce, ma non senza di noi, senza la nostra esperienza, intelligenza, sensibilità, senza il confronto più aperto.
Perché allora dobbiamo correlate sinodalità e liturgia? La liturgia parla di una «sinodalità ecclesiale» che già c'è, «liturgia» e «sinodalità» fotografano una tra le più grandi novità del Concilio Vaticano II.
«ll cammino sinodale della Chiesa è plasmato è alimentato dall'Eucaristia. Essa è il centro di tutta la vita cristiana per la Chiesa universale, per le Chiese locali e per i fedeli cristiani. La sinodalità ha la sua fonte e il suo culmine nella celebrazione liturgica e in forma singolare nella partecipazione piena, consapevole e attiva alla sinassi eucaristica. La comunione con il Corpo e il Sangue di Cristo fa sì che, benché siamo molti, siamo un solo Pane e un solo Corpo, poiché tutti partecipiamo di un solo Pane (1Cor 12,17). L'Eucaristia rappresenta e realizza visibilmente l'appartenenza al Corpo di Cristo e la coappartenenza tra i cristiani (1Cor 12,12)» (Commissione Teologica Internazionale [CTI], La sinodalità nella vita e nella missione della Chiesa, Roma 2019, n. 70).
L'affermazione della CTI ci aiuta a cogliere il rapporto inscindibile tra sinodalità e liturgia, in quanto si riafferma come la celebrazione eucaristica sia punto di arrivo e di partenza di ogni cammino ecclesiale, che attinge al mistero pasquale (memoriale).

La liturgia luogo per camminare insieme

Quasi sessant'anni fa i padri del Concilio Vaticano II hanno affermato che la liturgia costituisce il punto centrale della vita di un fedele. Essa «è il culmine verso cui tende l'azione della Chiesa e, insieme, la fonte da cui promana tutto il suo vigore». Di conseguenza, ogni celebrazione liturgica «in quanto opera di Cristo sacerdote e del suo corpo, che è la Chiesa, è azione sacra per eccellenza, e nessun'altra azione della Chiesa ne uguaglia l'efficacia allo stesso titolo e allo stesso modo». Dobbiamo riscoprire la liturgia e viverla, o meglio celebrarla sinodalmente, perché possa davvero diventare luogo per eccellenza dell'incontro della comunità dei credenti.

Il con-venire liturgico

Nella celebrazione eucaristica si realizza in pieno ciò che è la comunità ecclesiale; prende forma il corpo personale e comunitario del Signore; il con-venire liturgico della comunità è la modalità visibile del con-venire sinodale, è la condizione primaria del con-venire sinodale della comunità dove si realizza l'ecclesialità e la ministerialità. La liturgia rielabora in modo radicale e profondo una esperienza fondante la vita e la forma della Chiesa. Cioè la forma della «partecipazione», che è «attiva», ossia all'unica azione da parte di tutto il corpo ecclesiale e ministeriale.

L'Assemblea celebrante

Una «sinodalità» non accessoria - ossia non appiccicata ad un corpo ecclesiale - ma come «atto comune» di tutta l'assemblea. Chi «presiede» non sostituisce né Cristo né la Chiesa, né l'Assemblea ma le pone in correlazione visibile, servendo l'uno e l'altra. Allora la liturgia è «campo esperienziale nuovo». Significa garantire che si possa davvero camminare insieme nella fede.
Ripartire dalla liturgia significa mettere in atto il famoso adagio: la lex orandi ispiratrice della lex credendi, intelligendi e agendi.
Come scrive Mons. Erio Castellucci, «tutti gli elementi che connotano l'esperienza dell'ekklesìa cristiana, sono concentrati nella celebrazione eucaristica, "fonte e culmine" (LG 11) dell'intera vita e attività ecclesiale. L'esperienza vissuta delle comunità cristiane è quindi la dilatazione della liturgia eucaristica domenicale (fonte) e la preparazione all'Eucaristia domenicale successiva (culmine). L'assemblea liturgica è davvero l'epifania della Chiesa, il suo perenne paradigma, l'esperienza nella quale riprende continuamente forma l'intera ekklesìa, che senza questa assemblea si ridurrebbe a un'associazione umana qualsiasi e sarebbe svuotata della sua stessa ragion d'essere: portare nel mondo» (Liturgia e sinodalità, in Rivista Liturgica, Quinta serie anno CIX fascicolo 5, gennaio-marzo 2022, pp. 109-125.)

Il camminare insieme sinodale

Dall'eucaristia scaturisce la diaconia regale di ogni battezzato, si invera la comunità celebrante che cammina insieme con gli altri per dare concretezza al servizio sacerdotale regale e profetico.
Dunque i gesti della liturgia sono efficacemente esemplificativi del camminare insieme sinodale che si snoda attraverso una ritualità (non ritualismo) creativa.
Allora come ripensare in senso sinodale gli "uffici" che i diaconi svolgono nella celebrazione eucaristica?

La priorità del Vangelo

Il diacono sostiene e porta il santo Libro perché sia donato ai fedeli. Il diacono prepara il dono del Vangelo; ancor meglio, egli compie tutte le azioni che sono prerequisiti all'annuncio del Vangelo stesso attraverso la "praeparatio Evangelii".

La preghiera dei fedeli

Come la preghiera può diventare luogo di presa di coscienza delle situazioni che interpellano la comunità vivendo concretamente la prossimità?
La scelta preferenziale dei poveri: dalla mensa eucaristica alla mensa del povero. Camminare insieme ai poveri, ripartire dagli ultimi della società nel proprio territorio. Interpellarli come soggetti per favorire condizioni di auto-promozione! Superando un certo rischio di retorica, come è possibile un loro coinvolgimento?

Non c'è vera pace senza solidarietà

Nella celebrazione eucaristica la parola "pace" è presente in tanti momenti, dall'inizio del Rito alla sua conclusione. Si tratta, dunque, di un aspetto che avvolge tutto il mistero che si celebra: «L'Eucarestia è per sua natura sacramento della pace». Per questo diviene importante la modalità del gesto che si pone in essere. Quindi lo scambio della pace, proposto dal diacono, inserito nel contesto celebrativo prima della Comunione eucaristica, ci spinge alla comunione con il Signore e con i fratelli.
È interessante quanto è scritto nel Direttorio per il ministero e la vita dei diaconi: si dice che «bisogna dare priorità al ministero e alla carità pastorale e promuovere con la presenza dei diaconi il mantenimento, fra gli uomini, della pace e della concordia» (n. 13). Un passaggio - poco conosciuto - molto intrigante e attualissimo che richiama i diaconi alle loro responsabilità.

La necessità della missione

Ancora una volta è la formula per l'ordinazione del diacono per la consegna del libro del Vangelo che ci indica l'evidente legame tra il posto che occupa il diacono nella Chiesa ed il modo di esercitare il suo ministero. Annunciare il Vangelo, vivere ciò che esso insegna: è in questi termini dinamici che la Chiesa affida la diaconia della Parola al nuovo ordinato.
Un coinvolgimento sinodale di tutto il popolo di Dio, non solo vescovi, ma preti, diaconi, religiosi, religiose, battezzati e battezzate sul piano ministeriale è necessario e non può essere semplicemente sostituito con le intenzioni, con le buone coscienze o con le convinzioni illuminate. Ricostruire ministerialmente la Chiesa è compito sinodale primario.

(da https://editrice.effata.it)

venerdì 12 maggio 2023

Il dono di entrare nel Cuore di Dio


6a domenica di Pasqua (A)
Atti 6,1-7 • Salmo 32 • 1 Pietro 2,4-9 • Giovanni 14,1-12
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

Il Signore Gesù, dopo aver lavato i piedi ai suoi, nel lungo discorso di addio rincuora i discepoli assicurando loro una sua presenza stabile: "non vi lascerò orfani" (Gv 14,18). Non è un addio definitivo, senza speranza. È piuttosto un farci entrare nella sua dimensione di amore che ha nel Padre la sua sorgente.
Il Padre ci darà un altro Paraclito "perché rimanga con noi per sempre: lo Spirito della verità" È il privilegio dei discepoli del Signore avere e "conoscere" lo Spirito che rimane presso di noi (cf. Gv 14,16-17).
È nell'amore, il comando che Gesù ci ha lasciato, che possederemo la beatitudine del Cielo. Già fin d'ora il senso di orfanezza svanirà se sapremo riconosce il Signore e il Maestro nell'amare i nostri fratelli. È nella reciprocità del nostro "lavarci i piedi l'un l'altro" (cf. Gv 13,14), che dimostreremo di amare Dio.
"Chi ama – dice Gesù – sarà amato dal Padre mio e anch'io lo amerò e mi manifesterò a lui" Gv 14,21). Questa manifestazione del Signore risorto è il dono dello Spirito, che "il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce" (Gv 14,17), perché non è nell'amore.
Allora, l'addio di Gesù è la premessa e la promessa per il dono sempre più profondo di entrare nel mistero di Dio, nel cuore della Trinità. E sarà lo Spirito d'amore del Padre e del Figlio, l' "aria", l'atmosfera, l'ossigeno garante della nostra vita.
Queste parole di addio di Gesù sono il grido d'amore che ci invita a lasciarci amare, amando i nostri fratelli, in modo che Lui sia sempre in mezzo a noi, sia sempre il nostro ospite, racchiuso nel nostro cuore.

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paraclito (Gv 14,16)
(vai al testo…)

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Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata
Pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paraclito (Gv 14,16) - (17/05/2020)
(vai al testo)
Se mi amate, osserverete i miei comandamenti (Gv 14,15) - (21/05/2017)
(vai al testo)
Chi ama me, sarà amato dal Padre mio (Gv 14,21) - (25/05/2014)
(vai al testo)
Chi ama me, sarà amato dal Padre mio (Gv 14,21) - (29/05/2011)
(vai al testo)

Vedi anche i post Appunti per l'omelia:
  Entrare in "relazione" d'amore (15/05/2020)
  Il sogno di Gesù: abitare la mia vita (19/05/2017)
  La consolante promessa di Gesù (23/05/2014)

Commenti alla Parola:
  di Antonio Savone (VP 5.2023)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 5.2020)
  di Cettina Militello (VP 4.2017)
  di Gianni Cavagnoli (VP 4.2014)
  di Marinella Perroni (VP 4.2011)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano

(Immagine: Se mi amate, acquarello di Maria Cavazzini Fortini, maggio 2020)

venerdì 5 maggio 2023

Superare ogni turbamento


5a domenica di Pasqua (A)
Atti 6,1-7 • Salmo 32 • 1 Pietro 2,4-9 • Giovanni 14,1-12
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

"Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me" (Gv 14,1). Il turbamento che assale i discepoli è il turbamento di chi è nell'incertezza, nel rischio di rimanere solo. Gesù ha appena lavato i piedi ai discepoli nello sconcerto di Pietro e sicuramente anche degli altri; ha annunciato il tradimento di Giuda; sta dando l'ultimo saluto… È un turbamento comprensibile. Tuttavia Gesù li invita ad avere fede, a non lasciarsi prendere dallo sconforto, dal turbamento. È la fede in quel Dio che Gesù ci ha rivelato essere Padre. Ce lo dice Lui che conosce la nostra esperienza: "abbiate fede anche in me".
È in crisi anche per noi, oggi, la relazione con Lui e con il Padre, in questo nostro tempo in cui le relazioni reali hanno ceduto il posto a quelle virtuali. E non possiamo "toccare" con la nostra carne questa relazione, quando invece dovremmo gettarvisi dentro con tutto noi stessi.
Allora è la relazione con il Padre e con il Figlio, in un abbandono reale, esistenzialmente presente nel nostro intimo, che rende il nostro cuore capace di superare il turbamento per il peso del nostro passato, dell'affanno del presente e per l'incertezza del futuro.
Il posto che Gesù ci ha preparato è nel seno della Trinità. Un posto che si inizia ad abitare già da quaggiù dove possiamo sperimentare, con Lui ed in Lui, relazioni vere con i fratelli con i quali facciamo il nostro tratto di strada in questa vita. Lui, Gesù, il Figlio, è la Via che ci conduce al Padre.
Stare con Lui, anche nell'ora della prova, nel momento del turbamento, è sperimentare che si è nel cuore del Padre. Il Figlio Gesù, infatti, è nel Padre e il Padre è in Lui: chi vede il Figlio vede anche il Padre e le opere che il Figlio compie sono le stesse opere del Padre. Come possiamo, allora, nella nostra poca e superficiale esperienza di fede e di adesione al Figlio, chiedere, come Filippo, di mostrarci direttamente il Padre (cf. Gv 14,8-11), dimenticando che nessuno va al Padre se non per il Figlio Gesù (cf Gv 14,6)?
Allora l'intimità con Gesù è la garanzia per l'intimità con il Padre che è il nostro destino, immersi nello Spirito in cui c'è pace, gioia e ogni beatitudine.

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Signore, mostraci il Padre e ci basta (Gv 14,8)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata
Chi ha visto me, ha visto il Padre (Gv 14,9) - (10/05/2020)
(vai al testo)
Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me (Gv 14,1) - (14/05/2017)
(vai al testo)
Vado a prepararvi un posto (Gv 14,2) - (18/05/2014)
(vai al testo)
Vado a prepararvi un posto (Gv 14,2) - (22/05/2011)
(vai al testo)

Vedi anche i post Appunti per l'omelia:
  "Vedere" Dio come Padre (08/05/2020)
  Gesù, la strada che ci porta a Dio: Guardare Gesù è capire Dio! (12/05/2017)
  Gesù, l'unica Via (16/05/2014)

Commenti alla Parola:
  di Antonio Savone (VP 5.2023)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 5.2020)
  di Cettina Militello (VP 4.2017)
  di Gianni Cavagnoli (VP 4.2014)
  di Marinella Perroni (VP 4.2011)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano

(Immagine: Io sono la via, la verità e la vita, acquarello di Maria Cavazzini Fortini, maggio 2020)

lunedì 1 maggio 2023

Con affetto fraterno


Parola di Vita – Maggio 2023
(Clicca qui per il Video del Commento   -   oppure...)

«Amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda» (Rm 12,10).

La parola di vita di questo mese è tratta dalla ricchissima lettera di Paolo apostolo ai Romani. Egli presenta la vita cristiana come una realtà dove sovrabbonda l'amore, un amore gratuito e sconfinato che Dio ha riversato nei nostri cuori e che noi doniamo a nostra volta agli altri. Per rendere più efficace il suo significato egli inserisce due concetti in un'unica parola, "philostorgos", che racchiude due caratteristiche particolari dell'amore che contraddistinguono la comunità cristiana: l'amore tra amici e quello familiare.

«Amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda».

Soffermiamoci in particolare sull'aspetto della fraternità e della reciprocità. Come scrive Paolo, gli appartenenti della comunità cristiana si amano perché sono membra gli uni degli altri (12,5), sono fratelli che hanno come unico debito l'amore (13,8), si rallegrano con chi è nella gioia e piangono con chi è nel pianto (12,15), non giudicano e non sono causa di scandalo (14,13).
La nostra esistenza è strettamente legata a quella degli altri e la comunità è la testimonianza viva della legge dell'amore che Gesù̀ ha portato sulla terra. È un amore esigente che arriva fino al punto di dare la vita gli uni per gli altri. È un amore concreto, colorato da mille espressioni, che vuole il bene dell'altro, la sua felicità. Esso fa sì che i fratelli raggiungano la loro piena realizzazione, che facciano a gara nell'apprezzare ciascuno le qualità dell'altro. È un amore che guarda alle necessità di ognuno, che fa di tutto per non lasciare indietro nessuno, che ci rende responsabili e attivi nell'ambito della vita sociale, culturale, nell'impegno politico.

«Amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda».

«Guardando alle comunità del primo secolo vediamo che l'amore cristiano, che si estendeva indistintamente a tutti, aveva un nome, veniva chiamato filadelfia, che significa amore fraterno. Nella letteratura profana dell'epoca questo termine era adoperato per indicare l'amore tra fratelli di sangue. Non veniva mai usato per indicare i membri di una stessa società. Solo il Nuovo Testamento faceva eccezione» [1]. Molti sono i giovani che hanno l'esigenza di avere «un rapporto più profondo, più sentito, più vero. E l'amore reciproco dei primi cristiani aveva tutte le caratteristiche dell'amore fraterno, per esempio quello della forza e dell'affetto» [2].

«Amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda».

Un tratto che contraddistingue gli appartenenti a queste comunità che vivono l'amore reciproco è che essi non si chiudono in loro stessi, ma sono pronti ad affrontare le sfide reali che si presentano all'interno del contesto nel quale si trovano ad operare.
J.K., serbo, di nazionalità ungherese, padre di tre figli può permettersi finalmente di acquistare un'abitazione ma a causa di un incidente non ha le risorse economiche e fisiche per ristrutturarla da solo. Così la comunità dei Focolari si mette in moto, concretizzando il progetto #daretocare [3] proposto dai Giovani per un Mondo Unito.
Egli racconta con entusiasmo la gara di solidarietà che è scattata nel sostenerlo concretamente: «Sono venuti in tanti ad aiutarmi, in tre giorni abbiamo potuto rifare il tetto e sostituire i soffitti in terra e paglia con quelli in cartongesso». Ai lavori di ristrutturazione hanno contribuito economicamente anche alcune persone della Repubblica Ceca. Un gesto che ha reso visibile la comunità allargata, andando anche al di là delle distanze [4].

A cura di Patrizia Mazzola
e del team della Parola di vita


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[1] C. Lubich, Colloqui con i gen, Città Nuova, Roma 1999, p. 58
[2] Ibid.
[3] Osare prendersi cura.
[4] Tratto e riadattato dall'articolo "Serbia: costruire una casa, per essere casa", www.unitedworldproject.org

Fonte: https://www.focolaritalia.it


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