25 maggio 2008 – Corpus Domini (A)
Parola da vivere
Noi siamo, benché molti, un corpo solo (1Cor 10,17)
Percorrendo la storia sacra di Dio con il suo popolo, troviamo anche i passi della nostra storia.
Avventure di fame e di sete, un continuo dibattersi tra le necessità materiali e spirituali della vita che sottendono l'unica tensione vera di ogni uomo: ritrovare l'unità con la natura, risalire alle origini per scoprire il senso del vivere. Siamo nati da Dio e solo in Lui troveremo il traguardo del nostro peregrinare. Dio si è fatto uomo, pellegrino con noi, per accompagnarci in questo cammino: nati da Dio per ritornare a Dio.

Vivere per Gesù vuoI dire amarlo in ogni atto che facciamo, dicendo: "Per Te, Gesù!", fino a che l'amore avrà invaso tutto, anche la croce, anche la morte, trasformando tutto nell'amore più grande che è dare la vita per i nostri fratelli, per Lui in loro. Non c'è altra strada per portare all'unità gli uomini e con loro il cosmo.
Testimonianza di Parola vissuta
Vicino a casa mia, seduta per terra c'era una signora tutta velata, compreso il viso. Suo figlio mi ha detto che venivano da un villaggio nel deserto e che la madre aveva una brutta malattia della pelle, con piaghe e pus. Erano venuti al dispensario vicino a noi perché si diceva che lì le persone erano curate bene. Ma per il momento non c'era posto e non sapevano dove andare. La donna aveva un odore cattivo così forte che nessuno voleva avvicinarla.
In quel momento mi sono ricordata che dovevo amare il prossimo come me stessa... Sorelle e cognate mi sgridavano: "Lasciala perdere che ti contagi, non ti avvicinare!". Ma io le ho portato da bere e da mangiare. Poi le suore hanno trovato posto in corridoio e io andavo spesso a trovarla. Vedevo solo i suoi occhi; quando arrivavo si illuminavano.
Un giorno il figlio mi ha detto: "È così da tanto, nessuno la voleva curare, le mie cognate l'evitavano, io non mi sono sposato per starle vicino". Dopo un mese è guarita. Era felice e io più di lei. È tornata al suo villaggio.
In quel momento mi sono ricordata che dovevo amare il prossimo come me stessa... Sorelle e cognate mi sgridavano: "Lasciala perdere che ti contagi, non ti avvicinare!". Ma io le ho portato da bere e da mangiare. Poi le suore hanno trovato posto in corridoio e io andavo spesso a trovarla. Vedevo solo i suoi occhi; quando arrivavo si illuminavano.
Un giorno il figlio mi ha detto: "È così da tanto, nessuno la voleva curare, le mie cognate l'evitavano, io non mi sono sposato per starle vicino". Dopo un mese è guarita. Era felice e io più di lei. È tornata al suo villaggio.
(M.F., Pakistan)
(da "Camminare insieme" - vedi Testimoniare la Parola)
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