Il messaggio di questa penultima domenica dell'anno liturgico mi riporta a porre la mia attenzione all'attesa di quel mondo, annunciato da Gesù, che va oltre le apparenze che ci circondano. Il regno nuovo, instaurato dal Risorto e che gusteremo alla fine dei tempi, sta inondando già ora le nostre esistenze, anche se le apparenze sembrano mostrarci il contrario.

Molti sono oggi i segni premonitori di un mondo che vuole spingersi verso orizzonti migliori, verso una pienezza di cui l'umanità sente urgentemente l'esigenza.
Il mondo - tutti ne hanno sentore - tende, vuol tendere all'unità: ma quanto è difficile scorgere la strada per una fraternità veramente vissuta e partecipata. E molti, stanchi dell'attesa, cominciano a dubitare o a non crederci più…
Un particolare, nella chiesa per esempio, di questo "segno" di novità è la "riattivazione" del diaconato come ministero proprio e permanente, quale segno sacramentale di Gesù che serve e dà la vita.
Sono convinto che accorgersi di questo avvenimento presupponga una vigilanza attenta ai segni di quello Spirito che vuol farci entrare in una dimensione comunionale del servizio, aliena da qualsiasi forma di potere, in una chiesa "serva" e "povera", in cui chi ha responsabilità di governo è veramente, con tutta la propria esistenza, al servizio della comunità; e la comunità dei credenti trova la pienezza del suo essere nell'esistere per gli altri. Presuppone una chiesa-comunione che sa farsi prossimo all'umanità che la circonda, senza nulla chiedere…
La diaconia della chiesa e nella chiesa (e in particolare quella ordinata) vuole essere un segno, accanto agli altri che lo Spirito suscita con grande abbondanza di carismi, nell'umanità di oggi, per una vera fraternità universale.
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