Ho rivisto un po' della mia storia, delle gioie della chiamata ad una missione nuova nell'oggi della comunità, ad una diaconia particolare, nella grande diaconia della Chiesa.
Penso a tutti quei diaconi che, pur nel loro slancio apostolico e nella gratitudine a Dio per il dono ricevuto, fanno fatica…
Vedo la "luce" ricevuta, quella Parola che dice speranza, quella grazia che anima e rivitalizza le nostre comunità, all'interno e all'esterno, che ci rende credibili al mondo. È un fuoco ardente che ha preso me e, con me, anche mia moglie: immensamente grati per quella luce ricevuta che ha ci ha fatto cogliere, tra l'altro, la bellezza e la novità della famiglia diaconale, che va ben oltre gli eventuali impegni che si possono avere nella comunità. Per questo nostro "sì", nella gioia e nelle inevitabili difficoltà e sofferenze, non siamo stati capaci di dire di no, lasciando per Lui, in questo "suo progetto", anche le cose più care.
Spesso però ci assale la tentazione di aver corso a vuoto, di aver coltivato un sogno irrealizzabile. Quando questi momenti sono stati più forti, la vicinanza di persone amiche ci hanno fatto capire che non è il caso di stancarsi, ma di continuare a coltivare quel sogno, perché è nel sogno che si realizza la profezia.
In quel fuoco, che arde nel nostro cuore e che a volte fa male, è fare esperienza dell'Amore di quel Padre che ci ha sempre nel cuore e dinanzi ai suoi occhi.
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