Domenica della Palme (B)
Appunti per l'omelia
L'Uomo dei dolori, di cui parla Isaia, ha racchiuso in sé tutti dolori dell'umanità: in quel grido è racchiuso il grido di abbandono e di dolore di ogni uomo e di ogni donna di questa terra. "Occorre - scrive Giovanni Paolo II nella Salvifici Doloris, al n° 31 – che sotto la croce del Calvario idealmente convergano tutti i sofferenti che credono in Cristo… gli uomini di buona volontà, perché sulla croce sta il Redentore dell'uomo, l'Uomo dei dolori che in sé ha assunto le sofferenze fisiche e morali degli uomini di tutti i tempi, affinché nell'amore possano trovare il senso salvifico del loro dolore e risposte valide a tutti i loro interrogativi".
Dopo l'entrata trionfale a Gerusalemme, tra la folla osannante, dopo l'intimità del Cenacolo, dopo l'angoscia del Getzemani, Gesù si ritrova solo, "tutti lo abbandonarono e fuggirono" (Mc 14,50). Egli che "non ritenne un privilegio l'essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo" (Fil 2,6-7), sperimenta anche l'abbandono di Dio. In quel nulla infinito, in quel vuoto inimmaginabile, in quella disunità estrema, noi troviamo pienezza di vita e di unità: unità con Dio e unità tra noi.
In Lui la nostra scelta fondamentale di Dio trova pieno compimento: è in Lui la massima espressione di un Dio che è Amore; è in Lui la possibilità di attuare pienamente il Comandamento nuovo; è in Lui che ci è svelata la misura che l'amore richiede.
In quel grido misterioso troviamo non solo l'esortazione ad abbracciare tutti i dolori che ci sopravvengono unendoli al Suo, ma anche a contemplare in Lui la misura del nostro amore per il prossimo: misura senza misura nel dovere di dare tutto, nel non riservare nulla per noi stessi…
Chiamati a portare l'unità in ogni situazione e luogo, non possiamo avere altro modello che Lui. Solo così possiamo cogliere il vero significato del nostro andare a Dio attraverso il prossimo, il fratello che ci è posto accanto e che vogliamo servire ed amare. È per quel passaggio, a volte oscuro come una galleria, che si arriva alla luce; è attraverso il nostro farci uno col prossimo che mettiamo in atto quell'arte di amare che trova in Gesù crocifisso e abbandonato il nostro modello. Nessuno come Lui si è fatto uno con i fratelli, svuotandosi totalmente. Non possiamo infatti entrare nell'animo di un fratello per comprenderlo, per capirlo, per condividere il suo dolore, se il nostro spirito è ricco di una preoccupazione, di un giudizio… Il farsi uno esige spiriti poveri, poveri di spirito, perché solo con essi è possibile l'unità.
Il Crocifisso, l'Abbandonato, veramente è il nostro Dio!
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Vedi anche:
Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
L'anima mia è triste fino alla morte (Mc 14,34)
(vai al testo) - (pdf, formato A5)
Commenti alla Parola:
• di Marinella Perroni (VP 2012)
• di Claudio Arletti (VP 2009)
• di Enzo Bianchi
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