Ho ricevuto la riflessione, che di seguito riporto, sulla presenza del diacono nell'attuale situazione di crisi globale.
È del diacono Enzo Petrolino, Presidente della Comunità del Diaconato in Italia.
Ora è il nostro momento, ora è la nostra diaconia
Il ministero diaconale al tempo della crisi
Quaresima è diventata una "quarantena"
Progressivamente i diaconi, come il resto dei nostri concittadini, sono stati "rinchiusi" nelle loro famiglie. Disertati Eucaristia pubblica, celebrazione dei sacramenti, incontri; abbiamo lasciato coloro che accompagnavamo nelle diverse aree affidate al nostro ministero riducendo le nostre attività pastorali che svolgevamo all'esterno. I diaconi sono persone d'azione, forse tendiamo a misurare la nostra dedizione e il nostro servizio in base a ciò che "facciamo", così man mano che passano i giorni della "quarantena" ci siamo chiesti: Come contribuire in qualità diaconi a questo momento unico del nostro mondo e della nostra chiesa? La "quarantena" sta diventando un momento di rallentamento. Abituati a vivere in fretta, ad avere un'agenda piena di attività, per misurare l'impegno e il servizio per ore, giorni, settimane... percepiamo che la vita si è fermata. Ci sentiamo sopraffatti dal non poter "fare" le cose, così come eravamo abituati. In questi giorni risuonano incessantemente dentro di noi queste domande. Cosa stiamo facendo della vita? Cosa succede a questo mondo, a questo pianeta? Purtroppo solo quando facciamo i ritiri o gli esercizi spirituali abbiamo un tempo simile, prolungato, per esaminare la vita alla presenza di Dio. Un tempo per rinnovare la centralità di Dio nella vita. La sola responsabilità di questa pandemia è degli esseri umani, mai di Dio che desidera il meglio per le sue figlie e i suoi figli, è anche nostra responsabilità convertire così tanto dolore e sofferenza, così tante domande e smarrimento in un vero Kairos nella nostra vita.
La "quarantena" vissuta in famiglia
La "quarantena" vissuta come solitudine
Siamo abituati ad andare da un posto all'altro, percorrendo molte volte lunghe distanze per esercitare il nostro ministero, lavorare, andare in vacanza in estate. All'improvviso siamo confinati tra le mura delle nostre case, a volte piccole e molto limitate, soprattutto quelle dei poveri. Le persone più vulnerabili pagano sempre il prezzo più alto della crisi. E quando iniziamo a sentire l'impotenza sterile di non poter "fare" nulla, ci sentiamo interrogati dalle persone che normalmente accompagniamo, in particolare i malati, quelli che vivono soli, i più vulnerabili ed emarginati, che possiamo presentare al Signore nella preghiera. Possiamo anche chiamarli telefonicamente per mantenere un dialogo sereno e rassicurante, che oltre a fornire sicurezza e fiducia, può rilevare possibili esigenze di qualsiasi tipo, di cui potremmo occuparci. Un appello per rendere reale che la Comunità è fatta da persone, non da "templi", da situazioni di vita condivise alla luce della fede, non da strutture, a volte così anti-evangeliche. Questa è una "quarantena" per guardare attraverso le nostre finestre: strade vuote, strade senza automobili, animali che occupano spazi pubblici e che ci ricordano che questi luoghi appartenevano a loro, prima che li invadessimo. Finestre che ci consentono di vedere cieli e acque più trasparenti e puliti e di chiederci cosa stiamo facendo con questa creazione! Finestre che ci ricordano altre finestre del mondo, un mondo interconnesso e interconnesso nel bene e nel male, che ci dice che siamo parte di un singolo pianeta, al di là di paesi, nazioni, confini, lingue e religioni...
Finestre che ci mostrano, in prima persona e in modo eccezionale, ciò che milioni di esseri umani vivono quotidianamente in così tanti posti nel mondo. Finestre che ci parlano di altre epidemie ancora presenti, ma dimenticate oggi. L'Organizzazione Mondiale della Sanità ci ricorda la situazione nell'Africa occidentale con l'Ebola, presente dal 2014, con oltre 30.000 persone infette e 11.000 morti. O nell'Africa sub-sahariana, la malaria, che nel solo 2018 ha causato 228 milioni di infetti e 405.000 morti. O nel mondo, con la dengue, che causa 390 milioni di infezioni all'anno, o il morbillo, praticamente sradicato nel primo mondo, ma che nel solo 2017 ha causato 110.000 morti. Ma ovviamente, tutto ciò accade in finestre molto lontane da quelle del nostro primo mondo, praticamente non li vediamo e non hanno alcuna incidenza sui nostri giornali o televisioni. Mi chiedo con preoccupazione e sofferenza: dove saranno confinati così tanti milioni di esseri umani senza tetto? Come faranno così tante persone che non hanno l'acqua a lavarsi le mani? Quali effetti avrà il coronavirus in Africa?
Ciò che normalmente passava inosservato, ciò che non veniva valutato, ciò che non contava, ora acquisisce rilevanza, servizio evangelico, diaconia: il lavoro dei dipendenti nei supermercati, i poliziotti, i trasportatori, i tassisti... senza dimenticare il lavoro di tutto il personale sanitario negli ospedali, nelle case di cura, grazie al quale possiamo recuperare e mantenere la vita. L'esempio silenzioso di tanti fratelli e sorelle che stanno rendendo reale la sequela di Gesù in favore dell'ultimo: laici uomini e donne, uomini e donne religiose, persone consacrate, diaconi, sacerdoti e vescovi. Hanno perso la vita più di cento preti e un diacono.
Mi piace ricordare questo nostro confratello che lascia quattro "famiglie": quella naturale, la comunità di Montetauro, la diocesi e l'ordine dei medici. La moglie nel salutare il marito ha detto: "Maurizio è volato al Padre tra le braccia amorose della mamma del Cielo". Maurizio si era trasferito con la famiglia a Montetauro, per seguire più da vicino la comunità di stile dossettiano, Piccola Famiglia dell'Assunta di Montetauro, nella quale si è formato e nella quale ha fatto la professione insieme alla moglie, poco prima dell'ordinazione diaconale. Dal loro matrimonio sono nati sei figli naturali, più uno adottivo e tre in affido. La figlia maggiore della coppia si è consacrata nella Piccola Famiglia dell'Assunta di Montetauro, realtà che accoglie e accudisce anche bambini e adulti con gravi e gravissime disabilità e patologie, oltre ad occuparsi del recupero e qualificazione umana, culturale e professionale nonché inserimento sociale di persone che si trovano in stato di bisogno, handicap o emarginazione. La Piccola Famiglia ha aperto due Case in Italia, in Cina e nella Diocesi di Rimini. Uomo di grande fede, nel 1997 è stato ordinato diacono permanente dal Vescovo Mariano De Nicolò. Prestava servizio presso la parrocchia Santa Innocenza di Montetauro di Coriano e nella comunità della Piccola Famiglia dell'Assunta. "La morte del diacono Bertaccini è un grande dolore per comunità diocesana e diaconale. – ha scritto il delegato Diocesano per il diaconato, don Maurizio Fabbri – in questi giorni della settimana di Pasqua siamo certi che Maurizio potrà godere, quale 'servo buono e fedele', della pace col suo Signore risorto. Affidiamo al Signore anche Maria e la sua grande famiglia, perché trovino consolazione e fortezza nella fede". La sua scomparsa lascia addolorate migliaia di persone che lo hanno apprezzato come medico, uomo e come diacono.
Preghiamo di lasciarci dietro la quaresima e la quarantena e che durante i cinquanta giorni pasquali il coronavirus possa crollare in tutto il mondo, come un altro frutto della vittoria di Cristo sulla morte. Nel frattempo, preghiamo ed agiamo perché a nessuno manchi ciò che è necessario per affrontare questa pandemia e che presto avremo un vaccino per l'immunizzazione globale.
Oggi tutti noi dovremo fare la nostra parte, i diaconi dovranno continuare a "fare" la loro, rafforzando ora il nostro "essere" servi.
Il Signore è risorto, alziamoci tutti con Lui, Alleluia!
(Immagini del diacono Maurizio Bertaccini, medico, marito e padre)
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