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venerdì 26 settembre 2025

Fedeltà alla Parola di Dio


26a domenica del Tempo ordinario (C)
Amos 6,1.4-7 • Salmo 145 • 1 Timoteo 6,11-16 • Luca 16,19-31
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

Il vangelo odierno (cf. Lc 16,19-31) ci pone di fronte la figura di un povero e di un ricco. Il povero è chiamato per nome: Lazzaro, "colui che Dio aiuta", perché agli occhi di Dio gli emarginati non sono persone anonime, anzi hanno un posto speciale nel suo cuore. Il ricco, invece, è un anonimo, senza un nome, pur avendo una famiglia numerosa, cinque fratelli, simbolo di una lunga schiera di individui e di popoli opulenti che fanno del loro status e dei loro beni un valore più alto della persona umana.
Se il ricco non ha occhi per vedere che alla sua porta c'è una persona che ha bisogno di tutto, "coperto di piaghe" (quindi da tenere lontano), "desideroso di sfamarsi con quello che cade dalla tavola del ricco", è perché è affetto da una sorta di autismo che lo porta a vedere solo sé stesso e il suo mondo, il suo "possedere".
Ma la situazione si capovolge al momento della morte, che tutti ci attende. Si dice che Lazzaro è portato dagli angeli in seno ad Abramo, nel cuore di Dio, mentre per il ricco si dice semplicemente "fu sepolto", come una conferma di quanto recita il salmo: "L'uomo nella prosperità non comprende, è come gli animali che periscono" (Sal 49,21).
E così, nella nuova situazione di entrambi, se in vita non c'era relazione, ora si vedono; e il ricco, "tra i tormenti" vede Lazzaro e chiede aiuto. Ma è troppo tardi! In vita c'era lo spazio di una porta che li divideva, ora c'è un abisso inaccessibile. Si comprende allora come sia nefasto l'effetto della ricchezza che ci possiede, perché indurisce il cuore.
La richiesta del ricco di mandare qualcuno dai morti per avvertire i fratelli che la strada che stanno percorrendo porta alla rovina, non può essere accolta. La risposta di Abramo è chiara: "Hanno Mosè e i profeti; ascoltino loro". È l'ascolto della Parola di Dio che dà speranza di salvezza ed apre alla vita. Dio vuole entrare in relazione con noi, ma se noi non sentiamo e non vediamo il fratello che ha fame, come possiamo sentire la voce di Dio che ci invita a condividere i nostri beni? Non perché uno viene dai morti, noi saremmo convinti. Gesù stesso è risuscitato; ma quanti ci credono veramente, con una conseguente scelta di vita? Ed ai nostri giorni come possiamo presumere di essere cristiani inseguendo presunte visioni o apparizioni per cercare risposte alle nostre paure?
È sulla fedeltà alla Parola di Dio che si radica la nostra fede. Accoglierla e viverla è costruire la casa della nostra vita sulla roccia, dove non ci saranno avversità a scalfirla. (cf. Mt 7,21-27).

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Padre Abramo, abbi pietà di me (Lc 16,24)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata
 …ora lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti ( cf. Lc 16,25) - (25/09/2022)
(vai al testo)
 C'era un uomo ricco… (Lc 16,19) - (29/09/2019)
(vai al testo)
 Un povero stava alla porta di un uomo ricco… (Lc 16,20) - (25/09/2016)
(vai al testo)
 Hanno Mosè e i profeti: ascoltino loro (Lc 16,29) - (29/09/2013)
( vai al testo…)
 Il Signore dà il pane agli affamati (Sal 146,7) - (24/09/2010)
(vai al post "Preferenza per gli ultimi")

Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
  Ciò che vale davanti a Dio (23/09/2022)
  La vera ricchezza (22/09/2019)
  Le piaghe del povero, carne di Cristo (16/09/2016)
  Scoprire in tempo il senso della vita (27/09/2013)

Commenti alla Parola:
  di Goffredo Boselli (VP 8.2025)
  di Antonio Savone (VP 8.2022)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 8.2019)
  di Cettina Militello (VP 8.2016)
  di Marinella Perroni (VP 8.2013)
  di Claudio Arletti (VP 8.2010)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano
  di Letture Patristiche della Domenica

(Immagine: Lazzaro portato dagli angeli, G. Trevisan, La Domenica 28 settembre 2025)

venerdì 19 settembre 2025

Servire Dio o il denaro


25a domenica del Tempo ordinario (C)
Amos 8,4-7 • Salmo 112 • 1 Timoteo 2,1-8 • Luca 16,1-13
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

Parole forti quelle proposte dal Vangelo odierno (cf. Lc 16,1-13), nella sua conclusione: "Non potere servire Dio e la ricchezza". "Non potete"! È categorico Gesù, perché noi siamo propensi a servire Dio e anche il denaro, soprattutto quando pensiamo che questo sia un dono di Dio. Ma la Parola di Dio ci invita a saper discernere, perché molto spesso il denaro è occasione di ingiustizia e di sfruttamento. Per arricchirci possiamo, usando le parole del profeta Amos, "smerciare il grano diminuendo l'efa e usando bilance false, e vendere anche lo scarto del grano, per comprare con il denaro gli indigenti…" (cf. Am 8,4-7; I lettura).
Nella parabola evangelica notiamo tuttavia che la cattiva azione dell'amministratore disonesto è stata oggetto di elogio da parte del padrone per la sua scaltrezza nell'uso del denaro. Ha sì derubato il suo padrone, ma ora, scaltramente, usa il denaro per uscire dalla situazione in cui è venuto a trovarsi nel rischio di essere licenziato.
Il commento di Gesù: "I figli di questo mondo verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce" (v. 8). Gesù non loda la disonestà, ma la scaltrezza!
Allora possiamo chiederci: perché dobbiamo guardarci dal servire due padroni? Il denaro o è un idolo che io servo per i miei desideri, per il possesso delle cose e delle persone, oppure il denaro mi serve per instaurare o rafforzare, con cuore libero, relazioni buone con gli altri, nel dono e nella condivisione dei beni.
L'amministratore della parabola si è servito del denaro, è stato scaltro!
In altro contesto, il denaro crea potere e i potenti ne fanno uso. San Paolo ci invita a pregare per "quelli che sono al potere - perché Dio, nostro salvatore, vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla verità-, alzando al cielo mani pure, senza collera e senza contese" (cf. 1Tm 2,1-8; II lettura).
Quanto doloroso è constatare come il denaro divida le famiglie e crei contese, soprattutto nella divisione di una eredità!
Allora è veramente importate chiederci non tanto cosa io faccio del mio denaro, quanto piuttosto cosa il denaro fa di me.

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Non potete servire Dio e la ricchezza (Lc 16,13)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata
 Non potete servire Dio e la ricchezza (Lc 16,13) - (18/09/2022)
(vai al testo)
 Non potete servire Dio e la ricchezza (Lc 16,13) - (22/09/2019)
(vai al testo)
 Non potete servire Dio e la ricchezza (Lc 16,13) - (18/09/2016)
(vai al testo)
 Non potete servire Dio e la ricchezza (Lc 16,13) - (22/09/2013)
( vai al testo…)
 Nessuno può servire due padroni (Lc 16,13) - (17/09/2010)
(vai al post "Il dio denaro")

Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
  La disonesta ricchezza (16/09/2022)
  Essere "scaltri" figli della luce (20/09/2019)
  I poveri che ci aprono le porte della casa del cielo (16/09/2016)
  Una scelta senza compromessi (20/09/2013)

Commenti alla Parola:
  di Goffredo Boselli (VP 8.2025)
  di Antonio Savone (VP 8.2022)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 8.2019)
  di Cettina Militello (VP 8.2016)
  di Marinella Perroni (VP 8.2013)
  di Claudio Arletti (VP 8.2010)
  di Enzo Bianchi

(Immagine: L'amministratore disonesto, G. Trevisan, La Domenica 21 settembre 2025)

venerdì 12 settembre 2025

Segno dell'amore estremo di Dio


Esaltazione della Santa Croce
Numeri 21,4b-9 • Salmo 77 • Filippesi 2,6-11 • Giovanni 3,13-17
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

Esaltazione della santa Croce. "Come è possibile esaltare la croce?", si chiede papa Francesco. Certo, non è possibile, potremmo continuare noi, se pensiamo cosa significhi realmente essere crocifissi. Non è solo l'umiliazione per essere esposti nudi alla folla. Ma la costrizione a una lenta e spaventosa morte, dove si muore (oltre che per le sofferenze fisiche subite) per asfissia, non riuscendo più il condannato a far leva sui piedi per poter respirare (per cui alla fine si spezzavano le gambe ai condannati per accelerarne la morte) o per arresto cardiaco.
E papa Francesco continua: "Noi non esaltiamo una croce qualsiasi, o tutte le croci: esaltiamo la croce di Gesù, perché in essa si è rivelato al massimo l'amore di Dio per l'umanità" (Angelus, 14/09/2014).
Gesù a Nicodemo ricorda l'episodio del serpente di bronzo che Mosè innalzò nel deserto (cf. Gv 3,14-15). È guardando all'immagine di quel serpente, simbolo di quei serpenti che provocarono la morte di molti (cf. Nm 21,4b-9; I lettura), che noi veniamo salvati. Non perché quel serpente di bronzo ci possa salvare, quanto piuttosto per la fede in quel Dio che ci vuole salvare.
È sintomatico: la causa della morte è anche la causa della vita. In Gesù, come nel serpente, le due realtà si uniscono: il Figlio di Dio ha preso su di sé tutto il peccato del mondo (segno di morte), ma è guardando a Lui, fatto "peccato" e "maledizione", che noi saremo salvati. Cristo è quel serpente innalzato che è indispensabile fissare, anche se ci appare come una immagine opprimente di morte.
"Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui, non vada perduto, ma abbia la vita eterna" (Gv 3,16).
"Cristo Gesù, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l'essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall'aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce" (Fil 2,6-7); II lettura). È per il suo "abbassamento" che il Padre lo ha innalzato, lo ha "esaltato". Ed è in questa "esaltazione" che noi possiamo proclamare che "Gesù Cristo è Signore!" (cf. Fil 2,9-11).
A noi seguire il Maestro nella condizione evangelica di "chi si umilia sarà esaltato" (cf. Lc 14,11). Noi fissiamo lo sguardo di fede su una morte che allo stesso tempo è fonte di vita, e vita divina, perché "noi abbiamo creduto all'Amore" (cf. 1Gv 4,16).

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo (Gv 13,13)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata
 Bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo (Gv 3,14) - (14/09/2014)
(vai al testo)

Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
  La Croce e la Gloria (12/09/2014)

Commenti alla Parola:
  di Goffredo Boselli (VP 8.2025)
  di Gianni Cavagnoli (VP 8.2014)
  di Enzo Bianchi

(Illustrazione: Mistero d'amore, Monastero di Bose, di Giovanni Frangi)

venerdì 5 settembre 2025

Le esigenze della sequela


23a domenica del Tempo ordinario (C)
Sapienza 9,13-18 • Salmo 89 • Filemone 9b-10.12-17 • Luca 14,25-33
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

"Una folla numerosa andava con Gesù…" (cf. Lc 14,25). Sì, il fascino del Rabbì di Nazaret per le sue parole e per i prodigi che operava ha coinvolto una folla numerosa. Andare dietro a Gesù, tuttavia, non è solo per avere da lui un beneficio immediato, spirituale o materiale. La sua sequela comporta da che parte stare.
Il Signore chiama tutti e ci invita a sforzarci di entrare per la "porta stretta" (cf. Lc 13,24), a scegliere l'ultimo posto (cf. 13,24) e a seguirlo per essere sui discepoli (cf. Lc 14,25-633; vangelo odierno).
La sequela di Gesù richiede coscienza e consapevolezza ed investe il campo delle relazioni: padre, madre, moglie, figli, fratelli. Gesù dichiara espressamente che tutte queste relazioni non possono offuscare la relazione con Lui. "Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo" (Lc 14,23). Il termine greco parla addirittura di "odiare", certamente nel senso di "amare meno". Qui non si tratta tanto di odio o amore riferito alla sfera sentimentale o all'emotività, ma a scelte concrete pro o contro. E le difficoltà per una scelta concreta per il Vangelo deve affrontare ostacoli di questo genere.
I legami familiari non possono essere di impedimento per una radicalità evangelica, quando, invece, l'amore per Cristo rafforza questi legami, fondandoli sull'amore di Dio. L'amore umano, infatti, nella sua dimensione autentica è "sacramento" di quello divino.
Portare poi la croce (cf. Lc 14,27), ossia soffrire per Cristo sapendo cosa è stata per Lui la croce, ha la sua ragion d'essere in questa chiara gerarchia di valori. Occorre essere vigilanti e preparati per non iniziare un'impresa e poi non riuscire a portarla a termine (cf. Lc 14,28-30), oppure rischiare di subire una sconfitta in cui molti hanno da rimetterci (cf. Lc 14,31-32). La rinuncia a tutti i propri averi (cf. Lc 14,33) significa proprio questo: mettere Dio al primo posto, persino al bene prezioso della nostra vita, nella libertà di seguirlo secondo il suo disegno d'amore.

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo (Lc 14,27)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata
 Chi di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo (Lc 14,33) - (04/09/2022)
(vai al testo)
 Chi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo (Lc 14,33) - (08/09/2019)
(vai al testo)
 Se uno viene a me e non mi ama più della propria vita… (Lc 14,26) - (04/09/2016)
(vai al testo)
 Se uno viene a me e non mi ama più della propria vita… (Lc 14,26) - (08/09/2013)
( vai al testo…)
 Chi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo (Lc 14,33) - (03/09/2010)
(vai al post "Scelta radicale")

Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
  La scelta esclusiva di Dio (02/09/2022)
  Tre condizioni per essere discepolo (06/09/2019)
  Per seguirlo Gesù chiede di amarlo di più (02/09/2016)
  Le condizioni per seguire Gesù (06/09/2013)

Commenti alla Parola:
  di Goffredo Boselli (VP 8.2025)
  di Antonio Savone (VP 8.2022)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 8.2019)
  di Luigi Vari (VP 7.2016)
  di Marinella Perroni (VP 7.2013)
  di Claudio Arletti (VP 8.2010)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano

lunedì 1 settembre 2025

Nella gioia di essere ritrovati


Parola di Vita – Settembre 2025
(Clicca qui per il Video del Commento   -   oppure...)

«Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta» (Lc 15,6)

I pastori nell'Antico Oriente usavano contare le pecore al ritorno dal pascolo, pronti a mettersi alla ricerca se ne fosse mancata una. Affrontavano anche il deserto, la notte, pur di trovare quelle pecore che si erano smarrite.
Questa parabola è una storia di perdita e ritrovamento che mette in primo piano l'amore del pastore. Egli si accorge che manca una pecora, la cerca, la trova e se la carica sulle spalle, perché è indebolita e spaventata, magari ferita e non è capace di seguire il pastore da sola. È lui che la riporta al sicuro e, finalmente, pieno di gioia, invita i suoi vicini per festeggiare insieme.

«Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta».

I temi ricorrenti in questo racconto possiamo riassumerli in tre azioni: perdersi, trovare, festeggiare.
Perdersi. La bella notizia è quella del Signore che va a cercare chi si smarrisce. Spesso ci perdiamo nei vari deserti che ci sfiorano, o nei quali siamo costretti a vivere, o nei quali ci rifugiamo: i deserti dell'abbandono, dell'emarginazione, della povertà, delle incomprensioni, delle disunità. Il Pastore ci cerca anche lì e, anche se noi lo perdiamo di vista, lui ci ritroverà sempre.
Trovare. Proviamo a immaginare la scena dell'affannosa ricerca da parte del pastore nel deserto. È un'immagine che colpisce per la sua forza espressiva. Possiamo comprendere la gioia provata sia da parte del pastore, sia della pecora e questo incontro fa ritornare nella pecorella quel senso di sicurezza per essere sfuggita al pericolo. Il "ritrovare" è dunque proprio un atto di misericordia divina.
Festeggiare. Egli raduna i suoi amici per festeggiare, perché vuole condividere la sua gioia, così come avviene nelle altre due parabole che seguono questa, quella della moneta perduta e quella del padre misericordioso [1]. Gesù vuol farci comprendere l'importanza di partecipare alla gioia con tutti e ci immunizza contro la tentazione di giudicare l'altro. Siamo tutti dei "ritrovati".

«Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta».

Questa Parola di Vita è un invito alla gratitudine per la misericordia che Dio ha per noi tutti personalmente. Il fatto di rallegrarci, gioire insieme ci presenta un'immagine dell'unità, dove non esiste contrapposizione tra "giusti" e "peccatori", ma partecipiamo uno alla gioia dell'altro.
Scrive Chiara Lubich: «È un invito a capire il cuore di Dio, a credere nel suo amore. Portati come siamo a calcolare e a misurare, a volte crediamo che anche Dio abbia per noi un amore che ad un certo punto potrebbe stancarsi […] La logica di Dio non è come la nostra. Dio ci aspetta sempre: anzi, gli procuriamo un'immensa gioia tutte le volte – si trattasse anche di un numero infinito di volte – che facciamo ritorno a Lui» [2].

«Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta».

A volte possiamo essere noi quei pastori, quei custodi gli uni degli altri che con amore andiamo alla ricerca di quanti si sono allontanati da noi, dalla nostra amicizia, dalla nostra comunità, alla ricerca degli emarginati, dei perduti, dei piccoli che le prove della vita hanno respinto ai margini della nostra società.
«Alcuni alunni frequentavano le lezioni saltuariamente - ci racconta un'insegnante. Durante le ore libere dall'insegnamento mi recavo presso il mercato vicino la scuola: speravo di incontrarli proprio in quel luogo, perché avevo saputo che lavoravano lì per guadagnare qualcosa. Un giorno finalmente li ho visti ed essi si sono stupiti del fatto che fossi andata a cercarli personalmente e sono stati colpiti dal fatto di quanto essi erano importanti per tutta la comunità scolastica. Hanno così ripreso regolarmente a venire a scuola e davvero è stata una festa per tutti».

A cura di Patrizia Mazzola
e del team della Parola di Vita


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[1] Cf. Lc 15,8 e 15,11.
[2] C. Lubich, Parola di Vita di settembre 1986, in eadem, Parole di Vita, a cura di Fabio Ciardi (Opere di Chiara Lubich 5; Città Nuova, Roma 2017) p. 369.

Fonte: https://www.focolaritalia.org - https://www.cittanuova.it
Immagine: Buon Pastore, Seminario regionale di Ancona (commissionato alle Cappuccine di Mercatello sul Metauro)

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