Ripensando a quanto ho scritto, meditando sul messaggio del Papa per questa Quaresima ed in particolare sulla necessità di creare uomini nuovi per strutture nuove (dato che l'origine del male non sta in strutture esterne, ma nel cuore dell'uomo), vorrei riproporre quel pensiero (vedi post del 1° marzo u.s.): «Di fronte a questo mistero del cuore umano mi sembra percorribile una sola strada: uscire da sé, dal proprio egoismo, dalla propria sicurezza di un presunto possesso della verità, ed essere nel mondo fermento nuovo per rapporti rinnovati, sale che dà sapore e gusto per la vita, luce che mostra possibilità di orizzonti nuovi oltre il proprio limite, senza lasciarci ingoiare dalla paura di intessere un dialogo anche con chi non la pensa come me, con la certezza che una umanità rinnovata nasce proprio dall'incontro sincero e dal contributo fattivo di tutti. L'altro è sempre e comunque mio fratello!».
In questo contesto mi sono soffermato a considerare al senso ampio della presenza del diacono nella comunità, in quella cristiana, in quella civile, nel mondo del lavoro…: "interprete delle necessità e dei desideri delle comunità", "animatore del servizio, ossia della diaconia", quella diaconia che si esplicita in tutte le espressioni del vivere umano, non ultima la politica. Mi ha sempre colpito il pensiero di Paolo VI sulla politica quale "alta forma di carità". E mi sono chiesto più volte che rapporto ci possa essere tra la diaconia (aspetto ecclesiale) e la politica (aspetto civile), quale moto dell'animo che nasce nell'unico cuore della stessa persona umana, e come possa esprimersi nella assoluta distinzione dei ruoli.
Non ho una risposta immediata e non la cerco per non essere frainteso.
So però che la "diaconia" è vocazione di tutta la chiesa e che il diacono, pur operando concretamente per i bisogni del prossimo, suo compito specifico è essere "animatore", essere l'anima della diaconia in un determinato contesto sociale, in una determinata comunità: sarà costruttore, per la sua parte, dell'unica fraternità universale, affinché la comunità sia "diaconia" in atto.
I cristiani, coscienti di questo loro essere immersi nell'unica comunità degli uomini, sono chiamati a tessere rapporti costruttivi con tutti, a saper testimoniare la validità dei valori evangelici di cui sono portatori, a non inquinare questo dialogo con interessi personali. E se i cristiani così intesi sono una minoranza, vivranno come quel sale evangelico che è capace di dare sapore e gusto alla vita, con la coscienza che è "meglio un provvedimento imperfetto, ma costruito insieme, che uno fatto per soddisfare pienamente qualcuno, ma che non avrà seguito. Se una legge nasce dallo scontro servirà a molto poco" (Letizia De Torre, da un'intervista).
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martedì 23 marzo 2010
Come servire la comunità
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