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venerdì 7 ottobre 2022

Gratitudine e null'altro


28a domenica del Tempo ordinario (C)
2Re 5,14-17 • Salmo 97 • 2 Timoteo 2,8-13 • Luca 17,11-19
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

Se domenica scorsa si è posto l'accento sulla richiesta che i discepoli fanno a Gesù di aumentare la loro fede, con la conseguente risposta di Gesù, alla fine, di testimoniare questa fede in un servizio al vangelo come servi "senza utile", cioè nella gratuità, ora la liturgia di questa domenica ci propone la "riconoscenza" che deriva dall'aver avuto fede nell'opera di guarigione del Maestro.
Gesù, come leggiamo nel vangelo proposto (cf. Lc 17,11-19), dopo aver "purificato" dalla lebbra dieci lebbrosi, si chiede perché solo uno dei guariti, e per giunta samaritano, sia ritornato a rendere gloria a Dio. E non è per un semplice cortese ringraziamento per un beneficio ricevuto! È il rendimento di grazie per l'opera che Dio fa nei nostri confronti che spinge il nostro cuore alla gratitudine, che è l'atteggiamento fondamentale di chi ha scoperto che la salvezza proviene esclusivamente da Dio.
Il samaritano guarito (ma guariti sono anche tutti gli altri nove) sperimenta, per la sua fede (ed era uno scomunicato per i giudei), la salvezza integrale della sua persona. Nove sono guariti, uno solo salvato!
Se i nostri rapporti umani, e ancor più quelli nei confronti di Dio, sono basati su un utile e un benessere che posiamo ottenere, allora difficilmente potremmo capire la bellezza della gratuità e quindi di una sincera riconoscenza. L'uomo contemporaneo, invaso da una mentalità utilitaristica, se scopre il vero senso di ciò che ha ricevuto, allora può aprire il proprio cuore al ringraziamento. Diversamente, come potremmo comprendere appieno il senso dell'Eucaristia? L'Eucaristia non è una norma da osservare per avere la coscienza a posto e neppure soltanto il nutrimento della nostra comunione fraterna. Essa è, come dice il nome stesso, rendimento di grazie, senza altra utilità: è la gioia riconoscente per la grazia ricevuta dall'amore del Padre che nel Figlio ha dato tutto se stesso, nella pienezza dello Spirito Santo.
Il samaritano ha saputo riconoscere nel segno della guarigione il segno della presenza di Dio in Gesù. Mentre gli altri, benché guariti, restano ciechi: vedono il segno, ma non riconoscono ciò che esso significa. Situazione attuale per molti oggi, come per i farisei di allora!
I lebbrosi risanati vengono riammessi nella comunità, ma solo il samaritano - e Gesù stesso è stato accusato di essere un samaritano, un indemoniato (cf. Gv 8,48) – è ammesso, per la sua fede, nella comunità dei salvati.
Saper ringraziare è riconoscere che non si è soli, che abbiamo bisogno degli altri, e ci fa uscire da noi stessi proiettandoci verso gli altri.

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
… e gli altri nove dove sono? (Lc 17,17)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata
 Si prostrò davanti a Gesù per ringraziarlo (Lc 17,16) - (13/10/2019)
(vai al testo)
 Uno tornò indietro lodando Dio! (Lc 17,15) - (09/10/2016)
(vai al testo)
 Gesù, Maestro, abbi pietà di noi (Lc 17,13) - (13/10/2013)
( vai al testo…)
 Si prostrò davanti a Gesù per ringraziarlo (Lc 17,16) - (08/10/2010)
(vai al post "Gratitudine")

Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
  Essere guariti nel "grazie" (11/10/2019)
  La fede: libera risposta all'amore di Dio (07/10/2016)
  La fede che salva (11/10/2013)

Commenti alla Parola:
  di Antonio Savone (VP 9.2022)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 9.2019)
  di Cettina Militello (VP 8.2016)
  di Marinella Perroni (VP 8.2013)
  di Claudio Arletti (VP 8.2010)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano
  di Letture Patristiche della Domenica

(Illustrazione: I dieci lebbrosi incontrano Gesù, acquarello di Maria Cavazzini Fortini, ottobre 2016)

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