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venerdì 28 giugno 2024

La fede generatrice di vita


13a domenica del Tempo Ordinario (B)
Sapienza 1,13-15; 2,23-24 • Salmo 29 • 2Corinzi 8,7.9.13-15 • Marco 5,21-43
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

Il filo conduttore del brano evangelico proposto per questa domenica (cf. Mc 5,21-43) è la fede. La fede della donna affetta da perdite di sangue; la fede di Giairo, capo della sinagoga, nelle parole di Gesù di fronte alla morte della figlioletta.
La donna, che da dodici anni ha perdite di sangue, sa di essere in una situazione di impurità. Tuttavia, nell'anonimo della folla, crede che soltanto toccando la veste di Gesù potrà essere guarita. Sa di trasgredire ad una regola essenziale per chi è escluso dalla società religiosa e civile; e sa pure che chiunque la tocchi è lui pure reso impuro, contaminato dalla stessa escludente impurità. La fede va oltre! E la donna "strappa" la guarigione. Sia pur "impaurita e tremante" è in grado di "dire tutta la verità".
La persona di Gesù ha rotto ogni tabù!
Gesù non teme di essere contaminato; lo ha dimostrato quando ha toccata il lebbroso e lo ha guarito (cf. Mc 1,40-42).
La verità è che il Figlio di Dio, nel suo "svuotarsi", ha preso su di sé tutta la nostra impurità, ogni nostro peccato, e ci ha liberati, purificati, salvati, ridandoci la dignità di figli amati: "Figlia, la tua fede ti ha salvato" (Mc 5,34).
Occorre quella fede che sa andare oltre quello che può sembrare impossibile.
Giairo, che si getta ai piedi di Gesù e lo supplica di imporre le mani alla figlioletta morente, è sollecitato da Gesù stesso a non temere ma soltanto ad avere fede, nonostante la notizia della morte della figlia.
La fede va oltre la morte. Sembra che con la morte tutto finisca, che non occorra più "importunare" il Signore. Ma il Signore è il Dio della vita! "Dio non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi. Egli infatti ha creato tutte le cose perché esistano" (Sap 1,13-14; I lettura).
"La bambina non è morta, ma dorme". Un'affermazione che provoca la derisione dei presenti, di coloro che, deridendo il Maestro, non saranno certo convertiti da un miracolo, sia pur straordinario. Pochi in verità saranno i testimoni di questo intervento di vita: i genitori della bambina e i tre discepoli scelti da Gesù.
Solo la fede ci dice che con la morte non finisce tutto, ma inizia una nuova vita. Con la morte noi entriamo nel "riposo di Dio", nella beatitudine del suo amplesso.
"Fanciulla, io ti dico: alzati!" (Mc 5,41): è il verbo della risurrezione!
La fede è l'incontro personale col Signore. È un entrare in relazione intima e profonda con Lui, a cui nulla è impossibile.
I due racconti ci parlano di vita, di due donne rese atte a generare vita: la prima guarita dalla sua malattia potrà ancora generare; la fanciulla, in età da marito, può iniziare la sua vita e aprirsi alla propria sponsalità.
Questa è la grandezza del dono che Dio prepara per coloro che credono in Lui.

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Non temere, soltanto abbi fede! (Mc 5,36)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:



Parola-sintesi proposta a suo tempo pubblicata:
 Figlia, la tua fede ti ha salvata (Mc 5,34) - (27/06/2021)
(vai al testo…)
 Non temere, soltanto abbi fede! (Mc 5,36) - (01/07/2018)
(vai al testo…)
 Non temere, soltanto abbi fede! (Mc 5,36) - (28/06/2015)
(vai al testo…)
 Figlia, la tua fede ti ha salvata (Mc 5,34) - (01/07/2012)
(vai al testo…)
 Non temere; soltanto continua ad aver fede! (Mc 5,36) - (28/06/2009)
(vai al post "Abbandonati in Lui")

Vedi anche i post Appunti per l'omelia:
  Credere è lasciarsi sanare da Dio (25/06/2021)
  La fede: tocco intimità sequela, non fenomeno di massa (29/06/2018)
  Alzati! Torna a ricevere e dare amore (26/06/2015)
  La vita, dono della fede (29/06/2012)

Commenti alla Parola:
  di Goffredo Boselli (VP 6.2024)
  di Antonio Savone" (VP 6.2021)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 7.2018)
  di Luigi Vari (VP 5.2015)
  di Claudio Arletti (VP 5.2009)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano
  di Letture Patristiche della Domenica

(Immagine: Talità kum!, acquarello di Maria Cavazzini Fortini, giugno 2012)

venerdì 21 giugno 2024

Perché avete paura?


12a domenica del Tempo Ordinario (B)
Giobbe 38,1.8-11 • Salmo 106 • 2Corinzi 5,14-17 • Marco 4,35-41
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

Il regno di Dio è come il seme che, dopo essere stato gettano nel terreno, germoglia sia che si dorma o si vegli (cf. Mc4,26-27). Come un seguito di questa parabola, il racconto evangelico di questa domenica ci presenta la plastica e drammatica situazione di un mare in tempesta, dove Gesù dorme, assente e come morto (cf. Mc 4,37-38).
È vero che Gesù, sulla barca, alla fine di una giornata molto impegnativa si mette a dormire. Tuttavia l'insegnamento che si coglie da questo racconto ci porta a considerare che la presenza di Gesù è reale nonostante l'infuriare del vento e delle onde che stanno per affondare la barca. Il regno di Dio procede nonostante le apparenze contrarie. Ciò che manca non è la presenza di Dio nella nostra vita, nella storia travagliata dell'umanità; quello che manca è la nostra fede. Il rimprovero di Gesù è chiaro: "Perché avete paura, non avere ancora fede?" (Mc 4,40).
La mancanza di un articolo, nel testo, fa intendere che i discepoli non avessero più alcuna fede! Il nemico della fede non è la mancanza di coraggio, ma la paura.
Gesù dorme. Il dormire è segno di chi si abbandona. Gesù sa che è nelle braccia del Padre (anche lui avrebbe rischiato di affondare, e non solo i suoi discepoli). Il suo dormire rimanda al sonno della morte dove Gesù si è abbandonato nelle mani del Padre. Il sonno è preludio al risveglio, alla risurrezione.
La nostra vita, la vita della Chiesa, oggi più che mai fa acqua da tutte le parti ed in molti alberga la paura di affondare. Allora si capisce che non sono i nostri sforzi, le nostre strategie pastorali a salvarci dalla tempesta. Quella che molto spesso ci manca è la fede nelle parole di Gesù che ci rassicura che non coleremo a picco.
La nostra paura è come quella dei discepoli che rimproverano a Gesù la sua indifferenza alla loro sorte: "Non t'importa che siamo perduti?" (Mc 4,38). La fede invece è l'antidoto al senso di smarrimento e di abbandono che ci assale, sia nel contesto generale sia quando abbiamo la sensazione di non essere ascoltati da Dio e non siamo esauditi nelle nostre richieste.
Ma "il vento e il mare obbediscono a lui" (cf. Mc 4,41); quel mare che è in tempesta, la tempesta della nostra vita.
La natura lo ascolta, come invece i suoi discepoli non sanno fare. La paura nasce dal guardare le acque impetuose della nostra vita piuttosto che fissare lo sguardo su Colui che, pur dormendo, è sempre con noi.

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Maestro, non ti importa che siamo perduti? (Mc 4,38)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Parola-sintesi proposta a suo tempo pubblicata:
 Perché avete paura? Non avete ancora fede? (Mc 4,30) - (20/06/2021)
(vai al testo…)
 Passiamo all'altra riva (Mc 4,35) - (11/05/2015)
(vai al testo…)
 Se uno è in Cristo, egli è una nuova creatura (2Cor 5,17) (2Cor 5,17) - (21/06/2009)
(vai al post "Divina trasformazione")

Vedi anche i post Appunti per l'omelia:
  La fede è l'antidoto alla paura (18/06/2021)
  Dio non interviene al posto mio, ma insieme a me (19/05/2015)

Commenti alla Parola:
  di Goffredo Boselli (VP 6.2024)
  di Antonio Savone" (VP 6.2021)
  di Luigi Vari (VP 5.2015)
  di Claudio Arletti (VP 5.2009)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano

(Immagine: Gesù dorme e i discepoli sono nella paura, acquarello di Maria Cavazzini Fortini)

venerdì 14 giugno 2024

Nel seme della Parla la nostra vitalità


11a domenica del Tempo Ordinario (B)
Ezechiele 17,22-24 • Salmo 91 • 2Corinzi 5,6-10 • Marco 4,26-34
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

Il Canto al Vangelo proposto per questa domenica ("Il seme è la parola di Dio, il seminatore è Cristo: chiunque trova lui, ha la vita eterna") ci introduce al messaggio del brano evangelico di Marco (cf. Mc 4,26-34), dove protagonista del Regno di Dio è il seme.
Nella prima delle due brevi parabole, il seme che cresce da sé, naturalmente, per forza propria.
Nella seconda il seme, piccolissimo che poi diventa "più grande delle piante dell'orto", ci dice che il Regno di Dio non sta nella sua grandezza o appariscenza, ma nella vita che contiene.
Queste due parabole ci interpellano sul nostro essere Chiesa, sulla nostra attuale "diaspora", dove si comprende che l'azione evangelizzatrice non ha un andamento lineare. Ci sono, e si costatano quotidianamente, momenti di buio, di assenza, di silenzio, quasi una morte apparente.
Anche per Gesù, chicco di grano sepolto in terra, c'è stato il tempo dei tre giorni che hanno preceduto l'esplosione della vita nella risurrezione. Anche la vicenda della nostra fede, della fede delle nostre comunità, che sembra passare momenti di sconfitta, non significa che sia morta. Per sua natura, spontaneamente, con il tempo suo proprio e negli stadi della propria maturazione, il seme dà il suo frutto.
Così, come nella seconda parabola, il Regno di Dio che ha una sua origine quasi insignificante, ha la capacità di accogliere nei suoi rami gli uccelli del'aria, dove possono fare il loro nido.
Metafora della Chiesa di Cristo che, nella sua ospitalità, per sua natura è atta ad accogliere tutti.
Nel corso della storia, tuttavia, non sempre le cose sono andare così; ed anche ora ci affanniamo, condizionati dagli schemi che ci siamo costruiti.
Se il seme della Parola, seminata nei nostri cuori, ha in sé la forza per il suo naturale sviluppo, non saranno i nostri sforzi né la nostra frenetica attività pastorale a farlo crescere. Occorre, in un terreno preparato, essere sempre aperti alle novità dello Spirito, senza chiusure preconcette, pazienti come l'agricoltore che "getta il seme sul terreno. Come, egli stesso non lo sa, il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura" (Mc 4,26-29).
Quanti steccati abbiamo innalzato nel corso della storia per paura di perdere la nostra purità, con la conseguenza di aver impedito ai molti uccelli , che volano per loro natura liberi nell'aria, di posarsi sui nostri rami e di potervi fare il loro nido.
È venuto il momento di purificare la nostra memoria ecclesiale e di aprirci alla novità del soffio dello Spirito, senza avanzare pretese di grandezza o di potere mondano.
Il Signore crocifisso e risorto ci precede nel nostro commino lungo la storia.

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Con molte parabole dello stesso genere annunciava loro la parola (Mc 4,33)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Parola-sintesi proposta a suo tempo pubblicata:
 È come un granello di senape (Mc 4,31) - (13/06/2021)
(vai al testo…)
 Il regno di Dio è come un granello di senape (Mc 4,31) - (17/06/2018)
(vai al testo…)
 Come un uomo che getta il seme sul terreno (Mc 4,26) - (14/06/2015)
(vai al testo…)
 Il seme è la parola di Dio (Canto al Vangelo) - (17/06/2012)
(vai al testo…)

Vedi anche i post Appunti per l'omelia:
  L'attesa sapiente dei tempi di Dio (15/06/2018)
  Dio all'opera nel silenzio e con piccole cose (13/06/2015)
  Il piccolo seme (15/06/2012)

Commenti alla Parola:
  di Goffredo Boselli (VP 6.2024)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 6.2018)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano
  di Letture Patristiche della Domenica

(Immagine: Il granellino di senapa, acquarello di Maria Cavazzini Fortini, aprile 2012)

venerdì 7 giugno 2024

Essere della famiglia di Gesù


10a domenica del Tempo Ordinario (B)
Genesi 3,9-15 • Salmo 129 • 2Corinzi 4,13-5,1 • Marco 3,20-35
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

Essere alla sequela di Gesù comporta fare scelte radicali che spesso si scontrano con le dinamiche familiari e sociali.
Il brano evangelico proposto per questa domenica (cf. Mc 3,20-35) ci parla di due tipi di incomprensioni nei confronti di Gesù, una familiare e l'altra quella degli scribi.
La vita itinerante di Gesù è tutta presa dall'incontro con la folla che corre a lui per ascoltare la sua parola e per essere guarita, tanto che Gesù e i suoi discepoli non hanno neppure il tempo per mangiare. I suoi familiari sono preoccupati e, stando "fuori" della casa dove Gesù si trova attorniato dalla fola e sospettando in lui una qualche forma di pazzia, vogliono riportarlo a casa; e mandano a dirgli che sua madre e i suoi fratelli stanno fuori e lo cercano.
Contemporaneamente anche gli scribi lo accusano di essere un indemoniato e di agire in nome di Beelzebul, il capo dei demoni. Gesù smonta la loro accusa dimostrando quanto contradditorio sia il loro ragionamento. In verità, il regno di satana non sarà distrutto perché diviso in se stesso, bensì perché una "forza nuova" è venuta tra noi ed è in grado di liberare chi è prigioniero del male. È Gesù il vincitore. E seguire Lui è partecipare alla sua vittoria.
Essere suoi discepoli comporta un rinnovamento interiore, di mente e di cuore; non essere condizionati neppure dai legami di sangue. Chi segue Gesù fa parte ormai di una nuova famiglia, di coloro che "fanno la volontà del Padre". Questi per Lui sono "fratelli, sorelle e madre".
Può impressionare che nell'ambasciata che considerava Gesù "fuori di sé" per la vita che conduceva ci fosse anche sua madre. Se è vero che Maria è la prima discepola del Figlio, tuttavia anche lei ha dovuto imparare come fare per stare alla Sua sequela. Anche lei è cresciuta nella fede. Già quando perse Gesù dodicenne nel tempio a Gerusalemme si è sentita dire da quel Figlio che lui deve "fare la volontà del Padre". Maria, conservando tutto nel suo cuore, comprende sempre più quale è la sua missione. La comprenderà pienamente nella desolazione ai piedi della croce del Figlio, quando "perde" la sua maternità naturale per assumere una nuova maternità, quella nei confronti dei discepoli del Figlio: "Ecco tuo figlio… Ecco tua madre" (cf. Gv 19,26-27).
È il culmine dell'offerta, dove si comprendono sempre di più le parole del vangelo che ci chiedono di lasciare padre, madre, fratelli, campi… per il Regno (cf. Mt 19,29); come le altre che ci indicano le condizioni per poter essere discepoli di Gesù: posporre all'amore verso di Lui tutti i legami, compresa la propria vita, per essere "degni" di far parte della sua famiglia (cf. Mt 10,37-39).
Tutta la nostra vita quaggiù è preludio ad una vita nella pienezza della risurrezione, "convinti che colui che ha risuscitato il Signore Gesù, risusciterà anche noi con Gesù e ci porrà accanto a lui" (2Cor 4,14; II lettura).

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Perché chi fa la volontà di Dio, costui per me è fratello, sorella e madre (Mc 3,35)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Parola-sintesi proposta a suo tempo pubblicata:
 Chi fa la volontà di Dio, costui per me è fratello, sorella e madre (Mc 3,35) - (10/06/2018)
(vai al testo…)

Vedi anche i post Appunti per l'omelia:
  Anche noi "consanguinei" di Gesù (08/06/2018)

Commenti alla Parola:
  di Goffredo Boselli (VP 6.2024)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 6.2018)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano
  di Letture Patristiche della Domenica

(Immagine: I tuoi parenti ti cercano, Bernadette Lopez)

sabato 1 giugno 2024

L'arte di accompagnare e di attendere


Parola di Vita – Giugno 2024
(Clicca qui per il Video del Commento   -   oppure...)

«Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce» (Mc 4,26-27)

Il regno di Dio è il cuore del messaggio di Gesù, di cui il vangelo di Marco vuole dare la buona notizia. Qui viene annunciato attraverso una breve parabola, con l'immagine del seme che una volta gettato nella terra sprigiona la sua forza vitale e porta frutto.
Ma cosa è il regno di Dio per noi, oggi? Cosa ha in comune con la nostra storia, personale e collettiva, costantemente sospesa tra aspettative e delusioni? Se esso è già stato seminato, perché non ne vediamo i frutti di pace, di sicurezza, di felicità?

«Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce».

Questa Parola ci comunica la fiducia totale di Gesù stesso nel disegno che Dio ha sull'umanità: «[…] Per Gesù che è venuto sulla terra, per la sua vittoria, questo Regno è già presente nel mondo, ed il suo compimento, che metterà fine alla storia, è già assicurato. La Chiesa è la comunità di coloro che credono in questo Regno, ed è il suo inizio» [2].
A tutti quelli che la accolgono, affida il compito di preparare il terreno per accogliere il dono di Dio e custodire la speranza nel suo amore. «[…] Non c'è infatti nessuno sforzo umano, nessun tentativo ascetico, nessuno studio o ricerca intellettuale, che ti possano far entrare nel regno di Dio. È Dio stesso che ti viene incontro, che si rivela con la sua luce o ti tocca con la sua grazia. E non c'è nessun merito che tu possa vantare o su cui tu ti possa appoggiare per aver diritto ad un tale dono di Dio. Il regno ti viene offerto gratuitamente» [2].

«Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce».

Gettare il seme: non trattenerlo per sé, ma seminarlo con larghezza e fiducia. "Di notte o di giorno": il regno cresce silenziosamente, anche nel buio delle nostre notti. Possiamo anche chiedere ogni giorno: "Venga il tuo Regno". Il seme non richiede un lavoro continuo, di controllo, da parte del contadino, quanto piuttosto la capacità di attendere, con pazienza, che la natura faccia il suo corso.
Questa Parola di vita ci apre alla fiducia nella forza dell'amore, che porta frutto a suo tempo. Ci insegna l'arte di accompagnare con pazienza ciò che può crescere da solo, senza l'ansia dei risultati; ci rende liberi di accogliere l'altro nel momento presente, valorizzando le sue potenzialità nel rispetto dei suoi tempi.
«[…] Un mese prima del matrimonio, nostro figlio ci telefona allarmato per dirci che la sua ragazza ha ripreso a fare uso di droga. Chiede consiglio su cosa fare. Non è facile rispondere. Potremmo approfittare della situazione per convincerlo a lasciarla, ma non ci sembra la strada giusta. Così gli suggeriamo di guardare bene nel suo cuore […] Segue un lungo silenzio, poi: "Credo che posso amare un po' di più". Dopo il matrimonio riescono a trovare un ottimo centro di recupero con supporto ambulatoriale esterno. Trascorrono 14 lunghi mesi, nei quali lei riesce a mantenere l'impegno "niente più droghe". È una strada lunga per tutti, ma l'amore evangelico che cerchiamo di avere tra noi due - anche tra le lacrime - ci dà la forza di amare nostro figlio in questa delicata situazione. Un amore che forse aiuta anche lui a capire come amare sua moglie» [3].

A cura di Letizia Magri
e del team della Parola di Vita


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[1]  C. Lubich, Parola di Vita agosto 1983, in eadem, Parole di Vita, a cura di Fabio Ciardi, (Opere di Chiara Lubich 5), Città Nuova, Roma 2017, p. 268
[2]  C. Lubich, Parola di Vita ottobre 1979, in eadem, Parole di Vita, a cura di Fabio Ciardi, (Opere di Chiara Lubich 5), Città Nuova, Roma 2017, p. 152
[3] S. Pellegrini, G. Salerno, M. Caporale (a cura di), Famiglie in azione. Un mosaico di vita, Città Nuova, Roma 2022, p. 74.

Fonte: https://www.focolaritalia.it
Immagine: Il seminatore, di Jean-Froncois Millet


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