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venerdì 2 agosto 2024

L'opera di Dio: credere nel Figlio


18a domenica del Tempo Ordinario (B)
Esodo 16,2-4.12-15 • Salmo 77 • Efesini 4,17.20-24 • Giovanni 6,24-35
(Visualizza i brani delle Letture)


Appunti per l'omelia

Dopo l'episodio della moltiplicazione dei pani, con il brano del vangelo odierno inizia il lungo discorso di Gesù sul "pane della vita".
La folla segue Gesù perché "ha mangiato di quei pani e si è saziata" (cf. Gv 6,26). L'uomo nasce affamato, a cominciare dal latte della madre, e va incontro alla vita portando dentro di sé questa fame. Tutto questo è comprensibile, ma Gesù si sottrae all'entusiasmo della folla che non sa andare oltre alla soddisfazione materiale di un bisogno.
Troppo comodo disporre di uno che provvede gratuitamente al cibo per sfamarci. "Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell'uomo vi darà" (Gv 6, 26-27).
Gesù porta i suoi interlocutori su un altro piano, sul piano della fede, sul compiere "le opere di Dio": "Questa è l'opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato" (Gv 6,29).
Si tratta di passare da una religiosità dei bisogni, del bisogno del sacro, dalla soddisfazione immatura di un certo ritualismo, quasi un analgesico per poter star bene e placare la nostra sete di sacro, ad una fede matura. Gesù domanda come "opera di Dio" la fede in Lui, quale abbandono incondizionato a Colui che il Padre ha inviato, superando i propri schemi, quale segno concreto di cambiamento.
Non è Dio che deve accondiscendere ad ogni mia richiesta, quanto piuttosto dovrò essere io a procedere verso di Lui, pur sapendo che la strada è spesso sconosciuta e impervia. Sono chiamato a fidarmi di Dio.
Come gli interlocutori di Gesù sono rimasti ancorati al passato, al fatto straordinario della manna del deserto ricevuta gratuitamente e chiede ancora di "quel pane", anche noi rischiamo di rimanere ancorati ai nostri schemi di una religiosità statica se non cogliamo la realtà del "segno": Gesù dà sé stesso, perché chi lo accoglie non debba aver più fame e chi crede in Lui non avrà più sete, mai (cf. Gv 6,35).
Guardando alla nostra realtà ecclesiale, solo con l'adesione a Cristo, come unica fonte di vita, potremmo davvero trasformare stanchi riti in un autentico rinnovamento personale ed ecclesiale.

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Questa è l'opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato (Gv 6,29)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:



Parola-sintesi proposta a suo tempo pubblicata:
 Signore dacci sempre questo pane (Gv 6,34) - (01/08/2021)
(vai al testo…)
 Chi viene a me non avrà fame… (Gv 6,35) - (05/08/2018)
(vai al testo…)
 È il Padre mi che vi dà il pane dal cielo (Gv 6,32) - (02/08/2015)
(vai al testo…)
 Voi mi cercate perché avete mangiato di quei pani (Gv 6,26) - (05/08/2012)
(vai al testo…)
 Avete imparato a rivestire l'uomo nuovo, creato a immagine di Dio (Ef 4,24) - (02/08/2009)
(vai al post "L'uomo nuovo")

Vedi anche i post Appunti per l'omelia:
  Il cibo che rimane (30/07/2021)
  Il pane che fa vivere (03/08/2018)
  Il pane "vero" che sazia la nostra fame di felicità (31/07/2015)
  Diventare "pane" (03/08/2012)

Commenti alla Parola:
  di Goffredo Boselli (VP 8.2024)
  di Antonio Savone (VP 8.2021)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 8.2018)
  di Luigi Vari (VP 6.2015)
  di Marinella Perroni (VP 6.2012)
  di Claudio Arletti (VP 7.2009)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano
  di Letture Patristiche della Domenica

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