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venerdì 18 luglio 2025

La parte buona che rimane in eterno


16a domenica del Tempo ordinario (C)
Genesi 18,1-10 • Salmo 14 • Colossesi 1,24-28 • Luca 10,38-42
(Visualizza i brani delle Letture)


Appunti per l'omelia

Nel nostro essere al seguito di Gesù, nel desiderio di essere suoi discepoli secondo il suo cuore, è lecito chiederci se siamo sempre in grado di scegliere la parte "buona" oppure di "affannarci ed agitarci" per i nostri molti servizi in favore del Signore.
Il servizio è il distintivo del Figlio dell'uomo, "che non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la vita…" (cf. Mt 20,28).
Gesù, nel brano evangelico di questa domenica (cf. Lc10,38,42) è ospite in casa di Marta e Maria. Interessante notare che "mentre erano in cammino", Gesù solo viene ospitato in casa di Marta: "lo ospitò", dice Luca.
È Gesù che viene ospitato. A questo proposito vengono alla mente le parole dell'Apocalisse: "Io sto alla posta e busso. Se uno mi apre, entrerò con lui e cenerò con lui" (cf. Ap 3,20). Gesù vuole essere "ospitato" in casa nostra, nella nostra vita. Ma Lui, l'Ospite deve essere al centro delle nostre attenzioni. Per Lui facciamo tutto, impegniamo ogni nostra energia per la diffusione del vangelo. Tuttavia, se il nostro "servizio" al vangelo non ha come centro il Signore, è lecito aspettarsi il rimprovero del Maestro, come è stato per Marta. Gesù ci chiama ad accoglierlo e l'affanno e l'agitazione di Marta non è determinata dai tanti servizi, ma dal fatto che questi ruotano attorno a lei ("dille che mi aiuti") e non a Gesù.
Accogliere Gesù allora è accogliere la Parola che è Lui stesso. Per questo Maria ha scelto la parte "buona" di questa sequela. Non tanto la parte "migliore", come è tradotto, come se si trattasse di scegliere tra il bene dell'azione e il meglio della contemplazione. La parte "buona" è migliore perché rimane buona in eterno. È buona perché "non sarà tolta".
Se nella nostra vita il fare sarà frutto dell'ascolto e dell'accoglienza della Parola, allora non sarà il nostro fare ad avere la meglio, ma il fare di Gesù in noi che porterà frutto.
Gusteremo così la beatitudine riservata a "coloro che custodiscono la parola di Dio con cuore integro e buono" e che produrranno "frutto con perseveranza" (cf. Lc 8,15; Canto al Vangelo).

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola (Lc 10,39)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata
 Signore, non ti importa nulla… Dille dunque che mi aiuti (Lc 10,40) - (17/07/2022)
(vai al testo)
 Maria ha scelto la parte migliore (Lc 10,42) - (21/07/2019)
(vai al testo)
 Marta lo ospitò (Lc 10,38) - (17/07/2016)
(vai al testo)
 Maria ha scelto la parte migliore (Lc 10,42) - (21/07/2013)
( vai al testo…)
 Tu ti affanni e ti agiti per molte cose (Lc 10,41) - (16/07/2010)
(vai al post "L'essenziale")

Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
  Il servizio che nasce dalla parola ascoltata (15/07/2022)
  Far "casa" a Gesù (19/07/2019)
  Dio cerca amici che lo accolgano nel loro cuore (15/07/2016)
  L'anima del servizio (19/07/2013)

Commenti alla Parola:
  di Goffredo Boselli (VP 7.2025)
  di Antonio Savone (VP 7.2022)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 6.2019)
  di Luigi Vari (VP 6.2016)
  di Marinella Perroni (VP 6.2013)
  di Claudio Arletti (VP 6.2010)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano
  di Letture Patristiche della Domenica

(Illustrazione: Marta e Maria, di Bernadette Lopez)

venerdì 11 luglio 2025

Come farsi prossimo


15a domenica del Tempo ordinario (C)
Deuteronomio 30,10-14 • Salmo 18 • Colossesi 1,15-20 • Luca 10,25-37
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

"Amare Dio con tutto il nostro essere e il prossimo come noi stessi": la Legge che per vivere occorre mettere in pratica: "Fa' questo e vivrai" (cf. Lc 10, 27-28). Così Gesù replica al dottore della Legge che lo aveva interrogato su come "ereditare" la vita eterna. Gesù rimanda al comandamento che riassume tutta le Legge e i profeti. Molto sottilmente ci richiama non tanto a "cosa" in essa si legge, ma a "come" leggere quanto prescritto. In altre parole: essere coinvolti con tutto noi stessi nella vita della Parola. Una Parola non "troppo lontana" da noi, anzi "molto vicina, nella nostra bocca e nel nostro cuore": nutriti da Bocca a bocca per poterla "mettere in pratica" (cf. Dt 30,10-14; I lettura).
Nella parabola del buon samaritano (cf. Lc 10, 25-37) Gesù ci mostra, con la sua vita essendo Lui il Samaritano che ci viene incontro, come "essere prossimi". Se noi per primi ci facciamo prossimi a chi ci viene accanto, possiamo comprendere, non tanto "chi è il mio prossimo" (mettendo me stesso al centro), ma cosa significa "prossimo" per me, come posso io farmi prossimo (mettendo al centro l'altro, che in realtà è il destinatario del mio amore).
Essere prossimi, cioè: "Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo a chi è caduto nelle mani dei briganti?", significa "aver avuto compassione di lui", del malcapitato derubato e lasciato mezzo morto sul ciglio della strada.
Di fronte alla situazione drammatica in cui noi quotidianamente veniamo in contatto, non ci è concesso voltarci dall'altra parte e tirare diritto, portare giustificazioni al riguardo. Occorre "farsi prossimo": "vedere", "avere compassione" di lui, "farsi vicino", "fasciare le sue ferite", "versarvi" l'olio della consolazione nel lenire le sue ferite, "portarlo" di persona in luogo sicuro e "avere cura di lui", "pagare" di tasca propria e "affidarlo" a qualcuno, in nostra assenza, affinché si prenda cura di lui fino al nostro ritorno, dove "saldiamo" l'eventuale conto.
Tutti questi verbi indicano, nel concreto, il modo per essere prossimi a chiunque incontriamo nel nostro "viaggio" della vita. Affidarlo alle cure dell'albergatore significa anche affidarlo alle cure della comunità; una comunità accogliente che testimonia la presenza del Signore in mezzo ai suoi, Lui il vero Samaritano.
Non possiamo vantare primogeniture o appartenenze sacrali o ecclesiali. Chi ha il cuore secondo il cuore del Padre è il Figlio, Lui, il Samaritano, ritenuto da quelli della sua gente un bestemmiatore, reo di morte: "Imparate da me…".
I samaritani, i lontani, quelli la cui vicinanza ci contaminano negativamente secondo la nostra ottusa visione, sono nel cuore di Dio e ci sono di esempio, come quell'unico dei dieci lebbrosi guariti ritornato a ringraziare per la guarigione ricevuta.
Allora, la parabola del "buon samaritano" non è prima di tutto una esortazione alla carità, ma è il racconto di quell'amore folle con cui Gesù accoglie noi peccatori feriti (per questi è venuto!), Lui disceso da Gerusalemme, la città di Dio, verso Gerico, la città dell'uomo.
Il Padre, in Gesù, ha compassione di noi; ed è lo stesso sentimento del padre che attende il figlio che torna dopo aver sperperato tutto quello che il Padre gli aveva dato.
A noi accogliere con sincerità, nei nostri cuori, l'invito di Gesù: "Va' e anche tu fa' così!".

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Va' e anche tu fai così (Lc 10,37)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata
 Hai risposto bene; fa' questo e vivrai (Lc 10,28) - (10/07/2022)
(vai al testo)
 Vide e ne ebbe compassione (Lc 10,33) - (14/07/2019)
(vai al testo)
 Gli si fece vicino (Lc 10,34) - (10/07/2016)
(vai al testo)
 Va' e anche tu fa' così (Lc 10,37) - (14/07/2013)
( vai al testo…)
 Chi è il mio prossimo? (Lc 10,29) - (09/07/2010)
(vai al post "Farsi prossimo")

Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
  La libertà nell'amare (08/07/2022)
  Il "prossimo": io o tu? (12/07/2019)
  Chiamati a diventare samaritani (08/07/2016)
  Come farsi prossimo (12/07/2013)

Commenti alla Parola:
  di Goffredo Boselli (VP 7.2025)
  di Antonio Savone (VP 7.2022)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 6.2019)
  di Luigi Vari (VP 5.2016)
  di Marinella Perroni (VP 5.2013)
  di Claudio Arletti (VP 6.2010)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano
  di Letture Patristiche della Domenica

venerdì 4 luglio 2025

Chiamati ad una raccolta abbondante


14a domenica del Tempo ordinario (C)
Isaia 66,10-14c • Salmo 65 • Galati 6,14-18 • Luca 10,1-12.17-20
(Visualizza i brani delle Letture)


Appunti per l'omelia

"La messe è abbondante – ci ricorda Gesù – ma pochi sono gli operai!" (Lc 10,2). Sì, la messe è abbondante, pronta per essere raccolta! Il Seminatore è uscito a seminare (cf. Lc 8,1-8) e solo un quarto del terreno, cioè di coloro che hanno ascoltato la Parola, l'hanno accolta. Eppure la messe è abbondante. È abbondante non per merito nostro, ma perché il Signore l'ha fatta maturare nel soffio dello Spirito. La messe è del Padre, del "signore della messe". A noi raccogliere quanto Lui ha fatto maturare.
Noi, nelle nostre pastorali obsolete ci preoccupiamo più di quello che dobbiamo fare nella semina, che di essere attenti a saper cogliere ciò che lo Spirito suscita nei cuori delle persone, di essere attenti alla raccolta. Forse non ci rendiamo conto di quanto il Signore compie nel cuore delle persone, e non necessariamente secondo i nostri schemi.
Eppure Gesù ci ricorda e ci sprona a pregare il "signore della messe" perché mandi operai a raccogliere, perché la messe è matura e abbondante.
Il nostro compito è quello di consegnare il raccolto nei "granai del cielo", nel cuore del Padre, dove saremo portati in braccio e sulle ginocchia accarezzati, succhiando al seno dell sue consolazioni (cf. Is 66,10-14; I lettura).
Il Signore ci invita a liberarci di ogni ingombro nell'andare dove Lui ci manda, in una povertà di mezzi, per essere più liberi e più solidali, a due a due, in comunione di intenti e di azione, sapendo di essere come agnelli in mezzo a lupi (non il contrario!).
Ci accoglieranno? Doneremo la pace del Signore. Ci rifiuteranno? Scuoteremo anche la polvere dai nostri sandali: non ci porteremo appresso qualcosa che ci possa influenzare e condizionare per il rifiuto ricevuto, che potrebbe rallentare il nostro slancio missionario, con risentimenti o altro.
La nostra ricompensa sarà, non nel successo dell'impresa, quanto piuttosto perché i nostri nomi sono scritti nei cieli. In quei cieli, nel cuore del Padre, dove incontreremo anche coloro che hanno accolto la Parola che lo Spirito, nella sua liberalità, ha fatto maturare in una messe abbondante.

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! (Lc 10,2)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata
 È vicino a voi il regno di Dio (Lc 10,9) - (04/07/2022)
(vai al testo)
 Pregate il Signore della messe (Lc 10,2) - (07/07/2019)
(vai al testo)
 Pregate il Signore della messe (Lc 10,2) - (03/07/2016)
(vai al testo)
 Pregate dunque il Signore della messe (Lc 10,2) - (07/07/2013)
(vai al testo…)
 Li inviò a due a due (Lc 10,1) - (02/07/2010)
(vai al post "Mandati a due a due")

Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
  Chiamati a precedere il Maestro (02/07/2022)
  I nostri nomi sono scritti nel cuore di Dio (05/07/2019)
  Operai disarmati, ma portatori di Dio (01/07/2016)
  La nostra responsabilità nell'annuncio del Vangelo (05/07/2013)

Commenti alla Parola:
  di Goffredo Boselli (VP 7.2025)
  di Antonio Savone (VP 7.2022)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 6.2019)
  di Luigi Vari (VP 5.2016)
  di Marinella Perroni (VP 5.2013)
  di Claudio Arletti (VP 6.2010)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano
  di Letture Patristiche della Domenica

(Illustrazione: Mandati in missione, di Bernadette Lopez)

martedì 1 luglio 2025

Prossimità evangelica


Parola di Vita – Luglio 2025
(Clicca qui per il Video del Commento   -   oppure...)

«Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione» (Lc 10,33)

Martine è sul treno della metropolitana di una grande città europea; tutti i passeggeri sono concentrati sul proprio cellulare. Connessi virtualmente, ma realmente intrappolati nell'isolamento. Si domanda: «Ma non siamo più capaci di guardarci negli occhi?».
È esperienza comune, soprattutto nelle società ricche di beni materiali, ma sempre più povere di rapporti umani. Invece il Vangelo torna sempre con la sua proposta originale, creativa, capace di "fare nuove tutte le cose" [1].
Nel lungo dialogo con il dottore della Legge che gli chiede cosa fare per ereditare la vita eterna [2], Gesù risponde con la famosa parabola del buon Samaritano: un sacerdote e un levita, figure di rilievo nella società del tempo, vedono un uomo aggredito dai briganti, sul margine della strada, ma passano oltre.

«Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione».

Al dottore della Legge, che conosce bene il comandamento divino dell'amore al prossimo [3], Gesù propone come modello uno straniero, considerato scismatico e nemico: egli vede il viandante ferito, ma si lascia prendere dalla compassione, un sentimento che nasce da dentro, dal profondo del cuore umano. Perciò interrompe il suo viaggio, gli si avvicina e se ne prende cura.
Gesù sa che ogni persona umana è ferita dal peccato e proprio questa è la sua missione: guarire i cuori con la misericordia e il perdono gratuito di Dio, perché siano a loro volta capaci di vicinanza e condivisione.
«[…] Per imparare a essere misericordiosi come il Padre, perfetti come lui, occorre guardare Gesù, rivelazione piena dell'amore del Padre. […] l'amore è il valore assoluto che dà senso a tutto il resto […] che trova la sua espressione più alta nella misericordia. Misericordia che aiuta a vedere sempre nuove le persone con le quali viviamo ogni giorno in famiglia, a scuola, al lavoro, senza ricordarci più dei loro difetti, degli sbagli; che ci fa non giudicare, ma perdonare i torti subiti. Anzi dimenticarli» [4].

«Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione».

La risposta finale e decisiva si esprime con un invito chiaro: «Va' e anche tu fa' lo stesso» [5]. È quello che Gesù ripete a chiunque accoglie la sua Parola: farsi prossimi, prendendo l'iniziativa di "toccare" le ferite delle persone incontrate ogni giorno sulle strade della vita.
Per vivere la prossimità evangelica, prima di tutto chiediamo a Gesù di guarirci dalla cecità dei pregiudizi e dell'indifferenza, che ci impedisce di vedere oltre noi stessi. Poi impariamo dal Samaritano la capacità di compassione, che lo spinge a mettere in gioco la sua stessa vita. Imitiamo la sua prontezza a fare il primo passo verso l'altro e la disponibilità ad ascoltarlo, a fare nostro il suo dolore, liberi dai giudizi e dall'ansia di "perdere tempo".
È l'esperienza di una giovane coreana: «Ho cercato di aiutare un'adolescente che non era della mia cultura e che non conoscevo bene. Eppure, anche se non sapevo cosa e come fare, ho preso il coraggio di provarci. E con sorpresa ho notato, che - offrendo quell'aiuto - io stessa mi sono ritrovata "guarita" nelle mie ferite interioriͮ».
Questa Parola ci offre la chiave d'oro per realizzare l'umanesimo cristiano: ci rende consapevoli della comune umanità, in cui si riflette l'immagine di Dio, e ci insegna a superare con coraggio la categoria della "vicinanza" fisica e culturale. In questa prospettiva, è possibile allargare i confini del "noi" fino all'orizzonte del "tutti" e ritrovare i fondamenti stessi della vita sociale.

A cura di Letizia Magri
e del team della Parola di Vita


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[1] Cf. Ap 21,5.
[2] Cf. Lc 10, 25-37.
[3] Dt 6,5; Lv 19,18.
[4] C. Lubich, Parola di Vita giugno 2002, in eadem, Parole di Vita, a cura di Fabio Ciardi, (Opere di Chiara Lubich 5), Città Nuova, Roma, 2017, p.659.
[5] Lc 10,37.

Fonte: https://www.focolare.org - https://www.cittanuova.it

venerdì 27 giugno 2025

Comunione e missione


Ss. Apostoli Pietro e Paolo Atti 12,1-11 • Salmo 33 • 2 Timoteo 4,6-8.17-18 • Matteo 16,13-19
(Visualizza i brani delle Letture)


Appunti per l'omelia

La liturgia celebra oggi in un'unica festa le due colonne della Chiesa, Pietro e Paolo. Due apostoli che hanno dato la vita alla sequela del Signore Gesù. Due persone che, nonostante la missione loro affidata, non eccellono per una condotta esemplare. Pietro rinnega il Maestro tre volte; Paolo è un acerrimo persecutore dei cristiani.
Ma l'incontro con Cristo li ha trasformati profondamente. Pietro, più che essere un modello di virtù è piuttosto un modello di pentimento. Ed è su questo interiore ravvedimento che il Signore Gesù lo ha costituito "roccia" su cui edificare la sua Chiesa. Paolo è modello di colui che ha custodito la fede: "ho conservato la fede" scrive a Timoteo. Ambedue hanno il nome cambiato: da Simone in Roccia (Pietro), da Saulo in Paolo, l'infimo degli apostoli.
Due apostoli che indicano a ciascuno di noi il nostro essere chiesa. Pietro, quale segno dell'unità, della comunione ecclesiale; Paolo quale segno della sua missione di annunciare il vangelo fino agli ultimi confini della terra.
In sintesi: comunione e missione!
L'incontro con Gesù ha fatto sì che tutta la loro vita sia una donazione totale, un affidamento fino alla morte. Pietro, prigioniero in carcere sperimenta che l'angelo del Signore lo ha "strappato dalla mano di Erode"; Paolo ha "combattuto la buona battaglia" in attesa di ricevere "la giusta corona di giustizia".
Questo vale per ciascuno di noi. Attratti dal Signore Gesù, decidiamo di spendere la nostra vita per seguirlo fino in fondo, certi non della nostra bravura, ma della grazia che ci viene offerta.
Per questo anche a noi viene chiesto: "Ma voi chi dite che io sia?".
La gente, coloro che non seguono Gesù da vicino, lo considerano, anche oggi, un grande personaggio, uno fra i tanti, anche se il più importante, ma non l'unico.
I discepoli, coloro che vogliono seguire Gesù, devono rispondere alla domanda che Gesù stesso rivolge: "Chi sono io per te?". Siamo in grado di riconoscere in Gesù, che abbiamo seguito, la manidestazio0ne del Padre, della sua volontà, il Figlio del Dio vivente? Su questa nostra professione di fede nel Signore Gesù siamo inserirti nel cuore della Chiesa, certi che le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. Accompagnati dall'esempio degli apostoli Pietro e Paolo, siamo chiamati anche noi, nel nostro piccolo, nel nostro quotidiano, ad essere comunione di vita che sperimenta la presenza del Risorto in mezzo a noi, e contemporaneamente aperti alla missione per annunciare con la nostra vita, e all'occorrenza con la parola, la novità del vangelo.

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Ma voi chi dite che io sia? (Mt 16,15)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tipo pubblicata
 Tu sei Pietro (Mt 16,18) - (29/06/2014)
(vai al testo)

Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
  Testimonianza di fede e di amore (27/06/2014)

Commenti alla Parola:
  di Goffredo Boselli (VP 6.2025)
  di Gianni Cavagnoli (VP 5.2014)

sabato 21 giugno 2025

Una scelta radicale


21 giugno – San Luigi Gonzaga

Oggi, memoria di San Luigi Gonzaga (di cui porto il nome), la liturgia (sabato della 11a settimana del T.O.) ci propone il brano evangelico di Matteo 6,24-34.
"Nessuno può servire due padroni": è la scelta prioritaria di Dio, al di sopra di ogni cosa materiale, di ogni affetto.
San Luigi ha saputo preferire ai beni terreni e alle possibilità mondane e di potere la scelta radicale di seguire Gesù.
"Non preoccupatevi del domani", ci invita Gesù. È un affidarsi seriamente all'amore del Padre. San Luigi ha offerto la sua vita nel servizio ai fratelli, agli ultimi.
San Paolo, nella seconda lettera ai Corinzi (2Cor 12,1-10) proposta dalla liturgia odierna, dice di vantarsi delle proprie debolezze: è per me uno stimolo a confidare pienamente nella misericordia del Padre. E il monito di Gesù: "Ti basta la mia grazia" è un balsamo che lenisce ogni sofferenza causata dalle mie infedeltà e da quelle che le circostanze ci riservano. San Luigi mi è di modello e stimolo per poterlo imitare almeno "nella penitenza evangelica", soprattutto quella che mi si presenta nell'incontro con i fratelli che sono chiamato a servire.

Altri post "San Luigi Gonzaga"…

venerdì 20 giugno 2025

Essere collaboratori di grazia


SS. Corpo e Sangue di Cristo (C)
Genesi 14,18-20 • Salmo 109 • 1 Corinzi 11,23-26 • Luca 9,11b-17
(Visualizza i brani delle Letture)


Appunti per l'omelia

Nella solennità del Corpus Domini la liturgia ci presenta il brano evangelico di Luca della moltiplicazione dei pani e dei pesci (cf. Lc 9,11b-17).
Gesù insegna alle folle la novità del regno di Dio e guarisce quanti hanno bisogno di cure. Non sappiamo niente del discorso di Gesù. Ma la gente accorre. L'evangelista, più che dirci delle parole del Maestro, ci narra i fatti che indicano come il regno di Dio avanza.
Il giorno comincia a declinare e i Dodici invitano Gesù a congedare la folla; in pratica a rompere quell'intimità e quell'attrattiva che spinge la gente a seguire Gesù. Sembra strano questo modo di vedere le cose, quasi in antitesi a quello che i due discepoli di Emmaus hanno sperimentato: "Resta con noi, Signore, perché si fa sera". Qui invece la scena ci presenta il contrario: scende la sera, andate a casa…
È l'esperienza del Risorto che fa trattenere Gesù. Sintomatico, per noi oggi, nelle nostre assemblee liturgiche, constatare se la mediazione dei ministri è tale da farci sperimentare la presenza del Risorto fra noi. E l'invito di Gesù: "Date voi stessi da mangiare" è costitutivo del nostro essere comunità, dove l'Eucaristia è esperienza dell'unico corpo di Cristo. Tocca ai discepoli dividere la folla in gruppi di cinquanta, quasi a rimandare alle assemblee liturgiche dei primi tempi nelle case dei più abbienti.
Così si fa esperienza che la consapevolezza dell'insufficienza di ogni nostra risorsa, cinque pani e due pesci, è l'inizio di un abbandono fiducioso nell'opera di Dio.
Si sperimenta cosa sia il regno di Dio. È grazia che non si commercia né si acquista, ma è certezza che dove l'umano ha esaurito ogni possibilità, lì la grazia è capace di provvedere alla nostra povertà.
Allora si comprende come l'Eucaristia sia non solamente una grazia che ci viene dall'alto, ma è necessariamente anche apporto della nostra volontà e libertà di donare e di donarsi.
È alla fine della giornata, di ogni giornata della vita, che Gesù ci invita a non disperderci, ma a radunarci in una famiglia che è quella dei figli di Dio, dove si sperimenta la presenza del Risorto fra noi.
La mediazione sacerdotale in ogni celebrazione eucaristica ci fa intendere che l'opera di Gesù ha bisogno del nostro contributo, del sacerdote e di tutta l'assemblea, in modo che l'esperienza di grazia sia per la nostra vita un "magiare a sazietà" di ciò che l'amore del Padre ci elargisce, dove gli avanzi sono il segno della straripante abbondanza di grazie e di generosità di Dio.

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Voi stessi date loro da mangiare (Lc 9,13) (vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata
 Tutti mangiarono a sazietà (Lc 9,17) - (19/06/2022)
(vai al testo)
 Voi stessi date loro da mangiare (Lc 9,13) - (23/06/2019)
(vai al testo)
 Tutti mangiarono a sazietà (Lc 9,17) - (29/05/2016)
(vai al testo)
 Voi stessi date loro da mangiare (Lc 9,13) - (02/06/2013)
( vai al testo…)
 Fate questo in memoria di me (1Cor 11,24) - (04/06/2010)
(vai al post "Vivere l'Eucaristia")

Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
  Nella condivisione la nostra sequela (17/06/2022)
  Corresponsabili con Gesù (20/06/2019)
  Siamo ricchi di ciò che doniamo (27/05/2016)
  Il Dono che è per tutti (31/05/2013)

Commenti alla Parola:
  di Goffredo Boselli (VP 6.2025)
  di Antonio Savone (VP 6.2022)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 6.2019)
  di Luigi Vari (VP 4.2016)
  di Marinella Perroni (VP 4.2013)
  di Claudio Arletti (VP 5.2010)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano
  di Letture Patristiche della Domenica

(Immagine: Date voi stessi da mangiare, acquarello di Maria Cavazzini Fortini, 2018)

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