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lunedì 16 settembre 2024

Il discernimento per il diaconato


Sono stati pubblicati i contributi delle Giornate di Studio sul diaconato, dal titolo IL DISCERNIMENTO PER IL DIACONATO, svoltesi nei giorni 20-21 ottobre 2023 presso la Casa dell'Immacolata, sede della Pia Società San Gaetano di Vicenza.
Di seguito la Presentazione.



Presentazione

Nel contesto del cammino sinodale che la Chiesa universale sta vivendo e nella diversità di .atteggiamenti che le comunità locali assumono di fronte ad esso, il tema del diaconato sta riscontrando un interesse rinnovato. Certamente, le posizioni a riguardo sono variegate, e vanno da forme di prudente valorizzazione a considerazioni a volte scettiche sull'esperienza concreta di alcune figure diaconali impegnate nella pastorale ordinaria. Di fatto, nessuno può negare il crescente numero di diaconi nelle Chiese italiane, a fronte di una crisi generalizzata delle scelte vocazionali di consacrazione nella vita religiosa, nel ministero sacerdotale, ma anche nel patto coniugale.
Ai membri del Dicastero vaticano per il clero, papa Francesco, che li riceveva in udienza privata il 6 giugno 2024, raccomandava che il servizio dei diaconi deve essere «in favore degli orfani, delle vedove, delle opere sociali, in Caritas, nell'amministrazione dei sacramenti aiutando i parroci». Quindi - aggiungeva - bisogna fare «in modo che i diaconi non si sentano preti di seconda classe».
Il nostro lavoro di battezzati, teologi e pastori, è da anni focalizzato sulla riflessione inerente l'ambito della diaconia nella Chiesa, cercando di dare voce alle realtà profetiche che aprono prospettive di rinnovamento nella pastorale della Chiesa, a partire da una attenzione specifica al diaconato, in relazione con tutte le altre vocazioni ecclesiali. Sappiamo quindi che la presenza di un numero alto di diaconi non significa automaticamente una maggiore coscienza vocazionale di chi ha ricevuto l'ordinazione diaconale o delle comunità cristiane in cui i diaconi esercitano il loro ministero. È pero una opportunità unica -tanto unica, che pochi Paesi al mondo godono di una presenza cosi significativa di diaconi - per far crescere la consapevolezza di essere al cospetto di un dono dello Spirito, al quale il Concilio Vaticano II ha riaperto le porte ma che ha conosciuto alti e bassi nello sviluppo concreto dentro le Chiese locali.
Ci sono innumerevoli testimonianze di esperienze diaconali molto significative, che vedono sempre più coinvolte anche le mogli dei ministri ordinati che ricevono la grazia del nuovo sacramento essendo già sposati (la maggioranza). Ci sono anche importanti esempi di diocesi che sanno intrecciare le esigenze della pastorale di fronte alle sfide dei tempi nuovi con le risorse innovative legate alla collaborazione corresponsabile di preti, diaconi, religiosi e religiose, laiche e laici impegnati in diversi ministeri. Ci sono spazi di riflessione che sanno mettere in dialogo il dato di fede con la prassi audace di comunità e singoli, che mirano a fare della Chiesa una reale incarnazione dell'Amore di Dio per l'umanità.
Queste e altre consapevolezze ci hanno condotti continuando un'esperienza nata nel 2016, a condividere due giorni di confronto e proposta teologico-pastorale. Nei giorni 20-21 ottobre 2023, presso la Casa dell'Immacolata, sede della Pia Società San Gaetano di Vicenza, ospiti e amici si sono incontrati e hanno studiato, riflettuto, condiviso quanto troviamo presentato sinteticamente in questo libro.

Una prima parte strettamente teologica si avvale del contributo sistematico della professoressa Serena Noceti (una delle iniziatrici di questa avventura condivisa) e del testo di don Francesco Zaccaria, in un'ottica prettamente teologico-pastorale. La domanda verte sul "posizionarsi" del diaconato permanente nel contesto delle relazioni ecclesiali, considerando la necessità di chiarire sempre meglio il rapporto esistente tra il sacerdozio comune di tutti i battezzati e il sacerdozio ministeriale (con il quale fino a qualche tempo fa erroneamente rischiavamo di identificare tutto il ministero dell'ordine).

Una seconda parte tocca direttamente il nucleo decisivo del discernimento delle vocazioni al diaconato. Essa affonda la propria ricchezza nella condivisione di esperienze reali, proprie delle Chiese locali (di Vicenza, grazie al diacono Lamberto Menti, e di Reggio Emilia, grazie a don Daniele Moretto), della Congregazione religiosa ospitante (la Pia Società San Gaetano è formata da consacrati preti e diaconi permanenti, che vivono in comunità e nella complementarietà la loro responsabilità pastorale condivisa), ma anche di una Chiesa nazionale come quella francese (grazie alla graditissima presenza di p. Luc Forestier, impegnato attivamente nella promozione del diaconato in Francia, su incarico dei vescovi transalpini). Un testo che recupera quanto dicono i documenti sul discernimento al diaconato, gentilmente fornito dal canonista don Gaetano Corvasce, aiuta a orientarsi anche nella prospettiva più formale del compito di accompagnamento vocazionale.

L'augurio è che la lettura di questi contributi, assieme ai precedenti libri della collana "Diaconia", che costituiscono ormai una ricca fonte di per chiunque sia interessato al tema, aiuti a cogliere il messaggio più importante che motiva il nostro lavoro: il diaconato è una vocazione specifica nella Chiesa, una vocazione bellissima, che può dare un contributo unico al rinnovamento delle comunità cristiane in ottica di evangelizzazione e di comunione.

p. Luca Garbínetto
Pia Società San Gaetano

domenica 15 settembre 2024

Ritratto di Fede


Da RomaSette, supplemento di Avvenire per la Diocesi di Roma.

Ritratto di Febe, la "diacona", e i quattro titoli di Paolo
Nella lettera indirizzata ai cristiani di Roma, l'apostolo dedica i primi versetti del lungo saluto a una donna - probabilmente la "portalettere" - che definisce anche «sorella, santa e protettrice».
di Rosanna Virgili, pubblicato il 12 Settembre 2024

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«Vi unisco a Febe, nostra sorella, diacona della Chiesa di Cencre: accoglietela nel Signore, come si fa per i santi, e prendetevene cura in qualunque cosa possa avere bisogno di voi; anche lei, infatti, ha custodito molti e anche me stesso» (Rm 16,1-2). I primi versetti del lungo saluto che Paolo rivolge ai cristiani di Roma sono per una donna, Febe, il cui nome significa "brillante". Si può pensare che lei fosse la portalettere che avrebbe recapitato nell'Urbe questo prezioso scritto elaborato a Corinto. Il mittente invita i destinatari ad accoglierla come si fa con i santi e ne illustra la dignità con quattro titoli: «Sorella, diacona, santa, protettrice». Uno in più di quanti non ne abbia dati a sé stesso nel prescritto: «Servo, apostolo e riservato per il Vangelo» (cf. Rm 1,1).

«Nostra sorella» è il titolo con cui Paolo introduce Febe, che non va inteso in senso parentale ma per indicare una persona appartenente sia alla comunità di Corinto - da dove Paolo sta scrivendo ai Romani - sia a quella di Roma, dove adesso ella si reca. Sorella, insomma, di una Chiesa che vive la sororità (e fraternità) universali e cristiane. Il secondo titolo attribuito a Febe è quello di «diacona»: diákonos. Il sostantivo è di genere maschile ma nessuno ha mai discusso sul genere femminile di Febe. Paolo usa più volte, nella lettera, questo termine per indicare il servizio di governo svolto nelle comunità civili (cf. Rm 13,4) ma anche per indicare un servizio ecclesiale che si associava a quello dei vescovi (cf. Fil 1,1). Attribuendo spesso anche a sé stesso e ai suoi collaboratori il termine diákonos (cf. 1Cor 3,5; 2Cor 3,6; 6,4; 11,15.23; ecc.), Paolo non può non coinvolgere il ministero del Vangelo tra le attività contemplate.

Nel caso di Febe la qualifica di diákonos ha, pertanto, una connotazione chiaramente ministeriale che non si riferisce solo al servizio per i poveri e i bisognosi - come viene detto di lei nel v. 2 - ma anche alla predicazione e all'evangelizzazione. Ciò è confermato anche dal fatto che a lei fosse affidata la consegna della lettera non solo in veste formale ma come una testimone del contenuto della stessa. Del resto il suo ruolo era quello di autorità sulla comunità locale di Cencre, dove - verosimilmente - non v'erano presbiteri, così come non ve n'erano altrove, nelle comunità paoline, per quanto si può evincere dalle sue lettere. Doveva essere una persona al governo di quelle comunità, magari insieme ad altri che svolgevano il suo stesso "servizio" (cf. la menzione di altri diaconi in Rm 12,7 e 1Cor 12,5). Ma quanto dice Origene è molto illuminante: «Questo passo insegna con autorità apostolica come pure le donne siano costituite nel ministero della Chiesa e perciò questo passo ci insegna al tempo stesso due cose: che, nella Chiesa, come abbiamo detto, ci sono donne addette al ministero; e che devono essere assunte al ministero quelle che abbiano assistito molti e che per i loro buoni servizi abbiano meritato di arrivare fino alla lode di un apostolo» (in: F. Cocchini ed., Origene, Commento alla Lettera ai Romani, voll. 1-2, Marietti, Genova 1986).

Il terzo titolo di Febe è «santa», vale a dire che appartiene al Cristo, per mezzo dello Spirito; "santi" è, infatti, il nome che Paolo dà ai destinatari della lettera in (cf. Rm 1,7, ecc.). L'accoglienza riservata ai santi si deve conferire, in special modo, alle persone che svolgono un particolare servizio nella comunità (cf. 1Cor 16,16.18).

Infine Paolo definisce Febe «prostátis», un nome raro, che appare solo qui in tutto il Nuovo Testamento, femminile di prostátes che vuol dire custode. Appartiene al lessico giuridico/politico e indica colui che presiede una comunità e che si fa garante del pubblico interesse. Febe doveva svolgere un ruolo di responsabilità verso la comunità anche rispetto alle autorità civili; doveva essere una donna di prestigio che aveva accesso al mondo che contava a Corinto, quindi in grado di garantire la sicurezza e la libertà alle comunità.

Fonte: https://www.romasette.it/ritratto-di-febe-la-diacona-e-i-quattro-titoli-di-paolo/

venerdì 13 settembre 2024

La "novità" di Gesù


24a domenica del Tempo Ordinario (B)
Isaia 50,5-9a • Salmo 114 • Giacomo 2,14-18 • Marco 8,27-35
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

"Chi sono io per te?". È la domanda che Gesù ci pone quale condizione per una sequela seria, consapevole e sincera. Non importa cosa la gente possa pensare, il Signore vuole la mia personale risposta.
La risposta alla domanda che Gesù pone su cosa pensi la gente di lui è una risposta senza speranza, è un ripensare al passato, a qualcosa di già conosciuto. Nulla di nuovo!
Dov'è allora la novità di Dio? Non è possibile cogliere un barlume di novità e applicarla a qualcosa del passato: "Nessuno strappa un pezzo da un vestito nuovo per attaccarlo a un vestito vecchio… E nessuno mette vino nuovo in otri vecchi…" (cf. Lc 5,35-37). La novità di Gesù tiene conto di una relazione ed esige una vita spesa insieme.
La risposta di Pietro non è solo una risposta esatta, ma è anche una risposta piena di attesa, dell'attesa messianica. Chi è allora Colui che tutti attendono e che è tra noi?
Allora Gesù "cominciò a insegnare" chi è questo "Cristo" tanto atteso. È un istruire i discepoli nel cammino verso Gerusalemme; un camminare fino alla rivelazione definitiva sulla croce.
Non è quello che si aspettano Pietro e gli altri! Non è questo il pensiero di Dio; è solo un modo di pensare umano. Il messia atteso non è un trionfatore, ma è l'uomo dei dolori di cui parla Isaia. È il Servo di Jahvè che non pone resistenza e presta il dorso ai flagellatori e non sottrae la sua faccia agli sputi e agli insulti (cf. Is 50,5-9; I lettura).
Dio ribalta le cose e il modo di vedere. Occorre "seguire" Gesù, andare "dietro" a lui e prendere con lui la propria croce. È saper posporre tutto, persino la propria vita, "perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà" (Mc 8,35). A questo proposito San Gregorio Magno scrive: "È come se si dicesse al contadino: Se tu serbi il tuo grano lo perdi; se invece lo semini, lo rinnovi. Chi ignora, infatti, che il grano, una volta seminato sparisce alla vista e muore sotto terra? Ma proprio perché marcisce nella polvere, vigoreggia poi rinnovato!".
Queste sono le opere che dimostrano che la nostra fede è vera, soprattutto quando sappiamo posporre noi stessi nell'accoglienza del povero e del bisognoso (cf. Gc 2,14-18; II lettura).

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Va dietro a me satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini (Mc 8,33)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:



Parola-sintesi proposta a suo tempo pubblicata:
 Tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini (Mc 8,33) - (12/09/2021)
(vai al testo…)
 Pietro gli rispose: Tu sei il Cristo (Mc 8,28) - (16/09/2018)
(vai al testo…)
 Pietro gli rispose: Tu sei il Cristo (Mc 8,29) - (13/09/2015)
(vai al testo…)
 Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso (Mc 8,34) - (16/09/2012)
(vai al testo…)
 Io camminerò alla presenza del Signore (Sal 114,9) - (30/08/2009)
(vai al post "Gesù, il centro e il cuore")

Vedi anche i post Appunti per l'omelia:
  Scoprire la vera identità di Gesù (10/09/2021)
  Salvare la vita perdendola (14/09/2018)
  Chi sono io per te? (11/09/2015)
  Perdere per ritrovare, non essere per essere (14/09/2012)

Commenti alla Parola:
  di Goffredo Boselli (VP 8.2024)
  di Antonio Savone (VP 8.2021)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 8.2018)
  di Luigi Vari (VP 7.2015)
  di Marinella Perroni (VP 7.2012)
  di Claudio Arletti (VP 8.2009)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano
  di Letture Patristiche della Domenica

(Immagine: Va' dietro a me, di Bernadette Lopez)

venerdì 6 settembre 2024

Ricreati dal "dito di Dio"


23a domenica del Tempo Ordinario (B)
Isaia 35,4-7 • Salmo 145 • Giacomo 2,1-5 • Marco 7,31-37
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

"Coraggio, non temete! Ecco il vostro Dio… Egli viene a salvarvi… Allora si apriranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno gli orecchi dei sordi… Il suolo riarso diventerà sorgenti d'acqua" (cf. Is 35,4-7; I lettura).
La profezia di Isaia si compie in Gesù di Nazaret, che, facendo bene ogni cosa, "fa udire i sordi e fa parlare i muti" (cf. Mc 7,37).
Siamo in territorio pagano, nei pressi di Tiro e Sidone, Gesù si fa presente non più solo "alle pecore perdute della casa di Israele" (cf. Mt 15,24), ma a tutti, perché "tutti" possano incontrare l'amore di Dio, la tenerezza del Padre.
L'amore fraterno e la loro fede spinge alcuni a presentare a Gesù un sordomuto perché imponga la mano su di lui. Atto che Gesù avrebbe potuto fare, come già altre volte. Ora però la scena si svolge "in disparte, lontano dalla folla". È un momento di intimità e di delicatezza. L'incontro è particolare: lo sguardo del sordomuto può fissare solo lo sguardo del suo guaritore, come lo sguardo di Gesù può fissare negli occhi colui che ha preso in disparte. Ma non solo. È un contatto fisico quello che avviene: "Gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua" (Mc 7,33). Il Padre in Gesù, nel suo farsi "carne", prende su di sé tutta la nostra infermità.
Gesù "guardando verso il cielo, emise un sospiro e gli disse «Effatà», «Apriti!»" (Mc 7,34). Quel profondo respiro che Gesù emette, dopo aver alzato gli occhio al cielo, vuole esprimerci tutta la fatica di portare il dolore altrui, farlo proprio per redimerlo. È lo stesso sospiro che Gesù emette sulla croce, portando su di sé il peso del peccato dell'umanità.
"Apriti!". Ora puoi ascoltare e parlare! Il Dio della vita ti dà la capacità e la possibilità di ascoltare la sua Parola e di testimoniarla con la parola e con la vita. È una nuova creazione: "Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona" (Gen 1,31) - "Ha fatto bene ogni cosa" (Mc 7,37).
Ad ognuno di noi, al nostro battesimo, è stato fatto questo segno: ci hanno toccato gli orecchi e la bocca. Il "dito di Gesù" ci ha toccato. Il "dito di Dio", che è lo Spirito Santo, ci ha resi capaci di relazione vera, quali fratelli e sorelle, figli e figlie, in Gesù, dello stesso Padre, perché con Lui e in Lui, viviamo per una fraternità vera e sincera con tutti, singoli, famiglie, comunità e popoli.

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti (Mc 7,37)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:



Parola-sintesi proposta a suo tempo pubblicata:
 Effatà, cioè: apriti! (Mc 7,34) - (05/09/2021)
(vai al testo…)
 Gesù fa udire i sordi e fa parlare i muti (Mc 7,37) - (09/09/2018)
(vai al testo…)
 Gesù lo prese in disparte (Mc 7,33) - (06/09/2015)
(vai al testo…)
 Gesù gli disse: "Apriti!" (Mc 7,34) - (09/09/2012)
(vai al testo…)
 Dio non ha forse scelto quelli che sono poveri secondo il mondo? (Gc 2,5) - (30/08/2009)
(vai al post "I poveri, predilezione di Dio")

Vedi anche i post Appunti per l'omelia:
  Uscire dall'isolamento, siamo fratelli (03/09/2021)
  Lasciarsi portare fuori di noi (07/09/2018)
  Un cuore che ascolta! (04/09/2015)
  Saper "ascoltare" per poter "parlare" (07/09/2012)

Commenti alla Parola:
  di Goffredo Boselli (VP 8.2024)
  di Antonio Savone (VP 8.2021)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 8.2018)
  di Luigi Vari (VP 7.2015)
  di Marinella Perroni (VP 7.2012)
  di Claudio Arletti (VP 8.2009)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano
  di Letture Patristiche della Domenica

(Immagine: Effatà, acquarello di Maria Cavazzini Fortini, settembre 2018)

domenica 1 settembre 2024

La vita nell'ascolto della Parola


Parola di Vita – Settembre 2024
(Clicca qui per il Video del Commento   -   oppure...)

«Siate di quelli che mettono in pratica la parola e non soltanto ascoltatori illudendo voi stessi» (Gc 1,22)

Il tema dell'ascolto e della pratica è un tema fondamentale sul quale insiste l'autore del versetto di questo mese. La lettera, infatti, continua: «Chi invece fissa lo sguardo sulla legge perfetta, la legge della libertà, e le resta fedele, non come un ascoltatore smemorato ma come uno che la mette in pratica, questi troverà la sua felicità nel praticarla» (Gc 1,25).
Ed è proprio questo impegno di conoscere le Sue parole e di viverle che ci rende liberi e ci dà gioia. Si potrebbe dire che il versetto biblico di questo mese è di per sé il motivo stesso della pratica della Parola di Vita che si è diffusa in tutto il mondo. Una volta a settimana, e poi una volta al mese, Chiara Lubich sceglieva una frase compiuta della Scrittura e la commentava.
Ci si incontrava, si condividevano i frutti di quanto essa aveva operato attraverso le esperienze di vita, si andava creando una comunità unita che mostrava in germe i risvolti sociali di cui era capace. «Pur nella sua semplicità, l'iniziativa ha offerto un notevole contributo alla riscoperta della Parola di Dio nel mondo cristiano del Novecento» [1], trasmettendo un "metodo" per vivere il Vangelo e metterne in comune gli effetti.

«Siate di quelli che mettono in pratica la parola e non soltanto ascoltatori illudendo voi stessi».

La lettera di Giacomo riprende quanto Gesù ha annunciato per far vivere e sperimentare la realtà del Regno dei cieli fra di noi: dichiara beato chi ascolta la sua parola e l'osserva [2]; riconosce come madre e fratelli suoi coloro che la ascoltano e la mettono in pratica [3]; la paragona al seme che, se cade sul terreno buono, cioè su coloro che la ascoltano con cuore integro e buono e la custodiscono, questi producono frutto con la loro perseveranza [4].
«In ogni sua Parola Gesù esprime tutto il suo amore per noi - scrive Chiara Lubich. Incarniamola, facciamola nostra, sperimentiamo quale potenza di vita sprigiona, se vissuta, in noi e attorno a noi. Innamoriamoci del Vangelo fino al punto da lasciarci trasformare in esso e traboccarlo sugli altri. […] Toccheremo con mano la libertà da noi stessi, dai nostri limiti, dalle nostre schiavitù, non solo, ma vedremo esplodere la rivoluzione d'amore che Gesù, libero di vivere in noi, provocherà nel tessuto sociale in cui siamo immersi» [5].

«Siate di quelli che mettono in pratica la parola e non soltanto ascoltatori illudendo voi stessi».

Come mettere in pratica la parola? Guardiamoci intorno e facciamo di tutto per metterci al servizio di quanti sono in necessità con piccoli o grandi gesti di cura vicendevole, trasformando le strutture ingiuste della società, contrastando la violenza, favorendo gesti di pace e di riconciliazione, crescendo nella sensibilità e nelle azioni a favore del nostro pianeta.
Un'autentica rivoluzione irrompe così nella nostra vita e in quella della comunità in cui viviamo, nell'ambiente di lavoro in cui operiamo. L'amore si manifesta nelle azioni sociali e politiche che cercano di costruire un mondo migliore. Dall'impegno di una piccola comunità dei Focolari verso le persone più fragili, nasce in Perù un Centro per gli anziani intitolato alla fondatrice del Movimento, aperto a Lámud, una città nell'Amazzonia peruviana, a 2.330 metri sopra il livello del mare.
«Il Centro è stato inaugurato in piena crisi pandemica e ospita 50 persone anziane e sole. La casa, l'arredamento, le stoviglie e anche il cibo sono arrivati in dono dalla comunità vicina. È stata una scommessa, non esente da difficoltà e ostacoli, ma a marzo 2022 il Centro ha celebrato il suo primo anniversario, aprendo le porte alla città, con una festa, dove anche le autorità politiche hanno partecipato. I due giorni di celebrazioni hanno arruolato nuovi volontari, adulti e bambini, che vogliono prendersi cura dei nonni soli, allargando la loro famiglia» [6].

A cura di Patrizia Mazzola
e del team della Parola di Vita


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[1] C. Lubich, Parole di Vita, Introduzione, a cura di Fabio Ciardi, (Opere di Chiara Lubich 5), Città Nuova,Roma 2017, p. 9.
[2] Cf. Lc 11,28.
[3] Cf. Lc 8,21.
[4] Cf. Lc 8,15.
[5] C. Lubich, Parola di vita di settembre 2006, in eadem, Parole di Vita, a cura di Fabio Ciardi, (Opere di Chiara Lubich 5), Città Nuova, Roma 2017, p. 790.
[6] Bilancio di Comunione 2022. Movimento dei Focolari, in «https://eyut279xk3q.exactdn.com/wp-content/uploads/2024/01/BdC-2022-DialogoIT.pdf», p.67.

Fonte: https://www.focolaritalia.it - https://www.cittanuova.it

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