Home

           Chi sono

           Per Oggi (vai al commento)
          

           Parola che si fa vita

           Omelie

           Sito personale di testi
           e documenti


           Etichette Argomenti

           Archivio del Blog



Questo Blog è la nuova versione di
essere sempre famiglia
(clicca qui per entrare)

Archivio blog

venerdì 29 novembre 2024

Vigilare con cuore libero da zavorra


1a domenica di Avvento (C)
Geremia 33,14-16 • Salmo 24 • 1 Tessalonicesi 3,12-4,2 • Luca 21,25-28.34-36

(Visualizza i brani delle Letture)


Appunti per l'omelia

Con questa domenica, 1a di Avvento, iniziamo il nuovo anno liturgico. Avvento, che significa Venuta, di Qualcuno di cui siamo in attesa: alla fine del tempo e nella memoria della nascita del Figlio di Dio a Betlemme nella nostra carne mortale, realizzazione delle promesse antiche quando "germoglierà un germoglio giusto che eserciterà il giudizio e la giustizia" (cf. Ger 33,14-16; I lettura).
Il vangelo proposto per questa prima domenica riprende il tema escatologico della penultima domenica dell'anno liturgico appena concluso. Un anno che si apre così come si è chiuso il precedente: è l'attesa dell'incontro col Signore risorto. Questo è lo scorrere del tempo che ci fa rivivere le cose dello Spirito senza ripetersi.
Ora i segni della venuta del Signore (di tutte le sue venute) non sono eclatanti. Egli viene "nella nube". Ed è nella nube che si manifesta la presenza di Dio. Lui non si dà a noi in maniera diretta, moriremmo! E se Gesù verrà con "grande potenza e gloria", questa non si manifesterà, come il modo di manifestarsi del mondo, in qualcosa di sfavillante. La nube manifesta nascondendo, come è avvenuto nella Trasfigurazione sul monte.
Questo è il momento in cui siamo chiamati a dare la nostra adesione, non nell'angoscia e nella paura come quelli che non hanno speranza, ma alzando il capo, certi della nostra liberazione (cf. Lc 21,26.28).
Occorre essere pronti, vegliando "in ogni momento pregando". È necessario quindi che i nostri cuori "non si appesantiscano".
Gesù indica tre cause di appesantimento del cuore: dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita (cf. Lc 21,34).
Le dissipazioni sono tutte quelle abitudini che non aiutano, sono gli attaccamenti, le energie sprecate che dissipano il cuore, appesantendolo.
Le ubriachezze indicano l'uso sfrenato dei beni terreni fino a diventare schiavi del vizio e delle dipendenze, come anche il nostro sfrenato desiderio di evadere in qualsiasi modo per lo stress quotidiano.
Gli affanni della vita poi non sono certo quelle preoccupazioni di cui ci lamentiamo spesso. È quell'idolatria di noi stessi, sono quelle preoccupazioni eccessive che sanno di autoreferenzialità, dove ci si sente indispensabili (anche nelle "cose sante"), e tutto gira intorno a noi, avvelenando le genuine relazioni che invece dovrebbero aiutarci ad avere la serenità del cuore.
Vegliare, quindi! Diversamente rischiamo che tutto "ci piombi addosso come un laccio".
Vegliare, chiedendo al Signore che ci "faccia crescere e sovrabbondare nell'amore vicendevole e verso tutti, per rendere saldi i nostri cuori e irreprensibili davanti a Dio" (cf. 1Ts 3,12-4.2; II lettura).
Vigila chi è sempre nell'amore!

-------------
Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina (Lc 21,28)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:



Parola-sintesi proposta a suo tempo pubblicata:
 Vegliate in ogni momento pregando (Lc 21,36) - (28/11/2021)
(vai al testo…)
 La vostra liberazione è vicina (Lc 21,28) - (02/12/2018)
(vai al testo…)
 State attenti... che i vostri cuori non si appesantiscano (Lc 21,34) - (29/11/2015)
(vai al testo…)
 Vegliate in ogni momento (Lc 21,36) - (02/12/2012)
(vai al testo…)
 Fammi conoscere, Signore, le tue vie (Sal 24,4) - (29/11/2009)
(vai al post "L'attesa…")

Vedi anche i post Appunti per l'omelia:
  Il compimento della storia (26/11/2021)
  Un momento che si rinnova sempre (30/11/2018)
  Il tempo in cui Dio viene… ed è vicino come il respiro (27/11/2015)
  Nell'attesa di quel Giorno (30/11/2012)

Commenti alla Parola:
  di Goffredo Boselli (VP 11.2024)
  di Antonio Savone (VP 10.2021)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 11.2018)
  di Luigi Vari (VP 10.2015)
  di Marinella Perroni (VP 9.2012)
  di Claudio Arletti (VP 9.2009)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano
  di Letture Patristiche della Domenica

(Immagine: Vegliate in ogni momento pregando, acquarello di Maria Cavazzini Fortini, novembre 2018)

venerdì 22 novembre 2024

Una regalità al servizio della verità


34a domenica del Tempo Ordinario (B)
Daniele 7,13-14 • Salmo 92 • Apocalisse 1,5-8 • Giovanni 18,33-37
(Visualizza i brani delle Letture)


Appunti per l'omelia

L'ultima domenica dell'anno liturgico celebra la regalità di Gesù, Re dell'universo.
"Sei tu il re dei Giudei?" chiede Pilato a Gesù. Certo un re non si presenta così, in catene. E dalle parole di Pilato si può cogliere una malcelata ironia.
Ma nel dialogo tra il procuratore romano e Gesù, che in partenza appare già come condannato a morte, si svela tutta la verità di un regno che non è di questo mondo, di due modi di regnare antitetici.
I regni di questo modo si basano sulla legge del più forte, dove i più deboli sono schiacciati e gli indifesi vengono coperti da un velo di oblio, perché è "politicamente corretto" la soppressione di innocenti nel grembo materno o il massacro di inermi per la mania di potere.
Il regno di Gesù è innanzitutto un servizio alla verità, che non è quella del mondo. Abbiamo un re che non si presenta con una schiera di sostenitori. Gesù non è "il re del Giudei". È semplicemente Re! Per questo si offre come inerme Signore che sostiene e accoglie la nostra fragilità, al contrario dei potenti di turno.
Ora tocca a ciascuno di noi lasciarlo libero di entrare in relazione d'amore nella nostra vita.
Lui è il re che serve e non il re che è servito. La verità di cui Gesù è testimone e martire è identificabile con ciò che non passa e introduce nell'eterno.
Per questo il suo regno ci rende liberi.
Ognuno che si riconosce chiamato per nome da questo re entra nella dimensione che va oltre le dure tensioni di questo mondo. Non perché le evade, ma perché le soffre dal di dentro, facendosi testimone di un modo nuovo di viverle.
Certo, la storia sembra un groviglio di contraddizioni e un gioco scandaloso fra potenze e superpotenze. Eppure il Signore della storia agisce pazientemente e sapientemente, e aspetta dai suoi discepoli una risposta da che parte stare.
"Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce".

-------------
Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Il mio regno non è di questo mondo (Gv 18,36)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:



Parola-sintesi proposta a suo tempo pubblicata:
 Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce (Gv 18,37) - (21/11/2021)
(vai al testo…)
 Tu lo dici: io sono re (Gv 18,37) - (25/11/2018)
(vai al testo…)
 Sono venuto… per dare testimonianza alla verità (Gv 18,37) - (22/11/2015)
(vai al testo…)
 Il mio regno non è di questo mondo (Gv 18,36) - (18/11/2012)
(vai al testo…)
 La santità si addice alla tua casa (Sal 92,5) - (22/11/2009)
(vai al post "Quale regno…")

Vedi anche i post Appunti per l'omelia:
  Il dono della vita, la verità della regalità (19/11/2021)
  Un regno fuori del mondo che dà senso al mondo (23/11/2018)
  La regalità di Cristo, pienezza di umanità (20/11/2015)
  Il vero Re, colui che serve e muore per amore (23/11/2012)

Commenti alla Parola:
  di Goffredo Boselli (VP 10.2024)
  di Antonio Savone (VP 10.2021)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 10.2018)
  di Luigi Vari (VP 9.2015)
  di Marinella Perroni (VP 9.2012)
  di Claudio Arletti (VP 9.2009)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano

(Immagine: Gesù di fronte a Pilato, acquarello di Maria Cavazzini Fortini, novembre 2015)

venerdì 15 novembre 2024

La Parola che non passa


33a domenica del Tempo Ordinario (B)
Daniele 12,1-3 • Salmo 15 • Ebrei 10,11-14.18 • Marco 13,24-32
(Visualizza i brani delle Letture)


Appunti per l'omelia

I toni apocalittici dei testi della prima lettura (cf. Dn 12,1-3) e del vangelo (cf. Mc 13,24-32) di questa domenica contraddistinguono la fine dell'anno liturgico. È l'invito ad essere vigilanti nell'attesa. Il Signore viene!
Anche ciò che ci sembra stabile ed immutabile come il sole e il firmamento stellato, avrà un termine. Solo la Parola di Dio rimane, quella Parola che segna il destino della storia e, come una stella polare, ne orienta il cammino.
La fine è descritta da Marco con toni apocalittici, tuttavia l'intento di Gesù non è quello di rivelare come sarà la fine, ma di dirci qual è il fine dell'universo. La storia è come la pianta del fico che, mettendo le prime gemme, preannuncia l'estate vicina. Così il destino della storia è quello di giungere alla sua fioritura, alla stagione della maturazione e del raccolto.
Ora è il tempo dell'attesa. Chi ama attende sempre con speranza la persona amata; ed è proprio questa attesa che riempie di senso la sua vita: il Signore è "il Veniente" (cf. Ap 1,4), è l'atteso.
"Il cielo e la terra passeranno ma le mie parole non passeranno" (Mc 13,31) sono le parole di Gesù, che oggi più che mai risuonano di stringente attualità. La vita di questa nostra società secolarizzata, che vive senza sentire il bisogno di Dio, non è più illuminata dal messaggio evangelico, come se la testimonianza dei cristiani si fosse oscurata.
Ora, vegliare nell'attesa del Figlio dell'uomo che viene "sulle nubi del cielo", altro non significa se non credere che il Vangelo è ancora l'avvenire dell'umanità. Il Figlio unigenito, cioè la Parola di Dio incarnata, è Lui che è venuto, non perché avessimo il senso della vita, ma perché avessimo la vita, e questa in abbondanza (cf. Gv 10,10). Il Vangelo non è fatto per dare senso alla vita, ma per essere la nostra stessa vita, quella vita evangelica che sconcerta ogni sapienza umana, quella che è scandalo per gli occhi di questo mondo.
"Le mie parole non passeranno" significa per noi credenti che la vita di Gesù non ha ancora esaurito il suo significato. L'umanità è in cammino verso il destino finale. Il non sapere il quando avverrà - e il rivelarlo non è nella missione che il Padre ha affidato al Figlio (cf. Mc 13.32) – ci mette nella condizione di vivere quell'attesa fiduciosa e amorosa di Colui che ha dato la vita per noi per ricondurci nel cuore del Padre.

-------------
Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, è alle porte (Mc 13,29)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:



Parola-sintesi proposta a suo tempo pubblicata:
 Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno (Mc 13,31) - (14/11/2021)
(vai al testo…)
  l Figlio dell'uomo radunerà i suoi eletti (Mc 13,27) - (18/11/2018)
(vai al testo…)
 … ma le mie parole non passeranno (Mc 13,31) - (15/11/2015)
(vai al testo…)
 Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno (Mc 13,31) - (18/11/2012)
(vai al testo…)
 Mi indicherai il sentiero della vita (Sal 15,11) - (15/11/2009)
(vai al post "La via dll'amore")

Vedi anche i post Appunti per l'omelia:
  L'attesa dell'incontro (12/11/2021)
  È Lui che viene! (16/11/2018)
  Il tesoro di bontà presente nel nostro tempo (13/11/2015)
  L'incontro definitivo, il futuro che ci attende (16/11/2012)

Commenti alla Parola:
  di Goffredo Boselli (VP 10.2024)
  di Antonio Savone (VP 10.2021)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 10.2018)
  di Luigi Vari (VP 9.2015)
  di Marinella Perroni (VP 9.2012)
  di Claudio Arletti (VP 9.2009)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano
  di Letture Patristiche della Domenica

(Immagine: Vedranno il Figlio dell'uomo sulle nubi, acquarello di Maria Cavazzini Fortini, novembre 2018)

venerdì 8 novembre 2024

Godere dello sguardo di Dio


32a domenica del Tempo Ordinario (B)
1 Re 17,10-16 • Salmo 145 • Ebrei 9,24-28 • Marco 12,38-44
(Visualizza i brani delle Letture)


Appunti per l'omelia

L'episodio della vedova povera che dona il tutto per vivere nel tesoro del tempio è oggetto dell'insegnamento di Gesù che chiama a sé i suoi discepoli e spiega loro il significato del gesto di quella donna (cf. Mc 12,38-44).
Ella ha gettato "due monetine, che fanno un soldo …tutto quello che aveva per vivere". È un'offerta insignificante per le esigenze del culto, del sacrificio quotidiano.
Spesso quando noi offriamo qualcosa pensiamo che questa possa essere utile. Ma per la vedova non è così. All'apparenza è un gesto insignificante e sconsiderato, contro ogni buon senso. La sua offerta è semplicemente un atto di pura fede. È un gesto che vuol significate che la sua vita è totalmente nelle mani di Dio, a Lui affidata.
Noi, anche quando offriamo, sappiamo di che vivere, dove dormire, di che sostenerci ben oltre il necessario. La vedova, dopo aver gettato gli ultimi due spiccioli (cioè la propria vita), non ha altro che il Padre. È sola al mondo, ed è semplicemente nelle mani del suo Dio.
Possiamo mai comprendere il gesto di questa vedova?
Eppure Gesù, dopo aver messo in guardia dal guadarsi dalla ipocrita arroganza dei farisei che fanno di tutto per essere ammirati dalla gente divorando i beni delle vedove, pone la vedova come modello per i suoi discepoli.
Si comprende allora che il discepolo è colui che dà tutto di sé, che dona tutto se stesso a Dio, non ostentando la propria donazione per il Regno.
La donna rimane nell'anonimato più totale, ma vista solo dal Figlio di Dio, mentre i farisei sono orgogliosi di essere visti dagli uomini più che di essere visti da Dio. Sembra che Gesù sia più irritato dall'esibizionismo che dall'avarizia.
È una grande tentazione per noi il non poter avere sufficiente visibilità: se non mi sento visto abbastanza e se non appaio sufficientemente presentabile agli occhi degli altri, mi sovrasta la paura di non essere più me stesso, di non esistere.
Anche nel nostro cammino di fede vorremmo fare di più e non dare a Dio solo il nostro "superfluo", briciole della nostra vita. Non è questo che importa a Dio. Occorre piuttosto credere che Qualcuno ha già posto lo sguardo su di noi. È lo sguardo di Dio che nella sua tenerezza di Padre ci libera dalla paura di non essere, dalla paura di morire.

-------------
Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri (Mc 12,43)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:



Parola-sintesi proposta a suo tempo pubblicata:
 …Vi gettò due monetine, che fanno un soldo (Mc 12,42) - (07/11/2021)
(vai al testo…)
 Questa vedova… ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri (Mc 12,43) - (11/11/2018)
(vai al testo…)
 Una vedova povera, vi gettò due monetine (Mc 12,42) - (08/11/2015)
(vai al testo…)
 Questa vedova, povera, ha dato più di tutti gli altri (Mc 12,43) - (11/11/2012)
(vai al testo…)
 Il Signore è fedele per sempre (Sal 145) - (08/11/2009)
(vai al post "Fidarsi di Dio")

Vedi anche i post Appunti per l'omelia:
  Il dono totale di sé (05/11/2021)
  Il dono più prezioso (09/11/2018)
  È il cuore la misura del nostro dare (06/11/2015)
  La "vedova" ci insegna… (09/11/2012)

Commenti alla Parola:
  di Goffredo Boselli (VP 10.2024)
  di Antonio Savone (VP 10.2021)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 10.2018)
  di Luigi Vari (VP 9.2015)
  di Marinella Perroni (VP 9.2012)
  di Claudio Arletti (VP 9.2009)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano

(Immagine: L'obolo della vedova, >, di Bernadette Lopez, 2021)

sabato 2 novembre 2024

È l'amore che dà senso alla nostra vita


31a domenica del Tempo Ordinario (B)
Deuteronomio 6,2-6 • Salmo 117 • Ebrei 7,23-28 • Marco 12,28-34
(Visualizza i brani delle Letture)


Appunti per l'omelia

Dopo la disputa con i farisei e sadducei e la risposta che Gesù dà loro, si avvicina a Gesù uno scriba, attirato sicuramente dalle risposte del Rabbi di Nazaret, per chiedergli qual è il primo di tutti comandamenti (cf Mc 12,28). Lo scriba, esperto nelle Scritture, conosce la risposta e probabilmente suppone di conoscere anche io pensiero di Gesù. Vuole forse una conferma? Oppure oltre ad una risposta da "catechismo" si aspetta qualcos'altro? Gesù risponde, sì citando le Scritture, ma aggiunge anche qualcosa e fa un passo avanti, essenziale, nella loro comprensione. Citando il libro del Deuteronomio, dove siamo invitati ad amare Dio con tutto noi stessi, aggiunge, oltre al cuore, all'anima e alle forse, anche "con tutta la mente". E lo scriba conferma questa aggiunta, dicendo che occorre amare Dio "con tutta l'intelligenza".
Gesù poi citando il secondo comandamento, quello del prossimo, unisce l'amore a Dio e l'amore al prossimo come un unico comandamento: "Non c'è altro comandamento più grande di questi" (Mc 12,31). Tra l'amore di Dio e l'amore del prossimo c'è quindi un legame indissolubile, l'amore. E, nell'aggiunta di Gesù, un amore esercitato con intelligenza. Diversamente lo sforzo del cuore e della volontà potrebbe non essere sufficiente o addirittura dannoso. Come l'esperienza ci mostra quando non amiamo con intelligenza, si moltiplicano i fraintendimenti e gli equivoci, che poi possono sfociare anche in tragedia.
Non ci sono due amori, uno per Dio e uno per il prossimo, con la fatica di tenerli uniti. Per Gesù non si può amare Dio se non si ama il prossimo, dal momento che amare il prossimo significa amare Dio. Allora comprendiamo che l'amore al prossimo viene prima dell'amore a Dio.
Ed è un amore che presuppone un ascolto. Un ascoltare Dio ("Ascolta, Israele!) e un ascoltare il prossimo, perché senza l'ascolto non si entra in rapporto con l'altro, con Dio.
L'evangelista Giovanni, il discepolo che Gesù amava (che conosce bene il cuore del messaggio di Gesù), ci dice esplicitamente che non possiamo amare Dio che non si vede se non amiamo il prossimo che si vede (cf. 1Gv 4,20). E Gesù chiaramente dice che non possiamo presentare la nostra offerta all'altare se non siamo in pace con il nostro fratello, anzi ci comanda di riconciliarci con lui prima di presentarci all'altare (cf. Mt 5,23-24). E questo lo stesso scriba lo aveva compreso, quando afferma che questo vale "più di tutti gli olocausti e i sacrifici" (Mc 12,33), per dire che il nostro amore per Dio non si esaurisce né si identifica esclusivamente con i nostri riti e le nostre celebrazioni.
A conferma che l'amore per il prossimo vale come amare Dio, nel giorno del giudizio, ci sarà chiesto se abbiamo amato il prossimo, povero, nudo, carcerato…, sovvenendo alle sue necessità, senza magari sapere di amare Dio. Dio non è geloso, anzi preferisce che si ami il prossimo, anche senza sapere di amare Dio. Lo ritiene fatto a sé, anche se non lo sai!
Questo è il vangelo di Gesù: l'amore che dà senso alla nostra esistenza.
Allora non siamo lontani dal regno di Dio (cf. Mc 12,34). Occorre entrarci amando.

-------------
Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Non sei lontano dal regno di Dio (Mc 12,34)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:



Parola-sintesi proposta a suo tempo pubblicata:
 Amare il prossimo come sé stesso vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici (Mc 12,33) - (03/11/2024)
(vai al testo…)
 Non sei lontano dal regno di Dio (Mc 12,34) - (31/10/2021)
(vai al testo…)
 Amerai il Signore tuo Dio. Amerai il prossimo tuo (Mc 12,30.31) - (04/11/2018)
(vai al testo…)
 Amerai il tuo prossimo come te stesso (Mc 12,31) - (04/11/2012)
(vai al testo…)

Vedi anche i post Appunti per l'omelia:
  L'amore perfetto (29/10/2021)
  Che cosa conta di più? (02/11/2018)
  Il culto più vero e gradito a Dio (02/11/2012)

Commenti alla Parola:
  di Goffredo Boselli (VP 10.2024)
  di Antonio Savone (VP 9.2021)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 10.2018)
  di Marinella Perroni (VP 9.2012)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano

(Immagine: Il grande comandamento, acquarello di Maria Cavazzini Fortini, 2020)

venerdì 1 novembre 2024

Imparare dagli ultimi


Parola di Vita – Novembre 2024
(Clicca qui per il Video del Commento   -   oppure...)

«Lei [questa vedova] nella sua povertà ha messo [nel tesoro] tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere» (Mc 12,44)

Siamo alla conclusione del capitolo 12 del Vangelo di Marco. Gesù è nel tempio di Gerusalemme; osserva e insegna. Attraverso il suo sguardo assistiamo ad una scena piena di personaggi: persone che vanno e vengono, addetti al culto, notabili dalle lunghe vesti, ricchi che gettano le proprie laute offerte nel tesoro del tempio.
Ma ecco che si fa avanti una vedova; fa parte di una categoria di persone svantaggiate socialmente ed economicamente. Nel disinteresse generale, getta nel tesoro due spiccioli. Gesù invece la nota, chiama a sé i discepoli e li istruisce:

«Lei [questa vedova] nella sua povertà ha messo [nel tesoro] tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere».

"In verità vi dico…". Sono le parole che introducono gli insegnamenti importanti; lo sguardo di Gesù, concentrato sulla vedova povera, ci invita a guardare nella stessa direzione: è lei il modello del discepolo.
La sua fede nell'amore di Dio è incondizionata; il suo tesoro è Dio stesso. E, nel consegnarsi totalmente a Lui, ella desidera anche donare tutto quel che può per chi è più povero. Questo fiducioso abbandono al Padre è, in certo modo, l'anticipazione dello stesso dono di sé che Gesù compirà presto con la sua passione e morte. È quella "povertà di spirito" e "purezza di cuore" che Gesù ha proclamato e vissuto.
Ciò significa «porre la nostra fiducia non nelle ricchezze, ma nell'amore di Dio e nella sua provvidenza. […] Si è "poveri in spirito" quando ci si lascia guidare dall'amore verso gli altri. Allora condividiamo e mettiamo a disposizione di quanti sono nel bisogno quello che abbiamo: un sorriso, il nostro tempo, i nostri beni, le nostre capacità.
Avendo tutto donato, per amore, si è poveri, ossia si è vuoti, nulla, liberi, col cuore puro» [1]. La proposta di Gesù rovescia la nostra mentalità; al centro dei suoi pensieri è il piccolo, il povero, l'ultimo.

«Lei [questa vedova] nella sua povertà ha messo [nel tesoro] tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere».

Questa Parola di vita ci invita prima di tutto a rinnovare la nostra piena fiducia nell'amore di Dio e a confrontarci con il Suo sguardo, per vedere oltre le apparenze, senza giudicare e dipendere dal giudizio degli altri, a valorizzare il positivo di ogni persona.
Ci suggerisce la totalità del dono come logica evangelica che edifica una comunità pacificata, perché spinge a prenderci cura gli uni degli altri. Ci incoraggia a vivere il Vangelo nella quotidianità, senza apparire; a dare con larghezza e fiducia; a vivere con sobrietà, nella condivisione. Ci richiama a porre attenzione agli ultimi, per imparare da loro.
Venant è nato e cresciuto in Burundi. Racconta: «Nel villaggio, la mia famiglia poteva vantare un buon podere, con un buon raccolto. La mamma, conscia che tutto era provvidenza del cielo, raccoglieva le primizie e puntualmente le distribuiva al vicinato, partendo dalle famiglie più bisognose, destinando a noi solo una piccola parte di quello che rimaneva. Da questo esempio ho imparato il valore del dono disinteressato. Così, ho capito che Dio mi chiedeva di dare a Lui la parte migliore, anzi di dargli tutta la mia vita».

A cura di Patrizia Mazzola
e del team della Parola di Vita


----------
[1] Cf. C. Lubich, Parola di Vita novembre 2003, in eadem, Parole di Vita, a cura di Fabio Ciardi (Opere di Chiara Lubich 5; Città Nuova, Roma, 2017) p. 704.

Fonte: https://www.focolaritalia.it - https://www.cittanuova.it
Immagine: L'obolo della vedova, acquarello di Maria Cavazzini Fortini, novembre 2015


Visitati di recente