5a domenica di Pasqua (B)
Atti 9,26-31 • Salmo 21 • 1 Giovanni 3,18-24 • Giovanni 15,1-8
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Appunti per l'omelia
Gesù pone l'accento sulla vite "vera". Ciò significa che c'è anche una vite "falsa", non autentica. Esistono cioè esperienze simili a quelle del discepolo inserito nella vite che è Gesù, ma prive di forza vitale. Questo accade quando scegliamo un modo illusorio di essere uniti alla vite: non attingiamo linfa, non siamo nutriti. Ci sono quindi tralci nella vite, ma che non portano frutto. È uno stare senza attingere. È un ritenersi discepoli senza seguire realmente e vitalmente il Maestro. Alla lunga questo atteggiamento, questo modo di ritenersi cristiani, si rivela essere una farsa.
Diverso è il caso dei tralci che portano frutto. Portano frutto perché "rimangono" in Gesù e Lui in noi, come il tralcio che da sé non può portare frutto: "Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla" (Gv 15,4-5).
Ma per portar frutto occorre essere "potati", diversamente dagli altri tralci che vengono tagliati e gettati nel fuoco (cf. Gv 15,6).
Essere "potati": operazione indispensabile per portare frutto.
La potatura è una "purificazione". Essa avviene per opera della Parola, come una "spada a doppio taglio che penetra nel nostro intimo fino al punto di divisione dell'anima e dello spirito" (cf. Eb 4,12): "Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato" (Gv 15,3). Questa purificazione coincide con una spogliazione: il Padre "toglie" qualcosa. Se viviamo la Parola, se questa "rimane" in noi, allora occorre sempre, nella nostra vita, chiederci: che posto ha il Signore Gesù nelle mie scelte? Cosa è importante nella mia vita?
Le potature, i tagli, non quelli che scegliamo noi in determinati momenti, ma quelli che le circostanze della vita ci chiedono: sono occasioni per accogliere in noi l'amore del Padre. È, come dice l'evangelista Giovanni, "amare non a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità… Chi osserva i suoi comandamenti rimane in Dio e Dio in lui" (cf. 1Gv 3,18.24; II lettura).
Essere potati per portare "molto frutto", quali discepoli di Gesù, uniti come tralci alla vite. Il frutto non è tanto un qualcosa di calcolabile e prevedibile, un oggetto, un numero…, ma è qualcosa di cui essere grati. È un dono, il dono di essere semplicemente discepoli del Signore. In questo il Padre è glorificato (cf. Gv 15,24).
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Vedi anche:
Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Io sono la vite, voi i tralci (Gv 15,5)
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PDF formato A4, stampa f/r per A5:
Parola-sintesi proposta a suo tempo pubblicata:
• Rimanete in me e io in voi (Gv 15,4) - (02/05/2021)
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• Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto (Gv 15,5) - (29/04/2018)
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• Io sono la vite, voi i tralci (Gv 15,5) - (03/05/2015)
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• Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto ( Gv 15,5) - (03/05/2012)
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• Senza di me non potete far nulla (Gv 15,5) - (10/05/2009)
(vai al post "Nella potatura, la vita")
Vedi anche i post Appunti per l'omelia:
• Le "potature", opportunità che ci orientano a Dio, producendo frutto (27/04/2018)
• L'intima nostra linfa divina (02/05/2015)
• Rimanere in Lui, garanzia di fecondità (04/05/2012)
Commenti alla Parola:
• di Goffredo Boselli (VP 4.2024)
• di Antonio Savone" (VP 5.2021)
• di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 4.2018)
• di Luigi Vari (VP 4.2015)
• di Marinella Perroni (VP 5.2012)
• di Claudio Arletti (VP 4.2009)
• di Enzo Bianchi
• di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano
• di Letture Patristiche della Domenica
(Immagine: Io sono la vite vera, acquarello di Maria Cavazzini Fortini, settembre 2011)