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venerdì 24 ottobre 2025

Giusti o giustificati


30a domenica del Tempo ordinario (C)
Siracide 35,15-17.20-22 • Salmo 33 • 2 Timoteo 4,6-8.16-18 • Luca 18,9-14
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

Fra questi "alcuni che hanno l'intima presunzione di essere giusti e disprezzano gli altri" di cui parla il brano evangelico di questa domenica (cf. Lc 18,9-14), ognuno può fare il proprio esame di coscienza. Sappiamo bene che spesso noi passiamo molto tempo a giustificarci davanti agli altri per ogni cosa, anche piccola. Eppure, chi è grato al cuore di Dio? Colui che si sente a posto o colui che sa di essere peccatore?
La parabola che Gesù racconta a questo proposito fa una fotografia del nostro atteggiamento davanti a Dio.
Certo, il fariseo adempie bene alle prescrizioni della Legge e ne fa un elenco davanti a Dio, "disprezzando" anche il pubblicano che, "a distanza", si mette davanti a Dio con tutta la sua miseria, cosciente della propria condizione interiore, ma fiducioso della misericordia di Dio.
Il fariseo, più che parlare con Dio, parla con sé stesso, elogiandosi; e così non fa altro che allontanarsi, lui che si è messo in prima fila, dal cuore del Padre.
Il pubblicano, invece, riconoscendosi peccatore, sa che solo affidandosi a Dio può sperare di essere accolto tra le sue braccia di Padre.
"Abbi pietà di me" che il pubblicano dice in cuor suo non è una lamentela rassegnata. E lui non si piega sui propri misfatti. È povero e chiede misericordia. E questa invocazione, che può sembrare una sconfitta, è invece una vittoria di gratuità e di libertà. Perché nessuno è più libero di chi può accostarsi a mani vuote, senza pretese, davanti a Colui che è l'Onnipotente.
Gesù termina la parabola con quel "tornò a casa giustificato", stigmatizzando che è chi si umilia che sarà esaltato e non viceversa.
Anche per noi, se non ci consideriamo "giusti" per le poche opere buone che facciamo, possiamo sperimentare che, come pecore erranti, il Pastore ci giustificherà per il suo amore.
Tutti in verità siamo giustificati; ma sta a noi accogliere, nella nostra povertà, il dono della tenerezza di Dio.

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Due uomini salirono al tempio a pregare (Lc 18,13)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata
 O Dio, abbi pietà di me peccatore (cf Lc 18,13) - (23/10/2022)
(vai al testo)
 O Dio, abbi pietà di me peccatore (cf Lc 18,13) - (30/10/2019)
(vai al testo)
 O Dio, abbi pietà di me peccatore (cf Lc 18,13) - (23/10/2016)
(vai al testo)
 Tornò a casa sua giustificato (Lc 18,14) (Lc 18,14) - (27/10/2013)
( vai al testo…)
 La preghiera del povero attraversa le nubi (Sir 35,21) - (22/10/2010)
(vai al post "La preghiera del povero")

Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
  Chi si innalza e chi si abbassa (21/10/2022)
  Chi è grande nel cuore del Padre? (25/10/2019)
  Aprirsi alla misericordia, unica onnipotenza di Dio (21/10/2016)
  La preghiera che piace a Dio (25/10/2013)

Commenti alla Parola:
  di Goffredo Boselli (VP 9.2025)
  di Antonio Savone (VP 9.2022)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 9.2019)
  di Cettina Militello (VP 8.2016)
  di Marinella Perroni (VP 8.2013)
  di Claudio Arletti (VP 8.2010)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano
  di Letture Patristiche della Domenica

(Illustrazione: Il fariseo e il pubblicano, G. Trevisan, La Domenica 26 ottobre 2025)

venerdì 17 ottobre 2025

Il cuore della preghiera


29a domenica del Tempo ordinario (C)
Esodo 17,8-13 • Salmo 120 • 2 Timoteo 3,14-4,2 • Luca 18,1-8
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

Continua anche in questa domenica il tema sulla fede, una fede perseverante nella preghiera. La conclusione del brano evangelico (cf. Lc 18,1-8) termina con una domanda che ci mette davanti alla nostra responsabilità di discepoli di Gesù: "Ma il Figlio dell'uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?" (Lc 18,8). Ne basterebbe quanto un granello di senape per ottenere l'impossibile!
Il brano odierno si focalizza sulla perseveranza della preghiera, nella fede. Si parla della "necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai", secondo l'esempio portato da Gesù della vedova, insistente fino a dare fastidio. Non si tratta tanto di quantità, anche temporale, della preghiera, quanto piuttosto della sua qualità, del nostro costante rapporto con Dio. Un rapporto che pervade tutta la nostra vita, nella nostra quotidianità, dove ogni nostra azione è indirizzata, pur nella nostra fragilità, all'adempimento della sua volontà. Fare la volontà di Dio è essere in comunione con Lui, è essere in preghiera. Così che quando ci soffermiamo in un colloquio interiore, la nostra vita, le nostre giornate, prendono il sapore della sacralità.
Il Signore ci chiede di perseverare. Alle volte può succedere che non otteniamo quello che chiediamo, soprattutto nei momenti di difficoltà. Anche per Gesù è successo una cosa analoga quando ha chiesto al Padre di allontanare da lui il calice della passione, ma rispose: "non come voglio io, ma come vuoi tu" (cf. Lc 22,42).
Nelle vicissitudini della vita, che possono sembrare come un campo di battaglia, occorre pregare, essere costanti nella preghiera, come Mosè (cf. Es 17, 8-13: I lettura). Tuttavia questa perseveranza non è un atteggiamento solitario. È necessario ed opportuno "camminare insieme", farsi aiutare. La comunione con i fratelli, uniti nel nome di Gesù, è potente, può ottenere tutto (cf. Mt 18,19-20). Ma occorre essere in Gesù, uniti nel suo amore, nella carità vicendevole come Lui ha chiesto ai suoi.
Per poter essere in sintonia con la volontà di Dio, la Scrittura, la sua Parola è come un'ancora per rimanere "saldi" fra noi, e con e per gli altri, nei momenti opportuni e non opportuni (cf. 2Tm 3,14-4,2; II lettura).
"La Parola di Dio, infatti, è viva ed efficace, discerne i sentimenti e i pensieri del cuore" (cf. Eb 4,12; Canto al Vangelo).

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Io vi dico che farà loro giustizia prontamente (Lc 18,8)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata
 Ma il Figlio dell'uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra? (cf Lc 18,18) - (16/10/2022)
(vai al testo)
 Necessità di pregare sempre, senza stancarsi (cf Lc 18,1) - (20/10/2019)
(vai al testo)
 È necessario pregare sempre (cf Lc 18,1) - (16/10/2016)
(vai al testo)
 L'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona (2Tm 3,17) - (20/10/2013)
( vai al testo…)
 Annuncia la Parola (2Tm 4,2) - (15/10/2010)
(vai al post "Annuncio e preghiera")

Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
  In attesa dello Sposo (14/10/2022)
  Fede e Preghiera (18/10/2019)
  La preghiera: il respiro della vita (14/10/2016)
  La perseveranza nella preghiera (18/10/2013)

Commenti alla Parola:
  di Goffredo Boselli (VP 9.2025)
  di Antonio Savone (VP 9.2022)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 9.2019)
  di Cettina Militello (VP 8.2016)
  di Marinella Perroni (VP 8.2013)
  di Claudio Arletti (VP 8.2010)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano
  di Letture Patristiche della Domenica

(Illustrazione: La vedova e il giudice iniquo, G. Trevisan, La Domenica 19 ottobre 2025)

venerdì 10 ottobre 2025

Riconoscere la presenza di Dio nella nostra vita


28a domenica del Tempo ordinario (C)
2Re 5,14-17 • Salmo 97 • 2 Timoteo 2,8-13 • Luca 17,11-19
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

Il brano evangelico di questa domenica (cf. Lc 11,17-29) ci presenta Gesù che viene incontro nelle nostre lebbra, nelle nostre malattie, nel peccato che ci ferisce intimamente. Lui ci vuole guarire!
Il racconto evangelico descrive l'incontro di Gesù con dieci lebbrosi, che vengono tutti guariti, ma che solo uno, un samaritano, ritorna indietro a ringraziare Gesù, prostrandosi ai suoi piedi e lodando Dio.
È un racconto che esprime ancora una volta tutta la potenza che emana da Gesù, il Figlio di Dio, che guarisce e ridona vita a coloro che sono emarginati. I lebbrosi sono persone costrette a stare fuori dai villaggi per paura del contagio e dunque vivono nella solitudine, vivono fuori dalle relazioni umane. La lebbra: espressione di ciò che il male può fare all'uomo, lo mangia nella carne, lo ferisce nelle relazioni affettive, lo ferisce nello spirito, e di conseguenza queste persone si sentono abbandonate, escluse, trascurate.
Gesù guarisce questi dieci lebbrosi e li manda dai sacerdoti perché compiano i riti necessari per la conferma della guarigione e possano essere reinseriti nella comunità.
Abbiamo letto: uno ritorna da Gesù e lodando Dio si prostra ai suoi piedi. Gesù rimane certamente amareggiato, constatando che gli altri nove non sono tornati da lui; e lo metto in evidenza. Ma non è tanto la delusione dell'uomo Gesù, ma il messaggio importante è che quest'uomo, lo straniero, l'eretico, ha riconosciuto la presenza di Dio in ciò che gli è accaduto. Ed è questo ciò che conta. La salvezza più profonda, infatti, non è la guarigione da una malattia fisica, ma la scoperta della presenza di Dio nella nostra vita, un Dio che si prende cura di noi, che si fa presente, che è attivo nella nostra quotidianità. Ci scopriamo, dunque, non abbandonati, non più soli, raccolti fra le braccia di un Padre che ci ama.
Il samaritano, un uomo fuori dal popolo d'Israele, uno straniero, sa accogliere in profondità un qualcosa che va oltre l'apparenza o l'esteriorità e indica un desiderio di vita infinito. Sa che la vita terrena passa, ma questo segno, questa guarigione, gli parla di una vita che continua in una vita che è più forte di ogni ferita e di ogni morte.
Per noi oggi la domanda: siamo capaci di riconoscere Dio presente nella nostra quotidianità o in ciò che ci accade vediamo soltanto gli eventi esterni, magari anche positivi? Preghiamo per una guarigione fisica: ma poi siamo preoccupati di cogliere la presenza di Dio nello spirito che portiamo dentro, in quella vita che annuncia già la vita eterna?
Domande che ci provocano, domande che ci salvano, perché è la nostra fede che ci apre la porta alla salvezza.
"La tua fede ti ha salvato", dice Gesù al lebbroso guarito. Così è anche per noi: il cammino e la fiduciosa presenza accanto a quel Dio che non smette mai di essere presente nella nostra vita di tutti i giorni.

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
… e gli altri nove dove sono? (Lc 17,17)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata
 … e gli altri nove dove sono? (Lc 17,17) - (09/10/2022)
(vai al testo)
 Si prostrò davanti a Gesù per ringraziarlo (Lc 17,16) - (13/10/2019)
(vai al testo)
 Uno tornò indietro lodando Dio! (Lc 17,15) - (09/10/2016)
(vai al testo)
 Gesù, Maestro, abbi pietà di noi (Lc 17,13) - (13/10/2013)
( vai al testo…)
 Si prostrò davanti a Gesù per ringraziarlo (Lc 17,16) - (08/10/2010)
(vai al post "Gratitudine")

Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
  Gratitudine e null'altro (07/10/2022)
  Essere guariti nel "grazie" (11/10/2019)
  La fede: libera risposta all'amore di Dio (07/10/2016)
  La fede che salva (11/10/2013)

Commenti alla Parola:
  di Goffredo Boselli (VP 9.2025)
  di Antonio Savone (VP 9.2022)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 9.2019)
  di Cettina Militello (VP 8.2016)
  di Marinella Perroni (VP 8.2013)
  di Claudio Arletti (VP 8.2010)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano
  di Letture Patristiche della Domenica

(Illustrazione: Il ritorno del lebbroso guarito G. Trevisan, La Domenica 10 ottobre 2025))

venerdì 3 ottobre 2025

La purezza della nostra fede


27a domenica del Tempo ordinario (C)
Abacuc 1,2-3;2,2-4 • Salmo 94 • 2 Timoteo 1,6-8.13-14 • Luca 17,10-10
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia
Il brano evangelico proposto per questa domenica (cf. Lc 17,5-10) è la continuazione di quello in cui viene evidenziato che il perdono si dona in maniera incondizionata, non sette volte, ma settanta volte sette. È così che a questo punto gli apostoli chiedono a Gesù che aumenti la loro fede.
Gli apostoli sono convinti che solo un accrescimento della fede potrebbe operare quello che loro, per la loro ristrettezza di cuore, ritengono di non essere in grado.
Ma Gesù ribalta questa richiesta. Non è la quantità di fede che conta, ma la sua qualità. Ne basterebbe anche poca, come un granello di senape, per operare anche l'impossibile. La fede è un dono di Dio, ed essa ha in sé la possibilità di far crescere: è un seme che ha in sé la vita.
Gesù ci ribadisce che per perdonare non abbiamo bisogno di più fede, ma di una disposizione del cuore, di un fidarsi e affidarsi totalmente al Padre, anche se non sappiamo cosa potrebbe succedere poi.
Questa fede fa spostare continuamente i nostri confini per allargarli su quelli di Dio, la cui misericordia non ha confini.
È credere all'amore di Dio, nonostante gli sbagli e la conseguente frustrazione. Anche quando possiamo sentirci "inutili". È proprio nella percezione di questa inutilità che scopriamo la preziosità della fede in un Dio che è Padre, che non rinnega mai il figlio. Per questo continuerà a perdonarlo, perché Lui non è un contabile, non fa calcoli: non si rassegna mai.
È questa fede in Lui che occorre avere per essere veramente figli di tale Padre a cui nulla è impossibile.
Occorre chiedere che il Signore purifichi la nostra fede più che aumentarla.

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare (Lc 17,10)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata
 Accresci in noi la fede! (Lc 17,6) - (02/10/2022)
(vai al testo)
 Accresci in noi la fede! (Lc 17,6) - (06/10/2019)
(vai al testo)
 Se aveste fede quanto un granello di senape… (Lc 17,6) - (02/10/2016)
(vai al testo)
 Accresci in noi la fede! (Lc 17,6) - (06/10/2013)
( vai al testo…)
 Accresci in noi la fede! (Lc 17,6) - (01/10/2010)
(vai al post "Una fede autentica")

Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
  La testimonianza della nostra fede (30/09/2022)
  Spostare le "montagne" con la fede (04/10/2019)
  La fede, un "niente" che può "tutto" (30/09/2016)
  La potenza inaudita della fede (04/10/2013)

Commenti alla Parola:
  di Goffredo Boselli (VP 9.2025)
  di Antonio Savone (VP 9.2022)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 9.2019)
  di Cettina Militello (VP 8.2016)
  di Marinella Perroni (VP 8.2013)
  di Claudio Arletti (VP 8.2010)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano
  di Letture Patristiche della Domenica

(Immagine: Se aveste fede…, G. Trevisan, La Domenica 5 ottobre 2025)

mercoledì 1 ottobre 2025

Alzare lo sguardo


Parola di Vita – Ottobre 2025
(Clicca qui per il Video del Commento   -   oppure...)

«Il mio aiuto viene dal Signore: egli ha fatto cielo e terra» (Sal 121 [120],2)

Chi nella vita, non ha sentito talvolta di non farcela?
Lo sperimenta anche l'autore del salmo 121, che attraversa circostanze difficili e si domanda da dove può venirgli l'aiuto di cui ha bisogno.
La risposta è l'affermazione della sua fede in Dio, nel quale confida. La convinzione con la quale parla del Signore, che veglia e protegge ciascuno e tutto il popolo, esprime una certezza che sembra nascere da una profonda esperienza personale.

«Il mio aiuto viene dal Signore: egli ha fatto cielo e terra».

Il resto del salmo, in effetti, è l'annuncio di un Dio potente e amoroso, che ha creato tutto ciò che esiste e lo custodisce giorno e notte. Il Signore "non lascerà vacillare il tuo piede, non si addormenterà il tuo custode"  [1], afferma il salmista, desideroso di persuadere chi legge.
Avvolto dalle difficoltà, l'autore ha alzato gli occhi [2], ha cercato un appiglio fuori e oltre il suo ambito più immediato ed ha trovato una risposta.
Ha sperimentato che l'aiuto viene da colui che ha pensato e ha dato vita ad ogni creatura, continua a sostenerla, in ogni momento, e non l'abbandona mai [3].
Crede fermamente in questo Dio che veglia giorno e notte su tutto il popolo - è "il custode d'Israele"  [4] - al punto che non può fare a meno di comunicarlo agli altri.

«Il mio aiuto viene dal Signore: egli ha fatto cielo e terra».

Nei momenti di incertezza, angoscia e sospensione - afferma Chiara Lubich - «Dio vuole che noi crediamo al suo amore e ci domanda un atto di fiducia: (…) vuole che approfittiamo di queste circostanze penose per dimostrargli che crediamo al suo amore. E ciò significa: aver fede che lui ci è Padre e pensa a noi. Gettare in lui ogni nostra preoccupazione. Caricarla su di lui» [5].
Ma in che modo l'aiuto che viene da Dio arriva a ciascuno di noi?
La Scrittura narra molti episodi nei quali questo si concretizza attraverso l'agire di uomini e donne, come Mosè, Elia, Eliseo o Ester, chiamati ad essere strumenti della sollecitudine divina per il popolo o per qualche persona in particolare.
Anche noi, se "alziamo lo sguardo", riconosceremo l'azione di persone che, consapevolmente o no, vengono in nostro soccorso, saremo grati a Dio dal quale viene, in ultima istanza, ogni bene (Lui ha creato il cuore di ciascuno) e potremo testimoniarlo agli altri.
Certamente è difficile rendersene conto se siamo chiusi in noi stessi e, nei momenti difficili, pensiamo a come possiamo venirne a capo con le sole nostre forze.
Quando invece ci apriamo, guardiamo attorno a noi e alziamo gli occhi, scopriamo anche che possiamo essere noi strumenti di Dio che provvede ai suoi figli. Avvertiamo le necessità altrui e possiamo essere un aiuto prezioso per gli altri.

«Il mio aiuto viene dal Signore: egli ha fatto cielo e terra».

Racconta Roger, dalla Costa Rica. "Un sacerdote che conoscevo mi ha fatto sapere che sarebbe passata da me una persona a raccogliere dei pannolini per adulti che col gruppo solidale del quale faccio parte gli avevamo messo a disposizione, sapendo che un suo parrocchiano ne aveva bisogno. Mentre lo aspettavo, ho visto passare davanti a casa una vicina che stava vivendo una situazione molto difficile, e le ho dato le ultime sette uova che avevo, insieme ad altri alimenti. Ne è stata sorpresa, perché non aveva nulla da mangiare per lei, suo marito e i suoi figli. Le ho ricordato l'invito di Gesù «chiedete e vi sarà dato» (Mt, 7,7), sottolineando che lui è premuroso verso le nostre necessità. È tornata a casa felice e grata a Dio. Nel pomeriggio è arrivata la persona mandata dal sacerdote. Gli ho offerto un caffè. Faceva il camionista e, chiacchierando, gli ho domandato che cosa trasportasse. «Uova», mi ha risposto, e me ne ha voluto regalare trentadue".

A cura di Silvano Malini
e del team della Parola di Vita


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[1] Sal 121 [120],3
[2] Cf. Id., versetto 1.
[3] Cf. Id., v. 8.
[4] Cf. Id., v. 4.
[5] C. Lubich, Conversazioni, Roma 2019, p. 279.

Fonte: https://www.focolaritalia.org
Immagine: Sguardo al cielo, di Valentino Ciusani

venerdì 26 settembre 2025

Fedeltà alla Parola di Dio


26a domenica del Tempo ordinario (C)
Amos 6,1.4-7 • Salmo 145 • 1 Timoteo 6,11-16 • Luca 16,19-31
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

Il vangelo odierno (cf. Lc 16,19-31) ci pone di fronte la figura di un povero e di un ricco. Il povero è chiamato per nome: Lazzaro, "colui che Dio aiuta", perché agli occhi di Dio gli emarginati non sono persone anonime, anzi hanno un posto speciale nel suo cuore. Il ricco, invece, è un anonimo, senza un nome, pur avendo una famiglia numerosa, cinque fratelli, simbolo di una lunga schiera di individui e di popoli opulenti che fanno del loro status e dei loro beni un valore più alto della persona umana.
Se il ricco non ha occhi per vedere che alla sua porta c'è una persona che ha bisogno di tutto, "coperto di piaghe" (quindi da tenere lontano), "desideroso di sfamarsi con quello che cade dalla tavola del ricco", è perché è affetto da una sorta di autismo che lo porta a vedere solo sé stesso e il suo mondo, il suo "possedere".
Ma la situazione si capovolge al momento della morte, che tutti ci attende. Si dice che Lazzaro è portato dagli angeli in seno ad Abramo, nel cuore di Dio, mentre per il ricco si dice semplicemente "fu sepolto", come una conferma di quanto recita il salmo: "L'uomo nella prosperità non comprende, è come gli animali che periscono" (Sal 49,21).
E così, nella nuova situazione di entrambi, se in vita non c'era relazione, ora si vedono; e il ricco, "tra i tormenti" vede Lazzaro e chiede aiuto. Ma è troppo tardi! In vita c'era lo spazio di una porta che li divideva, ora c'è un abisso inaccessibile. Si comprende allora come sia nefasto l'effetto della ricchezza che ci possiede, perché indurisce il cuore.
La richiesta del ricco di mandare qualcuno dai morti per avvertire i fratelli che la strada che stanno percorrendo porta alla rovina, non può essere accolta. La risposta di Abramo è chiara: "Hanno Mosè e i profeti; ascoltino loro". È l'ascolto della Parola di Dio che dà speranza di salvezza ed apre alla vita. Dio vuole entrare in relazione con noi, ma se noi non sentiamo e non vediamo il fratello che ha fame, come possiamo sentire la voce di Dio che ci invita a condividere i nostri beni? Non perché uno viene dai morti, noi saremmo convinti. Gesù stesso è risuscitato; ma quanti ci credono veramente, con una conseguente scelta di vita? Ed ai nostri giorni come possiamo presumere di essere cristiani inseguendo presunte visioni o apparizioni per cercare risposte alle nostre paure?
È sulla fedeltà alla Parola di Dio che si radica la nostra fede. Accoglierla e viverla è costruire la casa della nostra vita sulla roccia, dove non ci saranno avversità a scalfirla. (cf. Mt 7,21-27).

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Padre Abramo, abbi pietà di me (Lc 16,24)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata
 …ora lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti ( cf. Lc 16,25) - (25/09/2022)
(vai al testo)
 C'era un uomo ricco… (Lc 16,19) - (29/09/2019)
(vai al testo)
 Un povero stava alla porta di un uomo ricco… (Lc 16,20) - (25/09/2016)
(vai al testo)
 Hanno Mosè e i profeti: ascoltino loro (Lc 16,29) - (29/09/2013)
( vai al testo…)
 Il Signore dà il pane agli affamati (Sal 146,7) - (24/09/2010)
(vai al post "Preferenza per gli ultimi")

Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
  Ciò che vale davanti a Dio (23/09/2022)
  La vera ricchezza (22/09/2019)
  Le piaghe del povero, carne di Cristo (16/09/2016)
  Scoprire in tempo il senso della vita (27/09/2013)

Commenti alla Parola:
  di Goffredo Boselli (VP 8.2025)
  di Antonio Savone (VP 8.2022)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 8.2019)
  di Cettina Militello (VP 8.2016)
  di Marinella Perroni (VP 8.2013)
  di Claudio Arletti (VP 8.2010)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano
  di Letture Patristiche della Domenica

(Immagine: Lazzaro portato dagli angeli, G. Trevisan, La Domenica 28 settembre 2025)

venerdì 19 settembre 2025

Servire Dio o il denaro


25a domenica del Tempo ordinario (C)
Amos 8,4-7 • Salmo 112 • 1 Timoteo 2,1-8 • Luca 16,1-13
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

Parole forti quelle proposte dal Vangelo odierno (cf. Lc 16,1-13), nella sua conclusione: "Non potere servire Dio e la ricchezza". "Non potete"! È categorico Gesù, perché noi siamo propensi a servire Dio e anche il denaro, soprattutto quando pensiamo che questo sia un dono di Dio. Ma la Parola di Dio ci invita a saper discernere, perché molto spesso il denaro è occasione di ingiustizia e di sfruttamento. Per arricchirci possiamo, usando le parole del profeta Amos, "smerciare il grano diminuendo l'efa e usando bilance false, e vendere anche lo scarto del grano, per comprare con il denaro gli indigenti…" (cf. Am 8,4-7; I lettura).
Nella parabola evangelica notiamo tuttavia che la cattiva azione dell'amministratore disonesto è stata oggetto di elogio da parte del padrone per la sua scaltrezza nell'uso del denaro. Ha sì derubato il suo padrone, ma ora, scaltramente, usa il denaro per uscire dalla situazione in cui è venuto a trovarsi nel rischio di essere licenziato.
Il commento di Gesù: "I figli di questo mondo verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce" (v. 8). Gesù non loda la disonestà, ma la scaltrezza!
Allora possiamo chiederci: perché dobbiamo guardarci dal servire due padroni? Il denaro o è un idolo che io servo per i miei desideri, per il possesso delle cose e delle persone, oppure il denaro mi serve per instaurare o rafforzare, con cuore libero, relazioni buone con gli altri, nel dono e nella condivisione dei beni.
L'amministratore della parabola si è servito del denaro, è stato scaltro!
In altro contesto, il denaro crea potere e i potenti ne fanno uso. San Paolo ci invita a pregare per "quelli che sono al potere - perché Dio, nostro salvatore, vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla verità-, alzando al cielo mani pure, senza collera e senza contese" (cf. 1Tm 2,1-8; II lettura).
Quanto doloroso è constatare come il denaro divida le famiglie e crei contese, soprattutto nella divisione di una eredità!
Allora è veramente importate chiederci non tanto cosa io faccio del mio denaro, quanto piuttosto cosa il denaro fa di me.

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Non potete servire Dio e la ricchezza (Lc 16,13)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata
 Non potete servire Dio e la ricchezza (Lc 16,13) - (18/09/2022)
(vai al testo)
 Non potete servire Dio e la ricchezza (Lc 16,13) - (22/09/2019)
(vai al testo)
 Non potete servire Dio e la ricchezza (Lc 16,13) - (18/09/2016)
(vai al testo)
 Non potete servire Dio e la ricchezza (Lc 16,13) - (22/09/2013)
( vai al testo…)
 Nessuno può servire due padroni (Lc 16,13) - (17/09/2010)
(vai al post "Il dio denaro")

Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
  La disonesta ricchezza (16/09/2022)
  Essere "scaltri" figli della luce (20/09/2019)
  I poveri che ci aprono le porte della casa del cielo (16/09/2016)
  Una scelta senza compromessi (20/09/2013)

Commenti alla Parola:
  di Goffredo Boselli (VP 8.2025)
  di Antonio Savone (VP 8.2022)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 8.2019)
  di Cettina Militello (VP 8.2016)
  di Marinella Perroni (VP 8.2013)
  di Claudio Arletti (VP 8.2010)
  di Enzo Bianchi

(Immagine: L'amministratore disonesto, G. Trevisan, La Domenica 21 settembre 2025)

venerdì 12 settembre 2025

Segno dell'amore estremo di Dio


Esaltazione della Santa Croce
Numeri 21,4b-9 • Salmo 77 • Filippesi 2,6-11 • Giovanni 3,13-17
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

Esaltazione della santa Croce. "Come è possibile esaltare la croce?", si chiede papa Francesco. Certo, non è possibile, potremmo continuare noi, se pensiamo cosa significhi realmente essere crocifissi. Non è solo l'umiliazione per essere esposti nudi alla folla. Ma la costrizione a una lenta e spaventosa morte, dove si muore (oltre che per le sofferenze fisiche subite) per asfissia, non riuscendo più il condannato a far leva sui piedi per poter respirare (per cui alla fine si spezzavano le gambe ai condannati per accelerarne la morte) o per arresto cardiaco.
E papa Francesco continua: "Noi non esaltiamo una croce qualsiasi, o tutte le croci: esaltiamo la croce di Gesù, perché in essa si è rivelato al massimo l'amore di Dio per l'umanità" (Angelus, 14/09/2014).
Gesù a Nicodemo ricorda l'episodio del serpente di bronzo che Mosè innalzò nel deserto (cf. Gv 3,14-15). È guardando all'immagine di quel serpente, simbolo di quei serpenti che provocarono la morte di molti (cf. Nm 21,4b-9; I lettura), che noi veniamo salvati. Non perché quel serpente di bronzo ci possa salvare, quanto piuttosto per la fede in quel Dio che ci vuole salvare.
È sintomatico: la causa della morte è anche la causa della vita. In Gesù, come nel serpente, le due realtà si uniscono: il Figlio di Dio ha preso su di sé tutto il peccato del mondo (segno di morte), ma è guardando a Lui, fatto "peccato" e "maledizione", che noi saremo salvati. Cristo è quel serpente innalzato che è indispensabile fissare, anche se ci appare come una immagine opprimente di morte.
"Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui, non vada perduto, ma abbia la vita eterna" (Gv 3,16).
"Cristo Gesù, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l'essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall'aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce" (Fil 2,6-7); II lettura). È per il suo "abbassamento" che il Padre lo ha innalzato, lo ha "esaltato". Ed è in questa "esaltazione" che noi possiamo proclamare che "Gesù Cristo è Signore!" (cf. Fil 2,9-11).
A noi seguire il Maestro nella condizione evangelica di "chi si umilia sarà esaltato" (cf. Lc 14,11). Noi fissiamo lo sguardo di fede su una morte che allo stesso tempo è fonte di vita, e vita divina, perché "noi abbiamo creduto all'Amore" (cf. 1Gv 4,16).

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo (Gv 13,13)
(vai al testo…)

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Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata
 Bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo (Gv 3,14) - (14/09/2014)
(vai al testo)

Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
  La Croce e la Gloria (12/09/2014)

Commenti alla Parola:
  di Goffredo Boselli (VP 8.2025)
  di Gianni Cavagnoli (VP 8.2014)
  di Enzo Bianchi

(Illustrazione: Mistero d'amore, Monastero di Bose, di Giovanni Frangi)

venerdì 5 settembre 2025

Le esigenze della sequela


23a domenica del Tempo ordinario (C)
Sapienza 9,13-18 • Salmo 89 • Filemone 9b-10.12-17 • Luca 14,25-33
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

"Una folla numerosa andava con Gesù…" (cf. Lc 14,25). Sì, il fascino del Rabbì di Nazaret per le sue parole e per i prodigi che operava ha coinvolto una folla numerosa. Andare dietro a Gesù, tuttavia, non è solo per avere da lui un beneficio immediato, spirituale o materiale. La sua sequela comporta da che parte stare.
Il Signore chiama tutti e ci invita a sforzarci di entrare per la "porta stretta" (cf. Lc 13,24), a scegliere l'ultimo posto (cf. 13,24) e a seguirlo per essere sui discepoli (cf. Lc 14,25-633; vangelo odierno).
La sequela di Gesù richiede coscienza e consapevolezza ed investe il campo delle relazioni: padre, madre, moglie, figli, fratelli. Gesù dichiara espressamente che tutte queste relazioni non possono offuscare la relazione con Lui. "Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo" (Lc 14,23). Il termine greco parla addirittura di "odiare", certamente nel senso di "amare meno". Qui non si tratta tanto di odio o amore riferito alla sfera sentimentale o all'emotività, ma a scelte concrete pro o contro. E le difficoltà per una scelta concreta per il Vangelo deve affrontare ostacoli di questo genere.
I legami familiari non possono essere di impedimento per una radicalità evangelica, quando, invece, l'amore per Cristo rafforza questi legami, fondandoli sull'amore di Dio. L'amore umano, infatti, nella sua dimensione autentica è "sacramento" di quello divino.
Portare poi la croce (cf. Lc 14,27), ossia soffrire per Cristo sapendo cosa è stata per Lui la croce, ha la sua ragion d'essere in questa chiara gerarchia di valori. Occorre essere vigilanti e preparati per non iniziare un'impresa e poi non riuscire a portarla a termine (cf. Lc 14,28-30), oppure rischiare di subire una sconfitta in cui molti hanno da rimetterci (cf. Lc 14,31-32). La rinuncia a tutti i propri averi (cf. Lc 14,33) significa proprio questo: mettere Dio al primo posto, persino al bene prezioso della nostra vita, nella libertà di seguirlo secondo il suo disegno d'amore.

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo (Lc 14,27)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata
 Chi di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo (Lc 14,33) - (04/09/2022)
(vai al testo)
 Chi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo (Lc 14,33) - (08/09/2019)
(vai al testo)
 Se uno viene a me e non mi ama più della propria vita… (Lc 14,26) - (04/09/2016)
(vai al testo)
 Se uno viene a me e non mi ama più della propria vita… (Lc 14,26) - (08/09/2013)
( vai al testo…)
 Chi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo (Lc 14,33) - (03/09/2010)
(vai al post "Scelta radicale")

Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
  La scelta esclusiva di Dio (02/09/2022)
  Tre condizioni per essere discepolo (06/09/2019)
  Per seguirlo Gesù chiede di amarlo di più (02/09/2016)
  Le condizioni per seguire Gesù (06/09/2013)

Commenti alla Parola:
  di Goffredo Boselli (VP 8.2025)
  di Antonio Savone (VP 8.2022)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 8.2019)
  di Luigi Vari (VP 7.2016)
  di Marinella Perroni (VP 7.2013)
  di Claudio Arletti (VP 8.2010)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano

lunedì 1 settembre 2025

Nella gioia di essere ritrovati


Parola di Vita – Settembre 2025
(Clicca qui per il Video del Commento   -   oppure...)

«Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta» (Lc 15,6)

I pastori nell'Antico Oriente usavano contare le pecore al ritorno dal pascolo, pronti a mettersi alla ricerca se ne fosse mancata una. Affrontavano anche il deserto, la notte, pur di trovare quelle pecore che si erano smarrite.
Questa parabola è una storia di perdita e ritrovamento che mette in primo piano l'amore del pastore. Egli si accorge che manca una pecora, la cerca, la trova e se la carica sulle spalle, perché è indebolita e spaventata, magari ferita e non è capace di seguire il pastore da sola. È lui che la riporta al sicuro e, finalmente, pieno di gioia, invita i suoi vicini per festeggiare insieme.

«Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta».

I temi ricorrenti in questo racconto possiamo riassumerli in tre azioni: perdersi, trovare, festeggiare.
Perdersi. La bella notizia è quella del Signore che va a cercare chi si smarrisce. Spesso ci perdiamo nei vari deserti che ci sfiorano, o nei quali siamo costretti a vivere, o nei quali ci rifugiamo: i deserti dell'abbandono, dell'emarginazione, della povertà, delle incomprensioni, delle disunità. Il Pastore ci cerca anche lì e, anche se noi lo perdiamo di vista, lui ci ritroverà sempre.
Trovare. Proviamo a immaginare la scena dell'affannosa ricerca da parte del pastore nel deserto. È un'immagine che colpisce per la sua forza espressiva. Possiamo comprendere la gioia provata sia da parte del pastore, sia della pecora e questo incontro fa ritornare nella pecorella quel senso di sicurezza per essere sfuggita al pericolo. Il "ritrovare" è dunque proprio un atto di misericordia divina.
Festeggiare. Egli raduna i suoi amici per festeggiare, perché vuole condividere la sua gioia, così come avviene nelle altre due parabole che seguono questa, quella della moneta perduta e quella del padre misericordioso [1]. Gesù vuol farci comprendere l'importanza di partecipare alla gioia con tutti e ci immunizza contro la tentazione di giudicare l'altro. Siamo tutti dei "ritrovati".

«Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta».

Questa Parola di Vita è un invito alla gratitudine per la misericordia che Dio ha per noi tutti personalmente. Il fatto di rallegrarci, gioire insieme ci presenta un'immagine dell'unità, dove non esiste contrapposizione tra "giusti" e "peccatori", ma partecipiamo uno alla gioia dell'altro.
Scrive Chiara Lubich: «È un invito a capire il cuore di Dio, a credere nel suo amore. Portati come siamo a calcolare e a misurare, a volte crediamo che anche Dio abbia per noi un amore che ad un certo punto potrebbe stancarsi […] La logica di Dio non è come la nostra. Dio ci aspetta sempre: anzi, gli procuriamo un'immensa gioia tutte le volte – si trattasse anche di un numero infinito di volte – che facciamo ritorno a Lui» [2].

«Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta».

A volte possiamo essere noi quei pastori, quei custodi gli uni degli altri che con amore andiamo alla ricerca di quanti si sono allontanati da noi, dalla nostra amicizia, dalla nostra comunità, alla ricerca degli emarginati, dei perduti, dei piccoli che le prove della vita hanno respinto ai margini della nostra società.
«Alcuni alunni frequentavano le lezioni saltuariamente - ci racconta un'insegnante. Durante le ore libere dall'insegnamento mi recavo presso il mercato vicino la scuola: speravo di incontrarli proprio in quel luogo, perché avevo saputo che lavoravano lì per guadagnare qualcosa. Un giorno finalmente li ho visti ed essi si sono stupiti del fatto che fossi andata a cercarli personalmente e sono stati colpiti dal fatto di quanto essi erano importanti per tutta la comunità scolastica. Hanno così ripreso regolarmente a venire a scuola e davvero è stata una festa per tutti».

A cura di Patrizia Mazzola
e del team della Parola di Vita


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[1] Cf. Lc 15,8 e 15,11.
[2] C. Lubich, Parola di Vita di settembre 1986, in eadem, Parole di Vita, a cura di Fabio Ciardi (Opere di Chiara Lubich 5; Città Nuova, Roma 2017) p. 369.

Fonte: https://www.focolaritalia.org - https://www.cittanuova.it
Immagine: Buon Pastore, Seminario regionale di Ancona (commissionato alle Cappuccine di Mercatello sul Metauro)

giovedì 14 agosto 2025

Le grandi cose fatte dall'Onnipotente


Assunzione della B.V. Maria
Apocalisse 11,19;12,1-6.10 • Sal 44 • 1Corinzi 15,20-26 • Luca 1,39-56
(Visualizza i brani delle Letture - Messa del Giorno)
(Vedi anche i brani delle Letture della Messa vespertina nella vigilia)

Appunti per l'omelia

Un segno grandioso apparve in cielo" (Ap 12,1). La Chiesa ha visto sempre nella donna descritta dall'Apocalisse la figura di Maria, come è riportato dalla liturgia odierna (I lettura). "Ora si è compiuta la salvezza…" (Ap 12,10): il male non avrà più l'ultima parola.
L'evento grandioso dell'assunzione al cielo di Maria in anima e corpo, frutto della redenzione operata da Figlio, sta ad indicare che, come lei, quale primizia, per tutti noi è riservato lo stesso destino.
Maria è veramente grande! Le meraviglie di Dio non si possono contare: Dio ama tanto la sua creature, l'umanità, da farsi Lui stesso umanità come noi, per fare di noi come Lui. Si è preparato una creatura che lo mettesse al mondo. Ed ha scelto Maria, resa immune da ogni macchia di peccato per ricevere in sé il Figlio di Dio.
Maria si è fidata ed affidata a Dio, alla sua Parola; ha percorso tutto il suo cammino umano di crescita nella fede. Ha imparato, meditato e conservato nel suo cuore, dalle parole e dalle azioni del Figlio come poter realizzare il disegno di Dio.
È significativo scoprire in questo "cammino" di Maria il suo rapporto col Figlio. Un rapporto da madre a figlio, come è per tutte le madri, pur nell'eccezionalità della sua maternità. Ma è diventata, alla scuola di suo Figlio, la prima discepola, sapendo che il vero discepolo deve saper posporre gli affetti umani di fronte all'amore per Gesù.
Quel rapporto madre e figlio, tutto particolare, ha avuto uno sbocco tragico ma denso di amore sotto la croce, quando Gesù affida sua madre a Giovanni. Lì Maria perde il suo figlio naturale per assumere una maternità universale, dove in Giovanni siamo tutti noi. Maria è madre dei discepoli del Figlio, madre della Chiesa: nel giorno di Pentecoste realmente, col sigillo dello Spirito Sarto, lo diventerà per tutta l'umanità, per quella umanità per la quale il Figlio ha dato la vita. Cioè per tutti!
Dopo la risurrezione di Gesù, il rapporto non poteva essere più tra madre naturale e il figlio da lei partorito: Gesù è nella dimensione divina. Lì Maria è la vera discepola, discepola tra i discepoli e allo stesso tempo madre dei discepoli. Il rapporto col Figlio non è più come prima: noi terreni, Lui risorto, nella dimensione del cielo.
L'ultima tappa della vita di Maria è la sua assunzione al cielo, con tutta sé stessa, come il Figlio risorto. Ora il rapporto di Maria col Figlio è in una dimensione celeste, da risorti. Lì si comprende davvero come Maria sia veramente Madre di Dio.
Dio si è fatto "piccolo", si è "svuotato" per essere accolto da Maria. E lo ha fatto non solo in terra, ma ora anche in cielo, perché questo è lo stile di Dio: quello di annullarsi per amore. Lì vediamo veramente Maria, non la madre di Gesù di Nazaret, ma la Madre di Dio.
L'episodio del vangelo di Luca (cf. Lc 1,39-56), della visita di Maria alla cugina Elisabetta, ci mostra come è stata la sua vita, la molla che ha mosso le sue azioni: l'amore, l'aiuto concreto, l'affidarsi a Dio sotto la guida dello Spirito Santo. Per questo Maria può cantare la sua lode all'Onnipotente, che ha fatto cose grandi, per lei e per tutti: profezia di un ribaltamento di valori umani, secondo la promessa fatta ai nostri padri.
In Maria noi possiamo vedere il nostro futuro. Lei, sintesi dell'umanità, mostra a tutti cosa ci attende: essere come Lei, amati dal Padre come Lei, a causa del Figlio.

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Vedi anche:
Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Benedetta tu fra le donne (Lc 1,42)
(vai al testo…)

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Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata:
Beata colei che ha creduto (Lc 1,45) (15/08/2024)
(vai al testo…)
L'anima mia magnifica il Signore (Lc 1,46) (15/08/2023)
(vai al testo…)
Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano (Lc 11,28) (15/08/2021)
(vai al testo…)
 L'anima mia magnifica il Signore(Lc 1,46) (15/08/2020)
(vai al testo…)
 L'anima mia magnifica il Signore(Lc 1,46) (15/08/2019)
(vai al testo…)
 Grandi cose ha fatto per me l'Onnipotente(Lc 1,49) (15/08/2018)
(vai al testo…)
 L'anima mia magnifica il Signore(Lc 1,46) (15/08/2017)
(vai al testo…)
 Beata colei che ha creduto (Lc 1,45) (15/08/2015)
(vai al testo…)
 Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente (Lc 1,49) (15/08/2014)
(vai al testo…)
 Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente (Lc 1,49) (15/08/2013)
(vai al testo…)
 L'anima mia magnifica il Signore (Lc 1,46) (15/08/2012)
(vai al testo…)
 Benedetta tu fra le donne, e benedetto il frutto del tuo grembo! (Lc 1,42) - (14/08/2008)
(vai al post "Sintesi dell'umanità")

Vedi anche i post Appunti per l'omelia:
 Maria interceda per la Pace (14/08/2024)
 In Maria il nostro futuro (14/08/2023)
 Maria, fiore dell'umanità (13/08/2022)
 La consolante certezza del nostro destino (13/08/2021)
 La nemica della finta umiltà (13/08/2020)
 Abbiamo un Padre che ci aspetta con amore (13/08/2019)
 Saper "vedere" le meraviglie di Dio (14/08/2018)
 La vittoria definitiva sul "drago" delle nostre paure di morte (14/08/2017)
 In Maria splende il nostro luminoso destino (13/08/2016)
 Come Maria… (13/08/2015)
 La "cose grandi" compiute da Dio (14/08/2014)
 Gioia e gratitudine immensa (14/08/2013)
 La meraviglia del Cielo (14/08/2012)

Vedi anche i post:
 La festa del nostro corpo (15/08/2019)
 Maria Assunta, sintesi dell'umanità realizzata (15/08/2011)
 Il nostro luminoso destino (15/08/2010)

Commenti alla Parola:
  di Goffredo Boselli (VP 8.2025)
  di Goffredo Boselli (VP 8.2024)
  di Antonio Savone (VP 8.2023)
  di Antonio Savone (VP 8.2022)
  di Antonio Savone (VP 8.2021)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 8-9.2020)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 8.2019)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 8.2018)
  di Cettina Militello (VP 6.2017)
  di Luigi Vari (VP 7.2016)
  di Luigi Vari (VP 7.2015)
  di Gianni Cavagnoli (VP 7.2014)
  di Marinella Perroni (VP 6.2013)
  di Marinella Perroni (VP 7.2012)
  di Marinella Perroni (VP 7.2011)
  di Claudio Arletti (VP 7.2010)
  di Claudio Arletti (VP 7.2009)
  di Enzo Bianchi (Vol. Anno A)
  di Enzo Bianchi (Vol. Anno B)
  di Enzo Bianchi (Vol. Anno C)
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano

venerdì 8 agosto 2025

IL senso vero della nostra vita


19a domenica del Tempo ordinario (C)
Sapienza 18,6-9 • Salmo 32 • Ebrei 11,1-2.8-19 • Luca 12,32-48
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

"State pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese" (Lc 12,36). È l'invito del Signore rivolto ai suoi discepoli, cioè a noi, che sono in attesa del suo ritorno. E ci invita alla vigilanza. È una scena in cui noi non siamo i "viandanti" nelle strade di questo mondo, ma Lui, lo Sposo che ritorna dalle nozze, è il viandante. Lo Sposo, che ha consumato le sue nozze con l'umanità nell'offerta della sua vita, ora "arriva e bussa" alla nostra porta in attesa che si "apra subito".
È il Signore della storia che desidera entrare nella nostra vita e servirci: Lui "si stringerà le vesti ai fianchi, ci farà sedere a tavola e passerà a servirci" (cf. Lc 12,37). È l'esperienza che ognuno di noi può fare, oggi, in attesa dell'incontro definitivo. È l'esperienza dell'incontro col Risorto ogni volta che celebriamo il Giorno del Signore, nell'eucarestia domenicale. I primi cristiani attendevano nella preghiera "nella notte o prima dell'alba" per incontrare il Signore che giungeva non solo per servirli, ma per consegnarsi come cibo, come "sacramento nuziale" nell'attesa del sua piena venuta.
La parabola dei servi che non sono nell'atteggiamento di attesa, perché "il padrone tarda a venire", ribalta i ruoli: i servi dimenticano chi sono, da servi che attendono il padrone, si comportano da padroni. Allora quando arriverà il padrone, quando il Signore busserà alla porta, sarà considerato come un ladro che viene a derubarci. In verità però viene a prendersi quello che è suo.
In realtà, se noi perdiamo la coscienza di chi siamo, perdiamo la possibilità di incontrare il volto di Cristo, che invece vediamo col volto sfigurato di un ladro.
Quando la vita ci viene richiesta, vita che è un dono di Dio e non proprietà nostra, se non siamo nell'atteggiamento giusto, coscienti che non siamo padroni né di noi stessi né delle cose, ma solo amministratori, quando la vita ci viene richiesta senza preavviso, dov'è indirizzato il nostro cuore? Qual è il vero nostro tesoro? Consideriamo l'incontro con il Signore come l'incontro di un ladro che viene a depredarci?
Non dobbiamo dimenticare che siamo amministratori di un tesoro che è il Regno di Dio, di cui già fin d'ora ci è dato: "Non temere, piccolo gregge - dice Gesù -, perché al Padre vostro è piaciuto dare a voi il Regno" (Lc 12,32).
Allora, se noi non sappiamo attendere né invochiamo l'avvento del Regno, non sappiamo chi siamo e la nostra identità si offusca, la nostra vita perde senso, in un continuo chiederci "Perché?". Perché proprio adesso? Non è giusto… Perché a questa età?
Ma il senso vero della nostra vita è l'incontro amoroso con il Signore!

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Perché, dov'è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore (Lc 12,34)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata
 Anche voi tenetevi pronti (Lc 12,40) - (07/08/2022)
(vai al testo)
 Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese (Lc 12,35) - (11/08/2019)
(vai al testo)
 Anche voi tenetevi pronti (Lc 12,40) - (07/08/2016)
(vai al testo)
 Dov'è il vostro tesoro, sarà anche il vostro cuore (Lc 12,34) - (11/08/2013)
( vai al testo…)
 Fatevi un tesoro sicuro nei cieli (Lc 12,33) - (06/08/2010)
(vai al post "Il nostro tesoro")

Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
  Nell'attesa dell'incontro (05/08/2022)
  Il "tesoro" (09/08/2019)
  Dio viene e si pone a servizio della mia felicità! (05/08/2016)
  La fede di quel "piccolo gregge" (09/08/2013)

Commenti alla Parola:
  di Goffredo Boselli (VP 7.2025)
  di Antonio Savone (VP 8.2022)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 8.2019)
  di Luigi Vari (VP 6.2016)
  di Marinella Perroni (VP 6.2013)
  di Claudio Arletti (VP 7.2010)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano

(Immagine: "Siate pronti… con le lampade accese", G. Trevisan, La Domenica 10 agosto 2025)

sabato 2 agosto 2025

Il segreto della vera libertà


18a domenica del Tempo ordinario (C)
Qoèlet 1,2;2,21-23 • Salmo 89 • Colossesi 3,1-5.9-11 • Luca 12,13-21
(Visualizza i brani delle Letture)


Appunti per l'omelia

"Vanità delle vanità, dice Qoèlet, vanità delle vanità: tutto è vanità" (Qo 1,2; I lettura). Non è il lamento di un poveraccio o di un mendicante, ma la riflessione di un sapiente, che è perfettamente consapevole della relatività di tutte le cose. L'esistenza stessa, in quel "vanità delle vanità", è percepita come un "vapore" che si disperde. Ma la vita è condannata al nulla, oppure radica la sua consistenza in qualcos'altro, in Qualcun altro?
La Parola di Dio di questa domenica ci fa cogliere il vero senso delle cose, la nostra vera libertà. Non una libertà senza limiti, illusoria e infantile, che di fatto ci rende schiavi delle cose e di noi stessi. Ma una libertà che denuncia una schiavitù interiore che ci soffoca, figli di una società che ha posto la sua sicurezza nei beni, sia pur necessari, di questo mondo, nella ricchezza, segno della nostra indipendenza.
Il pericolo, sempre in agguato, è la cupidigia del possesso. Quanto attuale è il monito di Gesù: "Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia, perché, anche se uno è nell'abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede" (Lc 12,15).
Anche di fronte alla sacralità della morte il nostro cuore è preso dall'ansia del possesso, dell'eredità che riteniamo ci spetti, anche a scapito del rapporto fraterno, negazione di una sincera sequela del Maestro. La sequela di Gesù esige una scelta radicale: "Nessuno può servire a due padroni… Non potete servire a Dio e alla ricchezza" (cf. Lc 16,13).
La vera saggezza è "arricchire presso Dio" (cf. Lc 12,21): "Cercare le cose di lassù… Rivolgere il pensiero alle cose di lassù e non a quelle della terra" (cf. Col 3,1-2; II lettura). Tutto questo non ci esime dal costruire qui su questa terra un mondo più giusto ed equo. Una fratellanza in cui sperimentare la nostra appartenenza a Cristo, dove non ci sono più stranieri o residenti, schiavi o liberi, ricchi o poveri, ma dove "Cristo è tutto e in tutti" (cf. Col 3,11).
È l'amore, che è dono di sé, il segreto della vera libertà.

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia (Lc 12,15)
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Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata
 E quello che hai preparato, di chi sarà? (Lc 12,20) - (31/07/2022)
(vai al testo)
 Tenetevi lontani da ogni cupidigia (Lc 12,15) - (04/08/2019)
(vai al testo)
 La vita non dipende da ciò che si possiede (Lc 12,15) - (31/07/2016)
(vai al testo)
 Arricchire presso Dio (Lc 12,21) - (04/08/2013)
( vai al testo…)
 La vita non dipende da ciò che possiedi (Lc 12,15) - (30/07/2010)
(vai al post "La libertà del dono")

Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
  Nella condivisione la risposta" (29/07/2022)
  La vera "furbizia" (02/08/2019)
  La vita non dipende da ciò che possiedo (26/07/2016)
  L'unico mio bene (02/08/2013)

Commenti alla Parola:
  di Goffredo Boselli (VP 7.2025)
  di Antonio Savone (VP 7.2022)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 8.2019)
  di Luigi Vari (VP 6.2016)
  di Marinella Perroni (VP 6.2013)
  di Claudio Arletti (VP 7.2010)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano

(Illustrazione: Il ricco stolto, di Bernadette Lopez, 2009)

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