Sabato 24 Maggio 2025
0Sat May 24 2025 07:54:29 GMT+0000 (Coordinated Universal Time):54:29

           Home

           Chi sono

           Per Oggi (vai al commento)
           Lasciarci correggere dall'altro

           Parola che si fa vita

           Omelie

           Sito personale di testi
           e documenti


           Etichette Argomenti

           Archivio del Blog

           Mese di Maggio



Questo Blog è la nuova versione di
essere sempre famiglia
(clicca qui per entrare)

Archivio blog

venerdì 16 maggio 2025

Nella "notte" la "gloria"


5a domenica di Pasqua (C)
Atti 14,21b-27 • Salmo 144 • Apocalisse 21,1-5a • Giovanni 13,31-33a.34-35
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

Il brano evangelico di questa domenica ci riporta nel contesto dell'ultima cena. Dopo la lavanda dei piedi, con l'invito di Gesù a fare altrettanto, a lavarci cioè i piedi l'un l'altro, nella beatitudine promessa a coloro che si comportano così, nel momento in cui Giuda esce da cenacolo, Gesù dice: "Ora il Figlio dell'uomo è stato glorificato" (cf. 13,31).
Sì, nell'ora delle tenebre, quando Satana è entrato in Giuda e fuori è notte e Giuda, con la notte nel cuore, si allontana da Gesù (la tenebra che sfugge alla luce), in quest' "ora" Gesù parla della sua gloria.
In questo tempo di Pasqua in cui la Vita esplode e la morte è vinta, non è un ritornare indietro, prima della passione, perché non c'è resurrezione senza passione e morte, dove l'evento morte e vita in Gesù sono un'unica realtà umano-divina.
Infatti, l'annientamento del Figlio, nel suo "svuotarsi", è il culmine dell'amore che dona tutto sé stesso, è il momento in cui il Padre "esalta" il Figlio (cf. Fil 2,7-9).
Questa è l' "ora". È nel contesto di una cena, di una convivialità, nel momento dell'addio. In questo commiato di Gesù dai suoi, Gesù dona il suo essere vero, nella consegna di quel comandamento che lui definisce "nuovo": "Amatevi gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri" (cf. Gv 13,34).
L'amore scambievole è il distintivo dei discepoli di Gesù. È la legge nuova dei figli della risurrezione. Non un amore qualsiasi. È l'amore che ha la sua radice nella Trinità. È lo stesso amore di Gesù. Non è tanto un modello da imitare, è dentro di noi, fa parte del nostro DNA, e zampilla come una sorgente che dona vita.
I seguaci di Gesù non possono scambiarsi se non l'amore di Gesù stesso, quello che è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito.
È un amore "genetico", non imitativo. Non è un amore moralistico. Noi siamo anfore vuote che si lasciano riempire dall'esuberanza dell'amore divino, nell'esercizio continuo di "svuotarci" davanti ad ogni prossimo da amare, nell'ascolto e nell'accoglienza reciproca.
Il nostro amore ha la sua radice in quel "come" Gesù ci ha amati. È un amore che cresce e si irrobustisce in mezzo ai nostri limiti, ai nostri fallimenti, ai nostri alti e bassi. A noi lasciarsi guidare dallo Spirito, aperti ad un amore incondizionato, cha sa di perdono, di riconciliazione, di fiducia reciproca, di abbandono nel cuore della Trinità.

-------------
Vedi anche: Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri (Gv 13,34)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata
 Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri (Gv 13,34) - (15/05/2022)
(vai al testo)
 Amatevi anche voi gli uni gli altri (Gv 13,34) - (19/05/2019)
(vai al testo)
 Amatevi anche voi gli uni gli altri (Gv 13,34) - (24/04/2016)
(vai al testo)
 Amatevi anche voi gli uni gli altri (Gv 13,34) - (28/04/2013)
( vai al testo…)
 Amatevi anche voi gli uni gli altri (Gv 13,34) - (30/04/2010)
(vai al post "Il distintivo del cristiano")

Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
  Testimoni della presenza del Risorto (13/05/2022)
  Da questo tutti sapranno (17/05/2019)
  Amarci con lo "stile" di Gesù (22/04/2016)
  La fisionomia inconfondibile della comunità cristiana (27/04/2013)

Commenti alla Parola:
  di Goffredo Boselli (VP 5.2025)
  di Antonio Savone (VP 5.2022)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 5.2019)
  di Luigi Vari (VP 3.2016)
  di Marinella Perroni (VP 3.2013)
  di Claudio Arletti (VP 4.2010)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano
  di Letture Patristiche della Domenica

(Immagine: "Amatevi gli uni gli altri", G. Trevisan, La Domenica 18 maggio 2025)

mercoledì 14 maggio 2025

Giubileo dei Diaconi – Incontro internazionale



Nel contesto del Giubileo dei Diaconi (21-23 febbraio 2025) si è tenuto, sabato 22 febbraio, all'Auditorium Conciliazione l'incontro internazionale , dal titolo: Diaconi in una Chiesa sinodale e missionaria, indetto dal Dicastero per il Clero, con interventi del Prefetto del Dicastero per il Clero card. Lazzaro You Heung Sik, del Segretario del predetto Dicastero mons. Andrés Gabriel Ferrada Moreira, della prof.ssa Prof.ssa Serena Noceti, di don Dario Vitali, nonché di una carrellata di una decina di interventi con testimonianze dai vari continenti.

Qui di seguito l'elenco degli interventi:
  • Saluto iniziale del Prefetto del Dicastero per il Clero card. Lazzaro You Heung Sik
  • Intervento iniziale del segretario del Dicastero per il Clero mons. Andrés Gabriel Ferrada Moreira
  • Il ministero diaconale in una Chiesa sinodale e missionaria: per essere testimoni di speranza
    Prof.ssa Serena Noceti, dottore in teologia, docente di Teologia sistematica presso l'Istituto Superiore di Scienze Religiose della Toscana "S. Caterina" (Firenze)
  • La Ratio Formationis ed il Direttorio per il Ministero e la Vita dei Diaconi Permanenti: un percorso da aggiornare
    Don Dario Vitali, presbitero della Diocesi di Velletri-Segni, docente di Ecclesiologia alla Pontificia Università Gregoriana, consulente del Dicastero per il Clero
  • Conclusione del Card. Prefetto del Dicastero per il Clero
  • Intervento Finale del Segretario del Dicastero per il Clero


Inoltre:
  • Santa Messa e Ordinazioni diaconale: Omelia del Santo Padre Francesco, letta da S.E. mons. Rino Fisichella
  • Testimoni di speranza e gratuità nella Chiesa di oggi
  • Riflessioni sull'omelia preparata dal Papa per il Giubileo dei Diaconi
    Card. Lazzaro You Heung Sik, Prefetto del Dicastero per il Clero
    L'Osservatore Romano, giovedì 27 febbraio 2025

Per i vari interventi clicca qui, con la possibilità di scaricare anche un opuscoletto con i testi.

venerdì 9 maggio 2025

In un rapporto di intimità


4a domenica di Pasqua (C)
Atti 13,14.43-52 • Salmo 99 • Apocalisse 7,9.14b-17 • Giovanni 10,27-30
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

La quarta domenica di Pasqua è detta del "Buon Pastore", anzi del "Bel Pastore", nella quale si celebra anche la giornata di preghiera per le vocazioni.
Siamo chiamati a far parte del gregge del Pastore "bello". Il nostro essere parte della sua vita è radicata nel fatto che le sue pecore "ascoltano la sua voce" e Lui le "conosce" ed esse "lo seguono" (cf. Gv 10,27).
È un rapporto di intimità. Ascoltare è accogliere l'invito alla sequela. Tutti, ognuno nella propria condizione particolare, siamo chiamati per nome, in una relazione intima, profonda. Il Signore Gesù ci dona la sua vita, che è "eterna", non perché verrà e non finirà, ma perché è divina, piena, traboccante della dinamica trinitaria che già ora ci avvolge e ci rigenera.
Siamo guardati dal Maestro-Pastore che fissa il suo sguardo d'amore nel nostro intimo e ci invita a lasciare tutto e a seguirlo. A noi, perché attaccati ai beni materiali ripetere l'atteggiamento del giovane ricco che si allontana triste oppure, con lo slancio di chi ha colto l'inestimabile dono del Signore, lasciare tutto, come i primi pescatori di Galilea, e seguirlo.
Quei pescatori lo seguono non perché sono perfetti o più bravi di altri, ma perché lo sguardo di Gesù ha toccato il loro cuore. Si instaura un rapporto di amore ed ogni remora si dissolve.
Gesù ripete anche oggi: "Io do loro [alle mie pecore] la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano" (Gv 10,28).
Il Signore dà la vita perché dona tutto sé stesso e con Lui tutta la Trinità. Nel cuore della Trinità è la nostra dimora, dove anche il Padre non permetterà che qualcuno ci strappi dalla sua mano, perché il Padre e il Figlio sono una cosa sola (cf. Gv 10,29-30).
Nel cuore della Trinità facciamo l'esperienza, già fin d'ora, di essere fratelli e figli di quel Dio che è Amore, nella gioia dello Spirito del Padre e del Figlio.

-------------
Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco (Gv 10,27)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata
 Io e il Padre siamo una cosa sola (Gv 10,30) - (08/05/2022)
(vai al testo)
 Io do la vita eterna (Gv 10,28) - (12/05/2019)
(vai al testo)
 Le mie pecore ascoltano la mia voce (Gv 10,27) - (17/04/2016)
(vai al testo)
 Io conosco le mie pecore ed esse mi seguono (Gv 10,27) - (21/04/2013)
( vai al testo…)
 Le mie pecore ascoltano la mia voce (Gv 10,27) - (23/04/2010)
(vai al post "Ascoltare quella voce")

Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
  L'identikit del discepolo (06/05/2022)
  Nella "sua"mano (10/05/2019)
  Il mio nome è scritto sul palmo della sua mano (15/04/2016)
  Nell'unità del Padre e del Figlio (19/04/2013)

Commenti alla Parola:
  di Goffredo Boselli (VP 5.2025)
  di Antonio Savone (VP 5.2022)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 5.2019)
  di Luigi Vari (VP 3.2016)
  di Marinella Perroni (VP 3.2013)
  di Claudio Arletti (VP 3.2010)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano
  di Letture Patristiche della Domenica

(Illustrazione: Il buon pastore, Icona contemporanea, Scandale, Crotone, Eremo della Santa Croce)

giovedì 8 maggio 2025

Le prime parole di papa Leone XIV


Questa sera abbiamo assistito all'evento commovente e coinvolgente dell'elezione nel nuovo Papa. Nel suo discorso prima della benedizione mi hanno colpito alcune parole chiave, importanti, programmatiche, che hanno risuonato in me come un richiamo alla mia dimensione diaconale.

La pace, prima di tutto, parola ripetuta dieci volte, una pace dono del Cristo Risorto, una pace "disarmata" e "disarmante", "umile e perseverante": il diacono invita tutti a scambiarsi il dono della pace e, alla fine della celebrazione, ad andare "in pace", quella pace da portare e far vivere nella nostra vita quotidiana.
Costruire ponti. "Aiutateci anche voi, poi gli uni gli altri a costruire ponti, con il dialogo, con l’incontro, unendoci tutti per essere un solo popolo sempre in pace".
Spesso si è definito il diacono quale ponte che unisce non che innalza muri, per essere animatore e fattore di comunione e unità, uomo del dialogo.
Chiesa missionaria."Dobbiamo cercare insieme come essere una Chiesa missionaria, una Chiesa che costruisce i ponti, il dialogo, sempre aperta a ricevere come questa piazza con le braccia aperte. Tutti, tutti coloro che hanno bisogno della nostra carità, la nostra presenza, il dialogo e l’amore".

È tutto un programma. Seguire questo papa con la gioia di testimoniare la ricchezza e la fantasia con cui lo Spirito Santo ci sospinge.

mercoledì 7 maggio 2025

La diaconia di Pietro


Riporto l'articolo de L'Osservatore Romano del 6 maggio 2025 dal titolo Extra omnes di Paolo Ruffini. Il servizio di Pietro: il servo che è a capo di un popolo, la Chiesa. È servo sulle orme del Figlio dell'uomo "che non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti" (cf. Mc 10,45).

----------

EXTRA OMNES

06 maggio 2025
di Paolo Ruffini

Extra omnes. Tutti fuori. Succede, in questo tempo sospeso, che tutti nel mondo si interroghino su chi sarà il 267° vescovo di Roma. Tutti coinvolti, anche se fisicamente esclusi dal luogo dove i successori degli apostoli divenuti cardinali, raccolti e custoditi nel segreto di una Cappella, sceglieranno il servo dei servi di Dio chiamato a guidare la Chiesa.
Servo. Servo di un unico Popolo di cui Pietro faceva e continuerà a far parte, anche dopo essere stato chiamato a guidarlo.
Servo. E qui è il mistero. Come può un servo essere a capo di un popolo? Di una Chiesa?
Una domanda alla quale Gesù rispose con parole che ancora oggi fatichiamo a comprendere: «Voi sapete che coloro che sono ritenuti capi delle nazioni le dominano, e i loro grandi esercitano su di esse il potere. Fra voi però non è così; ma chi vuol essere grande tra voi si farà vostro servitore, e chi vuol essere il primo tra voi sarà il servo di tutti. Il Figlio dell'uomo infatti non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti» (Mc 10,42-45).
Servire dunque. A questo sono chiamati i successori di Pietro per guidare la Chiesa. E questo paradosso disorienta. Confonde sia i media che i tanti centri di potere, piccoli e grandi, del mondo nel mentre che si arrovellano sull'identità e sul nome che prenderà chi potrà essere il prescelto, e provano magari anche ad influenzare la decisione, disegnando scenari e chiavi di lettura che appaiono scritti sulla sabbia.

Extra omnes. Questa regola scompagina questo tempo sospeso fra l'ora e il non ancora in cui anche i cardinali (il popolo di Dio che attende il suo pastore lo sa, lo crede, lo chiede) sono chiamati a entrare nel mistero; e lasciare non solo tutti, ma tutto fuori dalla Sistina: dunque se stessi, i loro pensieri, i loro ragionamenti; e a svuotarsi totalmente per lasciare spazio solo allo Spirito, a una dinamica che li trascende, e al mistero di Pietro.
Ma Pietro è questo. Un mistero che ci affida una certezza.
Pietro è il pescatore al quale Gesù promise che il male non avrebbe vinto: «Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia Chiesa, e le porte dell'inferno non prevarranno contro di essa» (Mt 16,18).
È l'apostolo per il quale - nell'affidargli la sua Chiesa - il Figlio di Dio pregò rivolgendo una raccomandazione speciale al Padre. Perché lo sorreggesse nel portare sulle spalle un peso altrimenti troppo grande.

Pietro è un uomo sorretto da questa preghiera che si è estesa nel tempo e nella storia sui suoi successori per arrivare sino a noi, oggi. Una preghiera concreta, speciale appunto: perché la fede non venisse mai meno di fronte alle prove che avrebbe dovuto affrontare, così diverse e così simili a quelle del nostro tempo, secolarizzato, diviso, polarizzato, confuso, incattivito; pieno di desiderio di comando e povero di amore, incapace di capire il valore di un servizio e del bene comune, gonfio di certezze fragili e di false verità, imbevuto più di rancori che di misericordia, così tanto spesso desideroso più di vendette che di perdono: «Simone, Simone, ecco: Satana vi ha cercati per vagliarvi come il grano; ma io ho pregato per te, perché la tua fede non venga meno. E tu, una volta convertito, conferma i tuoi fratelli» (Lc 22,31-32).
Pietro è un mistero di misericordia e di amore; di comunione e di ascolto.
Un pescatore che sbaglia i suoi calcoli; che turbato se ne sta tutta la notte in mare senza prendere un solo pesce; che poi getta le reti dall'altra parte, solo sulla parola di uno sconosciuto. E che alla fine comprende che chi parla è il suo Maestro.
Pietro è un peccatore perdonato: è il prescelto che prima di gioire ha pianto amaramente, dopo aver tradito. Come Giuda. Ma lui piange. Ha pianto.
Nelle sue lacrime c'è tutto il suo mistero. E c'è il mistero della Chiesa. Quelle lacrime sono forse le chiavi del Regno. Sono le chiavi di Pietro e del suo mistero: una fragilità potente proprio perché non brilla di luce propria. Una roccia anche se non lo era. Che proprio per questo ci conferma tutti nella fede.

domenica 4 maggio 2025

"Come ho fatto io…"


Da un letto d'ospedale apprendo della morte di papa Francesco. Lo avevo visto in TV impartire l'ultima benedizione il giorno di Pasqua e scoprirlo poi nel suo ultimo passaggio in mezzo alla gente.
Francesco è qui ora, vivo! Presente più che mai!
Sui diaconi ha detto qualcosa, non ha fatto trattati, ha detto che devono essere i "custodi del servizio", che non devono stare chiusi nelle sacrestie, che non devono scimmiottare i preti, ma che devono "uscire", stare in mezzo alla gente, soprattutto con i poveri, gli emarginati, gli ammalati, gli esclusi.
Ho visto in lui la realizzazione concreta di come deve vivere un diacono.
Non ha parlato. Ha fatto!
Se da papa Francesco voglio capire chi è il diacono, devo guardare alla sua vita. È come se mi dicesse: "Come ho fatto io, così fate anche voi…", sull'esempio di Gesù.

venerdì 2 maggio 2025

La testimonianza dell'amore


3a domenica di Pasqua (C)
Atti 5,27b-32.40b-41 • Salmo 29 • Apocalisse 5,11-14 • Giovanni 21,1-19
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

È la terza manifestazione del Risorto che l'evangelista Giovanni descrive dopo quella della sera di Pasqua e della settimana seguente. I discepoli sono tornati in Galilea, e riprendono la loro vita. Hanno visto il Maestro risuscitato, ma sperimentano nel contempo la sua mancanza. E Pietro prende l'iniziativa: vanno a pescare…
Esperienza di fallimento con il ritorno a riva con le reti vuote. Eppure in questa situazione negativa è sempre la presenza del Risorto che dona luce e certezza.
Dopo ogni fallimento la tentazione di riprendere, senza spinta particolare, la vita ordinaria si fa presente anche in noi. Ma riconoscere che Gesù è sempre con noi, non è per le nostre buone azioni o per i nostri meriti, ma è per grazia. Lui ci precede e ci attende sulla riva del lago dopo una notte di insuccesso.
È Lui che prende l'iniziativa e ci indica le cose da fare, di gettare le nostre reti vuote dalla parte destra, e per di più in pieno giorno. La sorpresa non si lascia attendere: "È il Signore!".
Sì, è Lui che ci attende ed ha preparato il fuoco per il pasto con il pesce appena pescato in sovrabbondanza.
È sempre il Signore Gesù che si manifesta a noi. Se ne abbiamo fatto l'esperienza, siamo anche certi della sua presenza costante. La nostra vita riprende sapore, la vita di tutti i giorni. Ma anche ci viene chiarita la nostra missione, quella di credere all'amore.
A Pietro Gesù, in risposta ai tre rinnegamenti, richiede tre richieste d'amore.
Ne siamo capaci? " Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene". Questo per Pietro, questo per ciascuno di noi.
È il frutto della Pasqua.
Non c'è tradimento che non possa essere assorbito dal perdono e possa ricevere la forza per una testimonianza credibile che il Signore risorto è vivo in mezzo a noi.

-------------
Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete (Gv 21,6)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata
 Simone, figlio di Giovanni mi ami più di costoro? (Gv 21,15) - (01/05/2022)
(vai al testo)
 È il Signore! (Gv 21,7) - (05/05/2019)
(vai al testo)
 È il Signore! (Gv 21,7) - (10/04/2016)
(vai al testo)
 Simone, mi ami? (Gv 21,16) - (14/04/2013)
( vai al testo…)
 Signore, tu sai che ti voglio bene (Gv 21,17) - (16/04/2010)
(vai al post "Il primato dell'amore")

Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
  Il risorto nella nostra vita (29/04/2022)
  Una parola che "ricostruisce" (03/05/2019)
  Mi vuoi bene? (08/04/2016)
  L'amore al di sopra di tutto! (12/04/2013)

Commenti alla Parola:
  di Goffredo Boselli (VP 5.2025)
  di Antonio Savone (VP 5.2022)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 5.2019)
  di Luigi Vari (VP 3.2016)
  di Marinella Perroni (VP 3.2013)
  di Claudio Arletti (VP 3.2010)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano
  di Letture Patristiche della Domenica

(Immagine: "È il Signore!", G. Trevisan, La Domenica 4 maggio 2025)

giovedì 1 maggio 2025

Ti voglio bene perché...


Parola di Vita – Maggio 2025
(Clicca qui per il Video del Commento   -   oppure...)

«Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene» (Gv 21,17)

L'ultimo capitolo del Vangelo di Giovanni ci porta in Galilea, sul lago di Tiberiade. Pietro, Giovanni ed altri discepoli, dopo la morte di Gesù, sono tornati al loro lavoro di pescatori, ma purtroppo la notte è stata infruttuosa.
Il Risorto si manifesta lì, per la terza volta, li esorta a gettare nuovamente le reti e questa volta raccolgono tanti pesci. Poi li invita a condividere il cibo sulla riva. Pietro e gli altri lo hanno riconosciuto, ma non osano rivolgergli la parola.
Gesù prende l'iniziativa e si rivolge a Pietro, con una domanda molto impegnativa: "Simone di Giovanni, mi ami più di costoro?". Il momento è solenne: per tre volte Gesù rinnova la chiamata di Pietro [1] a prendersi cura delle sue pecore, di cui Egli stesso è il Pastore [2].

«Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene».

Ma Pietro sa di aver tradito e questa tragica esperienza non gli permette di rispondere positivamente alla domanda di Gesù. Risponde con umiltà: "Tu sai che ti voglio bene".
Durante tutto il dialogo, Gesù non rinfaccia a Pietro il tradimento, non si dilunga a sottolineare l'errore. Lo raggiunge sul piano delle sue possibilità, lo porta dentro la sua dolorosa ferita, per sanarla con la sua amicizia. L'unica cosa che chiede è di ricostruire il rapporto nella fiducia reciproca.
E da Pietro sgorga una risposta che è un atto di consapevolezza della propria debolezza e, allo stesso tempo, di fiducia illimitata nell'amore accogliente del suo Maestro e Signore:

«Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene».

Anche a ciascuno di noi Gesù fa la stessa domanda: mi ami? Vuoi essere mio amico? Egli sa tutto: conosce i doni che abbiamo ricevuto da Lui stesso, come pure le nostre debolezze e ferite, a volte sanguinanti. Eppure rinnova la sua fiducia, non nelle nostre forze, ma nell'amicizia con Lui. In questa amicizia, Pietro troverà anche il coraggio di testimoniare l'amore per Gesù fino al dono della vita.
«Momenti di debolezza, di frustrazione, di scoraggiamento li passiamo tutti: […] avversità, situazioni dolorose, malattie, morti, prove interiori, incomprensioni, tentazioni, fallimenti […]. Proprio chi si sente incapace di superare certe prove che si abbattono sul fisico e sull'anima, e perciò non può far calcolo sulle sue forze, è messo in condizione di fidarsi di Dio. E Lui interviene, attirato da questa confidenza. Dove Lui agisce, opera cose grandi, che appaiono più grandi, proprio perché scaturiscono dalla nostra piccolezza» [3].
Nella quotidianità possiamo presentarci a Dio così come siamo e chiedere la sua amicizia che risana. In questo abbandono fiducioso alla sua misericordia potremo tornare nell'intimità con il Signore e riprendere il cammino con Lui.

«Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene».

Questa Parola di vita può diventare anche preghiera personale, la nostra risposta per affidarci a Dio con le nostre poche forze e ringraziarlo per i segni del suo amore:
«[…] Ti voglio bene perché sei entrato nella mia vita più dell'aria nei miei polmoni, più del sangue nelle mie vene. Sei entrato dove nessuno poteva entrare, quando nessuno poteva aiutarmi, ogniqualvolta nessuno poteva consolarmi. […] Dammi d'esserti grata – almeno un po' – nel tempo che mi rimane, di questo amore che hai versato su di me, e m'ha costretta a dirti: Ti voglio bene.» [4].
Anche nei nostri rapporti in famiglia, nella società e nella chiesa, possiamo imparare lo stile di Gesù: amare tutti, amare per primi, "lavare i piedi" [5] ai nostri fratelli, soprattutto i più piccoli e fragili. Impareremo ad accogliere ognuno con umiltà e pazienza, senza giudicare, aperti a chiedere e accogliere il perdono, per comprendere insieme come camminare fianco a fianco nella vita.

A cura di Letizia Magri
e del team della Parola di Vita.


----------
[1] Cf. Mt 16,18-19.
[2] Gv 10,14.
[3] C. Lubich, Parola di Vita luglio 2000, in eadem, Parole di Vita, a cura di Fabio Ciardi, (Opere di Chiara Lubich 5), Città Nuova, Roma, 2017, p. 629.
[4] Gratitudine, in C. Lubich, La dottrina spirituale, Mondadori 2001, p. 176.
[5] Cf. Gv 13,14.
Fonte: https://www.focolare.org - https://www.focolaritalia.it
Immagine: Signore, tu sai che ti voglio bene, di Bernadette Lopez


venerdì 11 aprile 2025

In Gesù il vero volto di Dio


Domenica delle Palme (C)
Isaia 50,4-7 • Salmo 21 • Filippesi 2,6-11 • Luca 22,14 - 23,56
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

La domenica della Palme ci introduce nella Settimana Santa, dove siamo invitati a contemplare e adorare il vero volto di Dio, nella spogliazione del Figlio donatoci per la salvezza del mondo. "Cristo Gesù, pur essendo nella condizione di Dio, svuotò se stesso assumendo una condizione di servo" (cf. Fil 2,6-7; II lettura). Svuotò se stesso, si spogliò del suo essere come Dio. Questo "spogliarsi" è l'immagine che ritorna nella liturgia di questa domenica. All'ingresso di Gesù in Gerusalemme, la gente si spoglia del suo mantello per deporlo al passaggio di Gesù. Il mantello, simbolo nella Bibbia delle proprie sicurezze. Certo, ognuno di noi può decidere di mettersi alla sequela del Maestro, spogliandosi del proprio egoismo e dei propri attaccamenti. Tuttavia, come la folla prima osannante, anche noi con le nostre azioni lo condanniamo poi alla crocifissione. Ma è proprio questa debolezza umana che Gesù prende su di sé. Anche lui viene spogliato delle vesti, della sua dignità, e poi anche rivestito per burla di un ridicolo mantello scarlatto. Ma Gesù, per amore nostro, si è spogliato veramente di tutto, fino a donarsi come cibo nell'ultima cena. Gesù non ci condanna. È lui ad essere condannato al nostro posto. Di fronte anche al rinnegamento di Pietro, sarà il suo sguardo, penetrante fin nel profondo dell'animo, a ridare la possibilità a Pietro, in quel pianto liberatorio, di sentirsi nuovamente abbracciato dal Maestro. È lo stesso sguardo che assicura al ladrone pentito l'accesso immediato nel paradiso. In Gesù si rivela il vero volto e il vestito di Dio, il suo mantello. Il mantello di Dio è l'umiltà. Gesù è il mite per eccellenza e ci mostra il cammino da percorrere: spogliarci anche noi delle insidie della presunzione, della superbia, delle lusinghe di questo mondo. In attesa della risurrezione, il corpo esanime di Gesù viene avvolto in un lenzuolo. Ed è nella leggerezza di quel tessuto che troviamo la tenerezza della Madre e della Chiesa, di tutti gli uomini e le donne di fede che, come Giuseppe d'Arimatea, sanno custodire, nella speranza, l'evento sconvolgente di un Dio che dona Vita, sempre.
-------------
Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito (Lc 23,46)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata
 Ho tanto desiderato mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione (Lc 22,14) - (10/04/2022)
(vai al testo…)
 Questo è il mio corpo che è dato per voi (Lc 22,19) - (14/04/2019)
(vai al testo…)
 Ho tanto desiderato mangiare questa Pasqua con voi (Lc 22,15)) - (20/03/2016)
(vai al testo)
 Veramente quest'uomo era giusto (Lc 23,47) - (24/03/2013)
( vai al testo…)
 Ho presentato il mio dorso ai flagellatori (Is 50,6) - (26/03/2010)
(vai al post "Amare sino alla fine")

Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
  Ha dato tutto se stesso (08/04/2022)
  Verso la Pasqua (12/04/2019)
  La vita ci viene dal cuore trafitto di Dio (18/03/2016)
  Gioia e dolore! (22/03/2013)

Commenti alla Parola:
  di Goffredo Boselli (VP 4.2025)
  di Antonio Savone (VP 4.2022)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 4.2019)
  di Luigi Vari (VP 2.2016)
  di Marinella Perroni (VP 2.2013)
  di Claudio Arletti (VP 2.2010)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano
  di Letture Patristiche della Domenica

(Immagine: Ingresso di Gesù a Gerusalemme, La Domenica 14 aprile 2019)

venerdì 4 aprile 2025

Il dito che ci plasma creature nuove


5a domenica di Quaresima (C)
Isaia 43,16-21 • Salmo 125 • Filippesi 3,8-14 • Giovanni 8,1-11
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

In questo cammino che ci conduce alla Pasqua del Signore, la liturgia ci fa percorrere l'esperienza della misericordia di Dio, l'invito del Signore a lasciarci coinvolgere dal suo abbraccio che salva e ridona dignità.
L'episodio evangelico della donna adultera (cf. Gv 8,1-11), mette in luce proprio questo: la misericordia di Dio.
Presentano a Gesù una donna sorpresa in adulterio e vogliono sapere dal Rabbi di Nazaret cha pensi di questa donna: "Tu che dici?". Lo interrogano "per metterlo alla prova e avere motivo di condannarlo". Alla fina sappiamo come è andata: "se ne andarono uno ad uno, cominciando dai più anziani". Se ne andarono tutti!
Perché di fronte ad un gesto di misericordia, che vorrebbe abbracciare tutti, loro scappano? Sarà per vergogna, per imbarazzo?
Gesù scrive col dito sulla sabbia. È su quella sabbia, su quella polvere da dove siamo stati tratti, che il dito di Dio si manifesta, ridisegnando i tratti di una dignità restituita.
Quanto avrebbe desiderato Gesù che almeno uno di quegli uomini, assieme alle pietre, lasciassero cadere a terra il muro dell'orgoglio e magari anche le loro ginocchia. E lasciarsi rialzare, rinati, assieme a quella donna.
Eppure, quella domanda "Tu che dici?" ci interpella direttamente. Aspetta una risposta. Noi come credenti cosa diremmo? Scegliamo la durezza o la misericordia? Ci mostriamo inflessibili o di manica larga? Gesù non segue questa strada. Lui ci pone, non davanti ad un dilemma, davanti a un sì o a un no da dire per gli altri. Ci pone davanti a noi stessi. Di fronte a quella donna non siamo come davanti ad uno specchio. È ciò che Gesù ci chiede. Non accada che il male degli altri diventi un pretesto per non vedere il nostro, come quella "trave" nel nostro occhio che ci impedisce di vedere la "pagliuzza" nell'occhio dell'altro.
La donna rimane là in mezzo, sola. E chi sta di fronte alla donna è davvero l'unico innocente, il qual non lancia pietre, ma porta piuttosto su di sé tutto il male del mondo. E davanti a quell' "unico" non possiamo fare altro che arrenderci. Egli nella sua misericordia e nel suo perdono ci dona la forza per non peccare ancora. Credere che Lui ha fatto di noi una "cosa nuova", aperto nel deserto della nostra vita una strada, un fiume d'acqua viva (cf. Is 43, 16-21; I lettura).
Ci ha plasmati creature nuove, col dito della sua mano.

-------------
Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Neanch'io ti condanno; va' e d'ora in poi non peccare più (Gv 8,11)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata
 Neanch'io ti condanno; va' e d'ora in poi non peccare più (Gv 8,11) - (03/04/2022)
(vai al testo)
 Gesù disse: neanch'io ti condanno (Gv 8,11) - (07/04/2019)
(vai al testo)
 Va' e d'ora in poi non peccare più (Gv 8,11) - (13/03/2016)
(vai al testo)
 Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra (Gv 8,7) - (17/03/2013)
( vai al testo…)
 D'ora in poi non peccare più (Gv 8,11) - (19/03/2010)
(vai al post "Sentirsi veramente amati")

Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
  Protési verso una nuova vita (02/04/2022)
  Va'... riprenditi la tua vita (05/04/2019)
  Gesù apre le porte delle nostre prigioni (11/03/2016)
  Il perdono, riabilitazione e rinascita (15/03/2013)

Commenti alla Parola:
  di Goffredo Boselli (VP 4.2025)
  di Antonio Savone (VP 4.2022)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 4.2019)
  di Luigi Vari (VP 2.2016)
  di Marinella Perroni (VP 2.2013)
  di Claudio Arletti (VP 2.2010)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano

(Immagine: Scriveva per terra, G. Trevisan, La Domenica 6 aprile 2025)

martedì 1 aprile 2025

"Cose nuove" nella nostra vita


Parola di Vita – Aprile 2025
(Clicca qui per il Video del Commento   -   oppure...)

«Ecco, io faccio una cosa nuova, proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?» (Is 43,19)

L'esilio in Babilonia e la distruzione del tempio di Gerusalemme avevano creato nel popolo di Israele un trauma collettivo e posto un interrogativo teologico: Dio è ancora con noi o ci ha abbandonati? Lo scopo di questa parte del libro di Isaia è quello di aiutare il popolo a capire quello che Dio sta operando, a fidarsi di Lui e poter così ritornare in patria. Ed è proprio nell'esperienza dell'esilio che il volto di Dio creatore e salvatore si rivela.

«Ecco, io faccio una cosa nuova, proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?».

Isaia ricorda l'amore fedele di Dio per il suo popolo. La Sua fedeltà rimane costante anche durante il periodo drammatico dell'esilio. Anche se le promesse fatte ad Abramo appaiono irraggiungibili e il patto dell'Alleanza sembra in crisi, il popolo di Israele rimane un luogo particolarmente privilegiato della presenza di Dio nella storia.
Il libro profetico affronta domande esistenziali, fondamentali non solo per quel tempo: chi ha in mano lo svolgersi e il significato della storia? Questa domanda può essere rivolta anche a livello personale: chi tiene in mano le sorti della mia vita? Qual è il senso di quello che sto vivendo o che ho vissuto?

«Ecco, io faccio una cosa nuova, proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?».

Dio opera nella vita di ciascuno, costantemente, facendo "cose nuove". Se non sempre ce ne accorgiamo o riusciamo a capirne il significato e la portata, è perché esse sono ancora germogli o perché non siamo pronti a riconoscere quello che Egli sta operando. Distratti da eventi che ci accadono, dalle mille preoccupazioni che ci attanagliano l'anima, da pensieri che ci importunano, forse non ci fermiamo abbastanza nell'osservare questi germogli che sono la certezza della Sua presenza. Egli non ci ha mai abbandonato e crea e ricrea in continuazione la nostra vita.
«Siamo noi la "cosa nuova", la "nuova creazione" che Dio ha generato. […] Non guardiamo più al passato per rimpiangere ciò che di bello ci è successo o per piangere i nostri sbagli: crediamo fortemente all'azione di Dio che può continuare ad operare cose nuove» [1].

«Ecco, io faccio una cosa nuova, proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?».

Insieme a coloro che condividono con noi il cammino della nostra esistenza, la nostra comunità, gli amici, i colleghi di lavoro, proviamo a lavorare, a confrontarci e a non perdere la fiducia che le cose possano cambiare in meglio.
Il 2025 è un anno speciale perché la data della Pasqua ortodossa coincide con quella delle altre denominazioni cristiane. Che questo avvenimento, la festa della Pasqua comune, possa essere una testimonianza della volontà delle Chiese nel continuare senza sosta un dialogo nel portare avanti insieme le sfide dell'umanità e promuovere azioni congiunte.
Prepariamoci a vivere quindi questo periodo pasquale con gioia piena, fede e speranza. Così come Cristo è risorto, anche noi, dopo aver attraversato i nostri deserti, lasciamoci accompagnare in questo viaggio da Colui che guida la storia e la nostra vita.

A cura di Patrizia Mazzola
e del team della Parola di Vita.


----------
[1] C. Lubich, Parola di Vita di marzo 2004, in eadem, Parole di Vita, a cura di Fabio Ciardi (Opere di Chiara Lubich 5; Città Nuova, Roma 2017) pp. 715-716.

Fonte: https://www.focolare.org - https://www.focolaritalia.it
Immagine: Foto di Adina Voicu da Pixabay, dal sito www.focolare.org


venerdì 28 marzo 2025

Imparare ad essere figli e fratelli


4a domenica di Quaresima (C)
Giosuè 5,9a.10-12 • Salmo 33 • 2 Corinzi 5,17-21 • Luca 15,1-3.11-32
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

Dio ama stare dalla parte di chi è emarginato, non solo dalla comunità degli uomini, ma anche da se stesso perché peccatore. E chi non lo è? "Chi è senza peccato, scagli per primo la pietra…", dirà Gesù (cf. Gv 8,7).
E davanti alle mormorazioni dei farisei e degli scribi che avevano da ridire perché Gesù "accoglie i peccatori e mangia con loro", Gesù a loro, che si ritenevano giusti ed osservanti della Legge, racconta la parabola del padre e dei due figli (cf. Lc 15,1-13.11-12).
Abbiamo davanti a noi la scena di un padre, che sconvolge tutto il nostro modo di rapportarci con Dio, e due figli, uno scapestrato e l'altro ragazzo per bene.
Nessuno dei due figli ha capito il padre, ed è in ciascuno dei due che anche noi possiamo identificarci.
Il figlio più giovane, chiedendo "la parte di patrimonio che gli spetta", di fatto uccide già da vivo il padre.
Il figlio maggiore rifiuta di entrare in casa con un padre che potremmo definire "capriccioso", che ama le feste e fa preferenza tra i suoi figli.
Il padre invece è accoglienza pura, misericordia estrema, è uno che si compromette fino in fondo. Col figlio scapestrato, quando lo vede la lontano (quindi lo sta aspettando), "ha compassione, gli corre incontro, gli si getta al colle e lo bacia". Ed è festa! Col figlio che ha sempre obbedito, che è uno pieno di invidia e crede che a lui spettino tutte queste manifestazioni di festa, e non vuole entrare in casa. Ma il padre esce a supplicarlo.
Il Padre esce dal suo Paradiso e scende, nel Figlio, a supplicarci di entrare in casa. In quella casa dove si fa festa, non perché si è "bravi", osservanti, ma perché si è riconciliati, perché da morti siamo ritornati in vita e da persi ad essere ritrovati.
È dal Padre che impariamo ad essere figli, nel Figlio Gesù formando con Lui un solo corpo.
Seguendo Gesù e vivendo il suo vangelo, possiamo, con l'auto dello Spirito, imparare ad "essere misericordiosi come il Padre è misericordioso" (Lc 6,36). Impariamo ad essere figli e ad essere fratelli.
Non sono le nostre opere che ci salvano, ma è l'amore del Padre che nel dono del Figlio, per mezzo dello Spirito, è stato riversato nei nostri cuori.

-------------
Vedi anche: Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza): Era perduto ed è stato ritrovato (Lc 15,32) (vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata
 Si alzò e tornò da suo padre (Lc 15,20) - (27/03/2022)
(vai al testo)
 Suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro (Lc 15,20) - (31/03/2019)
(vai al testo)
 E cominciarono a far festa (Lc 15,24) - (06/03/2016)
(vai al testo)
  l Padre lo vide, ebbe compassione e gli corse incontro (Lc 15,20) - (10/03/2013)
( vai al testo…)
 Era perduto ed è stato ritrovato (Lc 15,24) - (12/03/2010) (vai al post "L'abbraccio della riconciliazione")

Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
  La gioia piena di figli riconciliati (25/03/2022)
  Essere "figlio"... più forte di ogni cosa (29/03/2019)
  Le intime fibre del cuore del Padre (04/03/2016)
  La gioia di essere perdonati ed accolti (08/03/2013)

Commenti alla Parola:
  di Goffredo Boselli (VP 3.2025)
  di Antonio Savone (VP 3.2022)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 3.2019)
  di Luigi Vari (VP 2.2016)
  di Marinella Perroni (VP 2.2013)
  di Claudio Arletti (VP 2.2010)
  di Enzo Bianchi

(Immagine: L'abbraccio del Padre, G. Trevisan, La Domenica 30 marzo 2025)

venerdì 21 marzo 2025

Lasciarsi scavare e concimare


3a domenica di Quaresima (C)
Esodo 3,1-8a.13-15 • Salmo 102 • 1 Corinzi 10,1-6.10-12 • Luca 13,1-9
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

Nel nostro cammino quaresimale la liturgia di questa domenica ci invita a scoprire sempre di più l'urgenza di una conversione che dia uno slancio decisivo alla nostra vita. Scoprire i segni della presenza di Dio nella nostra vita, al di là dei nostri errori, dei nostri peccati.
Il Signore Gesù è venuto per rivelarci il vero volto del Padre, che è misericordia e vuole la salvezza di tutti. Non è un giudice spietato che ripaga secondo le nostre colpe, come la religiosità del tempo di Gesù (e per certi versi anche la nostra) vorrebbe farci intendere.
I fatti di cronaca raccontati nel brano evangelico proposto (cf. Lc 13,1-19) non ci indicano il castigo per colpe commesse, quanto piuttosto l'invito alla conversione. Se non ci convertiamo, "periremo tutti allo stesso modo", direbbe Gesù. Se la nostra conversione non è sincera, se la nostra vita, le nostre scelte non sono secondo Dio, non possiamo capire perché certe situazioni, anche dolorose, accadono. Non certo perché il Signore ci voglia ripagare per le nostre azioni non buone. Invece è Lui che si china su di noi per esserci accanto, insegnarci la pazienza dell'agricoltore.
La storia è fatta di intrecci di eventi e di situazioni, di incontri e di sorprese che scandiscono la lotta tra la vita e la morte, tra il bene e il male. In questo percorso, tra montagne da scalere e valli da esplorare, non siamo soli: il Signore è con noi.
"Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto - dice Dio a Mosè - e ho udito il suo grido… Sono sceso per liberarlo…" (cf. Es 3,7-8; I lettura). Sì, Dio, in Gesù, è sceso nella fragilità della nostra vita, nella nostra miseria, nella nostra morte. Gesù è quel contadino che supplica il padrone della vigna di aspettare ancora perché il fico porti frutto. È Lui che zapperà attorno e metterà il concime perché porti frutto per l'avvenire, perché possiamo dare il meglio di noi stessi. Tuttavia ci è dato un tempo, e questo non è indefinito. È l'urgenza della conversione. Occorre impegnarsi.
L'immagine del fico della parabola rimanda al dono della Legge (il fico è simbolo della Torah), che è pedagogia che apre alla vita donata da Gesù. Occorre che l'osservanza dei precetti sia accompagnata sempre dalla misericordia, che è il "concime" per portare frutto. Diversamente la Legge senza l'amore, la carità, è la vera causa della morte. La Legge senza la carità è morta, è sterile, priva di vita.
Allora se vogliamo cogliere l'invito ad essere piante che danno frutto, occorre lasciarsi scavare attorno e lasciarsi concimare dalla fecondità della Parola e dei Sacramenti che ci vengono offerti per vivere bene il tempo che ci è dato.

-------------
Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai (Lc 12,9)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata
 Se non vi convertirete, perirete tutti allo stesso modo (Lc 12,3) - (24/03/2019)
(vai al testo…)
 Se non vi convertirete, perirete tutti allo stesso modo (Lc 12,3) - (24/03/2019)
(vai al testo…)
 Se non vi convertirete, perirete tutti allo stesso modo (Lc 12,3) - (28/02/2016)
(vai al testo)
 Venne nella sua vigna a cercarvi frutti (Lc 13,6) - (03/03/2013)
( vai al testo…)
 Venne nella sua vigna a cercarvi frutti (Lc 13,6) - (05/03/2010)
(vai al post "I nostri frutti")

Vedi anche i post Appunti per l'omelia:
  La pazienza di Dio non si logora nell'attesa (18/03/2022)
  Conversione, ragione di vita (22/03/2019)
  La pazienza di Dio non si logora nell'attesa (18/03/2022)
  Gesù per primo si è impegnato per me (26/02/2016)
  Frutti di conversione (01/03/2013)

Commenti alla Parola:
  di Goffredo Boselli (VP 3.2025)
  di Antonio Savone (VP 3.2022)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 3.2019)
  di Luigi Vari (VP 1.2016)
  di Marinella Perroni (VP 2.2013)
  di Claudio Arletti (VP 2.2010)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano

(Immagine: Lascialo ancora… Zapperò perché porti frutto, acquarello di Maria Cavazzini Fortini, marzo 2019)

venerdì 14 marzo 2025

Essere pienamente se stessi


2a domenica di Quaresima (C)
Genesi 15,5-12.17-18 • Salmo 26 • Filippesi 3,17-4,1 • Luca 9,28b-36
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

In questa seconda domenica del nostro cammino quaresimale, che ci porta a vivere il mistero di morte e di risurrezione di Gesù, siamo introdotti nell'esperienza della trasfigurazione, anticipo della nostra vita futura, quale cittadini del cielo dove aspettiamo che il Signore trasformi il nostro misero corpo mortale nel suo corpo glorioso (cf. Fil 3,20; II lettura).
L'esperienza sul monte è un'esperienza di unione con Dio, di una preghiera che ci fa fare l'esperienza di Dio. Gesù, con i suoi tre discepoli più intimi, Pietro, Giacomo e Giovanni, "sale sul monte a pregare"; nella preghiera il volto di Gesù cambia aspetto, diviene "altro". È l'esperienza dell'unione col Padre.
Forse alle volte noi intendiamo la preghiera come una occupazione che ci tiene fuori dal mondo. No, ci trasforma, ci fa essere "altri", come Gesù. Ma, come è per Gesù, solo nel momento della preghiera. Poi noi ritorniamo noi stessi, come Gesù che "restò solo". Cioè restò se stesso, restò solo Gesù. Lui è l'eletto per essere l'uomo nuovo in tutta la sua umanità. È la sua carne ciò che il Padre gli ha preparato, perché anche la nostra umanità fosse assunta pienamente nella sua.
È "Gesù solo" che si sta preparando al suo "esodo", al passaggio dal monte Tabor al monte Calvario, nella Pasqua.
La voce del Padre nella nube che avvolge i tre, e quindi tutti noi, ci dice chiaramente: "Questi è il Figlio mio, l'eletto: ascoltatelo!" (Lc 9,36").
Sì, ascoltare quel Gesù che si presenta a noi nella sua umanità è seguirlo per la sua stessa strada, dove "il discepolo non è da più del suo Maestro".
Potremmo dire anche noi che "è bello" essere con Gesù nella visione, ma occorre, per sperimentare pienamente quella dimensione divinizzante, scendere dal monte, e comprendere nel "silenzio" della nostra esistenza personale e con gli altri il senso profondo della Pasqua; accettare pienamente la nostra condizione umana per dimostrare in modo vero di essere fedeli a Gesù, seguendolo nella nuda realtà del suo essere umano.

-------------
Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Questi è il Figlio mio, l'eletto; ascoltatelo! (Lc 9,35)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata
 Salì sul monte a pregare (Lc 9,28) - (13/03/2022)
(vai al testo…)
 Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo (Lc 9,35) - (17/03/2019)
(vai al testo…)
 Maestro, è bello per noi essere qui (Lc 9,33) - (21/02/2016)
(vai al testo)
 Mentre Gesù pregava il suo volto cambiò di aspetto (Lc 9,29) - (24/02/2013)
( vai al testo…)
 È il Figlio mio, ascoltatelo! (Lc 4,8) - (26/02/2010)
(vai al post "Ascoltarlo e seguirlo")

Vedi anche i post Appunti per l'omelia:
  Vedere il volto di Dio nel volto del Figlio (11/03/2022)
  L'esperienza fondamentale della preghiera (15/03/2019)
  Ascoltare e scoprirci "figli" (19/02/2016)
  Una fede consolidata (22/02/2013)

Commenti alla Parola:
  di Goffredo Boselli (VP 3.2025)
  di Antonio Savone (VP 3.2022)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 3.2019)
  di Luigi Vari (VP 1.2016)
  di Marinella Perroni (VP 1.2013)
  di Claudio Arletti (VP 1.2010)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano

(Immagine: La tentazione del pane, G. Trevisan, La Domenica 16 marzo 2025)

venerdì 7 marzo 2025

La Parola, sulla bocca e nel cuore


1a domenica di Quaresima (C)
Deuteronomio 26,4-10 • Salmo 90 • Romani 10,8-13 • Luca 4,1-13
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

La prima domenica di Quaresima è sempre caratterizzata dal racconto evangelico delle tentazioni di Gesù nel deserto. In quest'anno "C", secondo Luca (cf. Lc 4,1-13).
Il figlio di Dio, che ha assunto la nostra carne mortale, ha sperimentato tutto di noi, tranne il peccato: la nostra fragilità, le nostre paure, le nostre tentazioni.
All'inizio di questo cammino quaresimale focalizzo l'attenzione su un aspetto particolare, su una Parola: "Il Signore, Dio tuo, adorerai" (Lc 4,8). È puntare la bussola della nostra vita su un punto preciso, essenziale, imprescindibile: Dio solo! Allora viene da chiederci: Dio è al primo posto nelle scelte della nostra vita? Le tentazioni, stigmatizzate nel racconto evangelico nel piacere, nel possedere e nel potere, non fanno altro che porre l'attenzione su noi stessi. Un piacere che è soddisfazione immediata dei nostri bisogni senza ponderazione facendo leva sulla nostra fragilità; un possedere che fa leva sulle cose materiali per controllare cose e persino persone; il potere che è un sentirsi superiori agli altri da prendere il posto di Dio.
È mettere se stessi al primo posto, quel posto che nella nostra vita e in quella degli altri spetta a Dio. Lui ci ha creati per sé, perché fossimo testimonianza dell'amore che è l'essenza divina della Trinità.
Le tentazioni nel deserto, luogo di solitudine e di morte, esprimono la nostra condizione umana e la nostra possibilità di scelta. Dio tuttavia è sempre presente e ci è sempre accanto. Gesù stesso, pieno di Spirito Santo, è condotto nel deserto ed essere tentato.
Il Signore dona se stesso nella sua Parola. La discriminante delle tentazioni raccontare ruotano tutte attorno alla Parola di Dio. Ed è importante capire che la stessa Scrittura può essere utilizzata per il bene o manipolata per il male. Il diavolo conosce la Scrittura e la usa per i suoi fini e ne abusa perché ha lo sguardo concentrato su se stesso e gli altri servono per i suoi interessi.
Ora invece la Parola può veramente diventare forza nella nostra vita se abbiamo sempre il cuore rivolto alla Fonte e gli orecchi attenti ad ascoltare Colui che la pronuncia. Allora sì che la Parola diventa guida per la nostra vita, "sulla bocca e nel cuore" (cf. Rm 10,8). Una Parola accolta nell'umiltà e nell'ascolto interiore, condivisa nella comunione con i fratelli in modo che diventi non una "privata interpretazione" (cf. 2Pt 1,20), ma eco della Parola di Colui che ha promesso di essere sempre con noi, uniti nel suo nome, nella carità che ci fa figli dell'unico Padre.

-------------
Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Il Signore, Dio tuo, adorerai (Lc 4,8)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata
 Per quaranta giorni, tentato da diavolo (Lc 4,1) - (06/03/2022)
(vai al testo)
 Gesù era guidato dallo Spirito nel deserto (Lc 4,1) - (10/02/2019)
(vai al testo)
 Non di solo pane vivrà l'uomo (Lc 4,4) - (14/02/2016)
(vai al testo)
 Gesù era guidato dallo Spirito nel deserto (Lc 4,1) - (17/02/2013)
( vai al testo…)
 Il Signore, Dio tuo, adorerai (Lc 4,8) - (19/02/2010)
(vai al post "La preghiera, respiro dell'anima")

Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
  L'ora delle scelte (04/03/2022)
  «Sta scritto» (08/03/2019)
  La vera forza viene dalla fiducia in Dio (12/02/2016)
  Un profondo atto di fede (15/02/2013)

Commenti alla Parola:
  di Goffredo Boselli (VP 3.2025)
  di Antonio Savone (VP 3.2022)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 3.2019)
  di Luigi Vari (VP 1.2016)
  di Marinella Perroni (VP 1.2013)
  di Claudio Arletti (VP 1.2010)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano
  di Letture Patristiche della Domenica

(Immagine: La tentazione del pane, G. Trevisan, La Domenica 9 marzo 2025)

mercoledì 5 marzo 2025

Nel segreto del cuore


"Ritornate a me con tutto il cuore…", "Laceratevi il cuore e non le vesti" (cf. Gl 2,12.13).
"Il Padre tuo che vede nel segreto…" (cf. Mt 6,4.5.18).
L'invito alla conversione, all'inizio di questa Quaresima, è soprattutto una conversione del cuore, non con manifestazioni esteriori. Il cuore… da dove nascono i nostri propositi di adesione alla volontà del Padre.
"Lacerarsi il cuore" comporta purificarlo da ogni attaccamento che non sia il cuore del Padre. E Lui, nel segreto del nostro cuore, ci riempirà della sua presenza.
Questa Quaresima è un invito ad una unione più profonda con Dio, nel metterlo al primo posto nel mio cuore, senza attaccamenti.
"Nel segreto" il Padre vede… L'invito alla carità, alla preghiera e al digiuno, quali pratiche raccomandate in questo periodo, non sono altro che amare Lui con tutto il cuore, cioè con tutto noi stessi, nel prossimo che incontro, nel mio vivere quotidiano.
Se mi sono fermato su me stesso, ora è il "momento favorevole" per riprendermi e risvegliarmi dal torpore che spesso accompagna le mie giornate.
Ricominciare è un'arte che si impara ogni giorno, ed è l'unica che mi assicura che il mio credere all'amore del Padre è una cosa che veramente interessa e coinvolge la mia vita.
Chiedo di poter "ascoltare la voce del Signore" per non "indurire il mio cuore" (cf. Sal 94), ma allargarlo nella misura del cuore di Gesù, in cui risiede ogni tesoro di grazia.

sabato 1 marzo 2025

Vederci con gli occhi del cuore


Parola di Vita – Marzo 2025
(Clicca qui per il Video del Commento   -   oppure...)

«Perché guardi la pagliuzza che è nell'occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio?» (Lc 6, 41)

Disceso dalla montagna, dopo una notte di preghiera, Gesù sceglie i suoi apostoli. Giunto in un luogo pianeggiante rivolge loro un lungo discorso che inizia con la proclamazione delle Beatitudini.
Nel testo di Luca, a differenza del vangelo di Matteo, esse sono solo quattro e riguardano i poveri, gli affamati, i sofferenti e gli afflitti, con l'aggiunta di altrettanti ammonimenti contro i ricchi, i sazi e gli arroganti [1].
Di questa predilezione di Dio nei confronti degli ultimi, Gesù ne fa la sua missione quando, nella sinagoga di Nazareth [2], afferma di essere pieno dello Spirito del Signore e di portare ai poveri il lieto annuncio, la liberazione ai prigionieri e la libertà agli oppressi.
Gesù continua esortando i discepoli ad amare perfino i nemici [3]; messaggio che trova la sua motivazione ultima nel comportamento del Padre celeste: «Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso» (Lc 6, 36).
Tale affermazione è anche il punto di partenza di quanto segue: «Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati» (Lc 6, 37). Poi Gesù ammonisce tramite un'immagine volutamente sproporzionata:

«Perché guardi la pagliuzza che è nell'occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio?».

Gesù conosce veramente il nostro cuore. Quante volte nella vita di ogni giorno facciamo questa triste esperienza: è facile criticare – anche con rigore – in un fratello o in una sorella errori e debolezze senza tenere conto che, così facendo, ci attribuiamo una prerogativa che appartiene a Dio solo.
Il fatto è che per "toglierci la trave" del nostro occhio ci occorre quell'umiltà che nasce dalla consapevolezza di essere peccatori continuamente bisognosi del perdono di Dio. Solo chi ha il coraggio di accorgersi della propria "trave", di ciò di cui ha personalmente bisogno per convertirsi, potrà comprendere senza giudicare, senza esagerare, le fragilità e le debolezze proprie e degli altri.
Tuttavia, Gesù non invita a chiudere gli occhi e a lasciar correre le cose. Lui vuole che i suoi seguaci si aiutino vicendevolmente nel progredire sulla via di una vita nuova. Anche l'apostolo Paolo chiede con insistenza di preoccuparsi degli altri: di correggere gli indisciplinati, di confortare i pusillanimi, di sostenere i deboli, di essere pazienti con tutti [4]. Solo l'amore è capace di un simile servizio.

«Perché guardi la pagliuzza che è nell'occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio?».

Come mettere in pratica questa parola di vita? Oltre a quanto già detto, cominciando da questo tempo di Quaresima possiamo chiedere a Gesù d'insegnarci a vedere gli altri come li vede lui, come li vede Dio. E Dio vede con gli occhi del cuore perché il Suo è uno sguardo d'amore. Poi, per aiutarci reciprocamente potremmo ripristinare una pratica che fu determinante per il primo gruppo di ragazze dei Focolari a Trento.
«Agli inizi - così Chiara Lubich ad un gruppo di amici musulmani - non era sempre facile vivere la radicalità dell'amore. […] Anche fra noi, sui nostri rapporti, poteva posarsi la polvere, e l'unità poteva illanguidire. Ciò accadeva, ad esempio, quando ci si accorgeva dei difetti, delle imperfezioni degli altri e li si giudicava, per cui la corrente d'amore scambievole si raffreddava. Per reagire a questa situazione abbiamo pensato un giorno di stringere un patto fra noi e lo abbiamo chiamato "patto di misericordia". Si decise di vedere ogni mattina il prossimo che incontravamo – a casa, a scuola, al lavoro, ecc. – nuovo, non ricordandoci affatto dei suoi difetti ma tutto coprendo con l'amore. […] Era un impegno forte, preso da tutte noi insieme, che aiutava ad essere sempre primi nell'amare, a imitazione di Dio misericordioso, il quale perdona e dimentica» [5].

A cura di Augusto Parody Reyes
e del team della Parola di Vita.


----------
[1] Cf. Lc 6,20-26.
[2] Cf. Lc 4,16-21.
[3] Cf. Lc 6,27-35
[4] Cf. 1Ts 5,14.
[5] C. Lubich, L'amore al prossimo, Conversazione con gli amici musulmani, Castel Gandolfo, 1° novembre 2002. Cf. C. Lubich, L'Amore reciproco, Città Nuova, Roma 2013, pp. 89-90.

Fonte: https://www.focolaritalia.it
Immagine: Foto di Yan Krukov Pexelsdal, dal sito www.focolare.org


Visitati di recente