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venerdì 4 luglio 2025

Chiamati ad una raccolta abbondante


14a domenica del Tempo ordinario (C)
Isaia 66,10-14c • Salmo 65 • Galati 6,14-18 • Luca 10,1-12.17-20
(Visualizza i brani delle Letture)


Appunti per l'omelia

"La messe è abbondante – ci ricorda Gesù – ma pochi sono gli operai!" (Lc 10,2). Sì, la messe è abbondante, pronta per essere raccolta! Il Seminatore è uscito a seminare (cf. Lc 8,1-8) e solo un quarto del terreno, cioè di coloro che hanno ascoltato la Parola, l'hanno accolta. Eppure la messe è abbondante. È abbondante non per merito nostro, ma perché il Signore l'ha fatta maturare nel soffio dello Spirito. La messe è del Padre, del "signore della messe". A noi raccogliere quanto Lui ha fatto maturare.
Noi, nelle nostre pastorali obsolete ci preoccupiamo più di quello che dobbiamo fare nella semina, che di essere attenti a saper cogliere ciò che lo Spirito suscita nei cuori delle persone, di essere attenti alla raccolta. Forse non ci rendiamo conto di quanto il Signore compie nel cuore delle persone, e non necessariamente secondo i nostri schemi.
Eppure Gesù ci ricorda e ci sprona a pregare il "signore della messe" perché mandi operai a raccogliere, perché la messe è matura e abbondante.
Il nostro compito è quello di consegnare il raccolto nei "granai del cielo", nel cuore del Padre, dove saremo portati in braccio e sulle ginocchia accarezzati, succhiando al seno dell sue consolazioni (cf. Is 66,10-14; I lettura).
Il Signore ci invita a liberarci di ogni ingombro nell'andare dove Lui ci manda, in una povertà di mezzi, per essere più liberi e più solidali, a due a due, in comunione di intenti e di azione, sapendo di essere come agnelli in mezzo a lupi (non il contrario!).
Ci accoglieranno? Doneremo la pace del Signore. Ci rifiuteranno? Scuoteremo anche la polvere dai nostri sandali: non ci porteremo appresso qualcosa che ci possa influenzare e condizionare per il rifiuto ricevuto, che potrebbe rallentare il nostro slancio missionario, con risentimenti o altro.
La nostra ricompensa sarà, non nel successo dell'impresa, quanto piuttosto perché i nostri nomi sono scritti nei cieli. In quei cieli, nel cuore del Padre, dove incontreremo anche coloro che hanno accolto la Parola che lo Spirito, nella sua liberalità, ha fatto maturare in una messe abbondante.

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! (Lc 10,2)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata
 È vicino a voi il regno di Dio (Lc 10,9) - (04/07/2022)
(vai al testo)
 Pregate il Signore della messe (Lc 10,2) - (07/07/2019)
(vai al testo)
 Pregate il Signore della messe (Lc 10,2) - (03/07/2016)
(vai al testo)
 Pregate dunque il Signore della messe (Lc 10,2) - (07/07/2013)
(vai al testo…)
 Li inviò a due a due (Lc 10,1) - (02/07/2010)
(vai al post "Mandati a due a due")

Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
  Chiamati a precedere il Maestro (02/07/2022)
  I nostri nomi sono scritti nel cuore di Dio (05/07/2019)
  Operai disarmati, ma portatori di Dio (01/07/2016)
  La nostra responsabilità nell'annuncio del Vangelo (05/07/2013)

Commenti alla Parola:
  di Goffredo Boselli (VP 7.2025)
  di Antonio Savone (VP 7.2022)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 6.2019)
  di Luigi Vari (VP 5.2016)
  di Marinella Perroni (VP 5.2013)
  di Claudio Arletti (VP 6.2010)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano
  di Letture Patristiche della Domenica

(Illustrazione: Mandati in missione, di Bernadette Lopez)

martedì 1 luglio 2025

Prossimità evangelica


Parola di Vita – Luglio 2025
(Clicca qui per il Video del Commento   -   oppure...)

«Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione» (Lc 10,33)

Martine è sul treno della metropolitana di una grande città europea; tutti i passeggeri sono concentrati sul proprio cellulare. Connessi virtualmente, ma realmente intrappolati nell'isolamento. Si domanda: «Ma non siamo più capaci di guardarci negli occhi?».
È esperienza comune, soprattutto nelle società ricche di beni materiali, ma sempre più povere di rapporti umani. Invece il Vangelo torna sempre con la sua proposta originale, creativa, capace di "fare nuove tutte le cose" [1].
Nel lungo dialogo con il dottore della Legge che gli chiede cosa fare per ereditare la vita eterna [2], Gesù risponde con la famosa parabola del buon Samaritano: un sacerdote e un levita, figure di rilievo nella società del tempo, vedono un uomo aggredito dai briganti, sul margine della strada, ma passano oltre.

«Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione».

Al dottore della Legge, che conosce bene il comandamento divino dell'amore al prossimo [3], Gesù propone come modello uno straniero, considerato scismatico e nemico: egli vede il viandante ferito, ma si lascia prendere dalla compassione, un sentimento che nasce da dentro, dal profondo del cuore umano. Perciò interrompe il suo viaggio, gli si avvicina e se ne prende cura.
Gesù sa che ogni persona umana è ferita dal peccato e proprio questa è la sua missione: guarire i cuori con la misericordia e il perdono gratuito di Dio, perché siano a loro volta capaci di vicinanza e condivisione.
«[…] Per imparare a essere misericordiosi come il Padre, perfetti come lui, occorre guardare Gesù, rivelazione piena dell'amore del Padre. […] l'amore è il valore assoluto che dà senso a tutto il resto […] che trova la sua espressione più alta nella misericordia. Misericordia che aiuta a vedere sempre nuove le persone con le quali viviamo ogni giorno in famiglia, a scuola, al lavoro, senza ricordarci più dei loro difetti, degli sbagli; che ci fa non giudicare, ma perdonare i torti subiti. Anzi dimenticarli» [4].

«Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione».

La risposta finale e decisiva si esprime con un invito chiaro: «Va' e anche tu fa' lo stesso» [5]. È quello che Gesù ripete a chiunque accoglie la sua Parola: farsi prossimi, prendendo l'iniziativa di "toccare" le ferite delle persone incontrate ogni giorno sulle strade della vita.
Per vivere la prossimità evangelica, prima di tutto chiediamo a Gesù di guarirci dalla cecità dei pregiudizi e dell'indifferenza, che ci impedisce di vedere oltre noi stessi. Poi impariamo dal Samaritano la capacità di compassione, che lo spinge a mettere in gioco la sua stessa vita. Imitiamo la sua prontezza a fare il primo passo verso l'altro e la disponibilità ad ascoltarlo, a fare nostro il suo dolore, liberi dai giudizi e dall'ansia di "perdere tempo".
È l'esperienza di una giovane coreana: «Ho cercato di aiutare un'adolescente che non era della mia cultura e che non conoscevo bene. Eppure, anche se non sapevo cosa e come fare, ho preso il coraggio di provarci. E con sorpresa ho notato, che - offrendo quell'aiuto - io stessa mi sono ritrovata "guarita" nelle mie ferite interioriͮ».
Questa Parola ci offre la chiave d'oro per realizzare l'umanesimo cristiano: ci rende consapevoli della comune umanità, in cui si riflette l'immagine di Dio, e ci insegna a superare con coraggio la categoria della "vicinanza" fisica e culturale. In questa prospettiva, è possibile allargare i confini del "noi" fino all'orizzonte del "tutti" e ritrovare i fondamenti stessi della vita sociale.

A cura di Letizia Magri
e del team della Parola di Vita


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[1] Cf. Ap 21,5.
[2] Cf. Lc 10, 25-37.
[3] Dt 6,5; Lv 19,18.
[4] C. Lubich, Parola di Vita giugno 2002, in eadem, Parole di Vita, a cura di Fabio Ciardi, (Opere di Chiara Lubich 5), Città Nuova, Roma, 2017, p.659.
[5] Lc 10,37.

Fonte: https://www.focolare.org - https://www.cittanuova.it

venerdì 27 giugno 2025

Comunione e missione


Ss. Apostoli Pietro e Paolo Atti 12,1-11 • Salmo 33 • 2 Timoteo 4,6-8.17-18 • Matteo 16,13-19
(Visualizza i brani delle Letture)


Appunti per l'omelia

La liturgia celebra oggi in un'unica festa le due colonne della Chiesa, Pietro e Paolo. Due apostoli che hanno dato la vita alla sequela del Signore Gesù. Due persone che, nonostante la missione loro affidata, non eccellono per una condotta esemplare. Pietro rinnega il Maestro tre volte; Paolo è un acerrimo persecutore dei cristiani.
Ma l'incontro con Cristo li ha trasformati profondamente. Pietro, più che essere un modello di virtù è piuttosto un modello di pentimento. Ed è su questo interiore ravvedimento che il Signore Gesù lo ha costituito "roccia" su cui edificare la sua Chiesa. Paolo è modello di colui che ha custodito la fede: "ho conservato la fede" scrive a Timoteo. Ambedue hanno il nome cambiato: da Simone in Roccia (Pietro), da Saulo in Paolo, l'infimo degli apostoli.
Due apostoli che indicano a ciascuno di noi il nostro essere chiesa. Pietro, quale segno dell'unità, della comunione ecclesiale; Paolo quale segno della sua missione di annunciare il vangelo fino agli ultimi confini della terra.
In sintesi: comunione e missione!
L'incontro con Gesù ha fatto sì che tutta la loro vita sia una donazione totale, un affidamento fino alla morte. Pietro, prigioniero in carcere sperimenta che l'angelo del Signore lo ha "strappato dalla mano di Erode"; Paolo ha "combattuto la buona battaglia" in attesa di ricevere "la giusta corona di giustizia".
Questo vale per ciascuno di noi. Attratti dal Signore Gesù, decidiamo di spendere la nostra vita per seguirlo fino in fondo, certi non della nostra bravura, ma della grazia che ci viene offerta.
Per questo anche a noi viene chiesto: "Ma voi chi dite che io sia?".
La gente, coloro che non seguono Gesù da vicino, lo considerano, anche oggi, un grande personaggio, uno fra i tanti, anche se il più importante, ma non l'unico.
I discepoli, coloro che vogliono seguire Gesù, devono rispondere alla domanda che Gesù stesso rivolge: "Chi sono io per te?". Siamo in grado di riconoscere in Gesù, che abbiamo seguito, la manidestazio0ne del Padre, della sua volontà, il Figlio del Dio vivente? Su questa nostra professione di fede nel Signore Gesù siamo inserirti nel cuore della Chiesa, certi che le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. Accompagnati dall'esempio degli apostoli Pietro e Paolo, siamo chiamati anche noi, nel nostro piccolo, nel nostro quotidiano, ad essere comunione di vita che sperimenta la presenza del Risorto in mezzo a noi, e contemporaneamente aperti alla missione per annunciare con la nostra vita, e all'occorrenza con la parola, la novità del vangelo.

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Ma voi chi dite che io sia? (Mt 16,15)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tipo pubblicata
 Tu sei Pietro (Mt 16,18) - (29/06/2014)
(vai al testo)

Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
  Testimonianza di fede e di amore (27/06/2014)

Commenti alla Parola:
  di Goffredo Boselli (VP 6.2025)
  di Gianni Cavagnoli (VP 5.2014)

sabato 21 giugno 2025

Una scelta radicale


21 giugno – San Luigi Gonzaga

Oggi, memoria di San Luigi Gonzaga (di cui porto il nome), la liturgia (sabato della 11a settimana del T.O.) ci propone il brano evangelico di Matteo 6,24-34.
"Nessuno può servire due padroni": è la scelta prioritaria di Dio, al di sopra di ogni cosa materiale, di ogni affetto.
San Luigi ha saputo preferire ai beni terreni e alle possibilità mondane e di potere la scelta radicale di seguire Gesù.
"Non preoccupatevi del domani", ci invita Gesù. È un affidarsi seriamente all'amore del Padre. San Luigi ha offerto la sua vita nel servizio ai fratelli, agli ultimi.
San Paolo, nella seconda lettera ai Corinzi (2Cor 12,1-10) proposta dalla liturgia odierna, dice di vantarsi delle proprie debolezze: è per me uno stimolo a confidare pienamente nella misericordia del Padre. E il monito di Gesù: "Ti basta la mia grazia" è un balsamo che lenisce ogni sofferenza causata dalle mie infedeltà e da quelle che le circostanze ci riservano. San Luigi mi è di modello e stimolo per poterlo imitare almeno "nella penitenza evangelica", soprattutto quella che mi si presenta nell'incontro con i fratelli che sono chiamato a servire.

Altri post "San Luigi Gonzaga"…

venerdì 20 giugno 2025

Essere collaboratori di grazia


SS. Corpo e Sangue di Cristo (C)
Genesi 14,18-20 • Salmo 109 • 1 Corinzi 11,23-26 • Luca 9,11b-17
(Visualizza i brani delle Letture)


Appunti per l'omelia

Nella solennità del Corpus Domini la liturgia ci presenta il brano evangelico di Luca della moltiplicazione dei pani e dei pesci (cf. Lc 9,11b-17).
Gesù insegna alle folle la novità del regno di Dio e guarisce quanti hanno bisogno di cure. Non sappiamo niente del discorso di Gesù. Ma la gente accorre. L'evangelista, più che dirci delle parole del Maestro, ci narra i fatti che indicano come il regno di Dio avanza.
Il giorno comincia a declinare e i Dodici invitano Gesù a congedare la folla; in pratica a rompere quell'intimità e quell'attrattiva che spinge la gente a seguire Gesù. Sembra strano questo modo di vedere le cose, quasi in antitesi a quello che i due discepoli di Emmaus hanno sperimentato: "Resta con noi, Signore, perché si fa sera". Qui invece la scena ci presenta il contrario: scende la sera, andate a casa…
È l'esperienza del Risorto che fa trattenere Gesù. Sintomatico, per noi oggi, nelle nostre assemblee liturgiche, constatare se la mediazione dei ministri è tale da farci sperimentare la presenza del Risorto fra noi. E l'invito di Gesù: "Date voi stessi da mangiare" è costitutivo del nostro essere comunità, dove l'Eucaristia è esperienza dell'unico corpo di Cristo. Tocca ai discepoli dividere la folla in gruppi di cinquanta, quasi a rimandare alle assemblee liturgiche dei primi tempi nelle case dei più abbienti.
Così si fa esperienza che la consapevolezza dell'insufficienza di ogni nostra risorsa, cinque pani e due pesci, è l'inizio di un abbandono fiducioso nell'opera di Dio.
Si sperimenta cosa sia il regno di Dio. È grazia che non si commercia né si acquista, ma è certezza che dove l'umano ha esaurito ogni possibilità, lì la grazia è capace di provvedere alla nostra povertà.
Allora si comprende come l'Eucaristia sia non solamente una grazia che ci viene dall'alto, ma è necessariamente anche apporto della nostra volontà e libertà di donare e di donarsi.
È alla fine della giornata, di ogni giornata della vita, che Gesù ci invita a non disperderci, ma a radunarci in una famiglia che è quella dei figli di Dio, dove si sperimenta la presenza del Risorto fra noi.
La mediazione sacerdotale in ogni celebrazione eucaristica ci fa intendere che l'opera di Gesù ha bisogno del nostro contributo, del sacerdote e di tutta l'assemblea, in modo che l'esperienza di grazia sia per la nostra vita un "magiare a sazietà" di ciò che l'amore del Padre ci elargisce, dove gli avanzi sono il segno della straripante abbondanza di grazie e di generosità di Dio.

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Voi stessi date loro da mangiare (Lc 9,13) (vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata
 Tutti mangiarono a sazietà (Lc 9,17) - (19/06/2022)
(vai al testo)
 Voi stessi date loro da mangiare (Lc 9,13) - (23/06/2019)
(vai al testo)
 Tutti mangiarono a sazietà (Lc 9,17) - (29/05/2016)
(vai al testo)
 Voi stessi date loro da mangiare (Lc 9,13) - (02/06/2013)
( vai al testo…)
 Fate questo in memoria di me (1Cor 11,24) - (04/06/2010)
(vai al post "Vivere l'Eucaristia")

Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
  Nella condivisione la nostra sequela (17/06/2022)
  Corresponsabili con Gesù (20/06/2019)
  Siamo ricchi di ciò che doniamo (27/05/2016)
  Il Dono che è per tutti (31/05/2013)

Commenti alla Parola:
  di Goffredo Boselli (VP 6.2025)
  di Antonio Savone (VP 6.2022)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 6.2019)
  di Luigi Vari (VP 4.2016)
  di Marinella Perroni (VP 4.2013)
  di Claudio Arletti (VP 5.2010)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano
  di Letture Patristiche della Domenica

(Immagine: Date voi stessi da mangiare, acquarello di Maria Cavazzini Fortini, 2018)

venerdì 13 giugno 2025

Guidati a tutta la verità


Santissima Trinità (C)
Proverbi 8,22-31 • Salmo 8 • Romani 5,1-5 • Giovanni 16,12-15
(Visualizza i brani delle Letture)


Appunti per l'omelia

"Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato" (Gv 1,18). Così Giovanni nel prologo del suo vangelo.
Noi crediamo nel Dio di Gesù Cristo. È Lui che ce lo ha rivelato. Questa rivelazione porta con sé una immediata difficoltà di comprensione, dove il dio fino ad allora concepito era l'unico, il solo, l'irraggiungibile. Tuttavia Gesù, a costo della sua vita, presentandosi come il Figlio di Dio, ci ha introdotti nel mistero "da secoli nascosto" della Trinità.
Quando Gesù parla ai suoi, prima di inviare lo Spirito, sa bene che, pur volendoci dire di più, non siamo in gradi di portarne il peso. È questa anche la comprensione che ogni cristiano ha del mistero trinitario, fatto di tappe, secondo l'esperienza personale e comunitaria dell'amore che è stato riversato nei nostri cuori. È lo Spirito di Dio a guidarci alla verità tutta intera.
Lui non parlerà da sé stesso, ma prenderà da quel che è del Figlio; ma quel che è del Figlio è anche del Padre. Allora la verità tutta intera verso cui siamo guidati è la relazione che unisce il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo.
Se ciascuno di noi è stato creato ad immagine e somiglianza di Dio, allora nel nostro DNA è impressa la stessa identità di Dio, che è relazione d'amore. E solo nell'amore noi potremo essere veramente noi stessi, in quell'amore che tutto dona di sé. "Non c'è amore più grande di chi dà la propria vita per i propri fratelli" (cf. Gv 13,34).
Nella dinamica del dono possiamo comprendere ciò che accade in Dio. Il dono, infatti, è ciò che rimane mio proprio perché è stato donato a favore di un altro, diventando mio e suo: mio in quanto donatore, suo in quanto destinatario del dono. E questo può essere reciproco.
Nell'amore rivelatoci comprendiamo che nello "svuotasi" di Gesù, Lui ha ritrovato sé stesso, unito indissolubilmente al Padre. Così è anche di noi, nel nostro farsi prossimi, nel nostro "farci vuoti" di fronte ad ogni prossimo per accogliere in noi tutto dell'altro e ritrovarci reciprocamente pienamente noi stessi nella densità dell'amore, colmi di Spirito Santo.
Solo in quest'ottica trinitaria possiamo comprendere pienamente il senso delle nostre relazioni. Non solo, ma anche la relazione nostra con il Creato, uscito anch'esso dalla relazione trinitaria, trova senso quale dono di Dio che porta in sé la sua impronta.

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Vi guiderà a tutta la verità (GV 16,13)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata
 Prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà (Gv 16,14) - (12/06/2022)
(vai al testo)
 Lo Spirito vi guiderà a tutta la verità (Gv 16,13) - (16/06/2019)
(vai al testo)
 Lo Spirito Santo prenderà del mio e ve lo annuncerà (Gv 16,15) - (22/05/2016)
(vai al testo)
 Lo Spirito vi guiderà a tutta la verità (Gv 16,13) - (26/05/2013)
( vai al testo…)
 Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo (Vers. al Vangelo) - (28/05/2010)
(vai al post "Come in Cielo…")

Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
  Nel mistero d'amore di Dio (10/06/2022)
  Lasciarci guidare dallo Spirito (14/06/2019)
  La vita… che si spegne se non si dona (20/05/2016)
  Nel vortice d'amore della Trinità (24/05/2013)

Commenti alla Parola:
  di Goffredo Boselli (VP 6.2025)
  di Antonio Savone (VP 6.2022)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 6.2019)
  di Luigi Vari (VP 4.2016)
  di Marinella Perroni (VP 4.2013)
  di Claudio Arletti (VP 4.2010)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano
  di Letture Patristiche della Domenica

venerdì 6 giugno 2025

La forza dello Spirito Santo in noi


Domenica di Pentecoste (C)
Atti 2,1-11 • Salmo 103 • Romani 8,8-17 • Giovanni 14,15-16.23b-26
(Visualizza i brani delle Letture)
(Vedi anche i brani delle Letture della Messa vespertina della vigilia)


Appunti per l'omelia

"Il Paraclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e ricorderà tutto ciò che vi ho detto" (Gv 14,26). Il dono che il Signore risorto ci dona, il Paraclito, sarà lui a mantenerci nella libertà di corrispondere all'amore di Dio. Ci "suggerirà" ogni cosa per poter rimanere nell'amore, liberamente. Perché "dove c'è lo Spirito del Signore, c'è libertà (2Cor 3,17). Sì, siamo liberi di amare e anche di rifiutare il dono del Padre. Ma, "se uno mi ama - dice Gesù - osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui" (Gv 14,23).
L'osservanza del comandamento di Gesù non è tanto espressione di una esecuzione di un ordine, ma esprime piuttosto l'accoglienza della sua Parola, della sua Persona. È una custodia "amorosa" di una memoria, della persona amata. Quando il rivelarsi di Dio attraverso la sua Parola entra nel nostro cuore, allora non possiamo disperderla: noi diventiamo "dimora di Dio", dove l'amore reciproco del Padre e del Figlio, lo Spirito Paraclito, sarà la nostra guida, il nostro sostegno, il nostro "suggeritore", colui che ci suggerirà di volta in volta le scelte da fare, le risposte da dare.
Porterà alla memoria, secondo lo sguardo di Dio, tutta la nostra vita, dove il passato con tutte le nostre incorrispondenze, sarè visto nella luce dello Spirito. E le nostre ferite troveranno consolazione, che non sarà una qualsiasi consolazione superficiale o una qualsiasi forma di pietà. Ci aprirà piuttosto ad un futuro positivo, nonostante tutto. Perché in Dio, nell'Amore, tutto diventa positivo, tutto è redento. Lui, lo Spirito Paraclito, il Consolatore, trasformerà il nostro punto di vista, cambierà le nostre domande. Non possiamo sempre chiederci il perché su certe situazioni negative senza avere realmente una risposta. Ma la presenza dello Spirito Santo potrà fare dei nostri punti deboli un punto di forza che ci aprirà agli altri e alle loro ferite.
Dio "dimora" in noi. Questo è l'effetto di chi ama, di chi rimane nell'amore.

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Lui vi insegnerà ogni cosa (GV 14,26)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata
 Lo Spirito della verità vi insegnerà ogni cosa (Gv 14,26) - (5/06/2022)
(vai al testo)
 Lo Spirito della verità vi insegnerà ogni cosa (Gv 14,26) - (9/06/2019)
(vai al testo)
 Lo Spirito della verità vi insegnerà ogni cosa (Gv 14,26) - (15/05/2016)
(vai al testo)
 Lo Spirito della verità vi insegnerà ogni cosa (Gv 14,26) - (19/05/2013)
( vai al testo…)
 Di me sarete testimoni (At 1,8) - (14/05/2010)
(vai al post "Lo Spirito che rende figli")

Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
  Invasi dalla luce dello Spirito (03/06/2022)
  Lo Spirito e l'amore per Gesù (07/06/2019)
  Lo Spirito.. rimane, insegna, ricorda (13/05/2016)
  Lo Spirito, forza di trasformazione radicale (17/05/2013)

Commenti alla Parola:
  di Goffredo Boselli (VP 6.2025)
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  di Letture Patristiche della Domenica

(Immagine: dal Blog di Enzo Bianchi)

domenica 1 giugno 2025

La nostra parte con Gesù


Parola di Vita – Giugno 2025
(Clicca qui per il Video del Commento   -   oppure...)

«Voi stessi date loro da mangiare» (Lc 9,13)

Siamo in un luogo solitario nei pressi di Betsaida, in Galilea. Gesù sta parlando del Regno di Dio a una folla numerosa. Il maestro vi si era recato con gli apostoli per farli riposare dopo la lunga missione per quella regione, nella quale avevano predicato la conversione "annunziando dovunque la buona novella e operando guarigioni" [1].
Stanchi, ma col cuore pieno, raccontavano ciò che avevano vissuto. La gente, però, avendolo saputo, li raggiunge. Gesù accoglie tutti: ascolta, parla, cura. La folla aumenta. La sera si avvicina e la fame si fa sentire. Gli apostoli se ne preoccupano e propongono al maestro una soluzione logica e realistica: «Congeda la folla, perché vada nei villaggi per alloggiare e trovare cibo». Dopotutto Gesù aveva fatto già tanto… Ma egli risponde:

«Voi stessi date loro da mangiare».

Rimangono allibiti. È improponibile: hanno solo cinque pani e due pesci per alcune migliaia di persone; non è possibile trovare il necessario nella piccola Betsaida, e non ne avrebbero i soldi per comprarlo.
Gesù vuole aprir loro gli occhi. I bisogni e i problemi delle persone lo toccano e si adopera per darne soluzione. Lo fa partendo dalla realtà e valorizzando quello che c'è. È vero, ciò che hanno è poco, ma li chiama a una missione: essere strumenti della misericordia di Dio che pensa ai suoi figli. Il Padre interviene, e tuttavia "ha bisogno" di loro. Il miracolo "ha bisogno" della nostra iniziativa e della nostra fede, e poi la farà crescere.

«Voi stessi date loro da mangiare».

All'obiezione degli apostoli, quindi, Gesù risponde facendosi carico, ma chiede loro di fare tutta la propria parte, anche se piccola. Non la disdegna. Non risolve il problema al posto loro; il miracolo avviene, ma richiede la loro partecipazione con tutto quello che hanno e che hanno potuto procurare, messo a disposizione di Gesù per tutti. Questo implica un certo sacrificio e fiducia in lui.
Il maestro parte da ciò che ci accade per insegnarci a occuparci insieme gli uni degli altri. Di fronte alle necessità degli altri non valgono le scuse ("non è compito nostro", "non posso farci nulla", "devono arrangiarsi come facciamo tutti…"). Nella società che Dio ha pensato sono beati coloro che danno da mangiare agli affamati, che vestono i poveri, che visitano chi è in necessità [2].

«Voi stessi date loro da mangiare».

La narrazione di questo episodio richiama l'immagine del banchetto descritto nel libro di Isaia, offerto da Dio stesso a tutte le genti, quando Egli «asciugherà le lacrime su ogni volto» [3]. Gesù fa sedere a gruppi di cinquanta, come nelle grandi occasioni. Da Figlio, si comporta come il Padre, e ciò sottolinea la sua divinità.
Lui stesso darà tutto, fino a farsi cibo per noi, nell'eucarestia, il nuovo banchetto della condivisione. Di fronte alle tante necessità sorte durante la pandemia del covid-19, la comunità dei Focolari di Barcellona ha creato un gruppo, attraverso i social network, nel quale si condividono le necessità e si mettono in comune beni e risorse.
Ed è impressionante vedere come circolano mobili, cibo, medicine, elettrodomestici… Perché «da soli possiamo fare poco», dicono, «ma insieme si può fare molto». Ancora oggi il gruppo "Fent família" aiuta a far sì che, come nelle prime comunità cristiane, nessuno tra loro sia bisognoso [4].

A cura di Silvano Malini
e del team della Parola di Vita

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[1] Lc 9,6.
[2] Cf. Mt 25,35-40.
[3] Is 25,8.
[4] Cf. At 4,34.

Fonte: https://www.focolare.org - https://www.focolaritalia.it
Immagine: Moltiplicazione dei pani, particolare, di Bernadette Lopez


venerdì 30 maggio 2025

La dinamica dell'amore


Ascensione del Signore (C)
Atti 1,1-11 • Salmo 46 • Ebrei 9,24-28;10,19-23 • Luca 24,46-53
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

Il mistero d'amore di Dio si manifesta in Gesù, nel dono della sua vita, nella vittoria della vita sulla morte, nel tripudio della risurrezione, nel dono dello Spirito Santo.
Secondo il vangelo di Luca, proposto per l'odierna solennità nel ciclo domenicale C, l'ascensione del Signore è ambientata nel cenacolo quando Gesù risorto appare ai discepoli, dà loro le ultime disposizioni e li conduce poi fuori verso Betania. E lì, dopo averli benedetti, ascende al Padre.
Tuttavia, nel libro degli Atti, lo stesso Luca descrive l'ascensione del Signore in una sequenza temporale diversa, dopo quaranta giorni, dove i discepoli hanno fatto esperienza del Signore risorto.
Allora per noi è importante cogliere il senso del mistero di questo evento, che non è principalmente temporale o spaziale. L'ascensione di Gesù è un tutt'uno con la sua risurrezione: è un unico evento di salvezza.
Gesù ora si stacca fisicamente dai suoi, non per lasciarli soli, ma perché la sua presenza diventi più pregnate. È sintomatico il fatto che Gesù risorto imponga a Maria Maddalena di non trattenerlo: "Non mi trattenere perché non sono ancora salito al Padre". Ma noi lo potremo veramente trattenere ora dopo la sua ascensione. Lo avremo sempre e più intimamente con noi. Ora sì, potremo fare esperienza di vicinanza col Corpo del Signore risorto, del suo Corpo spirituale, attraverso i segni eucaristici, dove il Signore Gesù si dà a noi nella sua dimensione vera, attuale, del Figlio, risorto da morte, asceso alla destra del Padre.
Gesù prima della sua morte ha lasciato il suo comandamento dell'amore e la promessa di rimanere in noi se noi rimaniamo nel suo amore. La vita di Gesù è tutta un atto di amore. Ora l'amore non è possesso, è esperienza di libertà assoluta. E per fare esperienza dell'amore c'è bisogno anche di distanza, di assenza, perché il desiderio della persona amata sia la molla che informa tutta la nostra vita. La persona amata ha bisogno di vicinanza, ma nello stesso tempo si sperimenta che, durante la sua assenza, essa pervade tutte le nostre azioni. Perché l'amore è dono di sé, che non puoi tenere per te, né lo puoi dominare, solo accogliere e desiderare.
È lo stile che Gesù ci ha lasciato, è la dinamica dell'amore reciproco. È il dono dello Spirito Santo, lo spirito del Risorto, che dona sapore e senso alla nostra vita.
Gesù non è salito al cielo in un contesto fisico. È "asceso" semplicemente al Padre. Dove il cielo è il seno del Padre e la nube che lo avvolge è l'atmosfera del paradiso che regna nella Trinità.
A noi, dopo averlo contemplato così, è chiesto di non restare a guardare in alto e fermarsi lì, ma di continuare a camminare avanti, fino agli ultimi confini della terra per portare a tutti la lieta notizia che Dio ci ama e ci vuole tutti uno, figli nel Figlio Gesù. Lui ci ha preceduti ed ha promesso che sarà sempre con noi fino alla fine del mondo.

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Di questo voi siete testimoni (Lc 24,48)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata
 Alzate le mani, li benedisse (Lc 24,50) - (29/05/2022)
(vai al testo)
 Mentre li benediceva, si staccò da loro (Lc 24,51) - (2/06/2019)
(vai al testo)
 Mentre li benediceva, si staccò da loro (Lc 24,51) - (8/05/2016)
(vai al testo)
 E stavano sempre nel tempio lodando Dio (Lc 24,53) - (12/05/2013)
( vai al testo…)
 Di me sarete testimoni (At 1,8) - (14/05/2010)
(vai al post "Testimoni della speranza")

Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
  Essere tempio di Dio nella pienezza della benedizione (27/05/2022)
  Testimoni della sua "presenza" (31/05/2019)
  Attirati verso l'alto (6/05/2016)
  Testimoni del Risorto (10/05/2013)

Commenti alla Parola:
  di Goffredo Boselli (VP 6.2025)
  di Antonio Savone (VP 5.2022)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 5.2019)
  di Luigi Vari (VP 4.2016)
  di Marinella Perroni (VP 4.2013)
  di Claudio Arletti (VP 4.2010)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano
  di Letture Patristiche della Domenica

venerdì 23 maggio 2025

Amare e osservare la Parola


6a domenica di Pasqua (C)
Atti 15,1-2.22-29 • Salmo 66 • Apocalisse 21,10-14.22-23 • Giovanni 14,23-29
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

Ci si sta avvicinando alla solennità di Pentecoste e il brano evangelico di questa domenica ci mette nell'atteggiamento di attesa dello Spirito Santo, "il Paraclito che il Padre manderà nel mio nome", assicura Gesù (cf. Gv 14,26).
Questa promessa è anticipata da una premessa indispensabile: l'amore a Gesù e l'osservanza della sua parola, condizione perché il Padre e il Figlio prendano dimora nel nostro cuore: "Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole…" (Gv 14,23-24).
In verità queste parole di Gesù sono la risposta ad una domanda precisa di Giuda, non l'Iscariota, che qui nel testo odierno è stata omessa: "Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi, e non al mondo?" (Gv 14,22). Siamo nell'intimità del Cenacolo, prima della passione. E lì c'è la cerchia più stretta dei discepoli. È una rivelazione riservata a pochi o è rivolta a tutti? Il disegno di Dio non prevede che "tutti siano uno"? La risposta di Gesù, come spesso accade, capovolge l'impostazione della domanda. Non si tratta di noi o di altri. La risposta è indirizzata alla persona che ama e osserva le parole di Gesù, che sono poi quelle del Padre.
È nell'intimo del cuore umano, nel "tu a tu" col Signore, che si gioca la partita. Non è questione di numeri o di appartenenza. È questo vale anche per noi oggi, per coloro che si considerano cristiani. La dimora di Dio nel cuore umano dipende dalla Parola accolta e vissuta, quale condizione indispensabile perché lo Spirito Santo promesso possa essere effuso nei nostri cuori e trasformi la nostra vita, insegnandoci ogni cosa, portando alla mente e al cuore le parole del Maestro (cf. Gv 14,26).
L'appello di Gesù è rivolto alla singola persona, non ad una comunità o ad una assemblea. L'effetto sulla comunità sarà l'incontro di persone, inabitate dalla Trinità, che formano l'unico corpo di Cristo, perché amano "come" Gesù ama. Ed è l'unico Gesù che ama in noi e negli altri.
Allora la pace che il Signore ci offre è una pace vera, non come quella del mondo; una pace che non nasce da una rassicurante presenza fisica o da consolazioni immediate, ma si misura con l'assenza e con una diversa forma di presenza: "Io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo" (Mt 28,20).

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Se uno mi ama, osserverà la mia parola (Gv 14,23)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata
 Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore (Gv 14,27) - (22/05/2022)
(vai al testo)
 Se uno mi ama, osserverà la mia parola (Gv 14,23) - (26/05/2019)
(vai al testo)
 Lo Spirito Santo vi ricorderà tutto ciò che vi ho detto (Gv 14,26) - (1°/05/2016)
(vai al testo)
 Non sia turbato il vostro cuore (Gv 14,27) - (5/05/2013)
( vai al testo…)
 Se uno mi ama, osserverà la mia parola (Gv 14,23) - (7/05/2010)
(vai al post "L'amore, risposta alla Parola")

Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
  La pace che ci è data (20/05/2022)
  La pace di Gesù (24/05/2019)
  Dio non si merita, si accoglie (29/04/2016)
  La realtà più vera che anima la Chiesa, l'amore (3/05/2013)

Commenti alla Parola:
  di Goffredo Boselli (VP 5.2025)
  di Antonio Savone (VP 5.2022)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 5.2019)
  di Luigi Vari (VP 3.2016)
  di Marinella Perroni (VP 3.2013)
  di Claudio Arletti (VP 4.2010)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano
  di Letture Patristiche della Domenica

(Immagine: "Se uno mi ama, osserverà la mia parola", G. Trevisan, La Domenica 25 maggio 2025)

venerdì 16 maggio 2025

Nella "notte" la "gloria"


5a domenica di Pasqua (C)
Atti 14,21b-27 • Salmo 144 • Apocalisse 21,1-5a • Giovanni 13,31-33a.34-35
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

Il brano evangelico di questa domenica ci riporta nel contesto dell'ultima cena. Dopo la lavanda dei piedi, con l'invito di Gesù a fare altrettanto, a lavarci cioè i piedi l'un l'altro, nella beatitudine promessa a coloro che si comportano così, nel momento in cui Giuda esce da cenacolo, Gesù dice: "Ora il Figlio dell'uomo è stato glorificato" (cf. 13,31).
Sì, nell'ora delle tenebre, quando Satana è entrato in Giuda e fuori è notte e Giuda, con la notte nel cuore, si allontana da Gesù (la tenebra che sfugge alla luce), in quest' "ora" Gesù parla della sua gloria.
In questo tempo di Pasqua in cui la Vita esplode e la morte è vinta, non è un ritornare indietro, prima della passione, perché non c'è resurrezione senza passione e morte, dove l'evento morte e vita in Gesù sono un'unica realtà umano-divina.
Infatti, l'annientamento del Figlio, nel suo "svuotarsi", è il culmine dell'amore che dona tutto sé stesso, è il momento in cui il Padre "esalta" il Figlio (cf. Fil 2,7-9).
Questa è l' "ora". È nel contesto di una cena, di una convivialità, nel momento dell'addio. In questo commiato di Gesù dai suoi, Gesù dona il suo essere vero, nella consegna di quel comandamento che lui definisce "nuovo": "Amatevi gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri" (cf. Gv 13,34).
L'amore scambievole è il distintivo dei discepoli di Gesù. È la legge nuova dei figli della risurrezione. Non un amore qualsiasi. È l'amore che ha la sua radice nella Trinità. È lo stesso amore di Gesù. Non è tanto un modello da imitare, è dentro di noi, fa parte del nostro DNA, e zampilla come una sorgente che dona vita.
I seguaci di Gesù non possono scambiarsi se non l'amore di Gesù stesso, quello che è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito.
È un amore "genetico", non imitativo. Non è un amore moralistico. Noi siamo anfore vuote che si lasciano riempire dall'esuberanza dell'amore divino, nell'esercizio continuo di "svuotarci" davanti ad ogni prossimo da amare, nell'ascolto e nell'accoglienza reciproca.
Il nostro amore ha la sua radice in quel "come" Gesù ci ha amati. È un amore che cresce e si irrobustisce in mezzo ai nostri limiti, ai nostri fallimenti, ai nostri alti e bassi. A noi lasciarsi guidare dallo Spirito, aperti ad un amore incondizionato, cha sa di perdono, di riconciliazione, di fiducia reciproca, di abbandono nel cuore della Trinità.

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Vedi anche: Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri (Gv 13,34)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata
 Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri (Gv 13,34) - (15/05/2022)
(vai al testo)
 Amatevi anche voi gli uni gli altri (Gv 13,34) - (19/05/2019)
(vai al testo)
 Amatevi anche voi gli uni gli altri (Gv 13,34) - (24/04/2016)
(vai al testo)
 Amatevi anche voi gli uni gli altri (Gv 13,34) - (28/04/2013)
( vai al testo…)
 Amatevi anche voi gli uni gli altri (Gv 13,34) - (30/04/2010)
(vai al post "Il distintivo del cristiano")

Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
  Testimoni della presenza del Risorto (13/05/2022)
  Da questo tutti sapranno (17/05/2019)
  Amarci con lo "stile" di Gesù (22/04/2016)
  La fisionomia inconfondibile della comunità cristiana (27/04/2013)

Commenti alla Parola:
  di Goffredo Boselli (VP 5.2025)
  di Antonio Savone (VP 5.2022)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 5.2019)
  di Luigi Vari (VP 3.2016)
  di Marinella Perroni (VP 3.2013)
  di Claudio Arletti (VP 4.2010)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano
  di Letture Patristiche della Domenica

(Immagine: "Amatevi gli uni gli altri", G. Trevisan, La Domenica 18 maggio 2025)

mercoledì 14 maggio 2025

Giubileo dei Diaconi – Incontro internazionale



Nel contesto del Giubileo dei Diaconi (21-23 febbraio 2025) si è tenuto, sabato 22 febbraio, all'Auditorium Conciliazione l'incontro internazionale , dal titolo: Diaconi in una Chiesa sinodale e missionaria, indetto dal Dicastero per il Clero, con interventi del Prefetto del Dicastero per il Clero card. Lazzaro You Heung Sik, del Segretario del predetto Dicastero mons. Andrés Gabriel Ferrada Moreira, della prof.ssa Prof.ssa Serena Noceti, di don Dario Vitali, nonché di una carrellata di una decina di interventi con testimonianze dai vari continenti.

Qui di seguito l'elenco degli interventi:
  • Saluto iniziale del Prefetto del Dicastero per il Clero card. Lazzaro You Heung Sik
  • Intervento iniziale del segretario del Dicastero per il Clero mons. Andrés Gabriel Ferrada Moreira
  • Il ministero diaconale in una Chiesa sinodale e missionaria: per essere testimoni di speranza
    Prof.ssa Serena Noceti, dottore in teologia, docente di Teologia sistematica presso l'Istituto Superiore di Scienze Religiose della Toscana "S. Caterina" (Firenze)
  • La Ratio Formationis ed il Direttorio per il Ministero e la Vita dei Diaconi Permanenti: un percorso da aggiornare
    Don Dario Vitali, presbitero della Diocesi di Velletri-Segni, docente di Ecclesiologia alla Pontificia Università Gregoriana, consulente del Dicastero per il Clero
  • Conclusione del Card. Prefetto del Dicastero per il Clero
  • Intervento Finale del Segretario del Dicastero per il Clero


Inoltre:
  • Santa Messa e Ordinazioni diaconale: Omelia del Santo Padre Francesco, letta da S.E. mons. Rino Fisichella
  • Testimoni di speranza e gratuità nella Chiesa di oggi
  • Riflessioni sull'omelia preparata dal Papa per il Giubileo dei Diaconi
    Card. Lazzaro You Heung Sik, Prefetto del Dicastero per il Clero
    L'Osservatore Romano, giovedì 27 febbraio 2025

Per i vari interventi clicca qui, con la possibilità di scaricare anche un opuscoletto con i testi.

venerdì 9 maggio 2025

In un rapporto di intimità


4a domenica di Pasqua (C)
Atti 13,14.43-52 • Salmo 99 • Apocalisse 7,9.14b-17 • Giovanni 10,27-30
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

La quarta domenica di Pasqua è detta del "Buon Pastore", anzi del "Bel Pastore", nella quale si celebra anche la giornata di preghiera per le vocazioni.
Siamo chiamati a far parte del gregge del Pastore "bello". Il nostro essere parte della sua vita è radicata nel fatto che le sue pecore "ascoltano la sua voce" e Lui le "conosce" ed esse "lo seguono" (cf. Gv 10,27).
È un rapporto di intimità. Ascoltare è accogliere l'invito alla sequela. Tutti, ognuno nella propria condizione particolare, siamo chiamati per nome, in una relazione intima, profonda. Il Signore Gesù ci dona la sua vita, che è "eterna", non perché verrà e non finirà, ma perché è divina, piena, traboccante della dinamica trinitaria che già ora ci avvolge e ci rigenera.
Siamo guardati dal Maestro-Pastore che fissa il suo sguardo d'amore nel nostro intimo e ci invita a lasciare tutto e a seguirlo. A noi, perché attaccati ai beni materiali ripetere l'atteggiamento del giovane ricco che si allontana triste oppure, con lo slancio di chi ha colto l'inestimabile dono del Signore, lasciare tutto, come i primi pescatori di Galilea, e seguirlo.
Quei pescatori lo seguono non perché sono perfetti o più bravi di altri, ma perché lo sguardo di Gesù ha toccato il loro cuore. Si instaura un rapporto di amore ed ogni remora si dissolve.
Gesù ripete anche oggi: "Io do loro [alle mie pecore] la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano" (Gv 10,28).
Il Signore dà la vita perché dona tutto sé stesso e con Lui tutta la Trinità. Nel cuore della Trinità è la nostra dimora, dove anche il Padre non permetterà che qualcuno ci strappi dalla sua mano, perché il Padre e il Figlio sono una cosa sola (cf. Gv 10,29-30).
Nel cuore della Trinità facciamo l'esperienza, già fin d'ora, di essere fratelli e figli di quel Dio che è Amore, nella gioia dello Spirito del Padre e del Figlio.

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco (Gv 10,27)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata
 Io e il Padre siamo una cosa sola (Gv 10,30) - (08/05/2022)
(vai al testo)
 Io do la vita eterna (Gv 10,28) - (12/05/2019)
(vai al testo)
 Le mie pecore ascoltano la mia voce (Gv 10,27) - (17/04/2016)
(vai al testo)
 Io conosco le mie pecore ed esse mi seguono (Gv 10,27) - (21/04/2013)
( vai al testo…)
 Le mie pecore ascoltano la mia voce (Gv 10,27) - (23/04/2010)
(vai al post "Ascoltare quella voce")

Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
  L'identikit del discepolo (06/05/2022)
  Nella "sua"mano (10/05/2019)
  Il mio nome è scritto sul palmo della sua mano (15/04/2016)
  Nell'unità del Padre e del Figlio (19/04/2013)

Commenti alla Parola:
  di Goffredo Boselli (VP 5.2025)
  di Antonio Savone (VP 5.2022)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 5.2019)
  di Luigi Vari (VP 3.2016)
  di Marinella Perroni (VP 3.2013)
  di Claudio Arletti (VP 3.2010)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano
  di Letture Patristiche della Domenica

(Illustrazione: Il buon pastore, Icona contemporanea, Scandale, Crotone, Eremo della Santa Croce)

giovedì 8 maggio 2025

Le prime parole di papa Leone XIV


Questa sera abbiamo assistito all'evento commovente e coinvolgente dell'elezione nel nuovo Papa. Nel suo discorso prima della benedizione mi hanno colpito alcune parole chiave, importanti, programmatiche, che hanno risuonato in me come un richiamo alla mia dimensione diaconale.

La pace, prima di tutto, parola ripetuta dieci volte, una pace dono del Cristo Risorto, una pace "disarmata" e "disarmante", "umile e perseverante": il diacono invita tutti a scambiarsi il dono della pace e, alla fine della celebrazione, ad andare "in pace", quella pace da portare e far vivere nella nostra vita quotidiana.
Costruire ponti. "Aiutateci anche voi, poi gli uni gli altri a costruire ponti, con il dialogo, con l’incontro, unendoci tutti per essere un solo popolo sempre in pace".
Spesso si è definito il diacono quale ponte che unisce non che innalza muri, per essere animatore e fattore di comunione e unità, uomo del dialogo.
Chiesa missionaria."Dobbiamo cercare insieme come essere una Chiesa missionaria, una Chiesa che costruisce i ponti, il dialogo, sempre aperta a ricevere come questa piazza con le braccia aperte. Tutti, tutti coloro che hanno bisogno della nostra carità, la nostra presenza, il dialogo e l’amore".

È tutto un programma. Seguire questo papa con la gioia di testimoniare la ricchezza e la fantasia con cui lo Spirito Santo ci sospinge.

mercoledì 7 maggio 2025

La diaconia di Pietro


Riporto l'articolo de L'Osservatore Romano del 6 maggio 2025 dal titolo Extra omnes di Paolo Ruffini. Il servizio di Pietro: il servo che è a capo di un popolo, la Chiesa. È servo sulle orme del Figlio dell'uomo "che non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti" (cf. Mc 10,45).

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EXTRA OMNES

06 maggio 2025
di Paolo Ruffini

Extra omnes. Tutti fuori. Succede, in questo tempo sospeso, che tutti nel mondo si interroghino su chi sarà il 267° vescovo di Roma. Tutti coinvolti, anche se fisicamente esclusi dal luogo dove i successori degli apostoli divenuti cardinali, raccolti e custoditi nel segreto di una Cappella, sceglieranno il servo dei servi di Dio chiamato a guidare la Chiesa.
Servo. Servo di un unico Popolo di cui Pietro faceva e continuerà a far parte, anche dopo essere stato chiamato a guidarlo.
Servo. E qui è il mistero. Come può un servo essere a capo di un popolo? Di una Chiesa?
Una domanda alla quale Gesù rispose con parole che ancora oggi fatichiamo a comprendere: «Voi sapete che coloro che sono ritenuti capi delle nazioni le dominano, e i loro grandi esercitano su di esse il potere. Fra voi però non è così; ma chi vuol essere grande tra voi si farà vostro servitore, e chi vuol essere il primo tra voi sarà il servo di tutti. Il Figlio dell'uomo infatti non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti» (Mc 10,42-45).
Servire dunque. A questo sono chiamati i successori di Pietro per guidare la Chiesa. E questo paradosso disorienta. Confonde sia i media che i tanti centri di potere, piccoli e grandi, del mondo nel mentre che si arrovellano sull'identità e sul nome che prenderà chi potrà essere il prescelto, e provano magari anche ad influenzare la decisione, disegnando scenari e chiavi di lettura che appaiono scritti sulla sabbia.

Extra omnes. Questa regola scompagina questo tempo sospeso fra l'ora e il non ancora in cui anche i cardinali (il popolo di Dio che attende il suo pastore lo sa, lo crede, lo chiede) sono chiamati a entrare nel mistero; e lasciare non solo tutti, ma tutto fuori dalla Sistina: dunque se stessi, i loro pensieri, i loro ragionamenti; e a svuotarsi totalmente per lasciare spazio solo allo Spirito, a una dinamica che li trascende, e al mistero di Pietro.
Ma Pietro è questo. Un mistero che ci affida una certezza.
Pietro è il pescatore al quale Gesù promise che il male non avrebbe vinto: «Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia Chiesa, e le porte dell'inferno non prevarranno contro di essa» (Mt 16,18).
È l'apostolo per il quale - nell'affidargli la sua Chiesa - il Figlio di Dio pregò rivolgendo una raccomandazione speciale al Padre. Perché lo sorreggesse nel portare sulle spalle un peso altrimenti troppo grande.

Pietro è un uomo sorretto da questa preghiera che si è estesa nel tempo e nella storia sui suoi successori per arrivare sino a noi, oggi. Una preghiera concreta, speciale appunto: perché la fede non venisse mai meno di fronte alle prove che avrebbe dovuto affrontare, così diverse e così simili a quelle del nostro tempo, secolarizzato, diviso, polarizzato, confuso, incattivito; pieno di desiderio di comando e povero di amore, incapace di capire il valore di un servizio e del bene comune, gonfio di certezze fragili e di false verità, imbevuto più di rancori che di misericordia, così tanto spesso desideroso più di vendette che di perdono: «Simone, Simone, ecco: Satana vi ha cercati per vagliarvi come il grano; ma io ho pregato per te, perché la tua fede non venga meno. E tu, una volta convertito, conferma i tuoi fratelli» (Lc 22,31-32).
Pietro è un mistero di misericordia e di amore; di comunione e di ascolto.
Un pescatore che sbaglia i suoi calcoli; che turbato se ne sta tutta la notte in mare senza prendere un solo pesce; che poi getta le reti dall'altra parte, solo sulla parola di uno sconosciuto. E che alla fine comprende che chi parla è il suo Maestro.
Pietro è un peccatore perdonato: è il prescelto che prima di gioire ha pianto amaramente, dopo aver tradito. Come Giuda. Ma lui piange. Ha pianto.
Nelle sue lacrime c'è tutto il suo mistero. E c'è il mistero della Chiesa. Quelle lacrime sono forse le chiavi del Regno. Sono le chiavi di Pietro e del suo mistero: una fragilità potente proprio perché non brilla di luce propria. Una roccia anche se non lo era. Che proprio per questo ci conferma tutti nella fede.

domenica 4 maggio 2025

"Come ho fatto io…"


Da un letto d'ospedale apprendo della morte di papa Francesco. Lo avevo visto in TV impartire l'ultima benedizione il giorno di Pasqua e scoprirlo poi nel suo ultimo passaggio in mezzo alla gente.
Francesco è qui ora, vivo! Presente più che mai!
Sui diaconi ha detto qualcosa, non ha fatto trattati, ha detto che devono essere i "custodi del servizio", che non devono stare chiusi nelle sacrestie, che non devono scimmiottare i preti, ma che devono "uscire", stare in mezzo alla gente, soprattutto con i poveri, gli emarginati, gli ammalati, gli esclusi.
Ho visto in lui la realizzazione concreta di come deve vivere un diacono.
Non ha parlato. Ha fatto!
Se da papa Francesco voglio capire chi è il diacono, devo guardare alla sua vita. È come se mi dicesse: "Come ho fatto io, così fate anche voi…", sull'esempio di Gesù.

venerdì 2 maggio 2025

La testimonianza dell'amore


3a domenica di Pasqua (C)
Atti 5,27b-32.40b-41 • Salmo 29 • Apocalisse 5,11-14 • Giovanni 21,1-19
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Appunti per l'omelia

È la terza manifestazione del Risorto che l'evangelista Giovanni descrive dopo quella della sera di Pasqua e della settimana seguente. I discepoli sono tornati in Galilea, e riprendono la loro vita. Hanno visto il Maestro risuscitato, ma sperimentano nel contempo la sua mancanza. E Pietro prende l'iniziativa: vanno a pescare…
Esperienza di fallimento con il ritorno a riva con le reti vuote. Eppure in questa situazione negativa è sempre la presenza del Risorto che dona luce e certezza.
Dopo ogni fallimento la tentazione di riprendere, senza spinta particolare, la vita ordinaria si fa presente anche in noi. Ma riconoscere che Gesù è sempre con noi, non è per le nostre buone azioni o per i nostri meriti, ma è per grazia. Lui ci precede e ci attende sulla riva del lago dopo una notte di insuccesso.
È Lui che prende l'iniziativa e ci indica le cose da fare, di gettare le nostre reti vuote dalla parte destra, e per di più in pieno giorno. La sorpresa non si lascia attendere: "È il Signore!".
Sì, è Lui che ci attende ed ha preparato il fuoco per il pasto con il pesce appena pescato in sovrabbondanza.
È sempre il Signore Gesù che si manifesta a noi. Se ne abbiamo fatto l'esperienza, siamo anche certi della sua presenza costante. La nostra vita riprende sapore, la vita di tutti i giorni. Ma anche ci viene chiarita la nostra missione, quella di credere all'amore.
A Pietro Gesù, in risposta ai tre rinnegamenti, richiede tre richieste d'amore.
Ne siamo capaci? " Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene". Questo per Pietro, questo per ciascuno di noi.
È il frutto della Pasqua.
Non c'è tradimento che non possa essere assorbito dal perdono e possa ricevere la forza per una testimonianza credibile che il Signore risorto è vivo in mezzo a noi.

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete (Gv 21,6)
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PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata
 Simone, figlio di Giovanni mi ami più di costoro? (Gv 21,15) - (01/05/2022)
(vai al testo)
 È il Signore! (Gv 21,7) - (05/05/2019)
(vai al testo)
 È il Signore! (Gv 21,7) - (10/04/2016)
(vai al testo)
 Simone, mi ami? (Gv 21,16) - (14/04/2013)
( vai al testo…)
 Signore, tu sai che ti voglio bene (Gv 21,17) - (16/04/2010)
(vai al post "Il primato dell'amore")

Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
  Il risorto nella nostra vita (29/04/2022)
  Una parola che "ricostruisce" (03/05/2019)
  Mi vuoi bene? (08/04/2016)
  L'amore al di sopra di tutto! (12/04/2013)

Commenti alla Parola:
  di Goffredo Boselli (VP 5.2025)
  di Antonio Savone (VP 5.2022)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 5.2019)
  di Luigi Vari (VP 3.2016)
  di Marinella Perroni (VP 3.2013)
  di Claudio Arletti (VP 3.2010)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano
  di Letture Patristiche della Domenica

(Immagine: "È il Signore!", G. Trevisan, La Domenica 4 maggio 2025)

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